Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-01-02, n. 202000026

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-01-02, n. 202000026
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202000026
Data del deposito : 2 gennaio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/01/2020

N. 00026/2020REG.PROV.COLL.

N. 05015/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5015 del 2019, proposto da
P M, rappresentata e difesa dall'avvocato F S M, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via di Villa Sacchetti, 9;

contro

C C O, rappresentata e difesa dall'avvocato F D P, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;

nei confronti

Università degli Studi di Genova, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza 22 maggio 2019, n. 469 del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visto l'atto di costituzione in giudizio di C C O;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 novembre 2019 il Cons. Vincenzo Lopilato e udito per l’appellante l’avvocato F S M.


FATTO e DIRITTO

1.− L’Università degli Studi di Genova, con decreto del Rettore del 21 ottobre 2010, n. 971, ha indetto una procedura selettiva per la copertura di un posto di Ricercatore universitario per il settore scientifico disciplinare IUS/12 – diritto tributario.

Con decreto del Rettore del 22 febbraio 2012, n.312 la dott.ssa Marangiu Paola è stata dichiarata vincitrice del concorso.

La dott.ssa Corrado Oliva, ultima classificata, ha impugnato tale decreto innanzi al Tribunale amministrativo regionale di Genova, che, con sentenza 22 maggio 2019, n. 469, ha accolto il ricorso.

2. − La dott.ssa Marongiu ha proposto appello.

2.1.− Si è costituita in giudizio la ricorrente di primo grado, chiedendo il rigetto dell’appello.

3.− La causa è stata decisa all’esito dell’udienza pubblica del 21 novembre 2019.

4.− L’appello non è fondato.

5.− Con un primo motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha respinto l’eccezione di improcedibilità del ricorso di primo grado per sopravvenuta carenza di interesse. In particolare, si rileva come, nelle more del giudizio, l’appellante è stata nominata ricercatrice confermata a decorrere dall’aprile del 2017 all’esito del giudizio positivo espresso in ordine all’attività scientifica e didattica da parte di una apposita commissione. Tale nuovo giudizio, cosi come la presa di sevizio, non sono stati oggetto di autonoma impugnazione.

Il motivo non è fondato.

La disciplina , ratione temporis , della vicenda amministrativa in esame è recata dal decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382 (Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonché sperimentazione organizzativa e didattica).

L’art. 54 disciplina l’accesso al ruolo dei ricercatori universitari che avviene mediante concorsi decentrati, presso le singole sedi universitarie banditi dai Rettori per gruppi di discipline determinati su parere vincolante del Consiglio universitario nazionale.

L’art. 30 prevede l’organico dei ricercatori.

L’art. 31 disciplina la conferma dei ricercatori universitari, stabilendo, tra l’altro, che: i ) i ricercatori universitari, dopo tre anni dall'immissione in ruolo, sono sottoposti ad un giudizio di conferma da parte di una commissione nazionale composta, per ogni raggruppamento di discipline, da tre professori di ruolo, di cui due ordinari e uno associato, estratti a sorte su un numero triplo di docenti designati dal Consiglio universitario nazionale, tra i docenti del gruppo di discipline; ii ) la commissione valuta l’attività scientifica e didattica integrativa svolta dal ricercatore nel triennio anche sulla base di una motivata relazione del Consiglio di facoltà o del dipartimento.

Il rapporto tra l’atto di nomina di ricercatore e l’atto di valutazione dell’attività svolta esiste un rapporto di stretta connessione, con la conseguenza che l’annullamento dell’atto di nomina comporta la caducazione automatica del successivo atto di conferma. L’atto conseguente ha, infatti, quale unico presupposto la nomina di ricercatore all’esito della procedura concorsuale: senza l’atto di nomina di ricercatore non potrebbe svolgersi l’attività successiva di valutazione dell’attività svolta dal ricercatore stesso. Non occorre, pertanto, proporre un’apposita impugnazione nei confronti del giudizio positivo di conferma.

Tale rapporto di stretta derivazione esiste anche con l’atto di presa in servizio, con conseguente produzione dell’effetto caducante.

