Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-12-19, n. 201908591

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-12-19, n. 201908591
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201908591
Data del deposito : 19 dicembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/12/2019

N. 08591/2019REG.PROV.COLL.

N. 05944/2018 REG.RIC.

N. 06254/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5944 del 2018, proposto da
Vivisol Napoli S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati G L, M P, M S e F C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio F C in Roma, via Vittoria Colonna, n. 32;

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

nei confronti

So.Re.Sa S.p.A., Regione Campania non costituiti in giudizio;
Magaldi Life S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati Francesca Maria Moretti e Mario Siragusa, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



sul ricorso numero di registro generale 6254 del 2018, proposto da
Autorià Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro

Vivisol Napoli S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati G L, M P, M S e F C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio F C in Roma, via Vittoria Colonna, n. 32;

nei confronti

Regione Campania e So.Re.Sa. S.p.a. non costituiti in giudizio;
Magaldi Life S.r.l., in persona del legale rappresentate pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesca Maria Moretti e Mario Siragusa, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

quanto al ricorso n. 5944 del 2018:

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio n. 4471/2018.

quanto al ricorso n. 6254 del 2018:

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio n. 4471/2018.


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 novembre 2019 il Cons. Giordano Lamberti e uditi per le parti gli avvocati Andrea Fedeli dell'Avvocatura Generale dello Stato, F C, Mario Pisapia, Francesca Maria Moretti e Mario Siragusa;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1 - Con la delibera del 7 ottobre 2015, l’Autorità ha avviato il procedimento istruttorio I792 - poi integrato con le relative estensioni soggettive e oggettive - volto, tra l’altro, a verificare l’esistenza di possibili infrazioni dell’art. 2 della legge 287/90 o dell’articolo 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) poste in essere da parte di determinate società, tra cui Vivisol Napoli S.r.l., in riferimento al mercato dell’ossigenoterapia domiciliare (in seguito “OTD”) nella Regione Campania.

2 – Il provvedimento finale (n. 26316) accertava che le società L, Medicair Sud, Magaldi, Oxy Live, Eubios, Ossigas, Tergas, Vitalaire e Vivisol Napoli avevano posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza contraria all’articolo 101 del TFUE, consistente, a far data dal dicembre 2012 e fino al momento di presentazione delle offerte in sede di gara nel settembre 2014, in una strategia di coordinamento tesa a mantenere artificiosamente alto il prezzo del servizio di OTD in Campania, a ostacolare l’indizione di una gara ad evidenza pubblica per l’affidamento del servizio di OTD in Campania, nonché a impedire lo svolgimento di un effettivo confronto anticoncorrenziale in occasione della gara indetta da SORESA nel 2014.

Più precisamente, secondo l’Autorità, l’intesa si sarebbe articolata in tre condotte (corrispondenti a tre distinte fasi) cronologicamente successive, ma comunque collegate:

a) in primo luogo, vi sarebbe stato il coordinamento tra le parti volto a mantenere artificiosamente alto il prezzo delle forniture di OTD nei confronti della Regione Campania;

b) una ulteriore successiva concertazione, che si sarebbe realizzata nella mancata adesione a una nuova proposta di convenzionamento presentata da SORESA a inizio del 2014, nell’ambito di una strategia volta a rigettare qualsiasi proposta dell’Amministrazione che prevedesse condizioni economiche peggiorative per le parti e inferiori alle condizioni contrattualizzate in altre regioni italiane (Puglia e Calabria);

c) infine, l’azione concertata delle parti sarebbe proseguita nell’ambito della gara indetta nel 2014 da SORESA e avente a oggetto l’affidamento, per lotti, del servizio di OTD (la “Terza Fase”), attraverso la ripartizione dei lotti messi a gara.

3 – Il ricorso della società appellata avverso tale provvedimento è stato parzialmente accolto dal T.A.R. per il Lazio che, con la sentenza n. 4471 del 2018, ha favorevolmente apprezzato i motivi di censura dedotti con riferimento alla prima fase e alla seconda fase e, conseguentemente, ha disposto l’annullamento parziale del provvedimento. Viceversa, il T.A.R. ha ritenuto di respingere il ricorso nella parte riguardante la terza fase.

4 – Per tale ragione la società ha impugnato quest’ultima parte della decisione (r.g. 5944/2018).

Anche l’Autorità ha appellato la medesima sentenza nella parte in cui ha accolto i motivi di ricorso (r.g. 6254/2018).

All’udienza pubblica del 14 novembre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1 – In via preliminare, deve disporsi la riunione ai sensi dell’art. 96 del c.p.a. dei ricorsi in appello di cui in epigrafe, in quanto proposti nei confronti della medesima sentenza.

2 - Con il primo motivo di appello, l’Autorità deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 101 TFUE;
il travisamento dei presupposti di fatto e di diritto in relazione alla prima fase dell’intesa.

Giova ricordare che, nella prospettazione dell’Autorità, la cd. prima fase è consistita nella concertazione, realizzata attraverso un primo accordo – sottoscritto dalle parti in data 20 dicembre 2012 – con il quale le imprese coinvolte si dichiaravano congiuntamente indisponibili ad aderire ad una nuova convenzione per la fornitura del servizio di OTD, per l’anno 2013, a condizioni economiche meno favorevoli, rispetto ai prezzi in vigore.

La descritta condotta ha determinato (nell’ambito del Protocollo di Intesa per l’anno 2013) un prezzo per il servizio che, invece di essere pari a 3 euro/m³, come richiesto dalla Regione, è stato fissato a 3,606 euro/m³, dunque al livello più alto, come preteso dalle imprese.

A sostegno della propria prospettazione, l’Autorità valorizza l’accordo sottoscritto in data 20 dicembre 2012, che rappresenterebbe la reazione concordata dalle parti al tentativo della Regione Campania di allineare il prezzo per la fornitura del servizio di ossigenoterapia domiciliare a quelli di altre aree del territorio nazionale.

