Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2021-03-16, n. 202102250

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2021-03-16, n. 202102250
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202102250
Data del deposito : 16 marzo 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 16/03/2021

N. 02250/2021REG.PROV.COLL.

N. 07132/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7132 del 2020, proposto dai signori L P, R D L e M L, rappresentati e difesi dall’avvocato F M, con domicilio digitale come da registri di Giustizia,

contro

- il Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12,
- la società Gori S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati A L, M P e F S, con domicilio digitale come da registri di Giustizia,

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione prima) n. 1262 del 2020.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Economia e delle Finanze e della società Gori S.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatrice nella camera di consiglio del giorno 28 gennaio 2021, svoltasi ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 28 ottobre 2020 convertito in l. 18 dicembre 2020, n. 176, il consigliere Emanuela Loria e nessuno presente;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’oggetto del presente contenzioso è costituito dalla impugnativa delle ingiunzioni fiscali emanate, ai sensi del R.D. n. 639 del 1910, dal gestore del servizio idrico integrato “GORI S.p.a.” – autorizzato alla riscossione coattiva tramite ruolo prevista dall’art. 17, comma 3 bis, del d.lgs. n. 46 del 1999 - nei confronti degli appellanti nonché dalla impugnativa del decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 22 settembre 2016.

2. Il T.A.R. per la Campania, adito in prime cure, ha dichiarato l’inammissibilità del gravame per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo con la sentenza del 26 marzo 2020, n. 1262, con la quale, dopo avere rilevato la fondatezza della eccezione sollevata dalle Amministrazioni costituite, ha affermato la sussistenza nella specie della giurisdizione del giudice ordinario sulla base della considerazione per cui l’art. 3 del R.D. n. 639 del 2010 nel testo novellato dall’art. 34, comma 40, del d.lgs. n. 150 del 2011 prevede che avverso le ingiunzioni aventi ad oggetto corrispettivi del servizio idrico integrato “ si può proporre opposizione davanti all’autorità giudiziaria ordinaria ”.

In particolare tale norma è stata ritenuta dal giudice di prime cure coerente con il tradizionale riparto di giurisdizione fondato sul criterio del petitum sostanziale, in forza del quale la giurisdizione si determina sulla base dell’intrinseca natura della posizione dedotta ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati (Corte di Cassazione, sez. un., 14 gennaio 2020, n. 416).

3. Gli appellanti (non esattamente coincidenti con i ricorrenti in prime cure poiché non risultano avere appellato i signori R F e R G), hanno impugnato la sentenza sopra indicata articolando un unico motivo con il quale hanno dedotto la violazione e la falsa applicazione dell’art. 103 della Costituzione e dell’art. 7 c.p.a.

3.1. In particolare, con le censure dedotte affermano:

I. di essere titolari di una posizione di interesse legittimo poiché gli atti di accertamento dei crediti della società che gestisce il servizio idrico sono stati effettuati in via amministrativa e le ingiunzioni fiscali andrebbero qualificate come atti “ complessi ”, aventi sia natura amministrativa sia natura di precetto e titolo esecutivo;

II. di avere impugnato il d.m. 22 settembre 2016 che costituisce la fonte normativa che ha attribuito alla società GORI S.p.a. il potere di riscossione coattiva;

III. di avere dedotto, nel ricorso in prime cure, esclusivamente censure di illegittimità avverso tale atto amministrativo, per cui le ingiunzioni di pagamento sarebbero da annullare per illegittimità derivata rispetto all’atto generale.

4. Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Economia e Finanze e la società GORI S.p.a., chiedendo la reiezione dell’appello e la conferma della sentenza impugnata.

4.1. In particolare la società che gestisce il servizio ha depositato apposita memoria a cui gli appellanti hanno replicato con memoria in data 14 gennaio 2021.

5. Alla camera di consiglio del 28 gennaio 2021 la causa è stata spedita in decisione.

5.1. L’appello è infondato e va respinto.

In primo luogo, il Collegio richiama l’orientamento giurisprudenziale (cfr. Cass. civ., sez. un., 5 gennaio 2016, n. 29;
id., 30 gennaio 2002, n. 1238;
Cons. Stato, sez. VI, 29 novembre 2005, n. 6748). secondo il quale in materia di opposizione all’ingiunzione per la riscossione di entrate patrimoniali dello Stato, la disposizione di cui all’art. 3 del R.D. 14 aprile 1910, n. 639, non deroga alle norme regolatrici della giurisdizione nel vigente ordinamento giuridico e, pertanto, non può essere invocata per ricondurre nella sfera di competenza giurisdizionale del giudice ordinario controversie che, con riguardo alla natura dei rapporti dedotti e alla disciplina ad essi relativa, debbano ritenersi attribuire alla giurisdizione di altro giudice, amministrativo, contabile o speciale.

Si osserva, altresì, che la sentenza per cui è causa ha correttamente affermato la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario sulla base della natura sostanziale del rapporto controverso (pagamento della somme dovute a titolo di tariffa al gestore del servizio idrico integrato), che, avendo nella specie ad oggetto il pagamento di somme dovute a titolo di tariffe nell’ambito del rapporto di utenza, appartengono pacificamente alla giurisdizione del giudice ordinario;
la sentenza, sotto questo profilo, ha correttamente inquadrato il profilo della giurisdizione giacché non si è limitata a affermare la sussistenza della giurisdizione ordinaria sulla base della mera circostanza che sono state impugnate ingiunzioni di pagamento ex art. 3 R.D. n. 639 del 1910, ma ha ritenuto che la posizione di diritto soggettivo attivata non risulta intaccata dalla impugnazione del provvedimento amministrativo proprio perché ai fini del riparto della giurisdizione, occorre avere riguardo al criterio del petitum sostanziale.

Sotto questo profilo, va rilevato come le argomentazioni recate dagli appellanti, volte a far valere la posizione di interesse legittimo in base all’assunto per cui è stato impugnato l’atto generale, d.m. 22 settembre 2016, a monte delle ingiunzioni di pagamento, non colgono nel segno poiché la giurisdizione si determina in base alla situazione soggettiva azionata quale ricavabile dal petitum sostanziale e non alle censure articolate: le doglianze avverso il d.m. impugnato sono infatti conoscibili incidentalmente da parte del giudice ordinario, nei limiti della sua cognizione ai sensi dell’art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E.

6. Conseguentemente l’appello è infondato e va respinto con conferma della sentenza impugnata, con la precisazione che gli appellanti potranno riassumere la causa dinanzi al giudice fornito della giurisdizione ai sensi dell’art. 11 c.p.a.

7. Le spese del doppio grado di giudizio seguono, come di regola, il criterio della soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi