Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2024-05-10, n. 202404232

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2024-05-10, n. 202404232
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202404232
Data del deposito : 10 maggio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/05/2024

N. 04232/2024REG.PROV.COLL.

N. 02251/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2251 del 2023, proposto da A B e S D C, rappresentati e difesi dall'avvocato R P, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;

contro

la Regione Lazio, in persona del Presidente della Giunta pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato E C, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;

nei confronti

del Comune di Cassino, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza n. 709 del 2022 del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio - Latina, Sezione Prima.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Lazio;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 marzo 2024 il Cons. Eugenio Tagliasacchi e uditi per le parti gli avvocati presenti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con l’appello in epigrafe, i signori A B e S D C hanno impugnato la sentenza n. 709 del 2022 del T.a.r. Lazio - Latina che ha dichiarato inammissibile il ricorso dai medesimi proposto per l’annullamento: a) della deliberazione della Giunta regionale n. 9 del 14 gennaio 2014, che ha negato l’approvazione della variante al P.R.G. del Comune di Cassino, adottata dal predetto Comune con delibera consiliare n. 57/21 del 26 ottobre 2007;
b) della nota prot. n. 49025 del 13 novembre 2013, richiamata per relationem nell’anzidetta delibera della Giunta regionale, recante il parere negativo reso dall’ufficio “Area Urbanistica e Copianificazione Comunale” della Regione sulla variante de qua ;
c) della nota prot. n. 1311 del 7 gennaio 2019, con cui il Comune di Cassino ha comunicato agli odierni appellanti la citata deliberazione della Giunta n. 9 del 14 gennaio 2014 (che era stata anche pubblicata sul B.U.R. n. 10 del 4 febbraio 2014).

2. La vicenda oggetto del presente giudizio trae origine dalla nota prot. n. 16430 del 14 aprile 2007, con cui i ricorrenti in primo grado e odierni appellanti, A B e S D C, hanno presentato al Comune di Cassino l’istanza diretta a ottenere l’approvazione di un piano attuativo convenzionato per la realizzazione di un centro sportivo sul terreno di loro proprietà, sito nell’anzidetto Comune, in via Palombara, catastalmente identificato al foglio n. 35, particella n. 59. Nella prospettazione degli stessi appellanti, il terreno si troverebbe in zona omogenea B di completamento, ai sensi del d.m. 2 aprile 1968 n. 1444, ma in area destinata a “verde attrezzato sportivo”, disciplinata dell’art. 31 delle n.t.a. del P.R.G., approvato con delibera della Giunta regionale n. 2268 del 5 maggio 1980.

3. Il Comune di Cassino, con delibera consiliare n. 57/21 del 26 ottobre 2007, ha accolto l’istanza dei signori B e D C e ha adottato la variante al P.R.G. ex art. 4, l.r. n. 36/1987, trasmettendola alla Regione con nota prot. n. 49584 del 6 novembre 2012.

La Regione Lazio, tuttavia, con l’impugnata delibera della Giunta regionale n. 9 del 14 gennaio 2014, pubblicata sul B.U.R. n. 10 del 4 febbraio 2014, ha ritenuto di non poter approvare la variante, richiamando per relationem il parere di cui alla nota prot. n. 49025 del 13 novembre 2013, con cui l’ufficio “Area Urbanistica e Copianificazione Comunale” – dopo aver chiesto integrazioni documentali al Comune di Cassino, poi pervenute in data 1 febbraio 2013 – ha evidenziato la sussistenza di un vincolo di rispetto fluviale ex artt. 134, comma 1, lett. b), e 142, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 42/2004, derivante dalla presenza del Rio Castellone (c060_1053), iscritto negli elenchi delle acque pubbliche sin dal r.d. 9 dicembre 1909, pubblicato sulla G.U. n. 45 del 24 febbraio 1910.

Nel predetto parere, inoltre, viene precisato quanto segue: “ la legge regionale 24 del 1998, art. 7, e il PTPR, art. 35, prevedono che la fascia dei primi 50 m.l. dall’argine del corso d’acqua debba essere mantenuta integra ed inedificata. L’intervento oggetto della presente variante prevede la modifica dello stato dei luoghi e la realizzazione di nuove volumetrie proprio nella fascia da salvaguardare ”.

4. Con la sentenza n. 709 del 2022, il T.a.r. Lazio - Latina, dopo aver espressamente respinto l’eccezione di tardività del ricorso, lo ha dichiarato inammissibile in ragione dell’omessa impugnazione del piano paesistico che, nella prospettazione del giudice di primo grado, costituiva atto presupposto della delibera impugnata, avente carattere autonomamente lesivo. Ad avviso del T.a.r., infatti, la delibera della Giunta sarebbe un atto meramente consequenziale rispetto al piano paesistico, in quanto essa si sarebbe fondata essenzialmente sul rilievo che “ sulla tavola B del PTPR l’area risulta graficizzata come vincolata ” ai sensi degli artt. 134, comma 1, lett. b) e 142, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 42/2004, in considerazione della presenza del menzionato Rio Castellone, sicché, ai sensi dell’art. 7, l.r. n. 24/1998 e 35 delle n.t.a. del P.T.P.R., l’intervento de quo non sarebbe assentibile per la presenza del menzionato vincolo paesaggistico.

Il Tribunale ha, dunque, dichiarato inammissibile il ricorso per carenza di interesse, ritenendo che i ricorrenti avessero contestato il vincolo paesaggistico de quo nella sua stessa esistenza, con la conseguenza che, in tale prospettiva, essi avrebbero dovuto impugnare anche il P.T.P.R.. In difetto di impugnazione del P.T.P.R., pertanto, ad avviso del T.a.r., il ricorso era da ritenersi inammissibile per carenza di interesse, dal momento che, anche in caso di suo accoglimento, non sarebbero venute meno la validità e l’efficacia del vincolo paesaggistico introdotto dal provvedimento presupposto non impugnato e ritenuto dalla Regione ostativo all’approvazione della variante, sicché “ non sarebbe stato rimosso l’elemento fattuale e giuridico che non consente l’intervento edificatorio richiesto ”.

5. Avverso tale pronuncia hanno proposto appello i signori B e D C, formulando due motivi di gravame e riproponendo, poi, le censure proposte col ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.

6. Con il primo motivo di gravame, gli appellanti deducono l’erroneità della sentenza sostenendo che la censura prospettata con il ricorso introduttivo non era volta a contestare il vincolo bensì la sua operatività concreta nel caso di specie. In altri termini, gli appellanti non contestano l’esistenza del vincolo in questione ma soltanto la sua applicabilità in concreto;
più precisamente, essi non contestano che il corso d’acqua esista, né che abbia natura pubblica, né che sia correttamente graficizzato, ma ritengono che il vincolo non sia in concreto operativo, ai sensi dell’art. 142, comma 2, lett. a), d.lgs. n. 42/2004, dal momento che esso non opera nelle aree che, alla data del 6 settembre 1985, erano delimitate negli strumenti urbanistici, ai sensi del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, come zone territoriali omogenee A e B.

A tale proposito, peraltro, gli appellanti danno atto della circostanza che il Comune di Cassino si è rivolto alla Regione Lazio, con comunicazione del 24 giugno 2015, prot. 29571, chiedendo un riesame del diniego opposto dall’amministrazione regionale proprio in ragione dell’inoperatività del vincolo ai sensi dell’art. 142, comma 2, lett. a), d.lgs. n. 42/2004.

Sempre con il primo motivo di gravame, gli appellanti censurano la rilevanza della giurisprudenza richiamata dalla pronuncia impugnata, osservando che col ricorso di primo grado erano stati anche prospettati vizi propri della delibera, i quali non derivavano, dunque, dall’atto presupposto.

Ancora col primo motivo di appello prospettano la “ inammissibilità della eccezione di inammissibilità ” sollevata dalla Regione, in quanto sarebbe “ meramente assertiva ”. Sotto un diverso profilo, eccepiscono che la predetta eccezione sia stata sollevata solo con memoria del 10 giugno 2022 per l’udienza del 20 luglio 2022, con conseguente lesione del diritto di difesa anche in ragione delle “ lacune rilevate in ordine alla allegazione (esposizione) specifica dei contenuti dell’eccezione ”. Infine, sempre col primo motivo di appello, rilevano che nella memoria difensiva depositata in data 10 giugno 2022 la Regione Lazio ha dato atto di aver approvato, con deliberazione del Consiglio regionale 21 aprile 2021, n. 5, un nuovo P.T.P.R. che conferma il vincolo in questione. Tuttavia, ad avviso degli appellanti, verrebbero meno gli effetti del precedente P.T.P.R. e della relativa cartografia sulla cui base si fonda la deliberazione consiliare impugnata.

