Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-06-01, n. 201803314

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-06-01, n. 201803314
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201803314
Data del deposito : 1 giugno 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/06/2018

N. 03314/2018REG.PROV.COLL.

N. 03385/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3385 del 2017, proposto dalla Società Liguria Immobiliare, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati G M, R R, con domicilio eletto presso lo studio G M in Roma, viale Maresciallo Pilsudski, 118;

contro

Comune di Genova, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati M P P, G P, con domicilio eletto presso lo studio G P in Roma, viale Giulio Cesare 14;

nei confronti

Regione Liguria, Citta' Metropolitana di Genova, A.G.C.M., Soc. Coop Liguria, Soc. G.S.V. Group, società Esaote s.p.a. non costituiti in giudizio;
Talea Soc. di Gestione Immobiliare s.p.a., Coop Liguria S.C.C., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dagli avvocati Alessandro Ghibellini, Luigi Piscitelli, Stefano Ghibellini, Silvia Villani, con domicilio eletto presso lo studio Silvia Villani in Roma, via Asiago 8;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria n. 1089/2016.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del comune di Genova e della società Coop Liguria S.C.C.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 maggio 2018 il consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti gli avvocati G M, R R, G P, Alessandro Ghibellini e Luigi Piscitelli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe appellata, n. 1089 dell’8 novembre 2016, il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria– sede di Genova – ha scrutinato il ricorso –corredato da motivi aggiunti- proposto dalla società Liguria Immobiliare s.r.l. volto ad ottenere:

a) (ricorso introduttivo del giudizio) l’annullamento del progetto definitivo del P.U.C. di Genova, adottato con deliberazione del Consiglio comunale n. 8 del 4/3/2015, ed in particolare:

- del documento di controdeduzioni alle osservazioni presentate dalla originaria ricorrente alla deliberazione di adozione del progetto preliminare del P.U.C., nella parte in cui aveva respinto parzialmente le osservazioni volte ad ottenere l’inserimento nell’ambito di conservazione AC-IU-1 della destinazione a grande struttura di vendita;

- della “Disciplina delle destinazioni d’uso” relative all’ambito AC-IU-1 laddove, mantenendo la previsione del progetto preliminare di P.U.C., non consentiva tra le funzioni ammesse quelle relative all’insediamento delle grandi strutture di vendita;

- dell’art. 17, comma 2, delle N.T.A. del P.U.C., che rinviava a tale disciplina;

- della deliberazione del consiglio regionale della Liguria n. 31 del 17/12/2012, pubblicata sul B.U.R. n. 52 del 27/12/2012, recante il regolamento di attuazione della l.r. 1/2007 ed in particolare del paragrafo 5 di essa;

- della deliberazione del consiglio comunale di Genova n. 30/2013, di ricognizione e presa d’atto degli effetti sul P.U.C. vigente e sul progetto preliminare di P.U.C. derivanti dall’entrata in vigore della deliberazione della Giunta regionale n. 31 del 17/12/2012;

b) (ricorso per motivi aggiunti) l’annullamento del P.U.C. di Genova definitivamente approvato, a seguito di conferenza di servizi decisoria del 4/11/2015, con determinazione dirigenziale n. 2015-118.0.0-18 del 27/11/2015, in vigore dal 3/12/2015, ed in particolare:

- del documento di controdeduzioni alle osservazioni presentate dalla originaria ricorrente il 15/6/2015;

- della “Disciplina delle destinazioni d’uso” relative all’ambito AC-IU-1 laddove, mantenendo la previsione del progetto definitivo di P.U.C., non prevedeva tra le funzioni ammesse quella relativa all’insediamento delle grandi strutture di vendita;

- delle deliberazioni del consiglio comunale di Genova n. .42/2015, di approvazione di tali controdeduzioni, e n. 57/2015, di approvazione del P.U.C..

2. La società originaria ricorrente aveva proposto articolate censure di violazione di legge ed eccesso di potere.

3. Il comune di Genova e la società controinteressata Coop si erano costituiti in giudizio, chiedendo la declaratoria di inammissibilità ovvero la reiezione del ricorso.

