Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-02-05, n. 201800705

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-02-05, n. 201800705
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201800705
Data del deposito : 5 febbraio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/02/2018

N. 00705/2018REG.PROV.COLL.

N. 04965/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4965 del 2013, proposto dalla signora C L, rappresentata e difesa dall'avvocato R B, con domicilio eletto presso lo studio Marco Gardin in Roma, via Laura Mantegazza, 24;

contro

Ministero della giustizia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

M L non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per il Lazio – Roma - Sezione I, n. 3702 dell’11 aprile 2013, resa tra le parti, concernente giudizio di non idoneita' a sostenere la prove orali del concorso a n. 200 posti di notaio.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della giustizia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 gennaio 2018 il Cons. Alessandro Verrico e uditi per le parti gli avvocati Barsi e Fiorentino (Avv.to dello Stato);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La signora C L - con riferimento all’esame a 200 posti di notaio indetto con decreto dirigenziale del Ministero della giustizia del 28 dicembre 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 3 del 12 gennaio 2010, Quarta Serie Speciale - chiedeva l'annullamento, previa concessione di tutela cautelare:

a) del giudizio di "non idoneità" a sostenere le prove orali emesso in data 12 gennaio 2012 dalla Commissione esaminatrice in seguito alla correzione delle prove scritte del predetto concorso;

b) del relativo verbale di correzione della Commissione esaminatrice n. 281 del 12 gennaio 2012, ove gli elaborati della ricorrente sono stati contrassegnati con il numero 1238;

c) della graduatoria finale degli ammessi alle prove orali affissa all'albo del Ministero della giustizia il giorno 8 giugno 2012, nella parte in cui non ha contemplato la ricorrente;

d) del verbale n. 7 del 14 marzo 2011 col quale la Commissione esaminatrice ha individuato i criteri per la correzione delle prove scritte del medesimo concorso notarile

e) del bando di concorso indetto con decreto dirigenziale del Ministero della giustizia del 28 dicembre 2009.

2. L’impugnata sentenza – T.a.r. per il Lazio, Roma, n. 3702 del 2013 – ha dichiarato infondato il ricorso compensando per intero tra le parti le spese di lite.

In particolare, il Giudice di primo grado:

a) ha ritenuto che la valutazione operata dalla Commissione non fosse inficiata dai vizi sollevati dalla ricorrente, censure che, a ben vedere, sono state qualificate come un’inammissibile tentativo di sindacare nel merito gli effetti dei giudizi resi dall'organo concorsuale;

b) ha constatato che il giudizio espresso dalla Commissione è stato correttamente formulato in relazione alla riscontrata insufficienza degli elaborati, mediante una valutazione né illogica né irragionevole ma, al contrario, supportata da una adeguata motivazione pienamente idonea ad evidenziare le carenze e le lacune nello svolgimento di tutte e tre gli elaborati concorsuali.

3. Con ricorso in appello la d.ssa L ha impugnato la sentenza di primo grado, chiedendone l’annullamento in ragione dei seguenti motivi (sviluppati da pagina 4 a pagina 18):

a) il palese contrasto della valutazione operata dalla Commissione esaminatrice con i criteri di correzione preventivamente fissati, in forza dei quali la candidata ricorrente sarebbe dovuta essere ammessa a sostenere la prova orale;

b) il vizio di motivazione del giudizio di "non idoneità", motivazione che in alcuni punti è stata superficiale e generica, in altri addirittura carente, in altri assolutamente oggettivamente errata e contraddittoria, in violazione, dunque, dell'art. 3 della legge n. 241/1990 e dell'art. 11 del d.lgs. 24 aprile 2006, n. 166, nella parte in cui quest'ultimo ha prescritto che il giudizio di non idoneità deve essere adeguatamente motivato con riferimento ad ogni singolo elaborato;

c) contraddittorietà tra gli errori per come prefissati dal verbale e dalla legge e i rilevi che la Commissione ha mosso agli elaborati;
travisamento dei fatti stante la mancata rispondenza del dato letterale dell'elaborato con quanto evidenziato dalla Commissione;

d) difetto di motivazione in cui è incorsa la Commissione esaminatrice rilevando che l'unica censura (non giuridica e, pertanto, inammissibile) da quest'ultima mossa agli elaborati della ricorrente è stata quella della casualità ed inconsapevolezza delle soluzioni, pur esattamente prospettate;

e) erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui, con riguardo al vizio dell'eccesso di potere nella configurazione dell'ingiustizia manifesta e della evidente disparità di trattamento, osserva "la carenza di interesse della ricorrente in ordine alla contestazione di valutazioni egualmente negative".

f) omessa motivazione della sentenza censurata in ordine alle principali censure al provvedimento di esclusione.

