Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-04-23, n. 201202376

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-04-23, n. 201202376
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201202376
Data del deposito : 23 aprile 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08232/2006 REG.RIC.

N. 02376/2012REG.PROV.COLL.

N. 08232/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8232 del 2006, proposto da:
W O, rappresentato e difeso dagli avvocati L M e T W, con domicilio eletto presso l’avvocato L M in Roma, via Federico Confalonieri, 5;

contro

Provincia autonoma di Bolzano, in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati M C, M L, R V Guggemberg, con domicilio eletto presso l’avvocato M C in Roma, via Bassano del Grappa, 24;
Commissione provinciale di vigilanza sull’edilizia abitativa agevolata;

per la riforma

della sentenza 11 maggio 2006, n. 212 del Tribunale regionale di giustizia amministrativa – Sezione autonoma per la Provincia di Bolzano;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

viste le memorie difensive;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 febbraio 2012 il Cons. V L e uditi per le parti gli avvocati Manzi e Graziani per delega dell’avvocato Costa.


FATTO e DIRITTO

1.– Risulta dagli atti processuali che con atto del 3 marzo 1996, prot. n. 25.2/10256, l’assessore all’edilizia abitativa della Provincia autonoma di Bolzano accoglieva la domanda del sig. Oswald W volta ad ottenere, a titolo di agevolazione edilizia, un contributo costante decennale pari a lire 8.610.400 per l’acquisito di un alloggio.

Con atto del 29 aprile 1997 il predetto beneficiario dell’agevolazione comunicò di aver occupato effettivamente l’immobile acquistato.

Con delibera della Commissione provinciale di vigilanza sull’edilizia abitativa agevolata dell’8 marzo 2002, prot. 25.1/56.01.01/6641/10, fu revocata la concessione del contributo per mancata occupazione continuativa dell’appartamento da parte del beneficiario dell’agevolazione. In particolare, qui si deduce che: a) nel corso del sopralluogo del 12 settembre 1997 da parte di un funzionario provinciale detto soggetto non è stato trovato nell’alloggio trovandosi «in quello dei suoi genitori» ; b) durante un secondo accertamento effettuato in data 14 dicembre 2001 l’interessato non è stato ancora una volta trovato nell’appartamento e che un «vicino» ha confermato che lo stesso «non avrebbe mai abitato nell’alloggio sovvenzionato» ; c) il consumo di energia elettrica sarebbe pari mediamente a 29 KWh all’anno e dunque «bassissimo anzi quasi inesistente» .

Con la stessa delibera è stata, pertanto, chiesta la restituzione degli importi ottenuti, maggiorati degli interessi legali dall’accertata violazione, e imposto il pagamento di una pena pecuniaria pari al 30% dell’importo da restituire.

Il sig. W ha impugnato, con ricorso n. 197 del 2002, tale deliberazione innanzi al Tribunale regionale di giustizia amministrativa – Sezione autonoma per la Provincia di Bolzano, adducendo la sua illegittimità per violazione degli articoli: 3 della legge provinciale di Bolzano n. 4 del 1962;
2, lettera E/3, della legge provinciale di Bolzano n. 15 del 1972;
64, 65 e 143 della legge provinciale n. 13 del 1998;
11 Cod. civ.;
1 della legge n. 689 del 1981;
5, 7, 10 e 14 della legge provinciale di Bolzano n. 17 del 1993, nonché la legge n. 675 del 1998. In sintesi, è stata contestata l’insussistenza dei fatti posti a base della revoca dell’agevolazione e la illegittimità dell’applicazione di una sanzione pecuniaria non prevista dalla legge vigente al momento della commissione del fatto. Si è, inoltre, dedotta la illegittimità della delibera impugnata per eccesso di potere.

2.– Il giudice adito, con sentenza 11 maggio 2006, n. 212, ha accolto in parte il ricorso. In particolare, con tale sentenza sono stati, da un lato, ritenuti infondati i motivi di contestazione dell’atto di revoca perché valutati corrispondenti alla realtà gli elementi di fatto posti dall’amministrazione a base dell’atto impugnato, dall’altro sono stati ritenuti fondati i motivi relativi all’applicazione della sanzione pecuniaria in quanto l’amministrazione avrebbe dovuto dare all’interessato la possibilità di scegliere tra la rinuncia al contributo ovvero l’irrogazione della sanzione.