2.1 - Tanto premesso, l’appellante contesta la decisione del T.A.R. nel punto in cui ha ritenuto che il citato accordo non avrebbe alcuna valenza antitrust, ovvero non farebbe parte del più complesso illecito accertato dall’Autorità, poiché le sue parti non sarebbero state comunque in grado di “alterare, anche solo potenzialmente, il mercato” e ciò proprio in ragione del ruolo svolto dall’Associazione Federfarma nella determinazione dei prezzi dei servizi in esame.

In particolare, si deduce l’errore in cui sarebbe incorso il T.A.R. nell’enfatizzare il ruolo di Federfarma nella determinazione del prezzo di fornitura del servizio in questione, che viceversa non avrebbe alcun potere contrattuale in merito alla determinazione del prezzo del servizio che si limitava ad intermediare.

Al riguardo, si precisa che la predetta Associazione di categoria costituisce il mero intermediario tra la domanda espressa dall’Amministrazione regionale e l’offerta rappresentata dalle imprese HCP. In altre parole, l’intermediazione di Federfarma non avrebbe avuto alcun impatto diretto sulla capacità delle imprese di influenzare il prezzo dei servizi forniti.

3 – Con il secondo motivo di appello l’Autorità deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 101 TFUE.

In particolare, sempre con riferimento alla prima fase dell’illecito, la sentenza impugnata sarebbe errata in quanto basata su una non corretta nozione di intesa cd. “per oggetto”;
muovendo da una erronea definizione di intesa “per oggetto”, erroneamente il T.A.R. giungerebbe ad affermare che “ l’analisi del mercato di riferimento operata dall’Autorità in relazione al periodo in cui il servizio era intermediato dalle farmacie risulta gravemente carente, perché non ha ricostruito adeguatamente il concreto atteggiarsi della diversa forza contrattuale dei players operanti nel settore. Particolarmente significativa è l’omessa considerazione della effettiva capacità di Federfarma di “ingessare” il mercato ed ostacolare una diminuzione complessiva dei prezzi del servizio ”.

Secondo l’appellante, così opinando, il T.A.R. richiederebbe una valutazione degli effetti dell’intesa anche laddove la stessa abbia, come nel caso di specie, un chiaro oggetto anti competitivo.

4 - Le censure che possono essere esaminate congiuntamente sono fondate.

Prima di esaminare il merito delle doglianze, giova ricordare che ai fini costitutivi di un’intesa restrittiva è sufficiente la sola presenza dell’oggetto anticoncorrenziale, non essendo elemento costitutivo dell’illecito il fatto che l’intesa abbia anche “per effetto” quello di determinare un nocumento al libero dispiegarsi degli assetti concorrenziali.

In altri termini, la consistenza oggettiva della finalità dell’intesa (di per sé volta al perseguimento di un fine anticoncorrenziale) rende inessenziale ai fini del decidere l’esame in ordine al se la medesima intesa abbia altresì sortito nella pratica gli effetti prefissati dai partecipanti ( cfr . Cons. di Stato, 3 giugno 2014, nn. 2837). Come già evidenziato dalla giurisprudenza, tale assunto è coerente anche con la natura dell’illecito antitrust quale fattispecie di pericolo, nel senso che “ il vulnus al libero gioco della concorrenza può essere di natura soltanto potenziale e non deve necessariamente essersi già consumato ” (Cons. di Stato, 13 giugno 2014, n. 3032).

In fatto, deve anche osservarsi che l’intesa in esame si connota per avere ad oggetto forniture di servizi di carattere sanitario destinati a salvaguardare la vita di persone colpite da patologie estremamente gravi, alle quali le aziende sanitarie sono tenute ad assicurare cure costanti, circostanza questa che le pone in una posizione di marcata debolezza verso i fornitori.

4.1 - Nello specifico, con l’accordo sottoscritto al termine della riunione tenutasi in data 20 dicembre 2012, le imprese HCP Vivisol, Vitalaire, OXY Live, Medicair Sud, Ossigas, Eubios, Magaldi, Euroossigeno, L, GCO e TER.GAS, in opposizione alla richiesta della Regione Campania di ridurre, per l’anno 2013, il prezzo per l’erogazione del servizio di OTD in convenzione, hanno concordato quanto segue: “ in riferimento alla convenzione sottoscritta tra Federfarma e gli Home Care Provider in data 4.12.2012 in merito alla distribuzione di ossigeno liquido (…) vi comunichiamo che gli HCP non sono disponibili a rivedere le condizioni concordate con la convenzione precedentemente richiamata, inoltre riteniamo caduti tutti i precedenti accordi sottoscritti tra le parti, pertanto vi comunichiamo che a far data dal 1 gennaio 2013 gli HCP firmatari della presente comunicazione si rifaranno al prezzo AIFA di fatturazione per le relative confezioni ”.

Alla luce degli spunti teorici innanzi ricordati, il trascritto accordo risulta illecito già di per sé, indipendentemente dall’accertare il ruolo svolto nella vicenda da Federfarma, non essendo in nessun caso consentito agli operatori economici coordinarsi fra loro al fine di concertare una comune strategia commerciale finalizzata a conseguire una più elevata remunerazione delle prestazioni rese, dovendo gli stessi determinare in maniera autonoma il proprio comportamento sul mercato di riferimento.

Peraltro, come correttamente accertato dall’Autorità, nella fattispecie la suddetta associazione di categoria non ha avuto alcun ruolo nella determinazione del prezzo da riconoscere agli HCP, per l’assorbente ragione che non esercitando alcun potere su questi ultimi, non aveva alcuna possibilità di incidere sui prezzi del servizio da costoro erogato.

L’affermazione del Giudice di primo grado secondo cui Federfarma “ era interessata a ottenere, tramite una riduzione del prezzo complessivo del servizio, sconti sul corrispettivo da versare agli HCP, in modo da accrescere i propri margini di profitto, alla luce dei prezzi di rimborso concordati con la Regione ”, non è quindi dirimente.

Seppur come già detto in linea teorica non risulta necessaria l’effettiva realizzazione dell’effetto anticoncorrenziale, nel caso di specie, l’intesa fra gli HCP, come è emerso dall’indagine dell’Autorità, ha avuto l’effetto di far lievitare il prezzo del servizio a 3,606 euro rispetto ai 3 euro proposti dalla Regione.

