Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2022-11-10, n. 202209844

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2022-11-10, n. 202209844
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202209844
Data del deposito : 10 novembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/11/2022

N. 09844/2022REG.PROV.COLL.

N. 00069/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 69 del 2018, proposto da
A C, M C, L C, G C, M F, P M, F M, A P, C T, rappresentati e difesi dagli avvocati G L P, F C e V N, con domicilio digitale come da

PEC

Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il loro studio in Roma, via Vittoria Colonna, 32;

contro

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ANAS s.p.a., Ministero dell'economia e delle finanze, Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la funzione pubblica, non costituito in giudizio;

nei confronti

Roberto Maestri, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sez. III, n. 6090 del 2017, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio delle amministrazioni statali intimate;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza straordinaria del giorno 20 settembre 2022 il Cons. Stefano Fantini;
preso atto del deposito delle note di passaggio in decisione, è data la presenza dell'avvocato Cintioli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.-I ricorrenti hanno interposto appello nei confronti della sentenza 22 maggio 2017, n. 6090 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sez. III, che ha respinto il loro ricorso e i motivi aggiunti rispettivamente esperiti, in via principale, avverso il decreto n. 341 del 2012 con il quale il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha istituito, nell’ambito del Dipartimento per le infrastrutture, gli affari generali e il personale, la struttura di vigilanza sulle concessionarie autostradali, nonché (avverso) il d.P.C.M. 30 settembre 2014, disponente il trasferimento del personale proveniente dall’Ispettorato vigilanza concessionarie autostradali (IVCA) dall’ANAS s.p.a. al Ministero dei trasporti e il conseguente decreto direttoriale del MIT in data 14 ottobre 2014, di inquadramento nei ruoli del Ministero con decorrenza giuridica ed economica dall’1 ottobre 2012.

Fino al 30 settembre 2012 ANAS ha svolto le funzioni di concedente della rete autostradale a pedaggio e di vigilanza delle società concessionarie, attraverso l’IVCA-Ispettorato vigilanza concessioni autostradali, presso il quale gli appellanti prestavano servizio, quali dirigenti. L’art. 36, comma 5, del d.l. n. 98 del 2011 ha previsto che il personale dell’IVCA fosse trasferito all’Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali istituita presso il MIT, mantenendo il trattamento economico fondamentale e accessorio.

Con nota 27 settembre 2012 l’ANAS ha comunicato ai dipendenti interessati il trasferimento della titolarità del contratto di lavoro da ANAS al MIT con decorrenza 1 ottobre 2012, ai sensi dell’art. 11, comma 5, del d.l. n. 216 del 2011. Con d.m. 1 ottobre 2012 il MIT ha dunque istituito al suo interno la struttura di vigilanza sulle concessionarie autostradali, cui sono state affidate le funzioni che avrebbero dovuto essere svolte dall’Agenzia, inizialmente prevista e poi soppressa;
presso tale struttura è stato trasferito unicamente il personale ANAS a tempo indeterminato in servizio presso l’ufficio IVCA alla data del 31 maggio 2012.

Nelle more dell’impugnazione del d.m. 1 ottobre 2012, sono intervenuti il d.P.C.M. 12 febbraio 2014, n. 72, dettante il regolamento di organizzazione del MIT, e prevedente l’istituzione della Direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali, ove è confluita la struttura e dunque gli attuali appellanti, nonché il d.P.C.M. 30 settembre 2014, di individuazione del personale da trasferire dall’ufficio IVCA dell’ANAS al MIT;
con tali provvedimenti, che sono stati fatti oggetto di gravami, coloro tra gli appellanti che possedevano la qualifica di dirigente di prima fascia sono stati definitivamente inquadrati nella qualifica di dirigente di seconda fascia e l’anzianità di servizio per tutti è stata fissata all’1 ottobre 2012, con ogni conseguenza giuridica ed economica.

2. - La sentenza, all’esito di un giudizio in cui è stata rimessa alla Corte costituzionale la valutazione della questione di legittimità costituzionale degli artt. 36 del d.l. n. 98 del 2011, 11 del d.l. n. 216 del 2011 e 12 del d.l. n. 95 del 2012, dichiarata manifestamente inammissibile con ordinanza 7 ottobre 2015, n. 209, e in cui sono stati disposti incombenti istruttori, ha respinto il ricorso ed i motivi aggiunti nell’assunto che: a) sia legittimo il trasferimento diretto (senza procedura selettiva) del personale da ANAS s.p.a. al MIT, essendo ANAS pubblica amministrazione, assoggettata all’applicazione dell’art. 31 del d.lgs. n. 165 del 2001 e dunque dell’art. 2112 Cod. civ.;
tra l’altro, con specifico riguardo ai dipendenti dell’ANAS in servizio presso l’IVCA sussiste il dato autoevidente del carattere pubblico delle funzioni trasferite, a prescindere dalla veste privatistica dell’ente: b) il MIT abbia correttamente provveduto ad inserire nei propri ruoli il personale proveniente dall’ANAS, in ottemperanza della legge, e sulla base dei dati ricevuti da ANAS in ordine ai rapporti di servizio in atto;
in tale prospettiva risulta coerente la determinazione dell’assegno ad personam previsto dall’art. 36, comma 5, del d.l. n. 98 del 2011 solo sulla base del trattamento fisso e continuativo, con esclusione della retribuzione di risultato e di altre voci retributive comunque collegate al raggiungimento di specifici risultati od obiettivi.

3.- Con il ricorso in appello gli esponenti hanno sostanzialmente reiterato, alla stregua di motivi di critica della sentenza, le censure di primo grado, deducendo in particolare: a) l’erroneità della pronuncia di primo grado nella parte in cui, violando la portata precettiva dell’art. 31 del d.lgs. n. 165 del 2001, ha ritenuto insussistente la violazione del principio del pubblico concorso al momento in cui gli appellanti, dipendenti di ANAS s.p.a. (non dunque di una pubblica amministrazione, ma di un soggetto privato), sono stati direttamente inquadrati nei ruoli del MIT, riproponendo anche la questione di legittimità costituzionale, sollevata in primo grado, di violazione degli artt. 97, 3 e 51 Cost.;
b) l’erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ha respinto le censure inerenti la reformatio in peius del trattamento giuridico ed economico subito a causa del trasferimento al MIT, sia sotto il profilo, in taluni casi, di un inquadramento deteriore, che della decorrenza giuridica ed economica (se del caso rimettendo la questione pregiudiziale alla Corte di giustizia in ordine alla compatibilità della reformatio in peius alla direttiva 77/187/CEE del 14 febbraio 1977);
c) l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha respinto i motivi aggiunti, con particolare riguardo alla messa in esecuzione del d.P.C.M. 30 settembre 2014 quando lo stesso era ancora in corso di registrazione alla Corte dei Conti, che ha determinato l’inquadramento di quasi tutti gli odierni appellanti nella qualifica di dirigente di seconda fascia. Hanno inoltre riproposto i motivi assorbiti in primo grado in ordine alla natura di legge provvedimento dell’art. 36 del d.l. n. 98 del 2011 e dei successivi artt. 11 del d.l. n. 216 del 2011 e 12 del d.l. n. 95 del 2012, oltre che alla loro irragionevolezza.

4. - Si sono costituiti in resistenza la Presidenza del consiglio dei ministri, il Ministero dell’economia e delle finanze, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nonché ANAS s.p.a. chiedendo la reiezione del ricorso in appello.

5. - Gli appellanti dottori M P e M F, con memoria in data 4 luglio 2022, hanno dichiarato il sopravvenuto difetto di interesse alla decisione del ricorso.

6. - All’udienza pubblica del 20 settembre 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.- Con il primo motivo viene dedotta l’erroneità della pronuncia di primo grado nella parte in cui, erroneamente interpretando la portata precettiva dell’art. 31 del d.lgs. n. 165 del 2001, ha ritenuto insussistente la violazione del principio del pubblico concorso con riguardo al fatto che gli appellanti, dipendenti di ANAS s.p.a. (non dunque di una pubblica amministrazione, ma di un soggetto privato), sono stati direttamente inquadrati nei ruoli del MIT pur senza avere effettuato una selezione pubblica, riproponendo anche la questione di legittimità costituzionale, sollevata in primo grado, degli artt 36 del d.l. 6 luglio 2011, n. 98, convertito nella legge 15 luglio 2011, n. 111, 11 del d.l. 29 dicembre 2011, n. 216, convertito nella legge 24 febbraio 2012, n. 14, e 12 del d.l. 6 luglio 2012, n. 95, convertito nella legge 7 agosto 2012, n. 135, per contrasto con gli artt. 3, 97 e 51 Cost.

