Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2021-06-24, n. 202104823

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2021-06-24, n. 202104823
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202104823
Data del deposito : 24 giugno 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/06/2021

N. 04823/2021REG.PROV.COLL.

N. 00475/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 475 del 2021, proposto da AGI S.r.l., società che gestisce la residenza assistenziale San Giuseppe, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocato C P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato G B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Commissario ad acta piano di rientro dai disavanzi sanitari della Regione Calabria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Regione Calabria, non costituita in giudizio;

nei confronti

Azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro, Azienda Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria, Azienda Sanitaria Provinciale di Crotone, Azienda Sanitaria Provinciale di Vibo Valentia, RSA di Mottafollone (CS) c/o Medical Sport Center, RSA La Quiete di Castiglione Cosentino (CS), non costituiti in giudizio;
Ministero della Salute, Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda) n. 1087/2020, resa tra le parti, concernente l'annullamento del Piano di Acquisti dell'ASP di Cosenza anno 2020 e del presupposto Decreto del Commissario ad acta n. 4 del 07.01.2020, nei limiti di interesse della ricorrente.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, del Ministero della Salute, del Ministero dell'Economia e delle Finanze e del Commissario ad acta per il piano di rientro dai disavanzi sanitari della Regione Calabria;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 maggio 2021 svoltasi in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 25, comma 1, D.L. 28 ottobre 2020, n. 37, il Consigliere P A A P e presenti per le parti l’Avvocato C P e l'Avvocato dello Stato Salvatore Adamo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- La ricorrente è una società che gestisce la residenza assistenziale denominata “San Giuseppe” accreditata con il Servizio Sanitario Nazionale per l’erogazione di prestazioni socio assistenziali quale Casa Protetta per n. 60 posti letto.

1.1. - Con ricorso r.g.n. 531 del 2020 al TAR per la Calabria, la ricorrente ha impugnato il Piano di Acquisti dell’ASP di Cosenza per l’anno 2020 nella parte in cui le è stato attributo un budget non idoneo ed inferiore rispetto a quello effettivamente dovuto, nonché il Decreto del Commissario ad acta per il piano di rientro dai disavanzi sanitari della regione Calabria n. 4 del 07.01.2020 e relativi Allegati, avente ad oggetto “Definizione livelli massimi di finanziamento alle Aziende Sanitarie Provinciali per l’acquisto di prestazioni di assistenza riabilitativa psichiatrica, di assistenza sanitaria  e sociosanitaria e di assistenza riabilitativa extra-ospedaliera estensiva erogate dalla rete di assistenza territoriale privata accreditata”.

1.2. - La ricorrente lamentava che la ASP Cosenza ha decurtato la propria quota di budget rispetto al 2019, pur avendo incrementato, in coerenza con l’aumento complessivo delle risorse a sua disposizione, il budget assegnato a tutte le altre strutture accreditate;
inoltre, la ASP non ha indicato i criteri sulla cui base ha individuato le strutture da contrattualizzare per il 2020, né i criteri di ripartizione delle risorse.

Quanto al DCA n. 4/2020, la ricorrente lamentava l’assenza di indicazione dei criteri sulla cui base il Commissario ad acta ha determinato che l’importo di euro 174.450.243,00 sarebbe sufficiente a garantire i servizi sociosanitari ed assistenziali, senza che emergano neppure i contenuti delle proposte di acquisto delle ASP, e la mancata trasmissione del decreto commissariale al Ministero della salute per il prescritto parere, pur in difetto della clausola di “somma urgenza”.

2.- La sentenza in epigrafe ha dichiarato inammissibile il ricorso avendo la ricorrente stipulato il contratto con l’ASP di Cosenza in data 27 febbraio 2020, prima della proposizione del ricorso, e sottoscritto la clausola di salvaguardia di cui all’art. 14 del contratto stesso, in forza della quale essa rinuncia ai contenziosi instaurabili avverso i provvedimenti di determinazione dei tetti di spesa, di determinazione delle tariffe e di ogni altro atto collegato o connesso.

