Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2022-04-20, n. 202202993
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Testo completo
Pubblicato il 20/04/2022
N. 02993/2022REG.PROV.COLL.
N. 06150/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6150 del 2015, proposto dalle Società Sfp II s.a.s. e Sfi s.a.s., del gruppo Hyfe Italia 2 S.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti
pro tempore
, rappresentate e difese dall’avvocato A M, con domicilio eletto presso lo studio Rodl &Partner in Roma, piazza di Santa Anastasia, n.7,
contro
la Società G.S.E. - Gestore dei servizi energetici - s.p.a., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati S F e L M, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato S F in Roma, via Nizza, n. 45,
il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in persona dei rispettivi Ministri
pro tempore
, rappresentati e difesi
ex lege
dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, n. 12,
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Roma, Sezione Terza ter, n. 13214/2014, resa tra le parti, concernente l’ammissione a tariffa incentivante.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Società G.S.E. -Gestore dei servizi energetici - s.p.a., del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 8 marzo 2022, il Cons. Antonella Manzione e uditi per le parti l’avvocato A M e l’avvocato L M;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso in appello notificato in data 30 giugno 2015, depositato il 10 luglio 2015, le Società SFI I s.a.s. e SFP II s.a.s., appartenenti al Gruppo tedesco Belectric, il cui socio accomandatario è la Società Hyfe Italia 2 s.r.l. (di seguito, le Società), nella loro qualità di mandante e mandataria-Soggetto responsabile, hanno impugnato la sentenza del T.A.R. per il Lazio, Roma, sez. III ter, n. 13214/2014, con la quale è stato respinto il ricorso per l’annullamento del provvedimento prot. GSE/P20120120766 del 13 luglio 2012, di ammissione alla tariffa incentivante prevista dal d.m. 5 maggio 2011 nella misura di 0,2620/kwh, anziché in quella maggiore richiesta di 0,2750 kwh, avuto riguardo ad un impianto denominato “Cascinotto”, di potenza pari a 4.481,05 kw, ubicato nel Comune di Massazza, e censito all’epoca al Foglio 10, Particelle 7,8,12,13 e 14. Il provvedimento era stato adottato dopo l’inoltro del preavviso di diniego ex art. 10 bis della l. n. 241 del 1990 (7 maggio 2012), cui la Società SFP II aveva dato riscontro con osservazioni (31 maggio 2012).
1.1. Sempre in fatto, il Collegio ritiene opportuno chiarire la complessa vicenda giuridica sottesa all’individuazione dei ruoli specificamente assunti nel procedimento dalle Società appellanti. Il progetto dell’impianto, riferito ad un’area solo successivamente accatastata come opificio industriale (D1), è stato presentato da un diverso soggetto, ovvero la Società Cascinotto.PV s.r.l. Ottenuto il permesso di costruire dal Comune di Massazza (n. 10 del 4 agosto 2010) e la valutazione di impatto ambientale dalla Provincia di Biella, previa procedura di screening (determinazione dirigenziale n. 2309 del 23 agosto 2010), i lavori venivano avviati in data 5 agosto 2010 (comunicazione contestuale) e resi noti al Gestore di Rete locale, Enel Distribuzione s.p.a., in data 13 agosto 2010. La realizzazione dell’impianto, che è avvenuta in base a contratto di appalto, ha visto subentrare quale committente la SFP II con atto di acquisto per persona da nominare ex art. 1404 c.c. e, a cascata, la SFI I, quale “nominata”, indi, con una sorta di “partita di giro”, quest’ultima ha conferito all’altra un mandato senza rappresentanza (atto notarile del 18 novembre 2011) a compiere quanto necessario alla connessione e messa in esercizio dell’impianto fotovoltaico, incluse le procedure di richiesta delle tariffe incentivanti. Da qui la riconducibilità del segmento terminale del procedimento alla SFP II, acquirente per conto di SFI I, indi sua rappresentante. Ed è la Società in questione -SFP II – ad assumere il ruolo di Soggetto responsabile, presentando in data 7 settembre 2012 la richiesta al G.S.E. di fruire delle tariffe incentivanti nella misura prevista dal cd. quarto Conto energia per l’impianto entrato in servizio il 29 agosto 2011, nonché di accedere al premio del 10 % riconosciuto in caso di utilizzo, nella misura predeterminata, di componenti di provenienza europea.
