Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-05-31, n. 201903657

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-05-31, n. 201903657
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201903657
Data del deposito : 31 maggio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 31/05/2019

N. 03657/2019REG.PROV.COLL.

N. 07763/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7763 del 2018, proposto dalla signora E L, rappresentata e difesa dagli avvocati A S e B C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Regione Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato Carmela Patrizia Capobianco, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Barberini, n. 36;
Acquedotto Pugliese S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentato e difeso dall'avvocato Vincenzo Caputi Iambrenghi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Comune Taviano, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato Luigi Quinto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Barnaba Tortolini, n. 30;
Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, Autorita' Idrica Pugliese, Autorita' di Bacino della Puglia, Provincia di Lecce e Unione Jonica Salentina, non costituiti in giudizio;

nei confronti

Carlino s.a.s. di Carlino Roberto &
Co., non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia sezione staccata di Lecce (Sezione Prima) n. 00868/2018, resa tra le parti, concernente impianto di sollevamento di liquami


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e del Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, della Regione Puglia, dell’Acquedotto Pugliese S.p.A. e del Comune Taviano;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 aprile 2019 il Cons. G C e uditi per le parti gli avvocati B C, Orlando Sivieri su delega di Luigi Quinto, Carmela Patrizia Capobianco, Vincenzo Caputi Iambrenghi e l'Avvocato dello Stato Barbara Tidore.


FATTO e DIRITTO

1.La signora E L, proprietaria di un immobile sito in Taviano – Marina di Mancaversa, ha impugnato dinanzi al T.a.r. i progetti per la costruzione della rete fognaria a servizio dell’abitato di Torre Suda e tutti gli atti autorizzatori nella parte in cui prevedono la realizzazione di un impianto di sollevamento di liquami in un’area prossima alla propria abitazione.

2. Il T.a.r., con la sentenza indicata in epigrafe, prescindendo dalle eccezioni preliminari sollevate dalle parti resistenti, ha rigettato il ricorso nel merito.

3. L’originaria ricorrente con quattro motivi e relative sottopartizioni ripropone tutte le censure sviluppate nel primo grado.

3.1. Si sono costituiti con autonomi atti il Comune di Taviano, la Regione Puglia e la società Acquedotto Pugliese spa, instando per l’inammissibilità ed il rigetto.

3.2. Con unico atto si sono costituiti il Ministero dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed il Ministero per i beni e le attività culturali;
hanno chiesto preliminarmente dichiararsi il proprio difetto di legittimazione passiva.

3.3. Tutte le parti hanno esplicato le proprie ragioni con memorie, anche di replica.

4. Preliminarmente, deve rigettarsi la richiesta di dichiarare il difetto di legittimazione passiva, avanzata dalle Amministrazioni statali costituite. Infatti, la domanda di annullamento - anche se non specifica rispetto ad atti delle amministrazioni statali – spesso li coinvolge in una generica critica;
inoltre, la difesa delle suddette amministrazioni ha partecipato al dibattito processuale (ad esempio opponendosi alla domanda cautelare di sospensione della sentenza gravata) il che testimonia dell’interesse al processo.

5. Il Collegio ritiene di poter prescindere (come peraltro già avvenuto in primo grado) dalle eccezioni preliminari sollevate dalle parti resistenti, atteso che l’appello è infondato nel merito, sulla base delle argomentazioni che seguono.

6. Con il primo motivo di appello, nel riproporre il quarto motivo del ricorso di primo grado, si lamenta il difetto di istruttoria in ordine alla localizzazione dell’impianto, in area urbanizzata vicina alla costa, con specifico riferimento alla mancata considerazione (mediante appositi studi tecnici) di immissioni odorigene e sonore che, secondo l’assunto dell’appellante, gli impianti di sollevamento sicuramente producono. In particolare, si lamenta che le relazioni tecniche – cui il giudice di primo grado ha fatto riferimento per rigettare la censura - non considerano la caratteristica degli impianti di sollevamento, i quali, pur se interrati, sono dotati di “sfiati” e condotte di “aerazione esterne”, attraverso i quali transitano fisiologicamente rumore ed odori e, nei casi patologici, possono essere addirittura canale di diffusione di batteri nocivi. A sostegno della propria tesi richiama la consulenza tecnica dell’ing. Stasi, prodotta dal Comune, dove si evidenziano i rischi di permanenza dei reflui nelle vasche per l’insorgenza di fenomeni putrefattivi.

