Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-10-16, n. 202308991

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-10-16, n. 202308991
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202308991
Data del deposito : 16 ottobre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 16/10/2023

N. 08991/2023REG.PROV.COLL.

N. 06183/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6183 del 2022, proposto da C V, P V, rappresentati e difesi dagli avvocati G F F, F G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio G F F in Roma, via di Ripetta 142;

contro

Comune di Crosia, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato O M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Arno, n. 6;

nei confronti

Ministero della Cultura, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio - Servizio III, Ministero Beni e Attività Culturali - Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio Prov. di Catanzaro Cosenza e Crotone, Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Segretariato Regionale per la Calabria, E V, non costituiti in giudizio;

per l’opposizione di terzo

alla sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V n. 261/2022.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Cultura e del Comune di Crosia.

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 marzo 2023 il Cons. G R e uditi per le parti gli avvocati Ferrari e Morcavallo;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con provvedimento del 25 ottobre 2000, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha dichiarato che l’immobile denominato “Castello di Mirto”, sito in località Mirto, frazione del Comune di Crosia, è un bene “ d’interesse particolarmente importante ai sensi degli artt. 2 (comma 1 lettera a - b), art. 3 e 6 (comma 1) del citato Decreto Legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 e viene, quindi, sottoposto a tutte le disposizioni di tutela contenute nel decreto stesso ”.

2. Riferiscono i ricorrenti che, sino all’agosto del 2017, meno della metà dei mappali costituenti una quota del predetto Castello, pari al 38%, apparteneva al sig. Saverio A e alla sig.ra Grazia C F, mentre la rimanente, più consistente parte, pari al 62%, apparteneva alla famiglia V, tra cui gli stessi ricorrenti. Una piccola quota nella sola corte esterna era proprietà dei signori P, M e S, M e I. In particolare, la signora C e il signor P V, sono proprietari rispettivamente di 1/18 delle particelle catastalmente identificate al foglio 6 mapp. 14 e al foglio 7 mapp. 10 subalterno 2. I medesimi sono altresì intestatari per 1/36 ciascuno della particella di cui al foglio 6 mapp. A, oltre che dei diritti sulle corti comuni.

3. Riferiscono ancora che il Comune di Crosia sia nella delibera di Giunta n. 103 del 10 luglio 2018 sia nella delibera di Consiglio n. 21 del 31 luglio 2018 ometteva ogni riferimento alla signora C e al signor P V, ritenendo che la restante proprietà fosse solo in capo ai coniugi L V e S M e ai signori G e G V. Né il Comune inviava alcuna comunicazione ai ricorrenti, i quali nulla sapevano di quanto accaduto anche perché entrambi abitanti a Garbagnate Milanese.

4. Con atto rogato dal Notaio B il 9 agosto 2017, l’avv. E V acquistava dai signori A e F le porzioni di Castello di proprietà di questi ultimi. In tale atto, tuttavia, non veniva specificato dai venditori che il bene in questione fosse sottoposto a vincolo storico - architettonico. Pertanto, l’avv. V, una volta versato integralmente il corrispettivo pattuito, riteneva che il suddetto atto fosse pienamente efficace. Tuttavia, essendo l’immobile in questione un bene vincolato, ai sensi dell’art. 59, comma 2, d.lgs. 42/2004, l’alienante avrebbe dovuto denunciare al Ministero per i Beni e le Attività Culturali l’intervenuto acquisto di una sua porzione, ai fini dell’esercizio del diritto di prelazione. I signori A e F provvedevano a denunciare al Ministero, e in particolare alla Soprintendenza per le province di Catanzaro Cosenza e Crotone, l’atto di compravendita.

5. Con nota prot. n. 7915 del 26 agosto 2018, il Ministero - Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio per le Provincie di Catanzaro, Cosenza e Crotone informava il Comune di Crosia della possibilità di esercitare il diritto di prelazione, ai sensi dell’art. 62, comma 3, d.lgs. 42/2004. Il Comune, con deliberazione di Giunta comunale n. 103 del 10 luglio 2018 e con deliberazione del Consiglio comunale n. 21 del 31 luglio 2018, esprimeva l’intenzione di esercitare il diritto di prelazione sulle porzioni di Castello di Mirto oggetto dell’atto di compravendita sopra citato.

6. L’avv. V impugnava le suddette deliberazioni dinanzi al

TAR

Calabria, Catanzaro, unitamente alle deliberazioni del Consiglio Comunale del 31 luglio 2018 nn. 20 e 22 relative all’assestamento di bilancio. Con nota prot. n. 8177 del 5 dicembre 2018, gravata con motivi aggiunti, il Ministero - Segretariato regionale per la Calabria esprimeva parere favorevole alla proposta di esercizio della prelazione da parte del Comune. Il Ministero per i Beni e le attività Culturali, invece, dopo essersi costituito in giudizio il 20 novembre 2018, depositava in atti, il 12 dicembre 2018, la nota prot. n. 14297 del 21 novembre 2018 con la quale venivano dettate specifiche prescrizioni da adottare nell’atto amministrativo di autorizzazione. In particolare, la suddetta nota n. 14297 prescriveva all’Amministrazione che, per poter legittimamente esercitare la prelazione, avrebbe dovuto redigere “ un progetto di restauro unitario che prevede il recupero dell’intero immobile finalizzato a destinazioni d’uso compatibili con l’originaria morfologia architettonica, la spazialità e l’originaria distribuzione interna ai vari piani ”.

7. Riferiscono ancora i ricorrenti che l’acquisto di quote del Castello da parte dell’avv. V era finalizzato a congiungere in un’unica famiglia la totalità della proprietà in modo da consentire la ristrutturazione del bene e la sua valorizzazione.

8. Il Comune di Crosia, in data 24 gennaio 2019, depositava un atto, datato 6 dicembre 2018, con il quale la Direzione Generale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali esprimeva la propria rinuncia all’esercizio del diritto di prelazione in questione. Anche tale comunicazione veniva gravata con motivi aggiunti.

9. Il 12 febbraio 2020, il

TAR

Calabria, Catanzaro con sentenza n. 563, accoglieva il ricorso promosso dall’avv. V, annullando la deliberazione della Giunta Comunale n. 103/2018 e quella del Consiglio Comunale n. 21/2018, con sentenza pubblicata il 10.4.2020.

10. Con ricorso in appello, il Comune di Crosia chiedeva l’annullamento, previa sospensione, della citata sentenza n. 563/2020. Con sentenza n. 261 pubblicata il 14.1.2022 l’appello del Comune di Crosia veniva accolto.

11. La sentenza è stata quindi fatta oggetto di ricorso in opposizione affidato ai seguenti motivi: “ 1. Violazione del principio del contraddittorio di cui all’art. 111 Cost. Violazione del litisconsorzio necessario, art. 102 c.p.c.. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, illogicità manifesta e contraddittorietà;

2. Violazione e falsa applicazione degli artt. 62, comma 3, d.lgs. 42/2004 e 191 d.lgs. 267/2000. Illegittimità dell’asserita prelazione perché priva di copertura finanziaria e del relativo impegno di spesa;

3. Violazione dell’art. 62, comma 4, d.lgs. 42/2004, mancato esercizio del diritto di prelazione nei termini perentori stabiliti dalla norma;

4. Violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione. Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 138, della l. 228/2012, dell’art. 12, comma 1 quater e ter, d.l. 98/2011, convertito in legge, con modificazioni, dalla l. 111/2011, e dell’art. 10 bis, d.l. 35/2013. Violazione e falsa applicazione degli articoli 153, 183, 191, 147 bis, 187, comma 2 e 194, comma 3 del d.lgs. 267/2000. Violazione e falsa applicazione del d.lgs. 118/2011. Eccesso di potere per contraddittorietà estrinseca;

5. Eccesso di potere per difetto di motivazione;

6. Eccesso di potere per illogicità manifesta e per contraddittorietà. Difetto di istruttoria”.

12. Hanno resistito al ricorso il Ministero per i Beni e le Attività culturali e il Comune di Crosia, quest’ultimo chiedendone la declaratoria di inammissibilità e la reiezione.

13 . Alla udienza pubblica del 16 marzo 2023, la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

14. Con il primo motivo di ricorso, C e P V affermano di essere stati illegittimamente esclusi dal giudizio di primo grado per il grave difetto di istruttoria che inficerebbe a monte i provvedimenti adottati dal Comune, il quale non avrebbe correttamente individuato i comproprietari del bene su cui ha inteso esercitare la prelazione nella misura del 38% (senza peraltro portare a conclusione il relativo procedimento). Di conseguenza, il processo conclusosi con la decisione opposta, si sarebbe svolto senza la partecipazione necessaria degli odierni ricorrenti.

14.1. L’istruttoria, nella specie, sarebbe mancante o, in ogni caso, svolta in maniera superficiale. Il Consiglio comunale non avrebbe avuto né la percezione dell’oggetto della deliberazione - posto che era convinto di esprimere la volontà di prelazione sul 50% del bene, mentre si trattava del solo 38% - né di chi fossero i soggetti proprietari del Castello di Mirto.

14.2. La signora C e il signor P V sarebbero stati ignorati in sede di esercizio della prelazione e, di conseguenza, illegittimamente pretermessi dal giudizio di primo grado e, conseguentemente, da quello di appello, non figurando in nessuno degli atti finalizzati all’esercizio della prelazione stessa.

14.3. Il castello, sebbene costituito da diverse particelle e subalterni, è un complesso unitario distribuito su diversi livelli in cui le proprietà sono connesse le une alle altre, con la presenza di parti comuni, quali muri perimetrali, solai, coperture, corti, terreni adiacenti (ecc.). La struttura stessa del complesso immobiliare fa sì che le diverse parti possano essere messe in sicurezza, restaurate e valorizzate nell’insieme, come peraltro imposto dalla Soprintendenza. Ne conseguirebbe che la prelazione esercitata dall’Ente inciderebbe sulla proprietà dei ricorrenti non solo in relazione alle parti strettamente comuni ma anche sulle particelle non oggetto di prelazione, condizionando e limitando il diritto di proprietà degli opponenti anche con riferimento alle finalità del progetto privato di valorizzazione.

14.4. Nel dettaglio:

a) il foglio 6, particella 14, e il foglio 7, particella 10, subalterno 2 sono stati così ripartiti pro quota:

- 1/4 di proprietà del sig. G V;
1/4 di proprietà del sig. G V;
1/4 di proprietà del sig. L V;
1/8 di proprietà della signora C V, odierna ricorrente;
1/8 di proprietà del sig. P V, odierno ricorrente;

b) il foglio 6, particella A, subalterno 1 risulta così suddiviso:

- 1/18 di proprietà del sig. G V;
1/18 di proprietà del sig. L V;
1/36 di proprietà della signora C V, odierna ricorrente.

Inoltre la signora S M e i signori Luigi, G e G V sono comproprietari di quote non oggetto di prelazione e comproprietari per 1/8 ciascuno delle quote identificate al foglio 6, mappale 952, subalterno 1 e mappale 951, subalterno 1 sulle quali il Comune pretende di esercitare la prelazione.

14.5. La signora C e P V sono intestatari delle quote sopra riportate a far data dal 17 marzo 2016, a seguito del decesso del sig. Antonio V e, dunque, della divisione delle quote di proprietà appartenenti allo stesso. Le delibere comunali impugnate in primo grado dall’avv. V sono entrambe datate luglio 2018. I ricorrenti affermano, quindi, di essere rimasti all’oscuro della volontà del Comune di procedere all’acquisizione delle restanti quote di proprietà tra cui, per l’appunto, anche quelle in capo ai medesimi con pregiudizio dei diritti di quest’ultimi sull’immobile. Proseguono, affermando che i diritti sul medesimo bene, da una parte dal Comune e, dall’altra, dalla famiglia V, non potrebbero coesistere tra loro, in considerazione del fatto che l’acquisto dell’avv. V aveva proprio quale obiettivo primario quello di superare la situazione di stallo nel recupero del bene - mai concretizzatosi proprio a causa dell’eccessiva frammentazione delle quote del Castello - ricongiungendo la proprietà in un’unica famiglia, portatrice di un interesse condiviso alla valorizzazione dell’immobile nella sua interezza. L’eventuale prelazione del Comune, avente ad oggetto, peraltro, anche spazi comuni alla famiglia, bloccherebbe ogni iniziativa in tal senso ristabilendo, al contrario, la frammentazione che da sempre impedisce il recupero unitario del bene il quale, per l’appunto, tuttora versa in una situazione di decadenza e abbandono.

14.6. Proseguono ancora i ricorrenti, riportando le parole di un consigliere comunale per come verbalizzate nella delibera n. 21 del 2018: “ Successivamente ” (all’esercizio del diritto di prelazione) “ si cercherà di acquisire la restante metà dell’immobile;
a quel punto l’Amministrazione si impegnerà a reperire i necessari finanziamenti regionali o nazionali per consentire la sua completa ristrutturazione […]”
. Il percorso logico seguito dall’ente e manifestatosi nell’atto consiliare sfociava nel convincimento di procedere al recupero del castello successivamente all’acquisizione dell’intera proprietà. Si tratterebbe di un grave pregiudizio al diritto di proprietà dei ricorrenti, a seguito dell’esercizio della prelazione, che deriva non solo agli spazi comuni, in relazione ai quali essi si troverebbero in comunione con il Comune senza nulla aver sino ad ora ricevuto, ma anche agli ulteriori spazi di proprietà;
essi sarebbero impossibilitati ad attuare il progetto di recupero unitario, imposto dalla Soprintendenza e necessitato dalla struttura stessa dell’immobile. Tale impossibilità sarebbe determinata, da un lato, dalla mancanza di fondi in capo al Comune, gravato dal dissesto finanziario, necessari ad acquisire l’intera proprietà, dall’altro dalla indisponibilità dei proprietari a vendere le proprie quote.

