Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-04-14, n. 201002064

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-04-14, n. 201002064
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201002064
Data del deposito : 14 aprile 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03677/2009 REG.RIC.

N. 02064/2010 REG.DEC.

N. 03677/2009 REG.RIC.

N. 04072/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

sui seguenti ricorsi in appello:
1) nr. 3677 del 2009, proposto dal CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA, in persona del Presidente pro tempore, e dal MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati per legge presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12,

contro

il dottor B F, rappresentato e difeso dall’avv. Mario Sanino, con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, viale Parioli, 180,

nei confronti di

dottori Alfonso BOSCO e Nicola LAUDISIO, non costituiti;



2) nr. 4072 del 2009, proposto dal dottor B F, rappresentato e difeso dall’avv. Mario Sanino, con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, viale Parioli, 180,

contro

il CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA, in persona del Presidente pro tempore, e il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati per legge presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12,

nei confronti di

dottor Paolo DE FIORE, non costituito,

avverso e per la riforma

quanto al ricorso n. 3677 del 2009:

della sentenza nr. 7841/08 del T.A.R. del Lazio, sezione Prima di Roma, depositata il 13 agosto 2008, notificata il 26 febbraio 2009, previa sospensione della sua efficacia;

quanto al ricorso n. 4072 del 2009:

della sentenza del T.A.R. del Lazio, sezione Prima, nr. 3292 del 17 aprile 2008, non notificata.


Visti i ricorsi in appello con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del dott. B F (nel giudizio nr. 3677 del 2009) e del C.S.M. e del Ministero della Giustizia (nel giudizio nr. 4072 del 2009);

Viste le memorie prodotte dal dott. F in data 26 febbraio 2010 a sostegno delle proprie difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, all’udienza pubblica del giorno 9 marzo 2010, il Consigliere Raffaele Greco;

Uditi l’avv. Sanino per il dott. F e l’Avvocato dello Stato Federica Varrone per le Amministrazioni;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

I – Il Consiglio Superiore della Magistratura e il Ministero della Giustizia hanno impugnato, chiedendone l’annullamento previa sospensione, la sentenza con la quale il T.A.R. del Lazio, accogliendo parzialmente il ricorso proposto dal dottor B F, ha annullato gli atti della procedura indetta per il conferimento dell’ufficio direttivo di Presidente del Tribunale di Roma, conclusasi con il conferimento dell’ufficio al dottor P D F.

A sostegno dell’appello, le predette Amministrazioni hanno dedotto:

1) violazione e/o falsa applicazione del principio di irretroattività della legge di cui all’art. 11 delle preleggi, nonché dei principi della tutela dell’affidamento e della par condicio dei candidati (in relazione alla conclusione raggiunta dal giudice di prime cure, secondo cui l’art. 12 del decreto legislativo 5 aprile 2006, nr. 160, come modificato dalla legge 30 luglio 2007, nr. 111, avrebbe dovuto essere applicato immediatamente anche alla procedura di che trattasi, con la conseguenza dell’illegittimità dell’esclusione del dott. F in quanto non rientrante nella c.d. “fascia di anzianità”, non più vigente sulla base della nuova disciplina);

2) in subordine, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12 del d.lgs. nr. 160 del 2006, come modificato dalla legge nr. 111 del 2007;
dell’art. 192, comma 4, del r.d. 30 gennaio 1941, nr. 12;
dell’art. 13, comma 5, del d.lgs. nr. 160 del 2006;
travisamento ed erronea interpretazione della circolare del C.S.M. in data 21 novembre 2007 (essendo comunque legittima l’individuazione del dott. D F come candidato da preferire).

Si è costituito l’appellato dott. D F il quale, oltre ad opporsi con diffuse argomentazioni all’accoglimento dell’appello, ha rappresentato la persistenza del proprio interesse alla definizione del giudizio e ne ha chiesto l’abbinamento ad altro appello da lui stesso proposto in relazione alla medesima procedura.

