Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2013-05-31, n. 201302986

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2013-05-31, n. 201302986
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201302986
Data del deposito : 31 maggio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 12146/2003 REG.RIC.

N. 02986/2013REG.PROV.COLL.

N. 12146/2003 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 12146 del 2003, proposto da:
C P, rappresentato e difeso dall'avv. R M, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. F C in Roma, via Baiamonti 10;

contro

Gestione Liquidatoria ex U.S.L. 44 Regione Campania, in persona del legale rappresentante pro-tempore, ed A.S.L. Napoli 1, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati G C eVincenzo Paglionico, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. P in Roma, corso del Rinascimento, 11;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, SEZIONE IV, n. 08471/2003, resa tra le parti, concernente negata cessazione del recupero somme percepite in eccedenza.


Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 febbraio 2013 il Cons. P A A P e udito per la parte appellante l’avvocato Lattanzi su delega di Magaldi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Il Dott. C, ex medico condotto comunale, transitato alla USL 44 della Campania e poi alla ASL NA1, con la qualifica di Coadiutore sanitario di ruolo, percepiva, dal mese di agosto 1990 al novembre 1992, il maggiore trattamento economico di aiuto “a tempo definito”, e non quello spettantegli ex art. 110 del DPR 270/87.

L’Amministrazione, accortasi dell’errore, avviava il recupero, in misura maggiore però al quinto dello stipendio erogato.

Pertanto, il dott. C, in data 29.5.1995, diffidava l’Azienda a limitare il recupero entro il quinto dello stipendio.

Impugnava, quindi, il silenzio-rifiuto.

Nelle more del giudizio, l’ASL NA 1 adottava la nota n. 6510 del 2.9.1997, con cui richiedeva la restituzione della somma di lire 48.458.730, oltre interessi, quale residuo sul maggior importo da recuperare di lire 78.914.382;
la nota veniva impugnata dal Dott. C, con autonomo ricorso (RG 10646/97).

2. Con la sentenza appellata, il TAR rigettava il ricorso avverso il silenzio-rifiuto, ritenendo legittimo il recupero di somme disposto dall’Azienda.

3. Con l’appello in esame, viene denunciato l’error in judicando, il difetto di pronuncia, il difetto di motivazione, l’illogicità manifesta, sotto vari profili, nonché la violazione degli artt. 2, 7, 8 della l. 241/1990, l’errata applicazione degli artt. 1 e ss. del DPR 5.1.1950 n. 180, la violazione dei principi in materia di ripetizione di emolumenti non dovuti in violazione degli artt. 36 e 97 Cost..

4. Resistono in giudizio la USL NA 1 e la Gestione Liquidatoria della ex USL 44.

5. All’udienza del 22 febbraio 2013, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. L’appello non è fondato.

1.1 Il Dott. C lamenta la contraddittorietà del ragionamento seguito dal TAR Napoli, che ritiene giustificato il recupero mensile delle somme indebitamente corrisposte oltre il limite legale del quinto dello stipendio, in considerazione dell’ingente ammontare della somma da recuperare complessivamente e, nello stesso tempo, ritiene non superato il detto limite legale del quinto dello stipendio mensilmente erogato, in virtù del maggior reddito che il dipendente percepiva anche quale medico convenzionato con la USL 25.

Sarebbe palese, secondo l’appellante, il difetto di istruttoria in cui è incorso il primo giudice, perché non è stata accertata in giudizio l’entità degli emolumenti complessivamente percepiti in forza del detto rapporto convenzionale e, di conseguenza, denuncia la violazione dei principi fissati da A.P. con la sentenza n. 11/1993 e dell’art. 36 Cost..

Infine, la nota n. 7071 del 30.4.1993 non potrebbe ritenersi avente valore di comunicazione dell’avvio del procedimento, in quanto successiva all’inizio del recupero (dicembre 1992).

1.2 La sentenza è immune dai vizi denunciati.

Non sussiste contraddittorietà nelle affermazioni del primo giudice, il quale prende atto che la rata mensile del recupero supera il limite legale del quinto dello stipendio erogato dalla USL NA 1, ma, nel contempo, ritiene legittimo il recupero, tenuto conto del maggiore ammontare complessivo del reddito in godimento.

Sul punto del difetto di istruttoria, con riguardo alle somme percepite dal dott. C in forza del rapporto convenzionale con la USL 25, vero è che il primo giudice non ne conosce l’importo e lo ritiene solo verosimilmente “significativo”;
tuttavia, il TAR ha correttamente tenuto conto della mancanza di prova contraria da parte del ricorrente che non ha documentalmente smentito quanto l’Azienda ha affermato (e che risulta dalla nota del Servizio Trattamento economico del 23 ottobre 1995, prot. 333/S.1 – doc. 3) della documentazione depositata il 18.11.1998).

Quanto alla mancata comunicazione preventiva dell’avvio del procedimento ed all’omessa informazione circa l’effettiva entità del recupero, si tratta di vizio del procedimento “non viziante”, ex art. 21 octies l. 241/1990, attesa l’obbligatorietà del recupero delle somme indebitamente erogate dagli enti pubblici e stante l’ammontare del maggiore importo erogato (pari a lire 2.538.696 a fronte dello stipendio precedentemente corrisposto di lire 720.000 mensili) per cui, senza dubbio, il ricorrente era in grado di percepire l’errore in cui era incorsa l’Amministrazione e di prevedere il recupero.

La superfluità dell'accertamento che l'obbligo di comunicazione sia stato adempiuto discende dal fatto che si tratta di atto doveroso, vincolato e non autoritativo e l'eventuale mancanza della comunicazione non influisce sulla possibilità di difesa del destinatario perché questi, nell'ambito del rapporto obbligatorio e paritetico di reciproco dare-avere, può sempre far valere le proprie eccezioni riguardo l'esistenza del credito nell'ordinario termine di prescrizione e richiedere una modifica delle modalità di recupero (Consiglio Stato sez. IV, 31 maggio 2007, n. 2789).

Da ultimo, correttamente il TAR ha ritenuto non applicabili alla fattispecie i principi sanciti dall’Adunanza Plenaria n. 11 del 30.3.1993, né l’art. 36 della Costituzione, sia perché non è configurabile la buona fede del dipendente in presenza di un ammontare così palesemente esorbitante delle somme indebitamente corrisposte (tre volte di più dello stipendio solitamente percepito);
sia perché gli importi mensili dovevano necessariamente essere modulati sul reddito complessivo dell’interessato, pena l’ impossibilità di portare a termine la doverosa ripetizione.

1.3 In conclusione, il ricorso va rigettato.

1.4 Le spese di giudizio si compensano tra le parti, in considerazione delle questioni trattate.

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