In altre parole, risulta determinante il fatto che, a fronte di una richiesta di diminuzione di prezzo da parte dell’Amministrazione, le parti ne hanno concordato il rifiuto inducendo l’Amministrazione a un esborso che si è rivelato del 20% più oneroso.

Da un altro punto di vista, deve escludersi che il prezzo inizialmente proposto dall’Amministrazione non fosse sufficientemente remunerativo posto che lo stesso era similare a quello praticato in altre regioni (Lazio). Al riguardo, rileva anche il documento acquisito presso la sede della società Magaldi da cui merge che il prezzo proposto fosse “ un prezzo di mercato assolutamente di rilievo rispetto al panorama nazionale ”.

5 – Con il terzo motivo di appello si deduce la violazione e/o falsa applicazione, sotto altro profilo, dell’articolo 101 TFUE ed il travisamento dei presupposti di fatto e di diritto per illogicità manifesta in ordine alla prova della pratica concordata.

La censura in esame si riferisce alla cd. seconda fase come innanzi descritta.

Nella prospettazione dell’Autorità, in tale fase, la strategia delle parti si sarebbe concentrata sul tentativo di scongiurare il rischio che SORESA indicesse una gara attraverso la mancata adesione a una nuova proposta di convenzionamento presentata da SORESA a inizio del 2014.

In particolare, con la censura in esame si deduce l’errore in cui sarebbe caduto il giudice di prime cure nel punto in cui ha ritenuto che dagli scambi di informazioni che precedono l’adozione di un comportamento parallelo debba risultare la volontà delle parti di convergere verso una comune strategia (“l’individuazione di una volontà comune alle parti di “boicottare” l’accordo quadro”, ovvero “la prova dell’effettiva convergenza di tutte le parti verso una strategia comune”).

6 - La censura è fondata.

Occorre premettere che per pacifica giurisprudenza la pratica concordata (vietata dall’art. 101, paragrafo 1, del TFUE e dall’art. 2 della L. 10/10/1990, n. 287) “ corrisponde ad una forma di coordinamento fra imprese che, senza essere spinta fino all’attuazione di un vero e proprio accordo, sostituisce, in modo consapevole, un’espressa collaborazione fra le stesse per sottrarsi ai rischi della concorrenza, con la precisazione che i criteri del coordinamento e della collaborazione, che consentono di definire tale nozione, vanno intesi alla luce dei princìpi in materia di concorrenza, secondo cui ogni operatore economico deve autonomamente determinare la condotta che intende seguire sul mercato: pur non escludendo la suddetta esigenza di autonomia il diritto degli operatori economici di reagire intelligentemente al comportamento noto o presunto dei concorrenti, essa vieta però rigorosamente che fra gli operatori abbiano luogo contatti diretti o indiretti aventi per oggetto o per effetto di creare condizioni di concorrenza non corrispondenti alle condizioni normali del mercato ” (così Cons. Stato, Sez. VI, 28/2/2017, n. 927, si vedano anche, fra le tante, Cons. Stato, Sez. VI, 20/2/2017, n. 740 e 4/9/2015, n. 4123). Inoltre, l’accertamento di un’intesa non richiede “ la prova documentale (o altri elementi probatori fondati su dati estrinseci e formali), atteso che la volontà convergente delle imprese volta alla restrizione della concorrenza può essere idoneamente provata attraverso qualsiasi congruo mezzo ” (Consiglio di Stato, 15 febbraio 2018, n. 1821), tenuto conto che, anzi, “ nella maggior parte dei casi, l’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale deve essere inferita da un certo numero di coincidenze e di indizi ”, essendo “ usuale che le attività derivanti da pratiche ed accordi anticoncorrenziali si svolgano in modo clandestino ” (Consiglio di Stato 20 febbraio 2017, n. 740).

In altri termini, “ la prova della pratica concordata, oltre che documentale, può essere indiziaria, purché gli indizi siano seri, precisi e concordanti ” e “ la circostanza che la prova sia indiretta (o indiziaria) non comporta necessariamente che la stessa sia meno forte (cfr. ad es. Consiglio di Stato sez. VI 11 luglio 2016 n. 3047) ” (Consiglio di Stato 20 febbraio 2017, n.740;
15 febbraio 2018, n. 1821).

6.1 - In fatto, l’Autorità ha acquisito agli atti plurimi elementi, tra loro concordanti, idonei a comprovare la sussistenza di un concerto illecito tra le imprese (vedasi paragrafo 529 del provvedimento impugnato).

In particolare, risultano particolarmente eloquenti: a) le parole rivolte da L nell’ambito di una comunicazione del 2 gennaio 2014 indirizzata agli altri concorrenti: “ l’accordo in questione a detta loro è provvisorio perché vogliono fare la gara e sappiamo che la pubblicheranno senza dubbio. Questo sarà il loro tentativo di risparmiare ulteriormente, ma per quanto mi riguarda il prezzo dell’accordo Puglia, uguale a quello della Calabria, non può essere assolutamente soggetto a trattative al ribasso ”;
b) la replica di Medicair Sud secondo cui: “ se accordo deve essere …. solo come Puglia e Calabria … altrimenti se vogliono ottenere prezzi diversi facciano la gara …. a quando la faranno!!!! ”.

Al riguardo, appare condivisibile il rilievo dell’Autorità secondo cui non “ può valere la giustificazione addotta da una delle Parti per cui tale documento proverebbe solo che “i messaggi di risposta (…) si soffermano sulla circostanza per cui l’auspicato accordo avrebbe dovuto prevedere, quale prezzo per l’erogazione del servizio OTD, quello già in essere per le Regioni Puglia e Calabria ”; tale affermazione, di contro, conferma che l’unica criticità presente nella nuova Convenzione fosse legata al prezzo e che l’intenzione delle Parti fosse quella di aderire alla Convenzione unicamente in presenza dei prezzi fissati in altre Regioni ”.

A seguito di tali scambi è inoltre emerso che, al fine di indurre l’Amministrazione ad adottare “il prezzo dell’accordo Puglia uguale a quello della Calabria”, e scongiurare il rischio dell’indizione di una gara, le imprese, il 3 febbraio 2014, ovvero ancor prima della scadenza del termine per l’accreditamento, chiedevano congiuntamente a SORESA “ un incontro urgente per analizzare il modello da Voi proposto che differisce nelle modalità rispetto a quanto condiviso nel corso dei vari tavoli tecnici effettuati (…) e dagli stessi Accordi Quadro vigenti in Puglia e Calabria ”.