14.7. La carenza istruttoria non avrebbe permesso al Comune di quantificare correttamente le quote di proprietà oggetto di prelazione. Infatti, l’Amministrazione era convinta di procedere all’acquisizione del 50% del Castello, quando, in realtà avrebbe potuto acquisire solo una quota di minoranza pari al 38%. L’Ente, poi, ha espresso l’intenzione di procedere all’acquisto delle quote residuali, senza, tuttavia, individuare correttamente i proprietari.

14.8. Le omissioni del Comune avrebbero determinato un pregiudizio al diritto di difesa degli opponenti, i quali non hanno avuto la possibilità di partecipare al giudizio, nonostante la concreta lesione del diritto di proprietà sulle quote detenute dai medesimi e notevolmente incise dalla prelazione del Comune sotto il profilo della lesione del diritto di godere del bene, che non sarebbe suscettibile di restauro e di valorizzazione e anzi condannato ad un degrado definitivo e irreversibile per la situazione di stallo che continuerà a protrarsi negli anni. Inoltre, l’esercizio della prelazione determina l’inserimento del pubblico in un complesso di proprietà privata con conseguente esposizione all’innesco di un procedimento di esproprio, che sopprimerebbe la proprietà privata, con tutte le dannose conseguenze, sia in ordine alla perdita della proprietà, sia alla mancanza di fondi conclamata per il pagamento dell’indennizzo.

15. Il ricorso è inammissibile.

15.1. I ricorrenti assumono di agire a tutela di una situazione giuridica soggettiva:

a) autonoma rispetto a quella propria dell’avvocato V, soccombente in appello nella controversia conclusa con la sentenza n. 261/2022;

b) concretamente pregiudicata dal decisum della sentenza resa inter alios .

15.2. Nel processo amministrativo, la tutela dei soggetti da riguardarsi a vario titolo come “terzi” evidenzia un profilo di particolare complessità. Il processo amministrativo ha sempre contemplato, accanto ai controinteressati, che sono parti necessarie, una categoria indefinita di terzi che sono legittimati a intervenire, ma il modello risulta tutt’altro che conclusivo, se non altro perché considera più le forme di ingresso nel processo, che i contenuti e le prerogative di ciascuna partecipazione (Consiglio di Stato, sez. V, 23 agosto 2019, n. 5817).

15.3. La sentenza di questa Sezione, appena citata, ha affrontato in radice la questione affermando che il quadro può essere riassunto nei sensi che seguono:

Per i controinteressati in senso stretto, la questione si pone, sotto il profilo processuale, nei termini di attuazione del principio del contraddittorio, il quale (cfr. art. 2 c.p.a. anche in relazione all'art. 24 Cost. e all'art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, richiamati dall'art. 1 c.p.a.), si declina operativamente (cfr. artt. 27 e 41) nel senso della sua necessaria “integralità”, garantita dalla notifica del ricorso all'Amministrazione resistente e, ove esistenti, a tutti i "controinteressati", che costituiscono le cc.dd. parti necessarie, cioè le "parti nei cui confronti la sentenza deve essere pronunciata" (cfr. art. 28, 1° comma, che le legittima, in caso di omessa notifica, all'intervento "senza pregiudizio del diritto di difesa", cioè senza la soggezione allo stato e grado del giudizio e senza il condizionamento alla sussistenza di uno specifico interesse ed all'accertamento del mancato verificarsi di decadenze, cui il successivo comma subordina l'intervento di altri terzi che non siano contraddittori necessari).

Propriamente controinteressati sono, del resto, le "persone alle quali l'atto o provvedimento direttamente si riferisce" di cui già faceva (esatta) parola l'art. 36, 2° comma, t.u. sul Consiglio di Stato: titolari di un interesse qualificato opposto a quello del ricorrente, la cui posizione processuale (era ed) è qualificabile in termini di vero e proprio litisconsorzio necessario.