Il TAR ha ritenuto che il campo applicativo della clausola non può che ricomprendere anche il piano di acquisto emesso dall’ASP ed ha escluso l’efficacia paralizzante della riserva formulata dalla ricorrente in merito alla citata clausola di cui all’art. 14 del contratto, giacché tale riserva, unilateralmente formulata, è dichiarazione unilaterale proveniente da una delle parti che come tale non sarebbe in grado di inficiare il vincolo contrattuale già venuto in essere.

3.- Con l’appello in esame, la ricorrente lamenta l’erroneità ed ingiustizia della sentenza, di cui chiede la riforma.

4.- Resistono in giudizio l’ASP di Cosenza, il Commissario ad acta ed i Ministeri intimati che chiedono il rigetto dell’appello.

5.- Alla pubblica udienza del 13 maggio 2021, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.- L’appello è infondato.

2.- Con il primo motivo la ricorrente denuncia, quanto alla pronuncia di inammissibilità, il travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, il difetto di istruttoria giudiziale, l’error in procedendo, la motivazione apparente, insufficiente e perplessa.

Diversamente da quanto lascia intendere il primo giudice, con l’atto denominato “Addenda” trasmesso all’ASP Cosenza il 12.6.2020, la ricorrente ha manifestato non la volontà di rescindere il contratto, ma quella di disconoscere la clausola vessatoria dell’art. 14 del contratto, da ritenersi nulla perché mancante di specifica sottoscrizione, ed ha precisato che la sottoscrizione di più clausole in blocco non è idonea a richiamare sufficientemente l’attenzione del sottoscrittore sul loro contenuto vessatorio.

La ricorrente ha sottoscritto il contratto in quanto, altrimenti, non avrebbe potuto prestare i propri servizi in convenzione (da qui il carattere vessatorio della clausola), ma si è riservata di disconoscere l’efficacia della singola clausola contrattuale;
l’Addenda non è stata mai contestata dalla ASP ed il contratto ha continuato ad avere esecuzione, sicché deve intendersi tacitamente accettata.

Il primo giudice, inoltre, avrebbe ignorato la prassi delle “riserve contrattuali” e non avrebbe svolto adeguata istruttoria, motivando in modo perplesso e apparente.

2.1. - Infine, la ricorrente, ripropone i motivi non esaminati in primo grado.

3.- Osserva il Collegio che correttamente il primo giudice ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Il contratto predisposto dalla ASP Cosenza e proposto alle strutture sanitarie private incluse nel programma di ripartizione delle risorse è qualificabile come contratto per adesione ex art. 1341 c.c., recando condizioni generali predisposte unilateralmente dall’ASP, “contraente forte”, e destinate a regolare una serie di rapporti analoghi, rispetto ai quali non residua margine di esercizio dell’autonomia negoziale delle controparti, che, di fatto, si trovano nell’impossibilità di incidere sul contenuto del contratto e nell’alternativa secca di accettarlo o rinunciare alla conclusione dello stesso.

Tuttavia, la clausola dell’art. 14, con cui la parte si impegna ad “accettare espressamente, completamente e incondizionatamente il contenuto e gli effetti degli atti di determinazione dei tetti di spesa, di determinazione delle tariffe e ogni altro atto agli stessi collegato o presupposto, in quanto atti che determinano il contenuto del contratto” non ha carattere vessatorio per la cui validità si richiede la doppia sottoscrizione, specifica e separata (art. 1341, comma 2, c.c.).

3.1. - L’art. 1341 c.c., difatti, definisce clausole vessatorie “ le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità [1229], facoltà di recedere dal contratto [1373] o di sospenderne l'esecuzione [1461], ovvero sanciscono a carico dell'altro contraente decadenze [2964 ss.], limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni [1462], restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi [1379], tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie [808 c.p.c.] o deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria [6 c.p.c.]”.

Si tratta di un elenco tassativo, suscettibile di interpretazione estensiva a casi assimilabili, ma non di interpretazione analogica (Cass. Civ., Sez. III, 4.6.2013, n. 14038;
09/07/2009, n.16124).

La clausola di salvaguardia che limita la possibilità della controparte di ricorrere in via giudiziaria avverso gli atti presupposti al contratto, che ne definiscono i limiti di contenuto economico, non si risolve in una limitazione di responsabilità a vantaggio della ASP che ha predisposto il contratto e non rientra, pertanto, nelle condizioni contrattuali vessatorie indicate dal codice civile, neppure in forza di interpretazione estensiva, con la conseguenza che non è necessaria per la sua efficacia la specifica approvazione per iscritto, come sostiene la ricorrente.