6.− Con un secondo motivo si assume che il ricorso di primo grado sarebbe improcedibile, in quanto non sarebbe possibile una riedizione del procedimento sia per la mancanza di risorse finanziarie sia perché la figura del ricercatore non esiste più alla luce della normativa sopravvenuta.

Il motivo non è fondato.

La questione relativa alla mancanza di risorse finanziarie non è dimostrata e, comunque, non può costituire un motivo ostativo all’annullamento di atti amministrativi illegittimi, trattandosi di un eventuale inconveniente di fatto che non potrebbe rilevare nel presente giudizio di cognizione ai fini del giudizio di invalidità degli atti amministrativi impugnati.

La questione relativa alla eliminazione della figura di ricercatore non può costituire anch’essa un impedimento al rinnovo della procedura. L’art. 29 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, prevede che « a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, per la copertura dei posti di professore ordinario e associato, di ricercatore e di assegnista di ricerca, le università possono avviare esclusivamente le procedure previste dal presente titolo ».

Il divieto legale opera per le nuove procedure di reclutamento e non per quelle che si sono svolte prima della riforma, anche se le stesse devono essere rinnovate per la presenza di un vizio generale che ha determinato, come si esporrà oltre, la caducazione integrale a partire dal momento di riscontro di tale vizio, con effetto retroattivo.

7.− Con un terzo motivo, si assume l’improcedibilità del ricorso di primo grado anche in ragione del fatto che sarebbero trascorsi i tre anni di svolgimento delle funzioni di ricercatore e, pertanto, la parte resistente non potrebbe trarre alcuna utilità da un eventuale annullamento della procedura.

Il motivo non è fondato.

Il decorso del termine non impedisce che l’amministrazione possa rinnovare la procedura concorsuale. Non si è infatti realizzato, trattandosi di prestazioni di fare, una oggettiva impossibilità di ripetizione, quale quella che si realizza, nelle procedure di appalto, quando l’opera è stata già integralmente realizzata.

8.− Con un quarto motivo si assume l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto che occorresse procedere alla discussione pubblica non solo dei titoli ma anche delle pubblicazioni.

In primo luogo, si afferma che l’art. 1, comma 7, del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180 (Disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualità del sistema universitario e della ricerca), nella versione vigente al momento della pubblicazione del bando, prevedeva la discussione pubblica solo dei titoli e non anche delle pubblicazioni. Il rinvio fatto a tale norma da parte del bando dovrebbe intendersi come “rinvio fisso”, come dimostrerebbe il fatto che il bando avrebbe riprodotto il contenuto della norma.

In secondo luogo, si deduce che la ricorrente in primo grado non avrebbe dimostrato in quale misura l’omessa discussione delle pubblicazioni avrebbe inciso sull’esito della procedura concorsuale.

Il motivo non è fondato.

In relazione al primo aspetto, l’art. 1, comma 7, del decreto-legge n. 180 del 2008 prevedeva che « nelle procedure di valutazione comparativa per il reclutamento dei ricercatori bandite successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, la valutazione comparativa è effettuata sulla base dei titoli, illustrati e discussi davanti alla commissione, e delle pubblicazioni dei candidati (…)».

Tale norma, a seguito delle modifiche recate dall’art. 9, comma 2, della legge 4 novembre 2010, n. 183, dispone che « nelle procedure di valutazione comparativa per il reclutamento dei ricercatori bandite successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, la valutazione comparativa è effettuata sulla base dei titoli e delle pubblicazioni dei candidati, ivi compresa la tesi di dottorato, discussi pubblicamente con la commissione ».

L’art. 8 del bando prevede che « ai sensi dell’art. 1, comma 7, della legge di conversione 9 gennaio 2009 la valutazione comparativa è effettuata sulla base dei titoli, illustrati e discussi davanti alla commissione, e delle pubblicazioni dei candidati, ivi compresa la tesi di dottorato ».

La Sezione ritiene corretta l’affermazione del primo giudice secondo la quale nella fattispecie in esame trova applicazione la nuova normativa, per le ragioni di seguito indicate.

In presenza di provvedimenti amministrativi, in ossequio al principio di legalità, opera il principio tempus regit actum , per cui si applica la normativa vigente al momento della loro adozione.