L’intento concertato dalla imprese ai primi di gennaio 2014 si è tradotto poi nell’effettiva astensione dal manifestare interesse all’accreditamento nell’ambito della procedura attivata da SORESA in data 29 gennaio 2014, considerato che essa prevedeva un prezzo per il servizio OTD inferiore rispetto a quello vigente in Puglia e Calabria.

Al riguardo, l’Autorità ha messo in luce che, se un solo operatore avesse aderito al prezzo proposto in convenzionamento, il servizio si sarebbe potuto fornire a tale prezzo, per modo che il boicottaggio poi realizzatosi sarebbe stato possibile solo laddove tutte le parti l’avessero perpetrato.

6.2 - Non appare condivisibile l’argomentazione del T.A.R., che riterrebbe lecita la concertazione degli operatori di settore, se volta a perorare presso l’Amministrazione l’adozione di meccanismi di remunerazione ipoteticamente “più adeguati”.

Né può assumere rilievo la giustificazione dell’appellata secondo cui l’Autorità avrebbe trascurato la circostanza che nelle procedure a evidenza pubblica per l’acquisto di OTD sarebbe essenziale per il fornitore poter distinguere il prezzo del farmaco dal prezzo del servizio.

Deve invece affermarsi che le rimostranze delle imprese in tal senso non possono in ogni caso giustificare la pratica concertata così come di concretamente attuatasi.

Invero, ciascun operatore economico deve determinare in modo del tutto autonomo la propria condotta commerciale;
eventuali obiezioni circa il rispetto delle norme (ad esempio violazioni di norme fiscali o a tutela del lavoro), ovvero circa le modalità di remunerazione del servizio, ben possono essere perseguite nelle forme di legge, non certo concertando i comportamenti di prezzo da tenere rispetto alla committenza. In altre parole, la violazione delle norme poste a presidio della concorrenza non può mai essere considerata una risposta lecita nemmeno ad un asserito comportamento illecito altrui ( cfr . Consiglio di Stato, 4 settembre 2015, n. 4123;
Corte di Giustizia, 22 ottobre 2015, C-194/14P, AC Treuhand;
Corte di Giustizia, C-49/92, Anic) e, a maggior ragione, rispetto ad una modalità di remunerazione reputata non opportuna.

In argomento, si segnala che, in casi parzialmente analoghi, la giurisprudenza ha ritenuto che le indicazioni di associazioni di imprese di tenere un determinato livello di prezzi, anche laddove non vincolanti e costituenti una mera raccomandazione, costituiscono intese restrittive della concorrenza, anche nell’ipotesi in cui richiamino a giustificazione della propria condotta la dignità della professione o la qualità della prestazione ( cfr . Consiglio di Stato, 22 gennaio 2015, n. 238;
CGUE, 18 luglio 2013, C-136/12).

Alla luce delle considerazioni esposte, il “boicottaggio” concordato del primo accordo quadro non può considerarsi una legittima attività di promozione degli interessi delle imprese, bensì un’attività volta ad incidere illegittimamente sul prezzo dei servizi farmaceutici in questione (ed invero SORESA sarà indotta ad indire una nuova procedura riformulandone le condizioni economiche nei termini desiderati dalle parti dell’intesa).

6.3 – Non risulta inoltre significativa la dedotta circostanza che la riformulazione dell’accordo-quadro con prezzi per il servizio di OTD più elevati si avvenuta sulla base della nota commissariale del 7 febbraio 2014, posto che la nota in questione è intervenuta successivamente al “boicottaggio” della procedura, indetta per il 29 gennaio 2014.

7 – Non risulta condivisibile nemmeno l’osservazione del T.A.R. laddove pretende di ricavare elementi di prova di un’astratta razionalità della condotta oggetto di contestazione dal fatto che nell’identico modo si sarebbero comportate altre sei imprese del settore non sanzionate.

Al riguardo, è sufficiente rilevare che la condotta posta in essere dagli operatori economici sanzionati è illecita in quanto concordata e che le suddette sei imprese non sono state sanzionate in quanto rispetto ad esse l’Autorità non ha riscontrato elementi atti a comprovare la partecipazione all’intesa.

Più precisamente, in relazione alle sei imprese che oltre alle parti hanno aderito alla seconda proposta di convenzionamento deve rilevarsi che il provvedimento motiva espressamente le ragioni per le quali tre di queste (Eurossigeno, Irongas e GCO) seppur destinatarie di alcune delle missive inerenti alla seconda fase dell’illecito, non sono state ritenute responsabili dell’intesa unica e complessa (“ esse non risultano aver svolto alcun ruolo in relazione alle vicende in esame, essendosi limitate, anche in ragione delle dimensioni ridotte e della conseguente limitata incisività delle proprie determinazioni, a subire le scelte degli altri player di mercato ”). Quanto alle altre tre imprese, ovvero Oxy Gar, Oxy Gas e Son (che non avevano sottoscritto l’accordo del 20 dicembre 2012), non è emersa nel corso del procedimento alcuna evidenza di una loro interlocuzione con le parti dell’illecito (né tanto meno una loro successiva partecipazione alla gara poi oggetto di spartizione nel corso della terza fase).

In casi analoghi, la giurisprudenza ha già avuto modo di chiarire che ove si ritenga non provata la partecipazione di una delle imprese all’intesa restrittiva, “ ciò non di meno, le altre imprese possono continuare a rispondere del proprio comportamento anticoncorrenziale, attesa la piena compatibilità dell’assoluzione di una delle imprese coinvolte, per carenza di prova e di adeguata motivazione in ordine alla sua partecipazione alla concertazione, con la persistente responsabilità delle altre imprese coinvolte in ordine ai comportamenti loro contestati, accertati dall’Autorità e rimasti confermati in sede giudiziale ” (Consiglio di Stato, 20 febbraio 2017, n. 740).