3.1. Si è costituito in giudizio il Ministero della giustizia per resistere al gravame.

3.2. L’appellante ha depositato memoria difensiva in data 21 dicembre 2017.

4. All’udienza del 25 gennaio 2018 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.

5. L’appello è infondato e deve essere respinto.

6. Preliminarmente il Collegio rileva che:

a) il thema decidendum del giudizio, anche in appello, è circoscritto necessariamente dalle censure articolate ritualmente in primo grado non potendosi dare ingresso alle doglianze nuove introdotte con il ricorso in appello (in violazione del divieto sancito dall’art. 104 c.p.a.), o peggio nella memoria conclusionale (in violazione della natura meramente illustrativa della medesima);

b) pertanto, per ragioni di comodità espositiva, si prende in esame direttamente in questa sede l’originario ricorso di primo grado (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. V, n. 5869 del 2015;
n. 673 del 2015;
n. 5253 del 2014).

7. In primo grado è stato proposto un unico complesso motivo di censura in cui è stata dedotta: violazione dell'art. 11 del d.lgs. n. 166/2006;
violazione e falsa applicazione dell'art. 3 l. n. 241/1990;
violazione degli artt. 3 e 24, 97 e 113 Cost.;
eccesso di potere per difetto di motivazione;
disparità di trattamento posta in essere dall'organo di valutazione.

7.1. In primo luogo, la ricorrente ha evidenziato che nella fattispecie in esame la Commissione, dopo la lettura del primo elaborato, passava ad esaminare la seconda e poi la terza prova, ritenendo, pertanto, ad avviso della candidata, che i primi due compiti non presentassero insufficienze tali da imporre l'interruzione del processo valutativo e non rilevando alcuna carenza in ordine alla terza prova per la quale la Commissione, a suo avviso, non avrebbe espresso alcun giudizio negativo mancando, addirittura, di dare di essa una semplice valutazione.

7.2. La ricorrente inoltre, con specifico riferimento alla terza prova (ove la Commissione esprime il suo definitivo giudizio complessivo: "ravvisa l'insufficienza delle prove in quanto la trattazione degli istituti richiesti è svolta sempre in maniera superficiale ed incompleta fino al punto di far ritenere che la stessa redazione dell'atto e le soluzioni adottate siano sempre casuali ed inconsapevoli "), censura l'eccesso di potere nella configurazione delle figure sintomatiche del travisamento dei fatti, della manifesta illogicità ed irragionevolezza, così come il difetto della motivazione, nonché la contraddittorietà con i criteri generali di correzione. Inoltre ritiene la valutazione della Commissione viziata anche da assoluta arbitrarietà in relazione al giudizio di superficialità espresso.

7.3. Nel complesso, l'operato della Commissione viene ritenuto ancora più censurabile laddove si raffronti la motivazione espressa sugli elaborati della ricorrente con altri (nn. 1235, 1236 e 1).

7.4. In definitiva la ricorrente censura il giudizio della Commissione valutatrice, sottolineando l’esistenza di macroscopici vizi di eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di motivazione, illogicità e contraddittorietà manifesta, irrazionalità, arbitrarietà e disparità di trattamento.

7.5. Tali critiche si risolvono, ad avviso del Collegio, in una richiesta volta ad ottenere un controllo della corrispondenza, in punto di fatto, tra i rilievi della commissione e gli elaborati della ricorrente e, più in generale, sulla logicità di quei rilievi, sulla loro rispondenza a parametri valutativi generali, sulla sufficienza della motivazione complessiva da essi desumibile e posta a fondamento del giudizio di inidoneità.

8. Il ricorso di primo grado risulta infondato, sia in fatto che in diritto.

9. Per una più agevole comprensione della vicenda in trattazione, occorre evidenziare i seguenti elementi di fatto.

9.1. Nella seduta preliminare del 14 marzo 2011, la Commissione esaminatrice del concorso, nell’attività di predeterminazione dei criteri di valutazione degli elaborati ai sensi dell'art. 10, comma 2, del d.lgs. n. 166 del 2006, individuava, quali circostanze oggetto di sua valutazione prioritaria, i seguenti aspetti:

“a) la rispondenza dell'elaborato al contenuto della traccia;

b) l'aderenza delle soluzioni adottate alle norme ed ai principi dell'ordinamento giuridico;

c) la corrispondenza delle soluzioni all'interesse delle parti, quale manifestato al notaio dai contraenti e disponenti;

d) l'adeguatezza delle tecniche redazionali, anche nella prospettiva della chiarezza espositiva dell'atto”.