Peraltro, è noto che la nozione rilevante di controinteressato necessario fa leva sulla ricorrenza del duplice requisito: 1) sostanziale, rappresentato dalla titolarità di una posizione qualificata di vantaggio, attribuita specificamente a quel soggetto dal provvedimento impugnato (in tal senso l'atto è "riferibile" ad essa);
2) formale, rappresentato dall'identificazione nominativa del soggetto nell'atto impugnato.

Oltretutto, la verifica dei requisiti per la posizione di controinteressato viene effettuata, per consolidato intendimento, con riguardo al momento di introduzione del giudizio (come è logico, trattandosi di posizione di controinteresse rispetto all'atto impugnato). Pertanto, l'acquisto di una posizione qualificata di vantaggio successivamente alla presentazione del ricorso (come spesso si verifica nel caso di emanazione di provvedimenti consequenziali a quello impugnato) non comporta alcuna necessità di integrare il contraddittorio. Per tal via, non sono litisconsorti necessari i controinteressati successivi.

Le considerazioni che precedono danno conto della emergenza della figura dei controinteressati in senso solo sostanziale (o controinteressati "occulti") e dei controinteressati successivi: essi sono parimenti titolari di una situazione soggettiva qualificata (opposta, con riferimento all'atto impugnato, a quella del ricorrente) e sono, perciò, assoggettati agli effetti della sentenza (quanto meno, della sentenza di annullamento), pur non essendo contraddittori necessari.

Sembra esatto osservare - avuto riguardo alla distinzione tra effetto di annullamento ed efficacia (soggettiva) del giudicato - che tali soggetti subiscono le conseguenze demolitorie della sentenza inter alios, ma non sono soggetti al relativo giudicato: che è condizione - necessaria prima che sufficiente - a legittimarli alla opposizione di terzo, alla quale vengono in effetti, per diffuso intendimento, abilitati.

Più complessa è la situazione che si verifica allorché la posizione di vantaggio sia determinata da un atto impugnato che abbia consistenza normativa o portata generale: in questi casi (in sintomatica differenza di quel che è dato riscontrare nei provvedimenti c.d. plurimi), l'annullamento ha caratteristica efficacia ultra partes. Nondimeno, a differenza dei controinteressati in senso proprio, l'attribuzione di una posizione di vantaggio è, per definizione, priva del carattere di "specificità": onde, pur essendo possibile l'intervento in giudizio, appare arduo immaginare una generalizzata legittimazione all'opposizione di terzo (verosimilmente preclusa proprio dal rilievo che si tratta di soggetti direttamente incisi dal giudicato, rispetto al quale non sono perciò propriamente terzi).

Sotto ulteriore profilo, titolare di una posizione qualificata d'interessi, opposta a quella del ricorrente, non è solo chi abbia "conseguito un vantaggio specifico" per effetto dell'atto impugnato, ma è anche chi per effetto dello stesso atto abbia "evitato un pregiudizio specifico". Si pensi al caso del proprietario rispetto all'impugnazione, da parte del vicino, di un diniego (o di un annullamento) di un permesso di costruire;
ovvero al concorrente, rispetto alla impugnazione di un provvedimento di esclusione.

La giurisprudenza afferma tradizionalmente che questi soggetti non sono controinteressati, rilevando che il provvedimento impugnato (negli esempi proposti: il diniego o l'annullamento del permesso di costruire, l'esclusione da una procedura concorsuale o evidenziale) non assegna ad essi alcuno specifico vantaggio. Di conseguenza, anche se questi terzi sono espressamente "nominati" nell'atto, non assumono mai la veste di contraddittori necessari, pur potendo intervenire in giudizio”. (…) ancora diversa è la posizione dei terzi titolari di un interesse semplicemente "dipendente" da quello di una delle parti necessarie del processo, che per vario rispetto possono essere equiparati (anche ai fini della legittimazione all'intervento) ai titolari di un interesse di mero fatto. Costoro, per un verso non possono vantare una posizione soggettiva autonoma (stante la postulata relazione di dipendenza) e, per altro verso, non sono mai e per definizione, rispetto al giudicato inter alios, in posizione di incompatibilità giuridica, ma - semmai - di mera (e non rilevante) incompatibilità pratica (che, se vale ad abilitarli all'intervento adesivo dipendente ad adiuvandum, ne esclude la legittimazione all'opposizione impugnatoria).