8 - L’impugnata sentenza non può essere condivisa nemmeno laddove, per contrastare l’argomentazione dell’Autorità secondo cui “ la decisione delle parti di non aderire in prima battuta all’accreditamento proposto non sarebbe comunque giustificabile in ragione della non adeguata remuneratività del prezzo previsto …” dato che “ a distanza di pochi mesi le Parti presenteranno offerta in sede di gara per basi d'asta significativamente inferiori al prezzo proposto in Convenzione (2,50 euro/m3 a fronte di oltre 3 euro/m3) rispetto alle quali applicheranno addirittura sconti ”, afferma che la spiegazione non sarebbe convincente “ in quanto tenta di comparare due procedure di affidamento (l’accordo-quadro e la procedura aperta) affatto diverse, nelle quali l’appetibilità dell’aggiudicazione per ciascun operatore economico assumeva un valore profondamento diverso. Infatti, mentre l’accordo-quadro non garantiva all’impresa che sottoscriveva la convenzione la sicurezza di diventare fornitore del servizio ma solo la possibilità di ricevere ordinativi di fornitura, attraverso la gara l’HCP risultato aggiudicatario si assicurava la fornitura esclusiva dell’ossigeno nella zona identificata dal lotto ”.

Invero, il rilievo circa la non comparabilità delle due procedure, seppur corretto in termini generali e astratti, perde di incisività ove si consideri che dalle non smentite affermazioni della difesa erariale, basate sulla documentazione acquisita al procedimento e sulle stesse dichiarazioni rese dagli HCP, emerge che gli stessi abbiano mantenuto negli anni una presenza sostanzialmente stabile nelle rispettive aree di attività (sul punto si vedano i paragrafi 56, 300, 304 e 305 del provvedimento gravato).

In altre parole, contrariamente a quanto affermato dal giudice di prime cure, nel caso di specie, non vi era ragione per le imprese di ritenere che, una volta sottoscritto l’accordo quadro, le stesse non avrebbero continuato ad offrire il servizio allo stesso numero di pazienti, nelle medesime aree interessate dal loro radicamento.

Inoltre, si è già riferito che, dalle evidenze in atti, il prezzo inizialmente proposto dall’Amministrazione si fondasse sulle “condizioni rilevate a seguito dell’indagine di mercato condotta per la suddetta gara centralizzata” e fosse ritenuto dalle imprese, in documentazione interna alle stesse, “un prezzo di mercato assolutamente di rilievo rispetto al panorama nazionale”.

Questo è l’elemento essenziale ai fini del presente giudizio, dovendosi coerentemente escludersi ogni dubbio sulla remuneratività del prezzo di accreditamento, indipendentemente dalla comparazione censurata.

La circostanza evidenziata dall’Autorità relativa al fatto che successivamente le medesime imprese abbiano partecipato alla gara a prezzi anche inferiori vale solo a giustificare tale assunto, ed in questo senso deve intendersi la comparazione ingiustamente censurata dal T.A.R.

9 - In definitiva l’appello dell’Autorità deve trovare accoglimento.

Occorre ora affrontare l’appello della società che ha impugnato il capo di sentenza col quale il Tribunale ha riconosciuto l’esistenza dell’illecito anticoncorrenziale con riguardo alla terza fase dell’intesa, ovvero con riferimento alla gara bandita da SORESA.

10 - La società deduce l’ingiustizia della sentenza del T.A.R. nella parte in cui ha rigettato le censure di cui al primo motivo di ricorso di primo grado (violazione e falsa applicazione degli artt. 101 TFUE e 2 della l. 287/1990;
violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della l. 287/1990 ed eccesso di potere per difetto di istruttoria, errore di fatto e contraddittorietà della motivazione;
violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 14 della l. 287/1990;
violazione del diritto al contradditorio procedimentale;
violazione art. 6 CEDU;
eccesso di potere per illogicità e irragionevolezza intrinseca).

Al riguardo, giova ricordare che la contestazione di fondo che, con il provvedimento impugnato in primo grado, l’Autorità muove nei confronti di Vivisol Napoli si riferisce al fatto che la società e le altre parti coinvolte avrebbero sostanzialmente impedito “ lo svolgimento di un effettivo confronto concorrenziale in occasione della gara indetta da Soresa nel 2014, in violazione dell’articolo 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea ”.

Tale asserito mancato confronto concorrenziale si sarebbe tradotto – ad avviso dell’Autorità – nella spartizione dei lotti messi a gara da Soresa e nel mantenimento artificiosamente elevato del livello dei prezzi dei servizi offerti dagli HCP.

Rispetto a tale terza fase il T.A.R. ha confermato l’impianto accusatorio dell’Autorità in ragione dei “ numerosi elementi di prova esogeni, che dimostrano una concertazione iniziata fin da prima dell’indizione della gara, attraverso l’accordo su risposte coordinate da fornire all’amministrazione in esito ai questionari inviati per predisporre la documentazione di gara (cfr. gli stralci delle “mail” del febbraio 2014 riportati al par. 534 del provv.) e sfociata nella presentazione di offerte “a incastro”, al fine di sterilizzare l’esito della gara ”.

In particolare, secondo il T.A.R., due documenti dimostrano incontrovertibilmente l’intento collusivo tra tutte le parti sanzionate. Il primo, rivenuto presso la società OXY Live, è redatto su carta intestata di Vivisol e contiene una simulazione di partecipazione delle imprese alla gara, nella quale erano riportate ipotesi di RTI che, benché poi non realizzatesi, erano in quel momento al vaglio degli HCP e di cui i soli partecipanti potevano avere contezza. Nelle simulazioni si fa riferimento, inoltre, a taluni dati non pubblici e conoscibili solo dalle singole società (cfr. il par. 214 del provv.). Il secondo documento che significativamente accerta la sussistenza del “bid rigging” tra le imprese è il manoscritto acquisito presso la ricorrente, riprodotto al par. 218 del provvedimento, riportante uno schema di abbinamenti tra società e lotti, perfettamente corrispondenti a quelli che risulteranno all’esito della procedura.

11 - Le difese svolte per contraddire tali risultanze non colgono nel segno, basandosi su presupposti arbitrari ed indimostrati.