7. Con il secondo motivo di gravame, gli appellanti censurano la sentenza, deducendo che il T.a.r. avrebbe errato ad affermare l’inammissibilità del ricorso per omessa impugnazione dell’atto presupposto, dal momento che con il ricorso di primo grado, come già indicato nell’ambito del primo motivo, erano stati fatti valere vizi propri dell’atto impugnato e non, quindi, vizi riconducibili all’atto presupposto.

In ogni caso, gli appellanti ritengono errata la sentenza nella parte in cui ha affermato che il richiamo agli “ atti presupposti ” contenuto nel ricorso introduttivo non poteva essere ritenuto sufficiente per considerare che fosse stato impugnato anche il P.T.P.R..

8. Dopo aver formulato i predetti motivi di gravame, volti a censurare la decisione del T.a.r. di dichiarare inammissibile il ricorso, gli appellanti ripropongono le censure prospettate in primo grado e non esaminate dalla sentenza.

9. Sostengono, in particolare, gli appellanti (al punto 5.2.) che il terreno di cui si tratta, sulla base di quanto previsto dal piano regolatore del Comune di Cassino approvato con deliberazione della giunta della Regione Lazio 5 maggio 1980, n 2268, ricadeva, alla data del 6 settembre 1985, in zona territoriale omogenea B, ai sensi del d.m. 2 aprile 1968 n. 1444, come confermato anche dallo stesso Comune di Cassino nella nota trasmessa alla Regione in data 24 giugno 2015 (prot. 29571). Per tale ragione sarebbe dunque esclusa l’operatività del richiamato vincolo paesaggistico.

Analogamente, sarebbero altresì violati l’art. 35, comma 8, del P.T.P.R. della Regione Lazio e l’art. 7, comma 8, l.r. n. 24/1998, che prevedono il “ mantenimento di una fascia di inedificabilità di metri 50 a partire dall’argine ” solo con riferimento alle “ zone C, D ed F, di cui al d.m. 2 aprile 1968, come delimitate dagli strumenti urbanistici approvati alla data di adozione dei PTP o, per i territori sprovvisti di PTP, alla data di entrata in vigore della legge reg. n. 24/1998 ”.

10. Viene, poi, riproposta (punto 5.3.) la censura per il cui tramite era stato dedotto il vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria, sul presupposto che, ad avviso degli appellanti, ove la Regione avesse svolto un’adeguata istruttoria, sarebbe emerso che il terreno risultava in zona B alla data del 6 settembre 1985.

11. Gli appellanti ripropongono anche la censura concernente la violazione delle garanzie partecipative (motivo sub 6.1.) rilevando che la Regione Lazio non aveva dato né la comunicazione ex art. 7, l. 241/1990 né quella ex art. 10- bis della medesima legge, che ad avviso degli appellanti doveva essere indirizzata tanto ai ricorrenti quanto al Comune di Cassino.

12. Con il motivo sub 6.2. gli appellanti deducono, infine, che nel caso di specie sarebbe intervenuta l’approvazione per silenzio assenso, da parte della Regione, della variante al P.R.G. del Comune di Cassino, in conformità a quanto previsto dall’art. 4, comma 2, l.r. n. 36/1987, sicché la Regione avrebbe dovuto provvedere in autotutela.

13. Si è costituita in giudizio la Regione Lazio riproponendo, in via preliminare, l’eccezione di tardività espressamente respinta dal T.a.r.;
nel merito ha replicato alle censure proposte, chiedendo il rigetto dell’appello.

14. Con la memoria di replica del 6 marzo 2024, gli appellanti hanno eccepito l’inammissibilità dei documenti depositati dalla Regione Lazio soltanto in appello e in violazione dei termini previsti dall’art. 73, comma 1, c.p.a..

15. Tanto premesso, il Collegio reputa che l’appello sia infondato e vada respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata, benché con diversa motivazione.

16. A differenza di quanto rilevato dal T.a.r., invero, il ricorso introduttivo del giudizio non può essere ritenuto inammissibile per l’omessa impugnazione del P.T.P.R. dal momento che, nella prospettazione dei ricorrenti, il vizio dell’impugnata delibera della Giunta regionale non deriva di per sé dalla previsione del vincolo nell’ambito dell’anzidetto piano, in quanto – come agevolmente si desume dalle censure sopra sintetizzate – l’asserita illegittimità del diniego opposto dalla Regione viene fatta discendere non già da un’ipotetica illegittimità del vincolo stesso (la cui legittimità non è stata posta in discussione dai ricorrenti), bensì – ben diversamente – dall’asserita inoperatività del vincolo de quo nell’area ove si trovano i terreni dei signori B e D C.