I rilievi che precedono giustificano, pur nella obiettiva problematicità di qualche profilo, le conclusioni cui è giusta la giurisprudenza, alla cui stregua deve, in definitiva, ritenersi che la legittimazione a proporre opposizione di terzo nei confronti di una sentenza del giudice amministrativo resa inter alios vada, in definitiva, riconosciuta solo ai controinteressati pretermessi, nonché a quelli occulti (perché non facilmente identificabili) e a quelli sopravvenuti, non intervenuti nel processo, allorquando tale assenza non sia dipesa da una loro decisione, ma sia conseguenza di un'omissione dovuta alla controparte, alla mancata attivazione dei poteri di integrazione del contraddittorio del giudice o a vizi del procedimento amministrativo a monte, per mancanza di una corretta individuazione o di una espressa evocazione nella formalità degli atti.

Tali soggetti, pur non avendo partecipato al relativo giudizio, sono nondimeno portatori di un interesse (giuridicamente) qualificato al mantenimento dell'atto impugnato: interesse che, di conseguenza, risulta travolto (direttamente ed immediatamente) dall'annullamento dell'atto stesso;
sicché l'attuazione del comando contenuto nella sentenza sarebbe ontologicamente incompatibile rispetto ad una coesistenza, sul piano sostanziale, dei due ordini di interessi propri del ricorrente e dell'opponente (in tal senso cfr. Cons. Stato, sez. III, 16 dicembre 2013, n. 6014; Id., sez. V, 23 maggio 2013, n. 2390).

Si deve, per opposto ordine di ragioni, escludere la legittimazione attiva all'opposizione di terzo ordinaria di coloro la cui situazione giuridica sia (semplicemente) collegata da un rapporto di dipendenza o di derivazione con quella di altri soggetti parti in causa;
allo stesso modo va esclusa la legittimazione ad agire dei soggetti interessati solo di riflesso: rispetto a tali categorie difetta, infatti, il requisito dell'autonomia della posizione soggettiva stessa (Cons. Stato, VI, 29 gennaio 2008, n. 230).

15.4. Alla luce delle considerazioni sinora esposte, facendo espresso richiamo ai principi già affermati da questa Sezione, si deve concludere per l’inammissibilità del ricorso qui all’esame, poiché la signora C V e il signor P V:

a) hanno affermato che “ il Comune ha agito nell’erroneo presupposto di poter conseguire, in un non meglio precisato secondo momento, la proprietà dell’intero immobile, il che è assolutamente impossibile sia per la situazione di dissesto finanziario in cui si trova l’Ente, sia per la ferma indisponibilità dei proprietari a cedere le proprie quote ”;

b) si sono riferiti alla “ delibera consiliare n. 21/2018 ove il Sindaco genericamente auspicava che “in tempi brevi il Comune possa acquisire la restante parte dell’immobile dialogando democraticamente con i privati proprietari, per poterla destinare a finalità istituzionali ad uso della collettività” ;

c) hanno affermato che “ l’acquisto dell’avv. V aveva proprio quale obiettivo primario quello di superare la situazione di stallo nel recupero del bene - mai concretizzatosi proprio a causa dell’eccessiva frammentazione delle quote del Castello - ricongiungendo la proprietà in un’unica famiglia, portatrice di un interesse condiviso alla valorizzazione dell’immobile nella sua interezza. È di palmare evidenza come l’eventuale prelazione del Comune, avente ad oggetto, peraltro, anche spazi comuni alla famiglia, bloccherebbe ogni iniziativa in tal senso ristabilendo, al contrario, la frammentazione che da sempre impedisce il recupero unitario del bene il quale, per l’appunto, tuttora versa in una situazione di decadenza e abbandono”;

d) hanno altresì affermato che “ Un grave pregiudizio al diritto di proprietà degli opponenti, a seguito dell’esercizio della prelazione, deriva non solo agli spazi comuni, in relazione ai quali gli odierni opponenti si troverebbero in comunione con il Comune senza nulla aver sino ad ora ricevuto, ma anche agli ulteriori spazi di proprietà degli opponenti, i quali sarebbero impossibilitati ad attuare il progetto di recupero unitario, imposto dalla Soprintendenza e necessitato dalla struttura stessa dell’immobile. Tale impossibilità è determinata, da un lato, dalla mancanza di fondi in capo al Comune, gravato dal dissesto finanziario, necessari ad acquisire l’intera proprietà, dall’altro dalla indisponibilità dei proprietari a vendere le proprie quote” ;

e) ancora, hanno affermato che gli atti del Comune di Crosia “ hanno determinato, quindi, un grave pregiudizio al diritto di difesa degli odierni opponenti, i quali non hanno avuto la possibilità di partecipare al giudizio, nonostante la concreta lesione del diritto di proprietà sulle quote detenute dai medesimi e notevolmente incise dalla prelazione del Comune sotto il profilo della lesione del diritto di godere del bene, che non sarebbe suscettibile di restauro e di valorizzazione e anzi condannato ad un degrado definitivo e irreversibile per la situazione di stallo che continuerà a protrarsi negli anni ”.