Quanto al primo documento manoscritto, l’appellante valorizza il fatto che nessuna delle “combinazioni” ipotizzate si sia poi concretamente verificata;
ciò dimostrerebbe l’esatto contrario di ciò che pretenderebbe l’Autorità, vale a dire che il documento in discussione smentisce – anziché rafforzare – la tesi di un presunto accordo finalizzato alla spartizione dei lotti della gara Soresa.

L’assunto non può essere in alcun modo condiviso. Deve invece confermarsi come tale documento costituisca una prova particolarmente intensa dell’intento perseguito delle parti, poi del resto confermato dagli eventi successivi.

Nello specifico, l’appellante non spiega per quale ragione tale documento redatto sulla propria carta intestata sia stato rivenuto presso la società OXY Live, e soprattutto in che modo potessero essere appalesate le ipotesi di RTI ivi riportate, di cui solo i relativi partecipanti potevano avere contezza.

A fronte del contenuto di tali circostanze appare del tutto marginale la questione relativa al fatto che le stime dei fabbisogni e i dati relativi al numero dei pazienti sarebbero pubblici e dunque a disposizione di chiunque, dovendosi in ogni caso rilevare che la tesi dell’Autorità, secondo cui le simulazioni di cui sopra sono state effettuate non sulla base di dati pubblici ma su dati interni delle società, evidentemente scambiati tra le stesse - risulta confermato dalle dichiarazioni della ASL Napoli 3 Sud, secondo cui “ i dati relativi al numero dei pazienti e al fornitore […] sono registrati sul piattaforma SaniARP della Regione Campania e sono accessibili unicamente dal personale autorizzato, per le finalità del Servizio Sanitario Regionale ”.

11.1 - Quanto al secondo documento, la società afferma che si tratterebbe di un mero appunto preso dopo l’apertura delle buste della gara. A tal fine, si limita ad allegare che lo stesso era archiviato in modo trasparente insieme a tutta una serie di altri documenti relativi agli esiti della gara, come riscontrato dagli stessi ispettori e come riportato nel processo verbale di accertamento.

Gli argomenti spesi per dimostrare tale affermazione (disconosciuta dall’Autorità, che ha evidenziato come dal verbale ispettivo non risulta affatto che il documento risultava regolarmente archiviato insieme ad altra documentazione), seppur riferiti a specifiche parti del documento in esame, non risultano per nulla dirimenti, dal momento che i dati riportati su tale documento ben possono essere compatibili anche con la sua redazione in un tempo precedente l’aggiudicazione.

Non solo, è stata la stessa società nel verbale di accertamento ispettivo ad affermare che tale documento riporta una “ stima dei pazienti in carico ai concorrenti, dallo stesso redatta al fine di predisporre l’offerta per la gara SORESA ”, e quindi prima della partecipazione alla gara (affermazione poi prevedibilmente smentita dal medesimo soggetto nel corso del procedimento e contestata nel presente giudizio in quanto assunta in violazione del diritto di difesa, ma senza in alcun modo circostanziare tale eccezione).

E, a prescindere dalla comunque sussistente discrasia circa il numero dei pazienti (non corrispondente a quella contenuta negli atti di gara e dunque ragionevolmente imputabile alle stime pre gare effettuate dalle società), quest’ultima appare l’interpretazione maggiormente aderente al quadro complessivo dei fatti emersi, tenuto anche conto delle dichiarazioni del rappresentante di GCO che ha avuto esperienza diretta dei fatti oggetto di accertamento (par. 209 del provvedimento).

12 – Anche gli ulteriori tentativi dell’impresa di giustificare la propria condotta non appaiono convincenti.

Nell’ordine la società deduce che, per tutti i lotti messi a gara, l’offerta migliore è stata presentata dall’operatore che disponeva dello stabilimento più vicino al mercato da servire;
questo elemento, oltre a confermare in termini generali la razionalità delle condotte tenute dai partecipanti, dimostrerebbe la preminente incidenza dei costi di trasporto sugli oneri che gli operatori del settore OTD devono sostenere per l’erogazione delle prestazioni.

Ciò, unitamente alle previsioni del bando che attribuivano specifici punteggi premiali in relazione alla localizzazione del sito produttivo dell’offerente avrebbe indotto Vivisol a “puntare” sui lotti territoriali nei quali l’operatore disponeva di un proprio stabilimento produttivo/distributivo (nel caso della Società si tratta dei lotti di Caserta e Salerno, per i quali la Società medesima ha infatti presentato le offerte economiche più competitive).

12.1 – Da un altro punto di vista, secondo l’appellante, la propria modalità di partecipazione in raggruppamento temporaneo con Magaldi Life, sarebbe legata alla necessità di evitare gli ingenti investimenti necessari per incrementare la propria capacità produttiva e soddisfare integralmente la domanda (il potenziale incremento del numero dei pazienti da servire sul territorio campano era sostanzialmente del 300%).

12.2 – A fronte delle evidenze documentali innanzi evidenziate, particolarmente significative della concertazione posta in essere tra le impese, le circostanze dedotte dall’appellante non appaiono idonee a sovvertire le conclusioni già rassegnate dal giudice di primo grado.

Invero - in disparte il fatto che relativamente all’aspetto relativo alla localizzazione degli stabilimenti, l’Autorità ha debitamente considerato come rispetto ai punti totali previsti per l’offerta tecnica il criterio della localizzazione degli impianti poteva attribuire al massimo 3 punti, peraltro discrezionali e non tabellari – le considerazioni della società paiono giustificare, quanto meno in astratto, le ragioni di ciascun affidamento, ma non incrinano in alcun modo il quadro probatorio innanzi delineato da cui emerge la previa concertazione volta a incidere su tali affidamenti.

In altri termini, l’astratta razionalità dell’affidamento di ciascun lotto ad una specifica impresa, o la scelta di queste di competere in forma associata, sono del tutto compatibili con la predeterminazione a priori, ed in modo concordato, della ripartizione dei lotti, dovendosi ragionevolmente supporre che anche in un contesto collusivo illecito, ciascun operatore orienti le proprie scelte nel senso a lui più conveniente.