Il motivo è infondato.

La questione relativa all’applicabilità o meno al caso di specie dell’art. 31 del d.lgs. n. 165 del 2001 discende dalla corretta enucleazione della natura giuridica di ANAS s.p.a.

Tale inquadramento risulta necessario in quanto la norma è chiara nell’affermare la derogabilità della regola generale ed ordinaria del reclutamento del personale tramite espletamento di una procedura concorsuale solo nel caso in cui il transito automatico dei dipendenti avvenga da soggetti di diritto pubblico.

La Corte Costituzionale, in un passaggio relativo alla garanzia del posto di lavoro, di cui all’art. 2112 Cod. civ., ha chiarito che “ l’art. 31 del d.lgs. n. 165 del 2001, che dispone esplicitamente l’applicazione di tale garanzia, nel settore del lavoro pubblico, al passaggio di funzioni e dipendenti da enti pubblici ad altri soggetti (pubblici o privati), non richiama la predetta garanzia per le ipotesi in cui il passaggio di funzioni avvenga – come nel caso previsto dalla legge regionale censurata – da soggetti privati ad enti pubblici: in tali ipotesi, infatti, l’automatico trasferimento dei lavoratori presuppone un passaggio di status – da dipendenti privati a dipendenti pubblici (ancorché in regime di lavoro privatizzato) – che, si ripete, non può avvenire in assenza di una prova concorsuale aperta al pubblico (in tal senso, sent. n. 226 del 2012)” (cfr. Corte Cost. 3 luglio 2013, n. 167).

Dunque, il trasferimento diretto può configurarsi solo nell’ipotesi in cui il passaggio avvenga da un soggetto pubblico ad un altro, ovvero ad uno privato.

Da ciò la necessità di operare un corretto inquadramento di ANAS s.p.a.

Preliminarmente, occorre evidenziare come con la locuzione “pubblica amministrazione” si faccia riferimento ad un concetto dal perimetro spesso incerto ed evoluto comunque in prospettiva diacronica;
ciò per un duplice ordine di motivi, che si sostanziano nella mancanza di una definizione normativa unitaria di pubblica amministrazione -e, dunque, di soggetto pubblico-, nonché nell’attribuzione, in misura sempre più significativa, di funzioni di rilievo pubblicistico a soggetti privati, o comunque non riconducibili al modello tradizionale di ente pubblico.

Dunque, nell’ipotesi in cui una determinata disciplina non individui espressamente i soggetti destinatari della medesima, facendo genericamente riferimento al concetto di pubblica amministrazione o di soggetto/ente pubblico, occorre svolgere una operazione ermeneutica volta ad individuarne la portata applicativa, tenendo, altresì, conto del nuovo concetto di pubblica amministrazione a c.d. “geometria variabile”, di imprinting comunitario, il quale consente di tracciare l’ambito degli enti pubblici attraverso la valorizzazione dell’aspetto funzionale, ovvero delle finalità perseguite.

Ciò premesso, allo stato attuale e per quel che qui interessa, l’impiego di un modulo e di forme privatistiche non per ciò solo implica che il medesimo sia da considerarsi soggetto di diritto privato e, come tale, esclusivamente assoggettato alla relativa disciplina, così come può verificarsi l’ipotesi in cui l’ente a struttura societaria sia assoggetto, per certi aspetti, alle norme di diritto comune, e, per altri, al diritto amministrativo.

Con specifico riferimento alla natura giuridica di ANAS s.p.a. occorre richiamare quegli orientamenti, che questo Collegio ritiene di condividere, che attribuiscono al soggetto in esame natura pubblicistica.