15.5. Nonostante la complessità della vicenda è qui agevole rilevare che la signora C V e il signor P V, lungi dall’essere controinteressati in questo giudizio, vantano una posizione di mero fatto che poteva, al più, legittimarli a proporre un intervento ad adiuvandum nella forma del c.d. intervento adesivo dipendente.

Come noto, l'opposizione alle sentenze del giudice amministrativo risponde all'essenziale finalità di tutelare il controinteressato, vale a dire il litisconsorte necessario pretermesso (ovvero colui che, se fosse stato agevolmente identificabile, sarebbe stato tale), mentre appare evidente che tale impugnazione non possa essere proposta dall'ipotetico "cointeressato", ovvero da colui che ha interesse a che il procedimento si concluda in senso favorevole al ricorrente principale, dovendo il "cointeressato", come tale, semmai (eventualmente) impugnare l'atto lesivo direttamente;
il "cointeressato" all'annullamento del provvedimento amministrativo non è cioè in ogni caso legittimato alla opposizione di terzo in quanto litisconsorte pretermesso, qualità che non riveste (Consiglio di Stato sez. III, 10 ottobre 2017, n. 4691, Consiglio di Stato sez. V, 5 novembre 2014, n. 5477).

15.6. Nel processo amministrativo la nozione di controinteressato al ricorso si fonda sulla simultanea sussistenza di due elementi:

a) quello formale, rappresentato dalla contemplazione nominativa del soggetto nel provvedimento impugnato, tale da consentirne alla parte ricorrente l'agevole individuazione;

b) quello sostanziale, derivante dall'esistenza in capo a tale soggetto di un interesse legittimo uguale e contrario a quello fatto valere attraverso l'azione impugnatoria, vale a dire di un interesse al mantenimento della situazione esistente (Consiglio di Stato sez. IV, 3 febbraio 2023, n. 1187).

15.7. L’avvocato E V, in primo grado, ha impugnato:

- la deliberazione di Giunta comunale n. 103 del 10.7.2018, pubblicata all’albo pretorio on line del Comune di Crosia il 25.7.2018, avente ad oggetto “ Esercizio diritto di prelazione ai sensi del d.lgs. n. 42/2004, art. 59-60-61-62, relativamente al trasferimento di proprietà di unità immobiliari facenti parte della maggiore consistenza del complesso immobiliare denominato “Castello” sottoposto a disposizioni di tutela di cui al Dlgs n° 490/1999, ora sostituito dal D.Lgs n° 42/2004 e s.m.i. Direttive al Responsabile Settore Finanziario ”;

- la deliberazione di Consiglio comunale n. 21 del 31.7.2018, pubblicata all’albo pretorio on line del Comune di Crosia il 30.8.2018 e notificata all’avv. V il 3.9.2018, avente ad oggetto “ Esercizio diritto di prelazione ai sensi del Dlgs n° 42/2004, art. 59-60-61-62, relativamente al trasferimento di proprietà di unità immobiliari facenti parte della maggiore consistenza del complesso immobiliare denominato “Castello” sottoposto a disposizioni di tutela di cui al Dlgs n° 490/1999, ora sostituito dal D.Lgs n° 42/2004 e s.m.i .”;

- la deliberazione di Consiglio Comunale n. 20 del 31.7.2018, pubblicata all’albo pretorio on line del Comune di Crosia il 3.9.2018, avente ad oggetto “ Assestamento generale del Bilancio di previsione 2018/2020, art. 175, comma 8, D.lgs. n° 267/2000 e salvaguardia degli equilibri di Bilancio, art. 193, comma 2, del D.lgs. n° 267/2000 ”;

- la deliberazione di Consiglio Comunale n. 22 del 31.7.2018, pubblicata all’albo pretorio on line del Comune di Crosia il 5.9.2018, avente ad oggetto “ Ratifica deliberazione Giunta 3 Comunale n° 86 del 04/06/2018 ad oggetto “Approvazione prima variazione al Bilancio di previsione 2018/2020 ”.

15.8. L’esercizio del diritto di prelazione non ha leso il diritto di proprietà di C e P V in quanto a un comproprietario potenziale se ne è sostituito un altro. Va ricordato che l'atto di esercizio del diritto di prelazione artistica spettante alla P.A. è un provvedimento amministrativo in relazione al quale, ove si contesti la tempestività della sua adozione, è configurabile la giurisdizione del giudice amministrativo, vertendosi in una ipotesi di carenza di potere in concreto, in quanto attinente al " quomodo " della potestà pubblica, sicché la posizione fatta valere dalla parte privata acquirente che lo abbia subito è di interesse legittimo oppositivo, e non di diritto soggettivo (Cass. civ. Sez. Unite Ordinanza, 1° aprile 2020, n. 7643).