4. Il Ta.r. con la predetta sentenza n. 1089 ha innanzitutto fatto presente che:

a) la società originaria ricorrente era proprietaria dell’immobile “ex officine Fiat”, ubicato nel comune di Genova, in via Piave, ed aveva stipulato un accordo con la società Esselunga s.p.a., in forza del quale quest’ultima si era impegnata a prendere in locazione l’immobile suddetto, a condizione che la disciplina urbanistica vi consentisse l’insediamento di una grande struttura di vendita: era già stato rilasciato (e successivamente prorogato al 1° giugno 2017) il permesso di costruire per la realizzazione di un intervento di adeguamento tecnologico e funzionale dell’immobile in questione:

b) senonchè il progetto preliminare del nuovo P.U.C. di Genova, adottato con deliberazione consiliare n. 92 del 7 dicembre 2011, aveva incluso l’area “ex officine Fiat” nell’ambito di conservazione AC-IU-1, nel quale le destinazioni d’uso ammesse non contemplavano le grandi strutture di vendita: la precedente proprietaria dell’immobile (la società Liguria Gas s.r.l.) aveva presentato osservazioni allo scopo di consentire, attraverso la revisione della pertinente disciplina paesistica e l’eliminazione del limite massimo di superficie di vendita autorizzabile, l’inserimento di una grande struttura di vendita nell’area de qua, ma l’amministrazione aveva respinto tali osservazioni con il progetto definitivo di P.U.C., adottato con deliberazione consiliare n. 8 del 4 marzo 2015;

c) le controdeduzioni comunali avevano sostenuto la coerenza della contestata previsione pianificatoria con la disciplina del PTCP che collocava l’immobile in questione in ambito SU (“strutture urbane qualificate”) ove era esclusa l’insediabilità di grandi strutture di vendita.

d) con il progetto definitivo di P.U.C., adottato con deliberazione consiliare del 4 marzo 2015, era stata confermata la preclusione all’insediamento di grandi strutture di vendita nell’ambito in questione;

e) a questo punto, la società Liguria Immobiliare s.r.l., subentrata nella proprietà del bene, aveva proposto ricorso straordinario al Capo dello Stato, dolendosi del progetto adottato del nuovo P.U.C., e del regolamento regionale che non consentiva l’apertura di grandi strutture di vendita nelle aree classificate SU dal PTCP;

f) a seguito di opposizione del comune di Genova, il ricorso era stato trasposto in sede giurisdizionale: con motivi aggiunti la predetta società aveva impugnato in parte qua il P.U.C. definitivamente approvato con determinazione dirigenziale del 27 novembre 2015, in quanto esso aveva mantenuto la preclusione all’insediamento di grandi strutture di vendita nell’area in questione.

4.1. Il T.a.r., con la impugnata sentenza, ha in via preliminare:

a) partitamente esaminato –respingendole nel merito- le plurime eccezioni di inammissibilità, irricevibilità, improcedibilità e carenza di legittimazione passiva, a vario titolo articolate dalle parti originarie resistenti;

b) dichiarato la parziale l’improcedibilità del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti, con cui era stato domandato l’annullamento del regolamento regionale in materia di commercio al dettaglio, nella parte in cui stabiliva il divieto di apertura di grandi strutture di vendita negli ambiti classificati SU dal PTCP, e delle Norme generali di piano che contenevano un rinvio a tale disciplina, in quanto nelle more del giudizio era sopravvenuta una nuova regolamentazione regionale, approvata con deliberazione consiliare del 23 febbraio 2016, che aveva fatto venir meno il limite suddetto, per cui a disciplina paesistica non poneva più limiti diretti all’insediamento di una grande struttura di vendita nell’area di proprietà della società originaria ricorrente.

4.2. Il T.a.r. ha quindi esaminato la prima censura contenuta nel ricorso introduttivo, incentrata sulla asserita la violazione dei principi e delle disposizioni normative (art. 31 del d.l. n. 201/2011) che imponevano di rimuovere ogni ostacolo urbanistico all’insediamento delle attività commerciali non giustificato da esigenze di tutela dei “valori sensibili” indicati dal legislatore.

Di tale censura ha affermato la infondatezza, in quanto:

a) l’art. 31, comma 2, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214, e l’art. 1, comma 1, del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con modificazioni in legge 24 marzo 2012, n. 27, consentivano l’adozione di discipline restrittive dell’insediamento di attività commerciali, soltanto in presenza di motivi imperativi di interesse generale: ciò doveva riguardare anche l’attività di pianificazione urbanistica;

b) in tale prospettiva, assumeva un ruolo determinante lo scrutinio della motivazione delle scelte pianificatorie;

c) nel caso di specie, le ragioni sottese alla scelta in contestazione potevano essere desunte dalle articolate controdeduzioni (la “motivazione procedimentale”) con cui l’amministrazione aveva respinto, per due volte, le osservazioni del privato;

d) nel caso di specie, era infatti accaduto che:

I) con riferimento alle previsioni del progetto preliminare di P.U.C, la precedente proprietaria dell’immobile, con nota del 7 maggio 2012, aveva formulato (oltre ad una osservazione intesa alla revisione della disciplina paesistica di livello puntuale che non aveva più attualità, stante la sopravvenienza della deliberazione consiliare del 23 febbraio 2016), una osservazione tendente all’eliminazione del limite massimo di superficie di vendita netta autorizzabile (1.500 mq) e del divieto di apertura di nuove grandi strutture di vendita;

II) questa era stata disattesa in rapporto alla classificazione dell’area effettuata dal PTCP: ma essendo venuti meno i vincoli suddetti, tale “motivazione procedimentale” non aveva più rilievo nel giudizio di legittimità, sebbene alcuni rilievi di carattere sostanziale ivi contenuti (in ordine agli afflussi veicolari provocati dalle grandi strutture di vendita ed all’impatto che queste ultime producono sulla qualità urbana) potessero ritenersi insiti anche nel contenuto delle successive controdeduzioni;

III) dopo l’adozione del progetto definitivo di P.U.C., l’originaria ricorrente aveva presentato ulteriori osservazioni ai sensi dell’art. 40 della legge regionale Liguria n. 36/1997, proponendo che fosse consentito l’insediamento di una grande struttura di vendita nell’edificio di proprietà;

IV) esse, però erano state respinte, per un duplice ordine di ragioni:

1) per garantire “la qualità e la vivibilità” degli ambiti urbani a carattere prevalentemente residenziale, dovevano esserne escluse le attività commerciali dotate di maggiore impatto su un territorio già densamente edificato, sicché non vi potevano essere insediate le grandi strutture di vendita, fatta eccezione per le zone che risultassero già dotate o che erano destinate ad essere dotate di una dotazione infrastrutturale adeguata;

2) perché tali strutture non erano compatibili, in particolare, con gli ambiti AC-IU (“ambito di conservazione dell’impianto urbanistico”), in ragione dell’impatto che esse producevano sulla “trama infrastrutturale” e dell’ampia dotazione di parcheggi richiesta;

f) se la prima architrave della motivazione reiettiva era certamente illegittima, non tale appariva, invece, il secondo profilo ostativo: la avversata limitazione doveva ritenersi – infatti- adeguatamente giustificata, con riferimento ai soli ambiti AC-IU (aree urbane di pregio, intensamente edificate, nelle quali l’insediamento di attività particolarmente impattanti quali le grandi strutture di vendita, che necessitavano di un’ampia dotazione di parcheggi, si sarebbe tradotto in un pregiudizio della qualità e della “vivibilità” del contesto).

4.2. Il T.a.r. poi, nel prosieguo della sentenza, ha irrobustito la motivazione reiettiva, rilevando che:

a) non sussisteva la pretesa violazione dei principi affermati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 104 del 18 aprile 2014, in quanto la avversata prescrizione del Puc non presentava i caratteri di assolutezza che avevano indotto la Corte costituzionale a censurare la normativa regionale della Valle d’Aosta n. 5 del 2013, nella parte in cui quest’ultima aveva disposto che nei centri storici fossero vietati l’apertura e il trasferimento di sede delle grandi strutture di vendita

b) del pari, doveva essere respinto il secondo motivo di ricorso, con cui era stata denunciata la asserita violazione dei principi in tema di ricupero del patrimonio edilizio desumibili dall’art. 3 bis del d.P.R. n. 380/2001 e recepiti anche tra gli obiettivi del P.U.C. di Genova, in quanto tale tesi era necessariamente recessiva a fronte delle esigenze di tutela dei “valori sensibili” (nella specie, dell’ambiente urbano) che, potevano determinare legittime limitazioni all’insediamento di particolari tipologie di esercizi commerciali, ed in ogni caso il rilievo non era conferente alla fattispecie, poiché l’immobile suddetto non era stato dismesso ed, anzi vi erano attualmente ubicate due concessionarie automobilistiche.

5. La società Liguria Immobiliare s.r.l., originaria ricorrente rimasta integralmente soccombente ha proposto un articolato appello (depositato il 10.5.2017) avverso la suindicata sentenza, riproponendo le censure già prospettate nel ricorso di primo grado (attualizzandole rispetto alla motivazione dell’impugnata sentenza reiettiva), ed in particolare sostenendo che:

a) l’immobile del quale la società Liguria Immobiliare s.r.l. era proprietaria (“ex Officine Fiat” ubicato nel comune di Genova) aveva sempre avuto una destinazione produttivo-commerciale, essendo stato realizzato nel 1925 come “Garages Riuniti FIAT” su un’area di proprietà della casa automobilistica sino dal 1912-1914 ed ospitando ancora alcune concessionarie di case automobilistiche;