La giurisprudenza ordinaria, sia pure ai fini dell’enucleazione della giurisdizione contabile per l’azione di responsabilità promossa nei confronti degli organi e dei dipendenti di ANAS s.p.a., dopo averne escluso la natura di società in house , ha affermato che la trasformazione di ANAS in società per azioni disposta dalla legge non ha intaccato gli essenziali connotati pubblicistici, essendosi tradotta nella mera adozione di una formula organizzativa, corrispondente a quella della società per azioni, senza per questo incidere sulla reale natura del soggetto, precisando ancora che il regime legale che la regola non comporta la sua assimilabilità ad una società azionaria di diritto privato, in quanto è stata istituita con atto normativo e il relativo statuto è stato approvato con decreto ministeriale, e inoltre è titolare di diritti il cui esercizio è condizionato dall’esistenza di concerto ministeriale, restando destinataria di entrate derivanti dall’utilizzazione di beni demaniali, oltre che di funzioni pubbliche inerenti alle strade statali, con il correlato esercizio di potestà autoritative (così Cass., SS. UU., 9 luglio 2014, n. 15594).

Questo Consiglio di Stato, allo stesso modo, ha affermato che, pur dopo la doppia fase di privatizzazione dell’originaria azienda di Stato, operata mediante il d.lgs. 26 febbraio 1994, n. 143 (disponente la trasformazione in ente pubblico economico) e il d.l. 8 luglio 2002, n. 138, convertito nella legge 8 agosto 2002, n. 178 (il cui art. 7 ha ulteriormente trasformato l’ANAS in s.p.a.), permane la natura pubblica di ANAS s.p.a., il cui nuovo assetto ha avuto incidenza concreta solo con riferimento alla fase gestionale (Cons. Stato, IV, 24 maggio 2013, n. 2829).

Ciò in ragione di una visione sostanzialistica di ANAS, che si può apprezzare sulla base di una serie di indici rivelatori, quali: la sua istituzione per legge, il fine pubblicistico che l’ente deve perseguire, il rientrare nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, la partecipazione statale totalitaria (attualmente è parte del gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, la cui società capogruppo è partecipata interamente dal Ministero dell’economia e delle finanze).

Alla luce di quanto esposto deve affermarsi l’applicabilità dell’art. 31 del d.lgs. n. 165 del 2001 al personale degli uffici ANAS soppressi, in servizio alla data del 31 maggio 2012, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, tanto più giustificata in considerazione della marcata caratura pubblicistica delle funzioni svolte dall’IVCA e trasferite al Ministero;
da ciò discende dunque la legittimità dei provvedimenti impugnati.

2. - Con il secondo motivo viene dedotta l’erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ha respinto le censure inerenti la reformatio in peius del trattamento giuridico ed economico subito a causa del trasferimento degli appellanti al MIT.

In particolare, censurano la sentenza nella parte in cui ha ritenuto legittimi i provvedimenti impugnati, sia con riferimento alla determinazione dell’assegno “ ad personam ” limitatamente al trattamento fisso e continuativo, che al nuovo inquadramento giuridico, anche in relazione al termine di decorrenza economica e giuridica.

Il motivo è infondato.

Gli artt. 36, comma 5, del d.l. n. 98 del 2011 e 4, comma 3, del d.m. 1 ottobre 2012 hanno disposto che il personale trasferito mantiene il trattamento economico fondamentale ed accessorio, limitatamente alle voci fisse e continuative, nonché l’inquadramento previdenziale e che, nel caso in cui il predetto trattamento economico risultasse più elevato rispetto a quello previsto, ai medesimi venga attribuito per la differenza un assegno ad personam riassorbibile con i successivi miglioramenti economici a qualsiasi titolo conseguiti.

Va al riguardo considerato che, in termini generali, l’assegno ad personam è attribuito solo nel caso di passaggio diretto di dipendenti da un’amministrazione ad un’altra, proprio al fine di rispettare il divieto di reformatio in peius del trattamento economico acquisito;
assegno destinato, salve eccezioni, ad essere riassorbito negli incrementi del trattamento economico complessivo spettante ai dipendenti dell’Amministrazione di destinazione.