15.9. Inoltre, l’esercizio del diritto di prelazione non ha leso alcun interesse legittimo in quanto esso è stato esercitato in relazione alla vendita dai signori Saverio A e Grazia C F all’avvocato E V. Ai sensi dell'art. 60 d.lgs. n. 42/2004, l'Amministrazione ha “ facoltà di acquistare in via di prelazione i beni culturali alienati a titolo oneroso o conferiti in società” . L'esercizio del diritto di prelazione presuppone, pertanto, un trasferimento a titolo oneroso del bene culturale o, comunque, un conferimento dello stesso in società (Cons. Stato, Sez. VI, 8 febbraio 2016, n. 501).

La stessa sentenza del Consiglio di Stato, oggetto del presente ricorso, è chiarissima nel descrivere il fatto e nel delimitare la causa petendi in quanto:

a) nelle premesse in fatto si legge che (…) “ con delibera di Giunta comunale del 10 luglio 2018, n. 103 e seguente delibera di Consiglio comunale del 31 luglio 2018, n. 21 il Comune di Crosia esercitava il diritto di prelazione sulle porzioni oggetto della vendita ”;

b) nella motivazione in diritto si legge che (…) “ E’ posta la questione dell’applicabilità all’istituto della c.d. prelazione artistica di cui agli artt. 60 e ss. d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) dell’art. 12 (Acquisto, vendita, manutenzione e censimento di immobili pubblici), comma 1-ter), d.l. 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria) con mod. con l. 15 luglio 2011, n. 11 nella parte in cui stabilisce (a decorrere dal 1°gennaio 2014) che gli enti territoriali (e gli enti del Servizio sanitario nazionale) possano effettuare operazioni di acquisto di immobili “solo ove siano comprovate documentalmente l’indispensabilità e l’indilazionabilità attestate dal responsabile del procedimento” ed a condizione che il prezzo di acquisto sia ritenuto congruo dall’Agenzia del demanio ”;

c) sempre nella motivazione della sentenza si legge: (…) “ Non si realizza, infatti, il subentro nel rapporto negoziale come accade nel meccanismo ordinario della prelazione (convenzionale, ma anche legale), ma l’acquisto diretto del bene alla mano pubblica per via di un provvedimento amministrativo, in correlazione del quale il privato vanta una situazione di interesse legittimo (di modo che il negozio traslativo può essere qualificato come “mero presupposto” con conseguente irrilevanza dell’eventuali vicende estintive o modificative del contratto a monte, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 27 agosto 2014, n. 4337);
ne è prova la previsione secondo cui le clausole del contratto di alienazione non vincolano lo Stato o gli altri enti pubblici territoriali, e, in caso di omessa o difettosa denuncia, si prevede la possibilità di esercitare il diritto di prelazione senza limiti temporali e senza che la parte privata possa eccepire l’intervenuta usucapione (cfr. Cons. Stato n. 4667 del 2018).
La differenza rispetto alle altre modalità di acquisto coattivo del bene, allora, sta solo nel fatto che l’esercizio del potere qui non rimuove completamente la volontà del proprietario del bene, che è libero di decidere di vendere o meno, ma, nel caso in cui si determini per la vendita, si impone la preferenza in favore dello Stato e delle altre amministrazioni rispetto alla parte contrattuale acquirente ”.

L’interesse legittimo è quindi individuabile in capo alla parte del rapporto negoziale (E V) e non di altri comproprietari di quote dell’immobile che si vedono sostituire un comproprietario a un altro. Essi possono “preferire” un comproprietario a un altro per ragioni pratiche che sono state ampiamente esposte nel ricorso ma che non radicano alcun interesse legittimo che possa costituire presupposto per la legittimazione alla opposizione di terzo.

15.10. In definitiva, C e P V potevano, nel giudizio originario, proporre intervento adesivo dipendente, neppure intervento autonomo, quindi in questa sede non è ammissibile l’opposizione di terzo.

15.11. L’infondatezza del primo motivo del ricorso in opposizione ne determina la radicale inammissibilità.

Le peculiarità della fattispecie e la complessità della materia trattata giustificano la regolazione del carico delle spese di lite nei sensi della loro compensazione tra le parti costituite.

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