Alla camera di consiglio del 5 giugno 2009, fissata per l’esame dell’istanza di sospensione della sentenza impugnata, questa è stata differita sull’accordo delle parti, per essere abbinata alla trattazione del merito.

II – In relazione alla medesima procedura indetta dal C.S.M., il dott. B F ha impugnato una precedente sentenza con la quale il T.A.R. del Lazio, decidendo parzialmente sul ricorso da lui proposto e nel disporre incombenti istruttori, lo ha in parte respinto nella parte in cui si dirigeva avverso la delibera con la quale il C.S.M., a seguito della sentenza della Corte Costituzionale nr. 245 del 3 luglio 2007 in materia di limiti di età per il conferimento degli incarichi direttivi, ha deciso di recuperare, nell’ambito delle procedure concorsuali in corso per il conferimento degli uffici direttivi (ivi compreso quello di Presidente del Tribunale di Roma), le domande in precedenza proposte da candidati ultrasessantaseienni, che in base alla normativa anteriore all’intervento della Corte sarebbero state inammissibili, con la conseguente esclusione dei candidati “fuori fascia” (tra cui lo stesso dott. F).

A sostegno dell’impugnazione, ha sostenuto che la citata pronuncia della Corte Costituzionale non avrebbe potuto giammai riverberare i propri effetti sul bando per il conferimento dell’ufficio direttivo de quo, che fissava i requisiti in base alla normativa all’epoca vigente ed alla cui stregua le domande presentate dai candidati ultrasessantaseienni (fra cui il dott. D F) erano e restavano inammissibili.

Si sono costituiti il C.S.M. e il Ministero della Giustizia, chiedendo con atto di stile la reiezione dell’appello e la conferma del ricorso di primo grado.

III – All’udienza del 9 marzo 2010, entrambe le cause sono state trattenute in decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente, va disposta la riunione dei due appelli all’esame, per evidenti ragioni di connessione oggettiva e soggettiva.

Infatti, pur avendo a oggetto diverse sentenze del T.A.R. del Lazio, le due impugnazioni si riferiscono alla medesima procedura di conferimento di incarico direttivo e si svolgono tra le medesime parti;
più specificamente, le due sentenze sono state rese nello stesso giudizio di primo grado, essendo stato l’originario ricorso del dottor B F definito dapprima con una sentenza parziale (impugnata con l’appello nr. 4072 del 2009) e quindi con altra pronuncia (censurata nel giudizio nr. 3677 del 2009).

2. Prima di esaminare analiticamente i vari motivi di appello, è opportuno premettere una breve ricostruzione della vicenda amministrativa e processuale di che trattasi.

Il concorso per il conferimento dell’ufficio direttivo di Presidente del Tribunale di Roma è stato indetto dal Consiglio Superiore della Magistratura con delibera del 17 novembre 2006.

All’epoca, era in vigore l’art. 3 del decreto legislativo 16 gennaio 2006, nr. 20, secondo cui gli incarichi direttivi di primo e secondo grado non potevano essere conferiti ai magistrati i quali, alla data della vacanza del posto messo a concorso, non assicurassero almeno quattro anni di servizio prima del compimento dei settanta anni di età;
in precedenza, aveva operato l’art. 2, comma 45, della legge 25 luglio 2005, nr. 150, che transitoriamente aveva disposto che analoga limitazione si applicasse anche alle procedure in corso.

Tuttavia, con sentenza nr. 245 del 3 luglio 2007, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità delle disposizioni appena richiamate.

Di fronte al problema degli effetti di tale pronuncia sulle procedure in corso, il C.S.M., con delibera del 25 luglio 2007, ha deciso nel senso di una sorta di contemperamento fra l’effetto retroattivo delle sentenze dichiarative di incostituzionalità di norme di legge e il limite delle situazioni definite, escludendo una generalizzata riapertura dei termini per la proposizione delle domande e disponendo di tener conto soltanto delle domande in precedenza proposte da candidati i quali, in quanto ultrasessantaseienni, non sarebbero stati legittimati in base alla disciplina previgente.