9.2. Peraltro, in deroga all'obbligo di procedere alla valutazione complessiva del candidato in esito alla lettura dei tre elaborati, previsto dal comma 2 dell'art. 11 del d.lgs. n. 166 del 2006, la Commissione, secondo quanto previsto dal comma 7 del medesimo articolo, individuava quali elementi negativi, ostativi al proseguimento dell'esame degli elaborati, le seguenti circostanze:

“1) errata interpretazione, ovvero comunque travisamento della traccia, tali da far pervenire il candidato alla formulazione di un atto che non realizza le finalità pratiche indicate dalle parti;

2) contraddittorietà tra le soluzioni adottate, ovvero tra esse o una di esse, e le relative ragioni giustificative;
mancanza di adeguata giustificazione delle soluzioni adottate;

3) omessa trattazione di argomenti richiesti in parte teorica ovvero gravi carenze emergenti nella trattazione degli stessi;

4) gravi, non occasionali, errori di grammatica o di sintassi".

9.3. Appare utile riportare integralmente il contenuto del giudizio di inidoneità reso dalla Commissione nei confronti dell’appellante, che si sostanzia delle seguenti argomentazioni:

"Atto mortis causa: la Commissione all'unanimità delibera di procedere alla lettura del successivo elaborato pur rilevando che la parte teorica e la motivazione dell'elaborato sono superficialmente trattate.

Atto di diritto commerciale: la Commissione all'unanimità delibera di procedere alla lettura del successivo elaborato pur rilevando che il candidato mostra incertezze quanto al regime delle autorizzazioni occorrenti per i partecipanti all'atto. Infatti il candidato ipotizza che l'erede che abbia accettato puramente e semplicemente l'eredità possa profittare del beneficio d'inventario ai sensi dell'art. 510 c.c. ed all'uopo per l'operazione di trasformazione deve ottenere l'autorizzazione di cui all'art. 747 c.c.

Atto di diritto civile: la Commissione all'unanimità, complessivamente valutando, ravvisa l'insufficienza delle prove in quanto la trattazione degli istituti richiesti è svolta sempre in maniera superficiale ed incompleta fino al punto di far ritenere che la stessa redazione dell'atto e le soluzioni adottate siano sempre casuali ed inconsapevoli;
pertanto dichiara il candidato: non idoneo
".

10. In diritto, il Collegio osserva che:

a) l'attività di predeterminazione dei criteri di valutazione è espressione dell'ampia discrezionalità amministrativa di cui sono fornite le commissioni esaminatrici per lo svolgimento della propria funzione, con la conseguenza che le relative scelte non sono assoggettabili al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non siano ictu oculi inficiate da irragionevolezza, irrazionalità, arbitrarietà o travisamento dei fatti ( ex pluribus , Cons. Stato, sez. IV, 27 novembre 2008, n. 5862;
8 giugno 2007, n. 3012;
11 aprile 2007, n. 1643;
22 marzo 2007, n. 1390;
17 settembre 2004, n. 6155;
17 maggio 2004, n. 2881;
10 dicembre 2003, n. 8105;
2 marzo 2001, n. 1157);

b) secondo un costante orientamento della giurisprudenza, in materia di concorsi notarili (cfr. b19ef-4858-5da1-a3fe-ef859f197ed1" href="/decisions/itcsj0zw6mh7xazjhy">Cons. Stato, sez. IV, 30 agosto 2017, n. 4107;
5 gennaio 2017, n. 11;
n. 2110 del 2016):

b1) le valutazioni espresse dalle Commissioni giudicatrici in merito alle prove di concorso, seppure qualificabili quali analisi di fatti (correzione dell'elaborato del candidato con attribuzione di punteggio o giudizio) e non come ponderazione di interessi, costituiscono pur sempre l'espressione di ampia discrezionalità, finalizzata a stabilire in concreto l'idoneità tecnica e/o culturale, ovvero attitudinale, dei candidati, con la conseguenza che le stesse valutazioni non sono sindacabili dal giudice amministrativo, se non nei casi in cui sussistono elementi idonei ad evidenziarne uno sviamento logico od un errore di fatto, o ancora una contraddittorietà ictu oculi rilevabil;