In tale contesto di riferimento, deve ritenersi rispettato il divieto di reformatio in peius , dal momento che l’amministrazione ha previsto la corresponsione di assegno a favore dei beneficiari di un trattamento economico più elevato rispetto a quello previsto, la cui riassorbibilità si giustifica al fine di garantire una parità di trattamento economico tra i dipendenti dello stesso ente.

Con riguardo, poi, alla base del calcolo dell’assegno, come affermato dal giudice di prime cure, bene ha fatto l’amministrazione ad ancorarla alle voci afferenti al trattamento economico fondamentale, dal momento che, nel caso di passaggio di personale conseguente al trasferimento di attività, concorrono a formare la base di calcolo ai fini della quantificazione dell'assegno personale le voci retributive corrisposte in misura fissa e continuativa, non già gli emolumenti variabili o provvisori sui quali, per il loro carattere di precarietà e di accidentalità, il dipendente non può riporre affidamento, o perché connessi a particolari situazioni di lavoro o in quanto derivanti dal raggiungimento di specifici obiettivi e condizionati, nell'ammontare, da stanziamenti per i quali è richiesto il previo giudizio di compatibilità con le esigenze finanziarie dell'amministrazione (cfr. Cass., sez. lav., 24 luglio 2017, n. 18196;
12 marzo 2012, n. 3865;
Cass., SS.UU., 13 luglio 2005, n. 14698).

Anche le cesure relative all’inquadramento giuridico risultano prive di pregio, dal momento che l’amministrazione ha provveduto ad effettuare un trasferimento nel rispetto delle tabelle di equiparazione tra posizioni organizzative ed economiche dell’ANAS e del MIT (tabella 1 allegata al d.P.C.M. del 30 settembre 2014).

Non può inoltre ravvisarsi alcuna illegittimità dei provvedimenti impugnati relativamente alla decorrenza giuridica ed economica dell’inquadramento a far data dall’1 ottobre 2012, atteso che, quando si verifica un trasferimento, il computo dell’anzianità è soggetto ad interruzione e poi inizia a decorrere ex novo .

Quanto all’insistito assunto di violazione della direttiva 77/187/CEE del 14 febbraio 1977, cui si connette anche la richiesta di rimessione della questione pregiudiziale alla Corte di giustizia, osserva il Collegio come la giurisprudenza abbia in più occasioni scrutinato tale profilo, rilevando che il peggioramento “sostanziale”, impedito dalla tutela che la direttiva comunitaria riconosce ai lavoratori coinvolti nel trasferimento di impresa, è ravvisabile solamente allorché, all’esito della comparazione globale, emerga una diminuzione “certa” del compenso che sarebbe stato corrisposto qualora il rapporto fosse proseguito con il cedente nelle medesime condizioni lavorative, sicché non possono essere apprezzati gli importi che, se pure occasionalmente versati prima del passaggio, non costituivano il “normale” corrispettivo della prestazione perché, in quanto legati a variabili inerenti alle modalità qualitative e quantitative di quest’ultima, non erano entrati nel patrimonio del lavoratore, che sugli stessi non avrebbe potuto fare sicuro affidamento neppure qualora la vicenda modificativa non fosse stata realizzata (in termini, da ultimo Cass., sez. lav., ord. 25 maggio 2021, n. 14399;
Cass., sez. lav., ord. 3 giugno 2021, n. 15470). Anche in tale prospettiva trova dunque conferma la correttezza della soluzione per cui ai fini della quantificazione dell’assegno personale le voci retributive che devono formare la base di calcolo sono quelle corrisposte in misura fissa e continuativa, e non anche gli emolumenti variabili o provvisori, sui quali il dipendente non può riporre un affidamento meritevole di tutela. Il che è quanto avvenuto nella fattispecie controversa.

3. - Con il terzo motivo viene poi dedotta l’erroneità della statuizione d primo grado che ha respinto i motivi aggiunti, con particolare riguardo alla esecuzione del d.P.C.M. 30 settembre 2014 quando lo stesso era ancora in corso di registrazione alla Corte dei Conti.

Anche tale motivo è infondato.

Il controllo preventivo di legittimità è volto a verificare la conformità a legge dei provvedimenti sottoposti all’esame della Corte dei Conti. L’attività di verifica interviene in una fase antecedente alla produzione degli effetti dell’atto e il suo esito positivo comporta la registrazione con apposito visto, momento a partire dal quale l’atto acquista efficacia.

Dunque, operando il visto come una condizione e requisito di efficacia, con effetto retroattivo, del provvedimento, l’esecuzione anticipata (o, se si vuole, di fatto) del d.P.C.M. da parte dell’Amministrazione può essere stata caratterizzata da un’inefficacia temporanea del provvedimento – ormai superata – senza ridondare peraltro in illegittimità del medesimo.

4. - Gli appellanti ripropongono, ai sensi dell’art. 101, comma 2, Cod. proc. amm., i motivi assorbiti in primo grado relativi anzitutto alla natura di legge provvedimento dell’art. 36 del d.l. n. 98 del 2011 e dei successivi artt. 11 del d.l. n. 216 del 2011 e 12 del d.l. n. 95 del 2012, oltre che alla loro irragionevolezza.

Al riguardo, occorre rilevare che si è effettivamente in presenza di leggi-provvedimento, prevedendo le norme in esame il trasferimento nei ruoli del MIT dei dipendenti ANAS in servizio presso l’IVCA alla data del 31 maggio 2012, e dunque risultando caratterizzate da un contenuto concreto e particolare, con destinatari bene determinati (in termini, tra le tante, Corte cost., 20 novembre 2013, n. 275).

Trattandosi di atti normativi che incidono su di un numero determinato e limitato di destinatari, in quanto ispirati da particolari esigenze (e comportanti l’attrazione alla sfera legislativa della disciplina di oggetti e materie normalmente affidati all’autorità amministrativa), soggiacciono ai principi di ragionevolezza e non arbitrarietà, quali parametri costituzionali ai quali il legislatore deve attenersi nella loro adozione;
anzi, secondo la giurisprudenza costituzionale, sono sottoposti ad un sindacato più rigoroso.

Nella fattispecie in esame, il trasferimento dei dipendenti ANAS in servizio presso l’IVCA è stato disposto dal legislatore proprio in ragione e in connessione con il trasferimento delle funzioni di controllo e vigilanza dapprima all’Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali e, successivamente, alla struttura di vigilanza sulle concessionarie autostradali, istituite presso il MIT.

Di conseguenza, nel momento in cui le suddette funzioni di controllo sono transitate dall’ANAS all’amministrazione centrale dello Stato, il legislatore ha ragionevolmente, essendo nella “natura delle cose” e funzionale a rendere possibile, melius effettiva la cessione di funzioni delicate e richiedenti adeguate e sperimentate competenze, previsto un trasferimento dei dipendenti dell’IVCA nei ruoli del MIT.

Per tale ragione, si appalesa manifestamente infondata la doglianza di violazione degli artt. 3 e 97 Cost.;
evidentemente i successivi sviluppi dell’organizzazione pubblica, cui fanno riferimento gli appellanti nella memoria del 19 luglio 2022 (tra cui l’istituzione dell’ANSFISA-Agenzia nazionale per la sicurezza delle Ferrovie e delle Infrastrutture stradali e autostradali), non possono rientrare nel sindacato di ragionevolezza, proprio perché sopravvenuti a distanza di tempo.

5. - Da ultimo, viene riproposta la censura relativa al “vizio intrinseco” del d.m. n. 341 del 2012, nel presupposto di un asserito conflitto di interessi tra il MIT e la struttura ministeriale in esso incardinata relativamente alla verifica e approvazione annuale delle tariffe.

Il motivo è infondato, se non anche inammissibile per la sua genericità.

L’appellante fa riferimento ad un generico conflitto di interessi, senza specificare le effettive ragioni per cui dal trasferimento delle funzioni di controllo annuale delle tariffe all’interno del MIT discenderebbe l’illegittimità del d.m. in esame.

6. - In conclusione, alla stregua di quanto esposto, l’appello va respinto, in ragione dell’infondatezza dei motivi dedotti. La complessità della controversia integra tuttavia le ragioni che per legge giustificano la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

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