3.2- In via generale, sulla legittimità e sul carattere non vessatorio della clausola di salvaguardia inserita nei contratti stipulati dalle ASL con le strutture accreditate, questa Sezione si è pronunciata anche recentemente con argomentazioni che questo Collegio fa proprie (cfr. sentenza n. 2075 del 28.3.2019;
n. 5039 del 23.8.2018;
n. 4936 del 13/08/2018;
sentenze dell'11.1.2018, nn. 137 e 138, nonché del 18/1/2018, n. 321;
n. 5511 del 25.9.2018;
n. 430 dell’1.2.2017 n. 430;
cfr. anche Sezione prima, n. 00241/2019).

In sostanza - secondo lo schema tipico dell'acquiescenza - l'interessata in maniera inequivocabile, attraverso manifestazioni espresse, ha mostrato la sua intenzione di rinunciare, sul piano sostanziale, alla posizione giuridica (asseritamente) lesa dal contratto e dai provvedimenti determinativi della spesa presupposti, rinunciando altresì, sul piano processuale, al proprio diritto a ricorrere.

Non essendo la facoltà di sottoscrizione con riserva del contratto - tra ASL e operatore privato - contemplata dal modello di riferimento, le dichiarazioni di riserva manifestate in via aggiuntiva devono intendersi come non apposte e, dunque, come tali, non sono idonee a impedire la formazione dell'accordo (cfr. da ultimo CdS, Sezione prima, n. 241/2019;
Terza sezione, n. 321 del 18/1/2018).

Si è, invero, evidenziato che gli operatori privati - in quanto impegnati, insieme alle strutture pubbliche, a garantire l'essenziale interesse pubblico alla corretta ed appropriata fornitura del primario servizio della salute - non possono considerarsi estranei ai vincoli oggettivi e agli stati di necessità conseguenti al piano di rientro, al cui rispetto la Regione è obbligata.

D'altro canto, in caso di mancata sottoscrizione, l'Autorità politico-amministrativa non avrebbe alcun interesse a contrarre, a meno di non rendere incerti i tetti di spesa preventivati, né potrebbe essere obbligata in altro modo alla stipula, con l'effetto che l’inefficacia e/o invalidità della clasuola c.d. di salvaguardia finirebbe per non giovare, in primis, alla stessa parte ricorrente.

Ha aggiunto la Sezione che chi intende operare nell'ambito della sanità pubblica deve accettare i limiti in cui la stessa è costretta, dovendo comunque e in primo luogo assicurare, pur in presenza di restrizioni finanziarie, beni costituzionali di superiore valore quale i livelli essenziali relativi al diritto alla salute;
in alternativa, agli operatori resta la scelta di agire come privati, senza che la spesa possa essere posta a carico del Servizio Sanitario pubblico.

3.3.- Nella fattispecie, va rilevato, inoltre, che la clausola dell’art. 14, con cui la parte si impegnava ad “accettare espressamente, completamente e incondizionatamente il contenuto e gli effetti degli atti di determinazione dei tetti di spesa, di determinazione delle tariffe e ogni altro atto agli stessi collegato o presupposto in quanto atti che determinano il contenuto del contratto”, è stata specificamente richiamata, unitamente ad altre, al fine di una sottoscrizione particolarmente consapevole, pur non rivestendo natura di clausola vessatoria (al di là della qualificazione che prudentemente ne ha fatto la stessa Amministrazione - cfr. All 2, contratto pag. 11, prodotto in giudizio il 10.2.2021).

3.4. - Non hanno pregio, infine, le censure svolte miranti a far rilevare l’inadeguatezza dell’istruttoria giudiziale (non essendovi necessità di acquisire ulteriori atti e chiarimenti, oltre il contratto già depositato) e la perplessità e apparenza della motivazione (essendo fuori di dubbio e palese il significato da attribuirsi all’art. 14 del contratto, conformemente alla giurisprudenza di questo Consiglio).

4. - In conclusione, l’appello va rigettato e va confermata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso introduttivo.

5. - Le spese di giudizio si compensano tra le parti, attesa la particolarità della vicenda.

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