3.– Il ricorrente in primo grado ha proposto, con l’atto indicato in epigrafe, appello criticando, per le medesime ragioni prospettate nell’ambito del giudizio di primo grado, la sentenza nella parte in cui ha ritenuto legittima la determinazione dell’amministrazione di revocare l’atto di concessione del contributo.

3.1.– Si è costituita in giudizio l’amministrazione provinciale chiedendo il rigetto dell’appello.

3.2.– L’appellante ha depositato una memoria difensiva.

4.– L’appello è infondato.

4.1.– In via preliminare è necessario riportare le disposizioni normative rilevanti che disciplinano l’esercizio del potere relativo alle concessioni di agevolazioni finanziarie nel settore dell’edilizia abitativa della Provincia autonoma di Bolzano.

L’art. 6 della legge provinciale di Bolzano 2 aprile 1962, n. 4 ( Norme per favorire l’accesso del risparmio popolare ad una abitazione ) prevedeva forme di agevolazione per l’acquisto di abitazioni popolari mediante, tra l’altro, la concessione diretta al beneficiario, in presenza di determinati presupposti, di un «contributo decennale costante» . L’art. 3, comma 3, lettera c) , della stessa legge provinciale stabiliva che l’agevolazione poteva essere revocata qualora fosse stato accertato che «l’abitazione non viene occupata dal beneficiario in modo continuativo».

Successivamente è stata emanata la legge provinciale 20 agosto 1972, n. 15 ( Legge di riforma dell’edilizia abitativa ) che, nell’apportare importanti modifiche alla disciplina previgente, ha, per quanto interessa in questa sede, confermato la possibilità di concessione di «contributi decennali costanti» per l’acquisto di abitazioni popolari (art. 2, comma 1, lettera E.3).

La legge provinciale di Bolzano 17 dicembre 1998, n. 13 ( Ordinamento dell’edilizia abitativa agevolata ) ha abrogato le predette leggi provinciali e regolamentato in modo organico la materia. In particolare, l’art. 62 ha previsto, tra l’altro, che le abitazioni oggetto di agevolazioni edilizie provinciali per l’acquisto «sono soggette al vincolo sociale ventennale» , il quale comporta che «nel primo decennio l’abitazione agevolata deve essere occupata in modo stabile ed effettivo dal beneficiario e dai suoi familiari» . Il successivo art. 65 ha previsto che qualora venga accertato che il beneficiario «non occupi in modo stabile ed effettivo l’abitazione» è disposta la revoca dell’agevolazione che comporta la restituzione degli importi concessi, «aumentati degli interessi legali dal giorno dell’accertata violazione» e con applicazione di una «sanzione amministrativa pari al 30 per cento dell’importo da restituire» . L’art. 142- bis ha stabilito, con norma transitoria, che «tutte le abitazioni oggetto di agevolazioni edilizie provinciali» comprese quelle per l’acquisto «di abitazioni per il fabbisogno abitativo primario concesse prima dell'entrata in vigore della presente legge, a partire dall’entrata in vigore della stessa legge» sono soggette, tra l’altro, al rispetto dei predetti articoli 62 e 65, con la puntualizzazione, fatta al secondo comma, che quando è stato violato il citato art. 3 della legge n. 4 del 1962 «l’applicazione delle sanzioni può essere evitata se il beneficiario rinuncia all’agevolazione edilizia» .

La vicenda in esame, essendo la concessione stata erogata nel 1996, rientra, in virtù della disposizione transitoria sopra riportata, nell’ambito di applicazione delle norme sostanziali contemplate nella legge provinciale n. 13 del 1998. È bene aggiungere che, in ogni caso, tali norme – almeno per quanto riguarda la disciplina del potere di revoca in relazione alla fattispecie in esame – riprendono sostanzialmente il contenuto della legge provinciale n. 4 del 1962.

4.2.– Chiarito ciò, con i motivi di appello, strettamente connessi, l’appellante deduce l’illegittimità dell’atto impugnato e la erroneità della sentenza per avere ritenuto sufficienti a giustificare la revoca: a) il minimo consumo di energia elettrica; b) l’assenza del beneficiario nell’abitazione all’epoca del primo sopralluogo; c) la dichiarazione di un vicino.