In presenza di procedimenti amministrativi, si applica tale principio in presenza di atti procedimentali dotati di autonomia funzionale che si collocano in un’autonoma fase del procedimento. Detta regola non opera esclusivamente se la normativa sopravvenuta incide su fasi del procedimento che si sono già svolte, al fine di assicurare il rispetto del principio di economicità dell’azione amministrativa.

In presenza di procedimenti amministrativi avviati con un bando di concorso, che è atto amministrativo generale, si applica anche il principio tempus regit actum ma le eccezioni alla sua operatività sono più ampie proprio per la particolarità della procedura. E’, infatti, il bando che normalmente stabilisce i criteri di ammissione dei candidati che non possono essere modificati da una normativa successiva anche per tutelare il principio il principio del legittimo affidamento sulla stabilità delle regole di disciplina della procedura. Per le parti della procedura che si svolgono successivamente e in modo autonomo riprende vigore, invece, la regola generale che impone di applicare le norme vigenti nel momento di adozione dei singoli atti procedimentali.

Nella fattispecie in esame ricorre quest’ultima evenienza.

La normativa sopravvenuta non ha inciso sulle regole prefissate, al momento dell’indizione della procedura, dal bando in relazione a requisiti e condizioni che devono avere i candidati alla procedura.

Tale normativa ha riguardato, infatti, una fase autonoma successiva, relativa alle modalità di discussione delle pubblicazioni, che è retta da atti procedimentali di competenza della commissione di concorso che non modificano i requisiti e le condizioni dei partecipanti, ledendo il loro affidamento sulla stabilità delle regole di disciplina della procedura stessa.

In definitiva, non si tratta di una normativa sopravvenuta che, rispetto al momento di inizio della procedura, ha prodotto, per la parte già svolta, effetti retroattivi negativi, trattandosi, si ribadisce, soltanto di una diversa regolazione ispirata da esigenze di attuazione più stringente dei principi costituzionali che devono reggere i concorsi pubblici.

Alla luce di questo contesto deve essere letta la disposizione del bando che sul punto contiene una prescrizione non chiara, in quanto la stessa non dispone espressamente né che si applichi la regola vigente al momento della pubblicazione del bando né che si applichi la regola eventuale successiva di modifica delle modalità di discussione delle pubblicazioni.

A fronte di tale contenuto equivoco, la previsione del bando, interpretata in modo conforme alla regola generale sopra esposta e ai principi costituzionali di trasparenza, deve essere intesa nel senso che essa ha disposto un rinvio mobile alla normativa successiva di modifica della fonte di legge espressamente richiamata.

In relazione al secondo aspetto, trattandosi di un vizio procedimentale, non era necessario che la ricorrente in primo grado dimostrasse l’incidenza del vizio sull’esito della valutazione, in quanto l’amministrazione dovrà ripetere questa parte della procedura concorsuale emendata del vizio sopra indicato.

9.− Con un quarto motivo si assume l’erroneità della sentenza nella parte in cui non ha ravvisato la mancanza di interesse alla decisione in ragione del mancato superamento della prova di resistenza, essendosi l’appellante classificata all’ultimo posto.

Il motivo non è fondato.

Il vizio della procedura, esaminato nel procedente punto, indice sull’intera procedura a partire dal momento di riscontro del vizio. Non occorre, pertanto, superare la prova di resistenza, avendo la parte appellata interesse strumentale alla rinnovazione della procedura nei limiti e modi indicati nella presente sentenza. Del resto, non sarebbe possibile neanche dimostrare che, in assenza di quel vizio la parte resistente sarebbe risultata vincitrice, in quanto l’omissione procedimentale inficia, come esposto, in parte, l’intera procedura, con la conseguenza che occorrerà una nuova valutazione da parte della commissione esaminatrice, in diversa composizione.

10.− Il rigetto dell’appello, rende non necessario esaminare i motivi riproposti dalla parte resistente.

11.− L’appellante è condanna al pagamento, in favore della parte resistente, delle spese del presente grado di giudizio, che si determinano in euro 3.000,00, oltre accessori di legge.

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