Con riguardo alla procedura per cui è causa, il “recupero” delle domande suindicate – fra le quali quella del dottor P D F, odierno appellato – ha comportato l’innalzamento della “fascia di anzianità” di sei anni prevista dalla circolare del C.S.M. nr. 13000 dell’8 giugno 1999 in materia di conferimento di uffici direttivi, e la conseguente esclusione dalla selezione del dottor B F, che aveva originariamente proposto domanda.

In prosieguo, la procedura si è conclusa col conferimento dell’ufficio direttivo proprio al dott. P D F.

Il dott. F, oltre alla delibera consiliare di conferimento dell’incarico direttivo, ha impugnato dinanzi al T.A.R. del Lazio la precedente delibera del 25 luglio 2007;
le censure rivolte avverso quest’ultimo atto sono state però respinte dal T.A.R. con una prima sentenza che ha definito parzialmente il giudizio, e che è appellata dall’originario ricorrente con l’appello nr. 4072 del 2009.

Con una seconda sentenza, invece, sono state accolte le censure articolate dal ricorrente avverso la nomina del dott. D F;
avverso tale decisione si dirige l’appello nr. 3677 del 2009, proposto dall’Amministrazione.

3. In ordine logico, conviene esaminare prioritariamente l’appello nr. 4072 del 2009, col quale il dott. F reitera le censure di primo grado, già disattese dal T.A.R., avverso la delibera consiliare del 25 luglio 2007 relativa al “recupero” delle domande proposte da candidati ultrasessantaseienni a seguito della sentenza della Corte Costituzionale nr. 245 del 2007.

Assume l’appellante, in particolare, che erroneamente il primo giudice, muovendo dall’esclusione della piena assimilabilità della procedura per cui è causa a una procedura concorsuale, ha ritenuto che il mutamento del quadro normativo indotto dalla sentenza della Corte dovesse necessariamente incidere anche sulla procedura in itinere, trattandosi di situazione diversa da quella in cui uno jus superveniens incida sulla lex specialis della procedura.

Secondo l’appellante, l’intervenuto decorso dei termini per la presentazione delle domande in epoca anteriore all’intervento della Consulta avrebbe determinato il consolidarsi delle prescrizioni in materia di requisiti di legittimazione (tra i quali vi era, proprio in base all’art. 3 d.lgs. nr. 20 del 2006, l’età inferiore a 66 anni), con la conseguenza che le domande proposte da aspiranti non in possesso di detti requisiti avrebbero dovuto essere dichiarate irreversibilmente inammissibili, e giammai avrebbe potuto esserne disposto il “recupero”.

La censura è infondata.

3.1. Ed invero, come già evidenziato in relazione a vicenda analoga (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 11 dicembre 2009, nr. 5479), la Sezione è dell’avviso che, ai fini della risoluzione della questione in ordine agli effetti della sentenza nr. 245 del 2007 sulla procedura selettiva per cui è causa, sia irrilevante la qualificazione della stessa come procedura concorsuale o meno;
ciò che conta, piuttosto, è che trattasi di procedimento che era in itinere e non ancora concluso al momento della declaratoria di incostituzionalità.

Tanto premesso, in applicazione del principio generale in base al quale le sentenze della Corte Costituzionale dichiarative dell’incostituzionalità di norme di legge hanno effetti retroattivi e incontrano il solo limite dei c.d. diritti quesiti e dei c.d. rapporti esauriti, non può non concludersi che nel caso che occupa nessuna di tali situazioni eccezionali poteva dirsi sussistente, sicché correttamente, in via di principio, l’Amministrazione ha ritenuto che gli effetti della pronuncia dovessero incidere anche sulla procedura per cui è causa.