6.1. La censura è priva di pregio

Va premesso in generale che la natura strutturale interrata degli impianti di sollevamento rende le conseguenze in punto di emissioni olfattive e sonore trascurabili e spiega l’assenza di previsioni normative specifiche. Va precisato, anche, che il rischio di stazionamento dei reflui nella vasca sotterranea prima del trattamento, paventato dal consulente richiamato dall’appellante, è scongiurato dalle pompe di sollevamento e dalla dimensione della vasca, a tali fini ridotta di ampiezza.

In particolare, quanto alla mancanza di specifici studi, va rilevato che sulla base delle indicazioni del Commissario straordinario unico, nominato al fine di garantire l’intervento in argomento, nel luglio 2018 sono state redatte due perizie di variante e suppletive in corso di esecuzione (doc. allegati dalla Regione con deposito del 14 dicembre 2018). Una perizia riguarda la vasca di accumulo ridotta e la dotazione di impianto di deodorizzazione, che ha determinato la variazione del progetto;
l’atra perizia, contenente una valutazione previsionale di impatto acustico, all’esito della descrizione dell’impianto da realizzare – interrato con grigliature e due locali fuori terra adibiti ad ospitare i quadri elettrici e il gruppo elettrogeno – ha ritenuto <<i valori stimati dal modello matematico, nella fase di esercizio, risultano essere sensibilmente bassi sia di giorno che di notte tanto da non modificare molto il livello residuo misurato col clima acustico>>, precisando che le sorgenti sono state considerare sempre attive e funzionanti contemporaneamente, ipotesi di difficile realizzazione;
con l’effetto che i livelli di rumorosità attesi nella realtà saranno ben al di sotto di quelli stimati dal modello. Questi studi successivi, da un lato confermano la trascurabilità delle immissioni paventate, dall’altro attestano che le modifiche intervenute in sede di realizzazione hanno posto le condizioni per scongiurarle.

6.1.1. Di conseguenza, resta assorbito ogni profilo attinente al regolamento della Regione, n. 23 del 2017, il quale per gli impianti di sollevamento prevede che devono essere progettati e verificati nel rispetto del contenimento delle emissioni odorigene, e della sua retroattività o meno, della quale le parti hanno discusso.

7.Con il secondo motivo di appello, nel riproporre i motivi dal sesto al nono del ricorso di primo grado, si censura l’individuazione del sito dell’impianto sotto il profilo della quota sul livello del mare prescelta, il suo dimensionamento rispetto all’utenza estiva, la sua funzionalità per non essere finalizzato a servire l’abitato di Mancaversa.

7.1. Il primo giudice, nel rigettare anche questi motivi, ha messo in evidenza:

a) in generale, che le diverse soluzioni tecniche prospettate come corrette dalla ricorrente valevano sul piano della opinabilità delle scelte, non emergendo profili di erroneità ed irrazionalità sindacabili in sede di legittimità;

b) in particolare, quanto all’individuazione del sito dell’impianto, ha aggiunto che lo stesso era stata ritenuto ottimale sia dal consulente tecnico del Comune che da quello nominato dalla Procura della Repubblica.

7.2. Le censure vanno rigettate;
sono condivisibili le argomentazioni della sentenza gravata e non emergono abnormità delle decisioni tecniche o travisamento dei fatti, unici vizi che consentirebbero, secondo la giurisprudenza consolidata, il sindacato di legittimità. Peraltro, come evidenziato negli scritti difensivi delle parti appellate, il dimensionamento è stato effettuato sulla base di una metodologia (prevista nel Piano di tutela delle acque della Regione Puglia) consolidata e condivisa e la realizzazione dell’opera contestata è funzionalmente predisposta per collegarsi ad un già programmato (e finanziato) collettore che consentirà l’operatività dell’impianto anche per la Marina di Mancaversa.