Invero, la ricostruzione della fattispecie collusiva postula una valutazione globale delle prove acquisite, al fine di dare evidenza dell’intero assetto dei rapporti intercorrenti tra le imprese, il che esclude la possibilità di parcellizzare i singoli elementi probatori sulla base di una considerazione meramente atomistica degli stessi ( cfr . Cons. Stato, Sez. VI, 14 ottobre 2019).

12.3 – Vale un analoga valutazione in riferimento alla dedotta riduzione, proprio in occasione della gara Soresa del 2014 del prezzo medio dei servizi OTD (pari a € 1,80/m3 di ossigeno che si attesta ad un livello tra i più bassi in Italia).

Al riguardo, il provvedimento impugnato mette in luce come le imprese sanzionate temessero l’ingresso di un competitor particolarmente aggressivo (Criosalento), e ciò ben può averle razionalmente indotte a proporre i ribassi praticati.

Più in generale, la giurisprudenza ha già argomentato nel senso che “ l'obiettivo di un cartello ben può consistere anche soltanto nell'attenuare in maniera collusiva la riduzione dei prezzi di taluni beni o servizi in un contesto caratterizzato da fattori esogeni quali ad esempio la progressiva crisi di un settore o la riduzione della domanda" (Consiglio di Stato, 11 luglio 2016, n. 3047).

13 – Quanto alla commisurazione della sanzione, con il ricorso originario la società aveva dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 15 della l. 287/1990;
la violazione e falsa applicazione dell’art. 11 della l. 689/1981;
la violazione dei principi di legalità e non retroattività della pena ai sensi degli artt. 7 CEDU e 49 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea;
la violazione;
la violazione dell’art. 25 Cost. e degli orientamenti della Commissione sul calcolo delle ammende;
la violazione delle Linee Guida AGCM sulla modalità di applicazione dei criteri di quantificazione delle sanzioni;
l’eccesso di potere per difetto di istruttoria, irragionevolezza, illogicità e la violazione del principio di proporzionalità.

Il primo giudice, sulla base delle considerazioni svolte circa la insussistenza di una intesa anticoncorrenziale nelle prime due fase temporali descritte nel provvedimento impugnato, ha ritenuto parzialmente fondata la doglianza.

Nell’esaminare il procedimento seguito dall’Autorità, il T.A.R. ha osservato come l’AGCM, nel determinare la sanzione, abbia tenuto conto della gravità dell’intesa - orizzontale e segreta, finalizzata a condizionare la dinamica delle gare per la fornitura dei servizi di OTD nella Regione Campania, in modo da neutralizzare il confronto competitivo per l’aggiudicazione delle stesse - circostanza che, ai sensi dell’art. 15, comma 1, della legge n. 287/1990, consente l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria pari fino al 10% del fatturato realizzato in ciascuna impresa o ente nell'ultimo esercizio chiuso anteriormente alla notificazione della diffida. L’importo iniziale della sanzione, ai sensi dell’art. 18 delle Linee guida, è stato calcolato sulla scorta di quello di aggiudicazione dei singoli lotti di gara, calcolato pro quota in caso di RTI, da moltiplicare per la durata triennale dell’affidamento. Tale importo iniziale è stato moltiplicato per la percentuale che riflette la gravità dell’infrazione: trattandosi di un’infrazione molto grave dell’articolo 101 del TFUE, in quanto intesa di prezzo, nonché volta a condizionare le dinamiche di una gara ad evidenza pubblica, il punto 12 delle Linee Guida prevede un range compreso tra il 15% e il 30%. L’Autorità ha optato, alla luce della gravità dell’infrazione e delle modalità di partecipazione delle parti alla stessa, nonché in ragione della circostanza “per cui i comportamenti contestati sono stati posti in essere già anteriormente all’indizione e aggiudicazione della gara”, per un coefficiente di gravità del 20% sulla base del quale calcolare l’ammontare della sanzione.

13.1 - Alla luce di quanto descritto, il T.A.R. ha:

a) escluso la fondatezza della doglianza in relazione al computo della base di calcolo delle sanzioni, in quanto questo è stato correttamente riferito all’importo oggetto di aggiudicazione e non al fatturato effettivamente realizzato;

b) respinto la censura di violazione del massimo edittale, evidenziando come la sanzione fosse conseguenza di tre distinte intese e non una sanzione unitaria;

c) confermato la qualificazione dell’intesa come “molto grave” in ragione della sua natura e della segretezza;

d) accolto l’impugnazione in relazione alla quantificazione del coefficiente di gravità dell’intesa, individuando un più ridotto periodo riducendo di vigenza dell’accordo, non più decorrente dal mese di dicembre 2012, come indicato nel provvedimento, ma dal mese di febbraio 2014, data delle evidenze documentali che dimostrano i primi contatti tra le parti per concertare l’esito della gara;

e) respinto la doglianza sulla scarsa incidenza della circostanza attenuante per aver adottato dei programmi c.d. di compliance.

14 - Le dette statuizioni sono gravate, con differenti accenti, dall’impresa appellante e possono essere congiuntamente valutate, in relazione alle singole questioni, nell’ordine innanzi indicato.

14.1 - In merito alla doglianza sul computo della base di calcolo delle sanzioni, va integralmente confermata la valutazione operata dal primo giudice sulla correttezza del procedimento adottato dall’Autorità. Infatti, l’AGCM ha correttamente fatto riferimento all’importo oggetto di aggiudicazione e non al fatturato effettivamente realizzato, alla luce della funzione dissuasiva della sanzione antitrust. Questa, in quanto volta ad impedire a priori una concertazione in funzione anticoncorrenziale, deve riferirsi al momento della condotta legata alla specifica fattispecie e agli elementi allora in possesso delle imprese, ivi compreso l’importo base della gara oggetto dell’accordo anticompetitivo.

Quanto alla dedotta illegittima applicazione retroattiva del trattamento sanzionatorio, deve in primo luogo osservarsi che alcuna modifica ha interessato la normativa primaria, mentre le Linee Guida si sono limitate a formalizzare orientamenti giurisprudenziali oramai noti e consolidati sul carattere dissuasivo e sull'efficacia deterrente della sanzione antitrust e sulla gravità delle c.d. intese hardcore. Inoltre le Linee Guida sono applicabili, per loro espressa previsione, ai procedimenti "in corso" al momento della loro adozione, secondo il medesimo regime transitorio già adottato dalla Commissione per gli Orientamenti sulle ammende 2006, la cui legittimità è già stata confermata da questo Consiglio ( cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 20 aprile 2011, n. 2438).