Al riguardo, nessuna rilevanza ha il fatto – su cui insiste parte appellante – che al momento della sentenza nr. 245/2007 fossero già scaduti i termini per la proposizione delle domande, in quanto tale scadenza attiene esclusivamente a un segmento infraprocedimentale e ha prodotto il solo effetto di escludere l’accesso alla procedura di soggetti ulteriori e diversi, senza però produrre alcun effetto definitivo né dal punto di vista dell’Amministrazione né da quello dei concorrenti che avevano tempestivamente proposto domanda per l’ufficio direttivo de quo.

Ben diversa sarebbe stata la situazione laddove (ma così non è) talune domande – in ipotesi, quelle dei candidati all’epoca non legittimati per ragioni di età – fossero state già esaminate e dichiarate inammissibili con atto formale al momento della declaratoria di incostituzionalità: in tale ipotesi, l’atto di esclusione dalla selezione avrebbe avuto effetti di arresto procedimentale per i concorrenti esclusi, e se ne sarebbe potuta sostenere l’intangibilità da parte della nuova disciplina sopravvenuta per effetto dell’intervento della Corte.

Se tutto questo è vero, la Sezione non può però esimersi dal rilevare come la particolare soluzione adottata dal C.S.M. sia stata quanto meno discutibile e suscettibile di determinare conseguenze in concreto inique: infatti, la scelta di ammettere alla procedura i soli concorrenti che avevano tempestivamente proposto domanda senza essere legittimati, piuttosto che riaprire i termini per la proposizione delle domande allo scopo di consentire a qualsiasi soggetto interessato dalla decisione della Corte di rientrare in gioco (ipotesi che pure era stata prospettata, venendo però bocciata soprattutto per ragioni organizzative e di speditezza), ha finito per penalizzare quanti avevano rispettato la normativa all’epoca vigente, astenendosi dal presentare domanda, e per avvantaggiare invece coloro i quali si erano candidati in conclamata violazione di detta normativa.

Tuttavia, l’appellante dott. F non ha censurato le determinazioni consiliari sotto tale profilo (né avrebbe avuto interesse a farlo, atteso che una generalizzata riapertura dei termini lo avrebbe a fortiori tagliato fuori dalla procedura), limitandosi a insistere nel senso della illegittimità ex se delle domande degli ultrasessantaseienni, fra cui il dott. D F: ciò che, come si è visto, non è sostenibile alla stregua dei consolidati principi in materia di procedimento amministrativo e di efficacia ex tunc delle sentenze della Corte Costituzionale.

3.2. A fronte dei rilievi svolti l’appellante, nella propria memoria conclusiva, sviluppa ulteriori e diversi argomenti contenuti nell’appello a sostegno della illegittimità del “recupero” della domanda del dott. D F e degli altri candidati non legittimati ab initio per ragioni di età.

In particolare, si assume che la natura concorsuale delle procedure selettive di conferimento degli uffici direttivi della magistratura, affermata dalla Sezione in relazione alla già richiamata vicenda analoga (cfr. la decisione nr. 5479 del 2009, cit.), dovrebbe necessariamente indurre a concludere nel senso dell’impossibilità per il C.S.M. di tener conto delle domande presentate da candidati che all’epoca non possedevano i requisiti di età per essere ammessi alla procedura;
costoro avrebbero dovuto impugnare il bando con cui la procedura comparativa era stata indetta, eccependo l’illegittimità costituzionale della disposizione che fissava il divieto di partecipazione per gli ultrasessantaseienni, e non avendolo fatto avrebbero prestato acquiescenza all’originaria disciplina della procedura, non più suscettibile di essere rimessa in discussione.

Le argomentazioni di parte appellante, pur perspicue, non appaiono persuasive.

Ed invero, esse si fondano sul noto orientamento in materia di immediata impugnabilità delle c.d. “clausole escludenti”: un orientamento che la Sezione non intende qui disconoscere, ma del quale è assai dubbia l’applicabilità in toto alla vicenda per cui è causa.