1.2. Va infine ricordato che parallelamente a tale procedimento, i medesimi soggetti e con il medesimo “incrocio” di competenze, hanno avanzato una ulteriore istanza di accesso alle tariffe incentivanti, riferita ad un impianto fotovoltaico denominato “Campagna”, localizzato sempre sul Comune di Massazza, medesimo Foglio 10, Particelle 8, 10,11,12 e 14. Ridetto impianto veniva autorizzato, per una potenza pari a 4.766,25 kW, previa acquisizione della V.I.A. (determinazione dirigenziale della Provincia di Biella n. 1467 del 28 maggio 2010), e realizzato a seguito del rilascio del permesso di costruire n. 5 del 17 giugno 2010, con inizio lavori il 28 luglio 2010. Il provvedimento di ammissione alle tariffe incentivanti in un importo non corrispondente a quello cui le Società ritengono di avere diritto, prot. GSE/P20120124593 del 19 luglio 2012, è stato autonomamente impugnato innanzi al T.A.R. per il Lazio con ricorso n.r.g. 9024 del 2012, e la sentenza di primo grado, n. 13201 del 2014, fatta oggetto di distinto gravame, n.r.g. 6149/2015, pure in decisione nell’odierna udienza.
2. Il primo giudice ha motivato il rigetto del ricorso ritenendo corretta l’avvenuta applicazione da parte del G.S.E. delle regole sulla contiguità degli impianti, da considerare unitariamente (nel caso di specie, quello denominato “Campagna” e quello chiamato “Cascinotto”), declinate nell’art. 12 del d.m. 5 maggio 2011, tenuto conto che il discrimen tra vecchio e nuovo Conto energia contenuto nell’art. 1 dello stesso fa riferimento alla data di messa in esercizio degli impianti, anteriore o successiva al 31 maggio 2011 (e qui l’attivazione è avvenuta il 29 agosto 2011). Ha respinto l’istanza risarcitoria ex art. 2043 non ravvisando alcun danno ingiusto.
3. Avverso detta sentenza, le Società hanno presentato appello n.r.g. 6150 del 2015 davanti a questo Consiglio di Stato, riproponendo in chiave critica le medesime censure già avanzate in primo grado, articolate in due Parti (“1°” e “2°”). Nella Parte “1°”, articolata in cinque paragrafi contraddistinti dalle lettere da “A” ad “E”, viene riproposta la tesi della illegittima applicazione retroattiva della regola della contiguità, in violazione dei principi, anche comunitari, di tutela dell’affidamento e degli investimenti già effettuati. La successione dei Conti energia può giustificare il susseguirsi dei regimi tariffari, ma non imporre le regole tecniche ad impianti già realizzati. Ciò troverebbe conferma nel quattordicesimo e nel venticinquesimo “Considerando” della Direttiva 2009/28/CE, cui ha dato attuazione il d.lgs. 3 marzo 2011, n. 28, di disciplina primaria della materia, volti proprio a valorizzare l’esigenza di dare certezza agli investitori, mantenendone la fiducia nel corretto funzionamento dei regimi di sostegno nazionali. Troverebbe conferma altresì nella comunicazione della Commissione europea del 31 gennaio 2011 al Parlamento europeo e al Consiglio in materia di energie rinnovabili, che poco prima dell’adozione del d.lgs. n. 28 del 2011, ha invitato gli Stati membri ad evitare modifiche retroattive, evidenziando come le stesse, ove improvvise, « sono dannose e pregiudicano le strategie di investimento nelle energie rinnovabili ed è opportuno evitarle perché compromettono la fiducia degli investitori […]». Da qui la riformulazione di due petita tra di loro alternativi: o va annullato il provvedimento impugnato, in quanto ha violato il d.m. 5 maggio 2011, correttamente interpretato nella sua disciplina transitoria;ovvero va annullato in parte qua quest’ultimo, non potendo una regola tecnica quale quella sulla contiguità degli impianti retroagire trovando applicazione a quelli di essi che sono già in avanzato stato di realizzazione. Nella Parte “2°” ha reiterato la domanda risarcitoria. In primo luogo ha chiarito di avere ancora interesse all’accertamento del diritto alla tariffa incentivante nella misura ritenuta congrua, in quanto l’accettazione di quella “offerta” dal G.S.E. è avvenuta solo con riserva. Indi ha chiesto, per addivenire al medesimo risultato, o il risarcimento in forma specifica (lettera “B), quantificando le differenze tra il percepito con l’applicazione della tariffa attuata dal Gestore e quello che le sarebbe spettato;ovvero (lettera “C” ) quello per equivalente, ovviamente corrispondente per importi, laddove controparte opponga alla reintegrazione in forma specifica l’avvenuto esaurimento delle disponibilità finanziarie stanziate allo scopo.