Poiché, allora, il vizio prospettato nel caso di specie non deriva dall’atto presupposto, è evidente che l’omessa impugnazione di quest’ultimo non può di per sé determinare l’inammissibilità del ricorso, proprio in considerazione dell’autonomia dei vizi prospettati con il ricorso introduttivo. Conseguentemente, sul punto, la sentenza deve essere riformata.

17. Sempre in via preliminare, occorre esaminare l’eccezione di tardività del ricorso introduttivo che era stata espressamente disattesa dal T.a.r. e che è poi stata riproposta dalla Regione Lazio nel presente grado di giudizio. L’eccezione è inammissibile, poiché, dal momento che il T.a.r. si è pronunciato espressamente su tale questione, l’amministrazione avrebbe dovuto proporre impugnazione incidentale avverso il relativo capo della sentenza, non potendosi limitare alla mera riproposizione dell’eccezione stessa, come si desume dal consolidato orientamento dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, confermata anche in tempi molto recenti;
cfr., in questo senso, Cons. Stato, sez. III, 3 gennaio 2024, n. 120, secondo cui: “ È inammissibile l'eccezione di tardività, già respinta dal giudice di primo grado, riproposta dalla parte appellata con memoria e non con appello incidentale ”. Nel medesimo senso si vedano anche Cons. Stato, sez. II, 16 marzo 2023, n. 2750Cons. Stato, sez. VI, 8 marzo 2023, n. 2423Cons. Stato, sez. V, 16 agosto 2022, n. 7145 e, per un precedente più risalente, Cons. Stato, sez. V, 31 agosto 1989, n. 522.

18. Ancora in via preliminare, in accoglimento dell’eccezione sollevata dagli appellanti, va dichiarata l’inammissibilità dei documenti recanti le tavole A e B del P.T.P.R. depositati dalla Regione solo nel presente grado di appello, fermo restando che, comunque, tali documenti non sono dirimenti perché non è oggetto di contestazione che l’area si trovi nella zona in cui astrattamente sarebbe previsto il vincolo.

19. Così chiarito che il ricorso introduttivo era da ritenersi ammissibile, si può passare all’esame del merito del ricorso stesso, avendo l’appellante ritualmente riproposto i motivi che sono stati assorbiti dal T.a.r..

20. La censura sub 5.2., per il cui tramite gli appellanti hanno sostenuto che il vincolo non sarebbe operativo poiché l’area in questione si trova nella zona omogena B del P.R.G. del Comune di Cassino fin dal 6 settembre 1985, con conseguente applicabilità dell’art. 142, comma 2, lett. a), d.lgs. n. 42/2004, è da reputarsi infondata, dal momento che – come peraltro confermato nello stesso atto di appello – i terreni in questione si trovano in zona V.A.S. ossia “verde attrezzato sportivo”, con conseguente inapplicabilità della deroga eccezionalmente prevista dall’art. 142, comma 2, lett. a), sopra richiamato. Sul punto, come recentemente chiarito da questa Sezione, occorre rammentare che la norma in questione ha carattere eccezionale poiché volta a introdurre una deroga alla previsione che introduce in via generale il vincolo paesaggistico. Conseguentemente, poiché i terreni di cui si tratta ricadono pacificamente in zona V.A.S. non è di per sé configurabile “ il carattere dell’omogeneità, espressamente richiesto dalla disposizione, che risulta, peraltro, strumentale ad assicurare il rispetto dell’interesse paesaggistico richiamato tanto dall’art. 142 del d.lgs. n. 42/2004 ” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 29 febbraio 2024, n. 1967).

È pertanto corretto, sul punto, il rilievo della difesa della Regione, secondo cui la zona V.A.S. in questione non rientra tra le zone territoriali omogenee B di cui al d.m. 2 aprile 1968, n. 1444 per le quali è prevista l’anzidetta, eccezionale, deroga.

