Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2010-09-17, n. 201006942

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2010-09-17, n. 201006942
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201006942
Data del deposito : 17 settembre 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01350/2010 REG.RIC.

N. 06942/2010 REG.DEC.

N. 01350/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

sul ricorso r.g.n. 1350/2010, proposto dal:
comune di Melendugno, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avv. L C, con domicilio eletto presso lo studio del dr. M G, in Roma, via L. Mantegazza, 24;

contro

Aspica s.r.l., in proprio e quale mandataria a.t.i., a.t.i. - Ecotecnica s.r.l., a.t.i. - Monteco s.r.l., in persona dei rispettivi rappresentanti legali in carica, rappresentate e difese dall'avv. F P, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. A P, in Roma, via Cosseria, 2;
Autorità per la gestione dei rifiuti urbani nel bacino Le 1, Comune di Lecce, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, entrambi n.c.;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. Puglia, Lecce, sezione II, n. 03346/2009, resa tra le parti e concernente i servizi di raccolta e trasporto di r.s.u. ed r.s.u.a. .


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio di Aspica, Ati - Ecotecnica ed Ati - Monteco;

visti tutti gli atti e le memorie di causa;

relatore, nell'udienza pubblica del giorno 22 giugno 2010, il Consigliere di Stato Aldo SCOLA ed uditi, per le parti, gli avvocati Relleva, per delega di Capone, e Patarnello;

ritenuto e considerato, in fatto e diritto, quanto segue.


FATTO

A) – L’a.t.i. costituita tra l’ A.s.p.i.c.a. s.r.l. (mandataria), l’Ecotecnica s.r.l. e la Monteco s.r.l. gestiva i “servizi di spazzamento delle reti stradali urbane e delle aree pubbliche dei 9 Comuni [che, con convenzione ex art. 30, t.u. n. 267/2000, avevano dato vita all’Autorità per la gestione dei rifiuti urbani (A.t.o.) del bacino Le/1], raccolta indifferenziata e differenziata, trasporto agli impianti di smaltimento e/o trattamento dei rifiuti urbani e speciali assimilati, gestione dell’impianto di Campi Salentina per lo stoccaggio e lavorazione dei materiali rivenienti dalla raccolta differenziata”, giusta contratto rep. n. 5681 del 23/5/2006, sottoscritto con la predetta A.t.o. Le/1.

Quanto al comune di Melendugno, gli artt. 1 e 6 del contratto obbligavano specificamente l’a.t.i. ad applicare e riscuotere la tariffa di igiene ambientale (t.i.a.), in quel comune introdotta ai sensi del c.d. “decreto Ronchi” (d.lgs. n. 22/1997), nel rispetto dell’art. 8 del contratto, concernente: ampliamento e/o riduzione dei servizi ed aggiornamento del canone.

Sulla scorta di tale previsione contrattuale, in data 12/12/2006, la mandataria A.s.p.i.c.a. rivolgeva una dettagliata istanza all’Autorità e al dirigente del settore ambiente del comune di Lecce, con cui chiedeva l’attivazione del contraddittorio, in considerazione del fatto che le quantità poste a base della determinazione del canone si erano rivelate sottostimate in alcune componenti del servizio (nell’istanza, in specifico riferimento al comune di Melendugno, si faceva rinvio al piano economico finanziario inviato all’ente, da intendersi quale richiesta di adeguamento del canone originariamente previsto, occorrendo pervenire alla “totale copertura dei costi di servizio”, quale criterio per la determinazione della tariffa ex d.P.R. n. 158/99).

L’istanza veniva respinta con nota del dirigente l’A.t.o. del 26/1/2007, prot. n. 35/07, avverso la quale veniva proposto il ricorso r.g.n. 502/2007, accolto dal T.a.r. con sentenza del 19 maggio 2009 n. 1159, con cui era stata affermata la necessità di procedere all’attivazione del contraddittorio di cui all’art. 8 del contratto.

Con i due ricorsi di prime cure venivano impugnate le deliberazioni con cui il comune di Melendugno aveva sostanzialmente respinto le richieste di determinare la tariffa, avendo riguardo ai piani economici finanziari sottoposti dall’A.s.p.i.c.a., per l’impossibilità di modificare unilateralmente l’importo dei costi, posti a base della gara e dell’offerta formulata, e la necessità di attendere l’esito del procedimento in contraddittorio da instaurare in sede A.t.o..

In particolare, con le deliberazioni G.c. n. 44 del 13/3/2007 e C.c. n. 57 del 28/11/2007, l’A.s.p.i.c.a. era stata autorizzata ad attivare le procedure per l’applicazione e la riscossione della tariffa, rispettivamente per i periodi contrattuali 1/4/2006–31/3/2007 e 1/4/2007–31/3/2008, senza alterare il prezzo di aggiudicazione della gara (con la delib. n. 13 del 21/3/2007, in relazione alla prima delle deliberazioni, il Consiglio comunale aveva approvato il quadro economico finanziario, negli stessi limiti e con riserva di diversa modulazione per l’ipotesi di minori costi e numero di unità impiegate).

B) - A sostegno dei ricorsi venivano proposte le medesime censure di eccesso di potere, violazione del d.P.R. n. 158/1999, carenza istruttoria, violazione dell’art. 8 del contratto d’appalto (diffusamente recante le ragioni dell’adeguamento della tariffa d’igiene ambientale nel comune di Melendugno, avuto riguardo all’interpretazione da dare al cit. art. 8), nonché eccesso di potere per irrazionalità manifesta (formulata in riferimento alle note contemplanti la riscossione della tariffa in più soluzioni).

Si costituiva in giudizio il comune intimato, chiedendo il rigetto dei due ricorsi, che il T.a.r. dichiarava inammissibili per difetto di giurisdizione , la controversia riguardando non già l’impugnazione della tariffa ma il corrispettivo del rapporto concessorio, rimesso alla cognizione del giudice civile.

Le sentenze venivano riformate dal Consiglio di Stato, con decisione della sezione V 23 marzo 2009 n. 1760, secondo cui l’art. 8 del contratto costituisce la trasposizione delle regole dettate, in tema di revisione del prezzo d’appalto, dall’art. 6 legge n. 537/1993, contemplante la sussistenza della giurisdizione amministrativa, con rinvio dell’affare ai primi giudici, ex art. 35, legge 6 dicembre 1971 n. 1034.

Con ordinanze n. 120 e n. 121, pubblicate il 23 luglio 2009, s’imponeva all’A.t.o. Le/1 di far conoscere le risultanze del procedimento in contraddittorio per l’adeguamento del canone, ove già attivato per effetto della sentenza del 19 maggio 2009 n. 1159: l’Autorità produceva la nota del 9/10/2009, prot. n. 608, con allegati i verbali delle riunioni tenutesi.

I due ricorsi, poi riuniti , venivano accolti dai primi giudici, con sentenza poi impugnata dal comune soccombente per:

- violazione degli artt. 1, 6 ed 8, contratto d’appalto;
dell’art. 25, capitolato speciale;
dell’art. 2, d.P.R. n. 158/1999 (a servizi invariati non potendo corrispondere una variazione dei costi né un aumento delle spese, rispetto all’offerta di gara ed agli importi contrattuali);
dell’art. 12, preleggi, c.c., e degli artt. 1362 e segg., c.c., quanto all’interpretazione contrattuale;
omessa pronuncia su di un punto decisivo della vertenza;
vizio di motivazione e palese superficialità;
erroneità, ingiustizia manifesta, travisamento, contraddittorietà, errati presupposti, violazione dei principi in tema di gare d’appalto e dell’art. 97, Cost..

Si costituiva in giudizio l’A.s.p.i.c.a., che eccepiva l’inammissibilità del gravame, nel rispetto del principio ne bis in idem (trattandosi di problematiche già esaminate dal T.a.r. Lecce, sent. n. 1159/2009, passata in giudicato: cfr. Cass. civ., sez. III, sent. n. 8379/2009);
l’infondatezza dell’istanza cautelare (peraltro, accolta con ordinanza n. 1396/2010 di questa stessa sezione V);
non aver percepito alcun canone per il servizio svolto per oltre un anno, sopportando anzi delle penali;
l’esigenza di remunerare tutti i costi del servizio, secondo il noto meccanismo revisionale;
la necessaria rideterminazione del canone ed il connesso conguaglio degli importi già liquidati, previo annullamento dei piani finanziari unilateralmente approvati dal comune attuale appellante.

All’esito della pubblica udienza di discussione la vertenza passava in decisione, con immediata pubblicazione del dispositivo , dopo il deposito di rispettive memorie conclusive da parte del comune e dell’A.s.p.i.c.a..

DIRITTO

I) - L’attuale parte appellata muoveva dal presupposto che il regime a tariffa (introdotto dall’art. 49, d.lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, e sostitutivo della tassa rifiuti solidi urbani), applicato dal comune di Melendugno sin dal 1999, imponesse la copertura di “tutti i costi afferenti al servizio di gestione dei rifiuti urbani”, ex art. 2, d.P.R. 27 aprile 1999 n. 158, applicabile in virtù della norma transitoria di cui all’art. 238, comma 11, codice dell’ambiente, d.lgs. 3 aprile 2006 n. 156.

In tale ottica, per la determinazione della tariffa medesima, assumeva carattere indispensabile il piano finanziario elaborato dal soggetto gestore, sintetizzante i dati rilevanti a tal fine (componenti di costo, investimenti, ecc.), mentre nella specie ci si era limitati a confermare i dati già posseduti, senza procedere alla doverosa istruttoria sugli elementi del piano trasmesso.

Inoltre, veniva riaffermata la tesi sviluppata con il ricorso r.g.n. 502/2007, circa l’incidenza del meccanismo revisionale, di cui all’art. 8 del contratto rep. n. 5681 del 23/5/2006, e la necessità di provvedere all’adeguamento del canone, calcolato in via provvisoria sulle quantità presuntivamente stabilite per l’attivazione del servizio.

Viceversa, per il comune di Melendugno, trattandosi di appalto unico, nessuno scostamento era possibile rispetto alla determinazione del canone contenuta nel contratto stipulato dall’A.t.o. Le/1, per cui la ditta esecutrice del servizio era stata autorizzata ad applicare e riscuotere la tariffa “nei limiti definiti dal prezzo di aggiudicazione della gara unica” (così le deliberazioni impugnate).

Il meccanismo revisionale non era configurabile al di fuori della sede sua propria e le determinazioni comunali erano subordinate agli accertamenti ed alle valutazioni dell’Autorità di bacino.

II) - La controversia in esame presenta aspetti correlati alla questione dell’adeguamento del canone contrattuale in ambito A.t.o., pur connotandosi per caratteri peculiari.

Sotto il primo profilo, la complessa valutazione degli aspetti problematici dell’appalto in questione era stata avviata con l’attivazione del contraddittorio prefigurato dall’art. 8 del contratto, a seguito della sentenza 19 maggio 2009 n. 1159.

Gli incontri tra le parti non avevano raggiunto alcun risultato definitivo ed anzi, allo stato delle conoscenze acquisite dopo le ordinanze collegiali del 23 luglio 2009, si registrava la volontà di escludere la posizione del comune dalle trattative (cfr. la dichiarazione G nella seduta del 7/7/2009).

Per altro verso, sussisteva un autonomo rilievo della controversia, riguardante il comune, tenuto ad applicare e riscuotere la tariffa di igiene ambientale tramite il gestore del servizio;
non poteva essere, quindi, trascurato il compito dell’ente locale di provvedere all’istruttoria per la determinazione della tariffa applicata nel proprio territorio, secondo il d.P.R. n. 158/1999: “La tariffa di riferimento a regime deve coprire tutti i costi afferenti al servizio di gestione dei rifiuti urbani e deve rispettare la equivalenza di cui al punto 1 dell’allegato 1”.

III) - Dunque, le deliberazioni impugnate – laddove escludevano ogni valutazione in ordine al piano finanziario presentato dalla ditta e si limitavano a contenere l’importo della tariffa nel valore del prezzo di aggiudicazione della gara – non si ponevano in contrasto con l’esigenza della corretta determinazione della tariffa, poiché il diverso regime normativo imponeva alle amministrazioni locali una totale copertura dei costi.

Quanto all’obiezione dell’incidenza prodotta sul costo complessivo dell’appalto (con valutazione demandata all’ambito A.t.o.), non si ravvisavano preclusioni ai doverosi adempimenti rimessi all’ente attuante il nuovo regime tariffario.

In aggiunta, proprio l’analisi del piano finanziario preordinato alla determinazione della tariffa poteva contribuire a far assumere elementi di valutazione (in coerenza con l’esigenza di remunerare tutti i costi del servizio, secondo quantità esattamente determinate, posta alla base del meccanismo revisionale), consentendo di riversare gli esiti dell’istruttoria comunale in ambito A.t.o..

Così, le determinazioni che il comune poteva adottare (espletando l’apposita istruttoria configurata nel d.P.R. n. 158/1999) avrebbero ulteriormente supportato le correlate determinazioni, cui l’A.t.o. Le/1 avrebbe dovuto pervenire, previo procedimento in contradditorio instaurato come sopra indicato, in rapporto al dovuto accertamento dei dati sul costo del servizio, forniti dall’attuale appellata, in rapporto ai piani finanziari, in vista della determinazione della tariffa d’igiene ambientale.

Quanto al pur dedotto eccesso di potere per irrazionalità manifesta della modalità di riscossione della tariffa in più soluzioni, senza tener conto degli oneri finanziari imposti alla ditta da tale scelta, non era stato affatto provato lo squilibrio da ciò asseritamente derivabile nel conto economico della ditta, piuttosto, giustificandosi la conferma del regime di prelievo (due rate bimensili) di cui agli anni precedenti, visibilmente meno gravoso per il cittadino obbligato.

Tanto basta a far accogliere l’appello, con riforma dell’impugnata sentenza, contestuale rigetto dei due ricorsi riuniti in prima istanza e salvezza degli atti gravati in prime cure: il tutto a spese ed onorari del doppio grado di giudizio integralmente compensati tra le parti in causa, tenuto anche conto delle alterne vicende processuali.

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