b) detto immobile, disponendo al suo interno di una superficie di parcheggi di almeno mq 7800, per la sua morfologia si prestava ad essere trasformato in una G.S.V. di mq 2600 semplicemente con la realizzazione di opere interne, sostanzialmente prive di rilievo edilizio;

c) la sentenza di primo grado aveva accertato l’avvenuta cessazione della materia del contendere con riferimento alla impugnazione del regolamento regionale n.31/2012, dal che discendeva l’inesistenza di motivi imperativi di interesse generale preclusivi dell’insediamento di una G.S.V. all’interno dell’immobile suddetto (ciò a cagione della sopravvenuta deliberazione regolamentare 23 febbraio 2016 n.6 della regione Liguria che aveva eliminato in termini generali il divieto di apertura di una G.S.V. nelle zone B classificate come S.U. -Struttura Urbana Qualificata);

d) la motivazione di rigetto delle osservazioni articolata dal comune di Genova era di natura generale ed apodittica: erroneamente il T.a.r. l’aveva riconosciuta tale soltanto in parte: essa avrebbe dovuto essere integralmente censurata;

e) era stato infatti disposto un divieto di insediamento “per intere zone“, che collideva con i principi espressi dalla Corte Costituzionale nella sentenza n.104 del 2014: v’era una perfetta analogia tra la norma della “legge provvedimento” regionale in quella sede censurata dalla Corte Costituzionale e quella originariamente contenuta nel par. 5 della D.C.R. 31/2012, tradottasi poi nel divieto specifico per le aree AC-IU-1 del P.U.C.;
infatti, per le aree S.U., il P.U.C. di Genova non prevedeva alcuna possibilità di deroga che consentisse l’insediamento di una G.S.V. per le aree ed i contenitori edilizi aventi una adeguata dotazione infrastrutturale ( come era il caso delle “ex officine Fiat”), il che equivaleva a dire che vigeva un divieto assoluto;

f) le aree definite S.U. dal P.T.C.P. erano di amplissima estensione (pari a circa 246,6 km quadrati) coprendo porzioni significative della città di Genova cosicchè, nell’ottica pro-concorrenziale dei d.l. 201/2011 e 1/2012, risultava in contrasto col principio di stretta proporzionalità della limitazione estendere un siffatto divieto ad intere zone urbanistiche di dimensioni così vaste;

g) per altro verso, anche il mero richiamo alla zonizzazione del P.T.C.P. da parte della D.C.R. 31/2012 era irrilevante e non idoneo a giustificare il divieto di apertura di G.S.V. contenuto nel P.U.C. impugnato in parte qua, anche perché ai fini della restrizione attinente alle aree aventi il regime S.U., non si poteva invocare la rilevanza in senso impeditivo di eventuali prescrizioni riferibili ai contenuti del PTC della regione, approvato con la deliberazione del Consiglio Regionale n° 95/1992 ovvero del PTCP approvato con DCP 1/2002, stante la loro anteriorità rispetto all’art. 31 del Dl. 201/2011 ed all’art.1 del Dl. 1/2012;

h) parimenti illegittimo era anche l’art. 17 n° 2 delle norme generali del P.U.C. in quanto

anche il rinvio ai limiti di zonizzazione di carattere commerciale inseriti nella normativa per i singoli ambiti e distretti del P.U.C. contrastava con la iniziativa di liberalizzazione e pro-concorrenziale recepita in Italia (artt. 31 e 34 del Dl. n.201/2011 e 1 del Dl. n.1/2012);

i) il T.a.r. non aveva tenuto conto (lR Liguria n. 36/ 1997) della natura bifasica del procedimento di approvazione del Puc ed avrebbe dovuto esaminare il “progredire” della motivazione reiettiva complessiva del comune: appariva invece evidente l’errore in cui era incorso il giudicante, che aveva limitato il proprio scrutinio alla sola motivazione in parte qua del P.U.C. approvato (il che era illogico, posto che esso aveva confermato il divieto già introdotto con il Progetto Definitivo Adottato);
era stato obliato che il divieto di insediamento di G.S.V. per l’area di Viale Piave aveva visto quindi il succedersi ben tre controdeduzioni, tutte confermanti lo stesso limite ma ciascuna diversa dall’altra in termini motivazionali (il che denotava la inidoneità di esse, soprattutto di quella rilevante di cui alla D.C.C. 42/2015);

l) risultava altresì fondato l’originario secondo motivo del ricorso di primo grado, in quanto, la circostanza che il contenitore edilizio ex “Garages Riuniti Fiat” attualmente ospitasse due concessionarie automobilistiche in via di dismissione, non poteva impedire la riqualificazione urbanistica del medesimo e risultava quindi violato l’art.

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