Conseguentemente, il provvedimento della Regione con cui è stata negata l’approvazione della variante sull’espresso presupposto dell’esistenza del vincolo – la cui sussistenza appare allo stato innegabile ai sensi del d.lgs. n. 42/2004, non trattandosi di zona omogenea B, e ai sensi dell’art. 7, comma 1, l.r. n. 24/1998 – è da reputarsi legittimo, fermo restando il potere del Comune di Cassino di disporre in modo più esaustivo sull’istanza del privato, dimostrando in modo inequivocabile l’inapplicabilità del vincolo con riferimento alla zona in questione e riaprendo, se del caso, un più puntuale contraddittorio con la Regione, come peraltro da quest’ultima espressamente sollecitato (cfr. doc. 3 della Regione, depositato nel giudizio di primo grado).

21. Le censure concernenti il difetto di istruttoria e la violazione delle garanzie procedimentali possono essere esaminate congiuntamente e sono da reputarsi entrambe infondate. Alla luce delle ragioni già illustrate non è configurabile alcun difetto di istruttoria poiché la Regione ha correttamente individuato la sussistenza del vincolo sull’area ove si trova il terreno degli odierni appellanti, qualificata dai medesimi come zona V.A.S.. Del pari, è infondata la censura con cui gli appellanti hanno lamentato la violazione delle garanzie procedimentali, trattandosi di atti di pianificazione rispetto ai quali non trovano applicazione le forme di partecipazione previste in via generale dalla l. n. 241/1990, come già da tempo chiarito da questa Sezione;
cfr. in questo senso Cons. Stato, sez. IV, 16 settembre 2011, n. 5229, secondo cui: “ Ai sensi dell'art. 13, l. 7 agosto 1990 n. 241, l'adozione di una variante al piano regolatore generale, in quanto provvedimento di pianificazione, non deve necessariamente essere preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento nei confronti dei soggetti interessati;
di conseguenza solo quando la variante concerne l'esecuzione di una singola opera pubblica sopra un'area ben individuata tale avviso va inviato ai diretti interessati, in coerenza con i principi generali sul procedimento, non venendo in considerazione un autentico atto di pianificazione o programmazione del territorio
”. È appena il caso di rilevare, inoltre, l’infondatezza della tesi degli appellanti secondo cui la Regione avrebbe dovuto comunicare l’avviso previsto dall’art. 10- bis l. n. 241/1990 al Comune di Cassino, in considerazione dell’evidente specialità del procedimento di approvazione della variante al P.R.G..

22. Con riferimento, infine, alla tesi degli appellanti secondo cui la Regione avrebbe approvato la variante per silenzio assenso ai sensi dell’art. 4 della l.r. n. 36/1987, si deve osservare che anche tale censura è infondata. Occorre in primo luogo rilevare che questa Sezione ha già avuto modo di precisare che non è applicabile al caso di specie l’art. 17- bis , l. n. 241/1990: in questo senso, proprio con riferimento alla questione dell’approvazione di una variante da parte della Regione Lazio, cfr. Cons. Stato, sez. IV, 15 aprile 2021, n. 3114. Fermo quanto precede, alla luce delle caratteristiche della variante in questione e delle espresse considerazioni rese nel parere del settore tecnico – parere richiesto ex lege dallo stesso art. 4 della l.r. n. 36/1987 – che ha evidenziato la carenza della Valutazione Ambientale Strategica e la non compatibilità paesaggistica in ragione del sopra menzionato vincolo fluviale derivante dal d.lgs. n. 42/2004 e recepito dal P.T.P.R., si deve escludere che la variante possa essere considerata come approvata per silenzio assenso.

Peraltro, anche dopo l’ipotizzata formazione del provvedimento per silenzio, vi è stata un’ulteriore interlocuzione tra il Comune di Cassino e la Regione Lazio, dal momento che il Comune, come già rilevato, ha inoltrato alla Regione una richiesta di riesame. A fronte di tale richiesta – contrariamente a quanto rappresentato dagli appellanti, ad avviso dei quali essa sarebbe rimasta priva di riscontro – la Regione ha confermato il diniego de quo , invitando l’Amministrazione Comunale “ a prendere contatti con la scrivente Area al fine di fornire i chiarimenti e gli elementi indispensabili per procedere secondo quanto richiesto ” (cfr. doc. 3 della Regione, depositato nel giudizio di primo grado).

23. Dalle considerazioni che precedono discende il rigetto dell’appello, con conferma, sia pure con diversa motivazione, della sentenza impugnata, ferma restando la possibilità del Comune di Cassino di dare ulteriore seguito a una più approfondita interlocuzione con la Regione nei termini testé sintetizzati.

24. In considerazione della complessità della questione sussistono giuste ragioni per l’integrale compensazione delle spese processuali.

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