Al riguardo, è sufficiente rilevare che il ridetto orientamento, costituendo eccezione alla regola generale della non immediata impugnabilità del bando, è sempre stato interpretato dalla giurisprudenza in modo restrittivo, con riferimento esclusivo a quelle clausole che effettivamente risultino impeditive a monte della partecipazione del ricorrente alla procedura, di tal che un’ipotetica domanda non avrebbe certamente alcuna possibilità di essere ammessa;
tali sono specificamente le clausole che stabiliscono i requisiti soggettivi di partecipazione.

Se ciò è vero, è opinione della Sezione che alla categoria delle clausole “escludenti”, nel senso appena precisato, possano essere ricondotte quelle sole prescrizioni, in materia di requisiti di partecipazione, che discendano direttamente da un’opzione dell’Amministrazione nell’esercizio della propria potestà di determinare la disciplina della procedura selettiva, ma non anche quelle che si limitino a riprodurre pedissequamente condizioni e requisiti fissati dalla legge.

Nel caso di specie, peraltro, la delibera consiliare del 16 novembre 2006, di indizione della procedura de qua, nulla prevedeva in ordine ai requisiti soggettivi di ammissibilità della domanda (cfr. documento nr. 1 delle produzioni in primo grado dell’Amministrazione del 12 gennaio 2008): di modo che solo attraverso una fictio si potrebbe sostenere che esistesse una “clausola escludente” che gli interessati erano onerati di impugnare immediatamente.

Con ciò non si vuole sostenere che, qualora il dott. D F (o chiunque altro nelle medesime condizioni) avesse impugnato la delibera di indizione nei sensi indicati dall’appellante, un tale ricorso sarebbe stato inammissibile;
si intende evidenziare – al contrario – che non può convenirsi con l’affermazione dell’esistenza di un onere di immediata impugnazione, il cui mancato assolvimento precluderebbe al dott. D F di beneficiare degli effetti della sopravvenuta declaratoria di incostituzionalità della norma preclusiva, ad onta del principio generale di retroattività degli effetti di tali pronunce.

3.3. In considerazione dei rilievi fin qui svolti, s’impone la reiezione dell’appello proposto dal dott. F.

4. Può essere esaminato, a questo punto, l’appello proposto dal C.S.M. e dal Ministero della Giustizia avverso la sentenza del T.A.R. laziale di parziale accoglimento del ricorso proposto dal dott. F contro la nomina del dott. D F all’ufficio direttivo di che trattasi.

Tale appello è fondato.

Al riguardo, contrariamente a quanto rilevato per l’appello del dott. F – e conformemente a quanto rappresentato nel più volte richiamato precedente analogo (cfr. la decisione nr. 5479 del 2009, cit.)-, in questo caso è rilevante il problema dell’esatta qualificazione della procedura selettiva per il conferimento degli uffici direttivi (se, cioè, essa sia o meno assimilabile a una procedura concorsuale), trattandosi non già di verificare gli effetti di una sentenza di incostituzionalità intervenuta sulla normativa a monte della procedura, ma di accertare se e in che misura lo jus superveniens (di regola destinato a non operare che per l’avvenire) incida su detta procedura in corso.

Tutto ciò premesso, osserva la Sezione come non possa condividersi la netta affermazione del primo giudice secondo cui la procedura per cui è causa non sarebbe per nulla assimilabile al modello concorsuale;
affermazione dalla quale viene fatta discendere l’immediata incidenza della nuova disciplina, anche in termini di caducazione della normativa secondaria con essa incompatibile, ai fini della valutazione o meno dell’anzianità tra i criteri per il conferimento degli uffici direttivi.

In particolare, il giudice di prime cure ha ritenuto che, avendo il legislatore del 2007 – come già accennato – escluso l’anzianità dai criteri di valutazione, ciò comportasse la inapplicabilità, anche prima che lo stesso C.S.M. procedesse a modificarla per adeguarla al nuovo quadro normativo, della già citata circolare nr. 13000 del 1999 nella parte in cui prevedeva, tra i parametri di cui tener conto, anche quello dell’anzianità;
sulla base di tale argomentazione, si è concluso nel senso dell’illegittimità dell’operato dell’Amministrazione, la quale ha dato corso alla procedura selettiva sulla base della normativa vigente all’atto dell’indizione, giustificando poi tale scelta con il rilievo che solo in epoca successiva si è proceduto all’adeguamento delle circolari alla nuova normativa sopravvenuta.