b2) conseguentemente il giudicante non può ingerirsi negli ambiti riservati alla discrezionalità tecnica dell'organo valutatore (e quindi sostituire il proprio giudizio a quello della Commissione), se non nei casi in cui il giudizio si appalesi viziato sotto il profilo della abnormità logica, vizio la cui sostanza non può essere confusa con l'adeguatezza della motivazione, ben potendo questa essere adeguata e sufficiente e tuttavia al tempo stesso illogica;
stante, invero, il diverso rilievo ed ambito concettuale, che assumono i due vizi, l'uno non può essere arbitrariamente dedotto dall'altro (soprattutto, un giudizio critico negativo reso dalla Commissione esaminatrice mediante punteggio numerico non risulta affetto né da profili di insufficienza, né da profili di irrazionalità solo perché il giudice, senza rilevare alcuna concreta eclatante discrasia tra la votazione negativa attribuita e il contenuto degli elaborati, decida di sostituire (indebitamente) la propria competenza a quella specifica riconosciuta dall'ordinamento alla Commissione, invadendo gli ambiti di discrezionalità tecnica alla stessa riservati);

c) con riferimento specifico al concorso notarile è stato chiarito che " …. le commissioni esaminatrici, chiamate a fissare i parametri di valutazione e poi a giudicare su prove di esame o di concorso, esercitano non una ponderazione di interessi, ma un'amplissima discrezionalità tecnica, sulla quale il sindacato di legittimità del giudice amministrativo è limitato al riscontro del vizio di illegittimità per violazione delle regole procedurali e di quello di eccesso di potere in particolari ipotesi-limite, riscontrabili dall'esterno e con immediatezza dalla sola lettura degli atti (errore sui presupposti, travisamento dei fatti, manifesta illogicità o irragionevolezza);
costituiscono, pertanto, espressione di ampia discrezionalità, finalizzata a stabilire in concreto l'idoneità tecnica, culturale ovvero attitudinale dei candidati, tanto il momento (a monte) dell'individuazione dei criteri di massima per la valutazione delle prove, quanto quello (a valle) delle valutazioni espresse dalla commissione giudicatrice;
da ciò discende che sia i criteri di giudizio, sia le valutazioni non sono sindacabili dal giudice amministrativo se non nei limitati casi in cui l'esercizio del potere discrezionale trasmodi in uno o più dei vizi sintomatici dell'eccesso di potere (irragionevolezza, irrazionalità, arbitrarietà o travisamento dei fatti), i quali - tipicamente - rappresentano vizi della funzione ( rectius, della disfunzione) amministrativa, per essere stato, il potere, scorrettamente esercitato o finalizzato al raggiungimento di finalità estranee a quella della scelta dei soggetti più idonei a ricoprire la funzione".

11. Facendo applicazione dei su esposti principi al caso di specie, il Collegio, esprimendosi in relazione al giudizio reso dalla Commissione sulle tre prove scritte della candidata, non ravvisa gli estremi dell’eccesso di potere per manifesta illogicità ovvero profili di erroneità o irragionevolezza riscontrabili ab externo e ictu oculi dalla sola lettura degli atti, senza cioè fuoriuscire dai limiti del sindacato di legittimità del giudice amministrativo.

11.1. Le critiche della ricorrente, invero, sono tutte dirette ad ottenere una riedizione delle valutazioni espresse dall’Amministrazione, con ciò, tuttavia, finendo per richiedere l’esercizio di un inammissibile sindacato giurisdizionale che, travalicando il giudizio di legittimità, si ingerirebbe nella discrezionalità amministrativa della commissione di concorso.

11.2. Al contrario, i giudizi espressi dall’organo concorsuale in relazione alle tre prove scritte redatte dalla ricorrente appaiono dotati di riferimenti sufficienti e, nel complesso, di un’idonea motivazione, che dà dimostrazione del ragionamento logico-giuridico tenuto dalla commissione valutatrice. In tal senso, anche il giudizio reso sull’ultimo elaborato, sebbene riferibile complessivamente alle prove della candidata, reca implicitamente la valutazione specifica, del medesimo tenore negativo, riferibile all’atto di diritto civile.

11.3. Risulta smentita, pertanto, l’affermazione della ricorrente per cui la superficialità riscontrata dalla Commissione negli elaborati non sarebbe di per sé idonea a fondare un giudizio di insufficienza di tutte e tre le prove scritte.

12. In ragione di quanto considerato, l’appello deve essere respinto.

13. Le spese del presente giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate in dispositivo secondo i parametri di cui al regolamento n. 55 del 2014.

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