4. Si è costituito in giudizio il G.S.E. per resistere all’appello e chiederne il rigetto.
4.1. Dopo avere ricordato che non è in contestazione tra le parti la “contiguità” in fatto tra l’impianto “Cascinotto” e l’impianto “Campagna”, né l’avvenuta messa in esercizio di entrambi il 29 agosto 2011, ha ribadito la correttezza della disciplina transitoria del quarto Conto energia, che si applica a tutti gli impianti messi in servizio dopo il 31 maggio 2011. E ciò sia perché è legittima l’applicazione della regola juris sopraggiunta nelle more del procedimento alle fasi non ancora concluse al momento della sua entrata in vigore (v. Cons. Stato, sez. VI, 15 aprile 2010, n. 2136);sia in quanto l’art. 25, comma 9, del d.lgs. 9 marzo 2011, n. 28, sulla base del quale è stato adottato il d.m. 5 maggio 2011, già prevedeva espressamente che le regole del precedente terzo Conto energia (d.m. 6 agosto 2010) trovassero applicazione alla produzione di energia elettrica da impianti solari fotovoltaici entrati in esercizio sino al 31 maggio 2011. D’altro canto, le disposizioni antifrazionamento contenute nel d.m. 5 maggio 2011 contribuiscono in maniera sostanziale alla realizzazione dell’obiettivo delineato dal d.lgs. n. 28/2011, di adeguamento dell’incentivazione statale alla ridotta incidenza dei costi di costruzione degli impianti e di equa remunerazione degli investimenti e dei costi di esercizio anche in relazione alla differente redditività tra piccoli impianti e grandi impianti. Esse, dunque, non introducono nuovi limiti, siccome gli stessi già erano immanenti al sistema, ma specificano i presupposti in base ai quali l’impianto stesso deve essere considerato unico.
4.2. Ha infine rilevato come non potendo le ricorrenti ottenere un risarcimento in forma specifica, essendo state allocate tutte le risorse disponibili del quarto Conto energia, risulta inammissibile, non solo petitum il risarcitorio, ma anche la domanda stessa di annullamento per evidente carenza di interesse. Non sarebbe infine stato assolto il prescritto onere probatorio, sia con riferimento all’ an che al quantum del danno asseritamente subito.
5. Il Ministero dello sviluppo economico e quello dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare si sono costituiti con atto di stile.
6. In vista dell’odierna udienza, il G.S.E. e le Società appellanti hanno versato in atti memoria (le Società appellanti e il G.S.E.) e memoria di replica (il G.S.E.) per ribadire le proprie contrapposte prospettazioni.
7. Alla pubblica udienza dell’8 marzo 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
8. La questione di diritto sulla quale il Collegio è chiamato ad esprimersi attiene essenzialmente all’esatta portata della regola sulla contiguità tra impianti che ne impone la considerazione come impianto unico, contenuta nell’art. 12, comma 5, del cd. quarto Conto energia, ovvero il d.m. 5 maggio 2011.
9. Va preliminarmente ricordato come con la dizione “Conti energia” si intendono i molteplici decreti attuativi con i quali è stata declinata in concreto la materia dell’accesso alle tariffe incentivanti per le fonti di energia alternativa. In Italia dal 2005 al 2013, si contano diversi programmi di incentivazione in Conto energia, ciascuno in superamento, adeguamento o ridefinizione del precedente. Essi sono stati adottati dapprima sulla base dell’art. 7 del d. lgs. 29 dicembre 2003, n.387, attuativo sul punto della direttiva europea in materia 2001/77/CE;indi dell’art. 25 del d.lgs. 3 marzo 2011, n.28, a sua volta attuativo della direttiva europea 2009/28/CE, che ha abrogato la precedente.
10. La scelta contenuta (anche) nel d.m. del 2011 di ancorare la separazione tra il regime giuridico dettato dallo stesso rispetto al precedente alla data di messa in esercizio dell’impianto è comune agli altri provvedimenti intervenuti in materia. A ben guardare, anzi, tale scelta di diritto transitorio nel caso di specie trova fondamento, come evidenziato dalla difesa erariale, nelle indicazioni dello stesso legislatore primario, stante che l’art. 25, comma 9, del d.lgs. n. 28 del 2011 fissa il confine negativo alla applicazione del terzo Conto energia nell’avvenuta attivazione dell’impianto entro il 31 maggio 2011. Era già pertanto chiaro che le nuove regole, poi subentrate con il quarto Conto energia, avrebbero trovato applicazione a tutti gli impianti non costruiti, ma attivati dopo il 31 maggio 2011.
10.1. Essa d’altro canto si palesa opportuna, prima ancora che legittima. Come correttamente evidenziato dal primo giudice « i procedimenti preordinati al rilascio dei titoli autorizzativi e i procedimenti volti al riconoscimento degli incentivi sono tra loro completamente distinti ». L’affermazione, lungi dall’avere un rilievo solo formale, sottende la circostanza che nessuna aspettativa al buon esito dei secondi può essere tratta dall’andamento dei primi, sicché qualunque investimento, in termini di tempo e di danaro, nella realizzazione “fisica” dell’impianto non si riverbera sul diritto al beneficio tariffario, che sorge solo al momento della sua richiesta (nel caso di specie, presentata il 7 settembre 2012).
10.1. Di ciò sono d’altro canto consapevoli le stesse Società appellanti, laddove cercano di operare un distinguo tra le varie disposizioni contenute nei decreti Conto energia, separando il regime tariffario, per il quale la asserita retroattività, seppure non condivisa, troverebbe una qualche giustificazione, dalle regole “tecniche”, che al contrario non possono andare ad incidere su progettualità in avanzato stato di realizzazione. Dimenticando in tal modo che il d.m. 5 maggio 2011, al pari degli altri di analogo contenuto, trova la sua legittimazione nella cornice declinata dalla norma primaria cui va a dare attuazione, sicché salvo a voler ipotizzare –il che non è accaduto nel caso di specie- un eccesso di delega rispetto alla stessa, tutte le regole in esso contenute sono pariordinate e egualmente destinate ad incidere sul procedimento di richiesta degli incentivi tariffari.
10.2. Soltanto la ammissione al beneficio, dunque, fonda il diritto allo stesso, mentre in precedenza l’operatore è titolare di mere aspettative di fatto da ricondurre nell’alveo del rischio e calcolo imprenditoriale degli operatori del settore.
11. Il Consiglio di Stato, peraltro, ha già avuto modo di valutare la legittimità delle disposizioni che, con riferimento agli incentivi tariffari, individuano il discrimen tra due normative nella data di entrata in esercizio dell’impianto, sulla base della medesima richiamata distinzione tra la fase di predisposizione dello stesso e la sua messa in opera, « non potendosi ritenere che si determini il fatto costitutivo di un obbligo contrattuale al momento dell’autorizzazione alla realizzazione dell’impianto » (Cons. Stato, sez. VI, 3 marzo 2015, n. 1043). E’ infatti nozione comune, a fortiori per gli operatori del settore, che il sistema delle fonti rinnovabili, incentivato anche per volontà comunitaria, costituisce un mercato soggetto a mutevolezze tecnologiche e di costi anche consistenti in brevi periodi di tempo. In tema di incentivi alle stesse, pertanto, non è predicabile alcun affidamento degli operatori in merito alla persistenza del livello in passato riconosciuto, ove, come nella specie, l’impianto non sia entrato in esercizio prima dell’intervento della censurata normativa. La certezza di conoscere nel momento in cui si presenta la domanda la data cui fare riferimento per individuare il regime giuridico applicabile al proprio impianto, ricercandolo in quello vigente quando lo stesso viene attivato, compensa ampiamente la ontologica mutevolezza dello stesso, correlata alla necessità di un uso razionale delle risorse pubbliche, avuto riguardo alla rapidità di evoluzione tecnologica del settore.
11.1. Per superare le analoghe censure di diritto comunitario sollevate nel relativo procedimento, la Sez. VI di questo Consiglio di Stato, nella decisione sopra richiamata (n. 1043/2015) ha altresì precisato come il meccanismo di continue sovrapposizioni tra decreti Conto energia non contrasti affatto con la necessità di incoraggiare il mercato degli investitori fornendo loro regole certe. Si è dunque affermato, facendo riferimento alla Comunicazione del 6 giugno 2011, successiva all’entrata in vigore del d.lgs. n. 28 del 2011, che « in definitiva, la Commissione è risultata ben consapevole, in quella sede, dei ripensamenti negli ordinamenti nazionali come quello italiano che hanno dato vita ad una regolazione orientata alla proporzionalità e gradualità degli incentivi nel settore, giustificandone l’intervento nella acclarata repentina diminuzione dei costi dei materiali e delle tecnologie nel settore ». E ancora, in relazione alla lamentata lesione dei principi di certezza del diritto e dell’affidamento, si è richiamata la sentenza 10 settembre 2009 (Causa C-201/08, Plantanol (punti 49 e ss.) della Corte di Giustizia sul regime di esenzione fiscale per biocarburante, che « ha stabilito come non esista una certezza del diritto riguardante l’assenza di modifiche legislative e normative, dovendosi ritenere che sia nella potestà normativa la esigenza di adattamenti per l’applicazione di nuove norme giuridiche, che debbono soddisfare gli interessi pubblici di quel momento;la possibilità per un operatore economico nel quale una autorità nazionale abbia fatto sorgere fondate aspettative non può determinare il legittimo affidamento qualora un “operatore economico prudente ed accorto” sia in grado di prevedere l’adozione di un provvedimento idoneo a ledere i suoi interessi (qualora venga adottato);(punto 53) gli operatori economici non possono fare legittimo affidamento sulla conservazione di una situazione esistente che si sa che può essere modificata nell’ambito del potere discrezionale delle autorità nazionali;se è tutelabile l’affidamento in caso di intervento normativo improvviso e inopinato, tanto non può sostenersi in caso di operatore prudente ed accorto in un sistema di instabilità ben nota del settore, come certamente nella specie ». La Corte ha cioè individuato alcune circostanze sulla base delle quali rinvenire in concreto e globalmente la sussistenza di ragioni di affidamento o meno, quali la conoscenza delle precedenti normative e la loro instabilità, la entrata in vigore della nuova in termini ristretti, le circostanze che hanno preceduto la modifica, la percepibile precarietà del regime di favore, esenzione o incentivo che sia, la enunciazione in atti governativi ufficiali e nella interlocuzione con gli interessati o categorie, di rivedere i vantaggi. Tutte situazioni che ne escludono la sussistenza nelle fattispecie quali quelle di cui è causa.
12. D’altro canto, neppure è dato comprendere come le regole contenute nel d.m. 5 maggio 2011 abbiano potuto impattare sugli investimenti pregressi delle Società, stante che al più avrebbe dovuto dolersene la Società Cascinotto.PV s.r.l., titolare del procedimento urbanistico-edilizio ed ambientale, ceduto solo nell’aprile 2011.
13. Ma vi è di più. Come affermato più volte dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, anche della Sezione, dai cui principi non è ragione di discostarsi, il divieto di artato frazionamento degli impianti, costituisce una declinazione, nello specifico settore dei meccanismi di incentivazione per la produzione di energia da fonti rinnovabili, del generale divieto di abuso del diritto, quale principio generale dell’ordinamento giuridico (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. II, 12 aprile 2022, nn. 2743, 2744, 2745, 2746 e 2747). Ed è evidente che la valutazione unitaria di più impianti “contigui” ne costituisce a sua volta una specificazione.
13.1. Esso dunque non è stato istituito con il d.m. 5 maggio 2011, stante che l’art. 12, comma 5, si è limitato a chiarire sul piano positivo gli elementi che connotano la fattispecie elusiva (più impianti riconducibili ad un’unica iniziativa imprenditoriale), con l’indicazione di taluni indizi, di carattere non tassativo, da cui desumere l’artato frazionamento dell’impianto, precisandone le relative ricadute dal punto di vista della riduzione della tariffa incentivante. Sul piano delle conseguenze che derivano dall’accertamento in concreto, il decreto si limita cioè a positivizzare un principio immanente nel sistema e consistente nel disconoscimento di qualunque effetto giuridico a fattispecie che, pur rispettose sul piano formale della regola, ne frustrano nella sostanza la ratio. «Il divieto dell’abuso degli istituti giuridici – cui è funzionale la nozione di “artato frazionamento” – è un valore ordinamentale diffuso e di portata generale, che non richiede specifiche e puntuali disposizioni settoriali, posto che consegue all’intrinseca necessità di rispettare la ratio dell’istituto volta per volta in considerazione» (Cons. Stato, sez IV, 25 gennaio 2021, nn. 739, 746, 747, 748, 749).
14. A ben guardare, peraltro, esso era già disciplinato, seppure non in maniera così chiara, anche negli altri Conti energia: si pensi al divieto di conseguire una serie di obiettivi contra legem quali (in disparte le questioni edilizie) l’ottenimento di incentivi per impianti « da realizzare nel medesimo sito anche tramite società controllate o collegate » (come per il c.d. primo Conto energia, in base alla delibera AEEG n. 188 del 2005, attuativa dell’art. 9 del d.m. di riferimento del 28 luglio 2005), ovvero tariffe incentivanti più remunerative, in violazione del criterio dell’inversa proporzionalità tra la potenza dell’impianto e il livello di incentivazione (ciò, per i Conti Energia dal secondo in poi), o ancora l’elusione di soglie di potenza per le quali, ai fini dell’ammissione agli incentivi, è prevista l’iscrizione al registro ovvero la partecipazione a procedure d’asta (in luogo del meccanismo di accesso diretto). In sintesi, il divieto in questione discende direttamente dal principio di “equa remunerazione degli incentivi”, coincidente con quello di equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio, vieppiù alla stregua degli inerenti orientamenti sovranazionali (con richiamo alla comunicazione della Commissione europea n. 2014/C 200/01, secondo cui la compatibilità degli incentivi in esame con la disciplina degli aiuti di Stato richiede caratteristiche quali la necessarietà e la proporzionalità degli incentivi stessi (cfr. T.A.R. per il Lazio, Roma, sez. III-ter, 3 settembre 2019, n. 10694, cui si sono riportate numerose decisioni di primo grado, per lo più inappellate ). Anche per tale via non ne è pertanto neppure ipotizzabile un’applicazione retroattiva del regime giuridico in questione.
15. D’altro canto e in generale, non può mai affermarsi che una normativa -nel caso di specie, il quarto Conto energia - che abroghi, anche parzialmente, ovvero modifichi o integri una precedente normativa incentivante abbia portata retroattiva laddove interviene su incentivi di impianti che ancora non sono stati ammessi al beneficio. L’elusione delle regole di settore al fine di conseguire vantaggi non spettanti, infatti, non può assurgere a fattispecie costitutiva del diritto all’incentivazione (o del diritto a un’incentivazione superiore a quella spettante), in quanto pregiudica gli altri operatori economici che quelle regole hanno rispettato, vanifica l’imposizione, ad opera dei vari “conti energia”, di specifici requisiti di potenza per l’ammissione al beneficio e frustra, in ultima analisi, la stessa finalità perseguita attraverso la distribuzione delle risorse scarse in questione.
16. La riaffermata legittimità del provvedimento impugnato laddove riconosce la tariffa incentivante nell’importo riveniente dall’applicazione della regola di contiguità degli impianti “Cascinotto” e “Campagna” consente di respingere tutte le pretese risarcitorie, comunque formulate e a prescindere da un più approfondito scrutinio della sussistenza dei singoli elementi costitutivi delle stesse, in quanto comunque ne presuppongono la caducazione.
Consente altresì di assorbire le eccezioni di inammissibilità delle stesse e dell’istanza demolitoria per avvenuto esaurimento delle risorse disponibili.
17. In conclusione, il Collegio respinge l’appello e per l’effetto, confermando la sentenza del T.A.R. per il Lazio, sez. Terza ter, n. 13214 del 2014, respinge il ricorso di primo grado n.r.g. 9025 del 2012.
17.1. Sussistono giuste ragioni per compensare tra le parti le spese del grado di giudizio.