In relazione al primo punto egli deduce che non si sarebbe tenuto conto che vive da solo e che «mangia fuori casa, in particolare presso il proprio posto di lavoro (dove è cuoco)» e che le attività di lavaggio e stiratura degli abiti vengono svolte dalla madre del ricorrente presso l’abitazione della madre stessa. Non gli si potrebbe, inoltre, imputare il suo «atteggiamento parsimonioso» .

In relazione al secondo aspetto, la dichiarazione del vicino non sarebbe attendibile in quanto lo stesso «non ha mai nascosto il proprio desiderio di acquistare l’abitazione» in esame.

In relazione al terzo punto, l’interessato rileva che il fatto che non era stato trovato, durante il sopralluogo, nell’abitazione non ha rilievo in quanto, con lettera del 3 giugno 1996, l’amministrazione provinciale aveva comunicato che «entro tre anni dall’accoglimento di contributi l’abitazione doveva essere occupata stabilmente ed effettivamente». Essendo la domanda stata accolta in data 3 novembre 1995 il sopralluogo, avvenuto in data 12 settembre 1997, non avrebbe potuto essere eseguito prima del 3 novembre 1998.

Tali motivi non sono fondati.

Le norme attributive del potere – artt. 62 e 65 della citata legge provinciale n. 13 del 1998 – prevedono che l’agevolazione è revocata nel caso in cui si accerti che il beneficiario «non occupi in modo stabile ed effettivo l’abitazione» . La dimostrazione dell’elemento negativo (mancata occupazione stabile ed effettiva dell’abitazione) implica, normalmente, il ricorso, nell’ambito dell’istruttoria procedimentale, a presunzioni semplici che consentano di desumere da fatti noti il fatto che si intende provare.

Il sindacato giurisdizionale, in casi come quello all’esame del Collegio, presuppone, per evitare indebite ingerenze in ambiti propri dell’amministrazione attiva, che l’appellante deduca la sussistenza di una o più figure che sono sintomo di eccesso di potere, volte a dimostrare la violazione del principio di ragionevolezza.

Con riferimento ai primi due motivi l’appellante ha contrapposto alla versione dei fatti effettuata dall’amministrazione la propria ricostruzione degli accadimenti, ma senza dimostrare che l’amministrazione abbia assunto una determinazione in contrasto con il principio di ragionevolezza. Si tenga conto, comunque, che è conforme al detto procedimento logico l’aver ritenuto che da un consumo esiguo di energia e dalla dichiarazione di un privato che abita nella medesima zona (unitamente all’ulteriore indicato nel prosieguo) si possa dedurre la mancanza dei requisiti contemplati dalla normativa di disciplina della materia.

Con riferimento al terzo motivo, l’appellante ha, invece, indicato, come sintomo di eccesso di potere, l’errore di fatto dell’amministrazione nell’avere ritenuto valutabili gli esiti del primo sopralluogo. A tale proposito, deve, però, rilevarsi come, contrariamente a quanto affermato dall’appellante, l’amministrazione provinciale, con la lettera richiamata, non abbia comunicato che il beneficiario aveva tre anni per occupare l’immobile ma che «entro tre anni dall’approvazione della domanda, l’alloggio dovrà essere abitabile ed occupato» . Il che significa che l’amministrazione ha reso edotto il beneficiario che entro tale termine, per evitare la decadenza del beneficio, si sarebbero dovuti perfezionare i presupposti indicati. Una volta abitato ed occupato l’immobile, diventava immediatamente operativo il «vincolo sociale ». Nella specie, ciò si è verificato il 29 aprile 1997 e dunque al momento del primo sopralluogo del 12 settembre 1997 l’amministrazione poteva accertare se egli rispettasse o meno il predetto vincolo.

In definitiva, la decisione dell’amministrazione provinciale si è fondata sull’accertamento, mediante la corretta tecnica delle presunzioni, di un fatto di cui non è stata dimostrata la contrarietà al canone della ragionevolezza.

Per le ragioni sin qui esposte l’appello va respinto.

5.– La natura della controversia giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

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