14.2 - Tuttavia, se il procedimento in generale non può essere censurato, va detto che, nella concreta determinazione del valore delle vendite, è poi mancato un elemento ulteriore, che il primo giudice aveva correttamente ritenuto essenziale, ossia il calcolo pro quota in caso di RTI. Tale criterio, per cui nei casi di partecipazione alla gara in raggruppamenti temporanei, ad ogni singola parte è attribuita la frazione del valore dei lotti interessati corrispondente alla rispettiva quota percentuale di RTI, risponde ad una logica di distribuzione interna della responsabilità in relazione all’effettivo contributo d’impresa ed è ordinariamente considerato nell’azione di AGCM (ad es., si veda provvedimento n. 25802 del 22 dicembre 2015 su cui Cons. Stato, VI, 20 febbraio 2017, n.740) ma non è stato correttamente valutato nell’atto qui impugnato.

In particolare, nella determinazione della quota spettante a Vivisol Napoli è stato attribuito il 50% del valore del lotto, mentre la stessa concorreva in RTI con Magaldi con una quota di partecipazione pari al 30%.

In relazione a tale profilo, la censura della società deve ritenersi quindi fondato.

14.3 - In merito alla censura di violazione del massimo edittale, va confermata pienamente la decisione del primo giudice, atteso che il provvedimento valuta separatamente e per ciascuna fattispecie gli elementi che contraddistinguono le tre distinte intese. Per cui, stante la differenza tra le tre fattispecie (in termini di mercato geografico rilevante, di andamento delle gare e di spessore del corredo probatorio), correttamente la sanzione è stata commisurata ad una fattispecie non unitaria.

Da un altro punto di vista, tale profilo esclude altresì la violazione del principio di proporzionalità.

14.4 - Anche in relazione alla qualificazione dell’intesa come “molto grave” in ragione della sua natura e della segretezza va condivisa la valutazione operata dal primo giudice, nella duplice considerazione che, per un verso, l’intesa era orientata alla ripartizione della clientela ed era dunque qualificabile come intesa orizzontale di prezzo ossia come intesa di consistente gravità in sé considerata, senza necessità di ulteriori indagini sulle effettive conseguenze concrete ( cfr . Cons. Stato, Sez. VI, 20 ottobre 2016, n. 4374;
Corte UE, 26 gennaio 2017, in C-626/13 P, Villeroy &
Boch Austria GmbH/ Commissione);
e per altro verso, in relazione alla segretezza, il supporto probatorio, fondato su contatti di posta elettronica non conoscibili all’esterno e da matrici organizzative di spartizione dei lotti in sede di gara, evidenzia la carenza di trasparenza e pubblicità dell’accordo stesso.

14.5 – E’ invece fondata la censura, proposta dall’Autorità, in merito all’accoglimento dell’impugnazione in relazione alla quantificazione del coefficiente di gravità dell’intesa, che è stato individuato in un più ridotto periodo riducendo di vigenza dell’accordo sulla base di una ricostruzione delle fasi procedimentali che è stata invece avversata nell’esame dei precedenti motivi di ricorso. Pertanto, non essendovi più il fondamento fattuale per l’operata riduzione da parte del primo giudice, deve essere accolta la doglianza con conseguenziale reviviscenza dell’originario coefficiente di gravità, pari al 20% individuato dal provvedimento gravato.

14.6 - La sentenza del T.A.R. deve parimenti essere confermata nella parte dove ha respinto la doglianza sulla scarsa incidenza della circostanza attenuante per aver adottato dei programmi c.d. di compliance, in quanto ne ha considerato l’effettiva incidenza in una complessiva valutazione di gravità dei fatti accertati.

14.7 - Conclusivamente, va condivisa l’affermazione conclusiva del T.A.R., secondo il quale, vertendosi in un caso di giurisdizione con cognizione estesa al merito - che consente, ai sensi dell’art. 134, comma 1, lett. c), cpa, al giudice amministrativo di modificare, in base a una propria valutazione, la misura delle sanzioni pecuniarie comminate dall’AGCM - devono rinviarsi gli atti all’Autorità per una nuova quantificazione dell’importo della sanzione determinata. Tuttavia tale rivalutazione andrà operata secondo i parametri diversi indicati in motivazione (ossia, la rideterminazione del valore delle vendite in capo all’impresa appellante tenendo in considerazione la quota di partecipazione al RTI;
l’applicazione della percentuale ex art. 12 delle Linee guida come originariamente individuata nella misura del 20%).

15 – Da ultimo, deve trovare accoglimento la censura finale della società che ha dedotto l’errore commesso dal giudice di prime cure nel condannarla al pagamento della sanzione pecuniaria di cui all’art. 26, comma 2, c.p.a. in considerazione della ravvisata violazione del dovere di sinteticità negli atti di cui al precedente art. 3, comma 2, del medesimo codice.

I criteri e i limiti dimensionali per la redazione degli atti processuali sono stati dettati ai sensi dell’art. 13 ter dell’allegato 2 al c.p.a. con decreto del Presidente del Consiglio di Stato 22 dicembre 2016 n. 167. Ai sensi dell’art. 9 del citato decreto n. 167/2016 il medesimo “… si applica alle controversie il cui termine di proposizione del ricorso di primo grado o di impugnazione inizi a decorrere trascorsi trenta giorni dalla pubblicazione del decreto medesimo sulla Gazzetta Ufficiale ”.

Il decreto è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 3 gennaio 2017 e pertanto non può trovare applicazione nel caso in esame, il cui il provvedimento impugnato è stato notificato in data 19 gennaio 2017.

16 - L’appello della società va, pertanto, accolto limitatamente al motivo da ultimo esaminato ed al profilo innanzi evidenziato relativo al calcolo della sanzione.

Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Sussistono eccezionali ragioni per disporre l’integrale compensazione di spese e onorari di giudizio.

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