Non è possibile condividere, già fin dai suoi presupposti, detta argomentazione.

Ed invero, esaminando la disciplina primaria e secondaria delle procedure selettive svolte dal C.S.M. appare arduo non concludere che le stesse sono riconducibili al modello del concorso per titoli, ancorché con caratteristiche peculiari legate – tra l’altro – alla rilevanza costituzionale dell’organo che le gestisce: dette procedure, infatti, si articolano secondo il consueto schema procedimentale articolato nei seguenti passaggi:

I) un atto di indizione, nel quale sono specificati i requisiti e i termini per la presentazione delle domande: i primi sono stabiliti dalla legge in virtù della riserva ex art. 108, comma I, Cost., ma largamente integrati dallo stesso C.S.M. con le proprie circolari (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 14 luglio 2008, nr. 3513), mentre l’atto di indizione conserva la sua funzione tipica pur non avendo il nomen di “bando” ma altre qualificazioni, come “avviso”, “interpello” e simili;

II) la presentazione delle domande da parte degli aspiranti, con allegata la documentazione necessaria;

III) l’eventuale esclusione preliminare dei candidati non legittimati in quanto privi di uno o più dei requisiti per l’accesso alla procedura selettiva;

IV) una valutazione comparativa, a carattere tecnico-discrezionale, avente a oggetto le attitudini, il merito, l’esperienza e altre qualità dei candidati;

V) l’individuazione, all’esito, del candidato prevalente e la sua proposta per il conferimento dell’ufficio direttivo.

La riconducibilità allo schema concorsuale delle procedure di che trattasi comporta, di conseguenza, che alle stesse si applica il consolidato principio secondo cui le eventuali disposizioni sopravvenute in materia di ammissione dei candidati, di valutazione dei titoli o di svolgimento di esami di concorso e di votazioni non trovano applicazione per le procedure in itinere alla data della loro entrata in vigore, in quanto il principio tempus regit actum attiene alle sequenze procedimentali composte di atti dotati di propria autonomia funzionale, e non anche ad attività (quale è quella di espletamento di un concorso) interamente disciplinate dalle norme vigenti al momento in cui essa ha inizio;
dal che discende che le norme sopravvenienti, per le quali non è configurabile alcun rinvio implicito nella lex specialis, non modificano, di regola, i concorsi già banditi, a meno che diversamente non sia espressamente stabilito dalle norme stesse (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 12 giugno 2008, nr. 2909;
id. 15 settembre 2006, nr. 5405;
Cons. Stato, sez. V, 21 settembre 2005, nr. 4937;
Cons. Stato, sez. IV, 6 luglio 2004, nr. 5018).

Nel caso di specie, poiché la nuova disciplina introdotta dalla legge nr. 111 del 2007 non conteneva alcuna previsione di retroattività (né tale effetto poteva ritenersi automatico, al contrario che per le sentenze della Corte Costituzionale), restava ferma l’applicabilità della disciplina primaria e secondaria vigente al momento dell’indizione della procedura per cui è causa: ne discende la piena legittimità dell’operato del C.S.M., che ha ritenuto non immediatamente applicabile la disciplina sopravvenuta nella procedura conclusasi col conferimento dell’ufficio direttivo di Presidente del Tribunale di Roma al dott. P D F.

S’impone, pertanto, l’accoglimento dell’appello proposto dalle Amministrazioni, con la riforma della sentenza impugnata e la conseguente reiezione dell’originario ricorso del dott. F.

5. Tenuto conto della complessità e della relativa novità delle questioni affrontate, sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

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