8. Con il terzo motivo di appello, si ripropone il primo motivo del ricorso di primo grado, ribadendo la necessità di una variante urbanistica per destinare l’area – già individuata nello strumento urbanistico vigente come “verde pubblico e nucleo giochi” - all’impianto di sollevamento e, comunque, deducendo l’assenza della delibera comunale per il Comune di Taviano, che si è limitato solo ad una “presa d’atto”, mentre, il Comune di Racale aveva approvato il progetto con delibera comunale, pur non provvedendo ad una variante.

8.1. Il T.a.r. ha correttamente rigettato le censure.

Come argomentato dal primo giudice, l’art. 16 co. 2 della l. r. n. 13 del 2001, esclude la necessità di varianti allo strumento urbanistico per l’approvazione di progetti di opere pubbliche qualora lo strumento vigente preveda destinazioni specifiche di aree per la realizzazione di servizi pubblici, anche se i progetti delle opere pubbliche non sono conformi alle specifiche destinazioni del piano.

La condizione posta dalla legge, a favore della realizzazione delle opere pubbliche, è integrata se si tratta di opera pubblica e se nello strumento urbanistico vigente sia presente una destinazione a servizi pubblici, restando irrilevante la eventuale destinazione ad un servizio pubblico specifico. Condizioni entrambe integrate nella fattispecie, posto che l’impianto è opera pubblica (tale dato sembra incontestabile, ed infatti non è stato convincentemente contestato, ex art. 64 del cpa),e che la destinazione ad opera di urbanizzazione primaria, quale è l’impianto di sollevamento, è pur sempre un servizio pubblico, anche se diverso da quello per verde e giochi. Peraltro, come correttamente mette in evidenza dalla società Acquedotto, il carattere interrato dell’impianto non pregiudica neanche la destinazione originaria a verde e giochi.

Quanto ad un ulteriore profilo, che l’appellante sembra prospettare, in ordine alla necessità che il progetto fosse approvato con delibera comunale, come ha fatto il Comune di Racale, è sufficiente dire che, mentre per il Comune di Racale la delibera comunale si collegava alla procedura espropriativa del bene privato, per il Comune di Taviano era sufficiente la presa d’atto, posto che si trattava di opera pubblica su bene del demanio comunale, che resta nel demanio anche in esito alla realizzazione dell’impianto.

9. Con il quarto motivo di appello si ripropongono i motivi secondo, terzo e quinto avanzati in primo grado.

9.1. L’appellante fa precedere la riproposizione delle censure da una premessa generale, con la quale si evidenziano pretese imprecisioni della relazione di progetto, che avrebbero indotto le autorità ad esprimere pareri di conformità. In proposito va precisato: - che le opere fuori terra con impatto paesistico alte 3 metri sulle quali si insiste, si sostanziano, in realtà, in una cabina per comandare il generatore elettrico, mentre gli impianti di sollevamento sono alti 30/40 c.m.;
- che per le immissioni odorifere e rumorose vale quanto prima precisato, con conseguente mancanza di impatto.

9.2. Sempre sul presupposto di opere anche fuori terra, in prossimità del litorale e con immissioni odorigene ed acustiche, che implicano varianti al piano regolatore (quest’ultimo escluso sulla base di quanto detto sopra nel § 8.1.), si ripropongono i profili di censura avanzati con il secondo motivo del ricorso al T.a.r. sostenendo, con argomentazioni del tutto sovrapponibili al primo ricorso, l’assoggettabilità dell’opera a VIA e VAS

9.2.1. Il Collegio fa proprie le corrette argomentazioni del primo giudice, che ha ritenuto l’opera non rientrante nelle fattispecie previste dalla disciplina normativa.

D’altra parte, l’appellante insiste sulla assoggettabilità alla VAS sulla base dell’erroneo presupposto che fosse necessaria la procedura di variante al piano regolatore;
necessità della variante che è esclusa sulla base di quanto prima precisato.

9.3. Si ripropone, poi, il difetto di motivazione dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata dall’Unione Jonica Salentina (UJS) (il terzo motivo del ricorso al T.a.r.) e il collegato profilo (originariamente proposto all’interno del secondo motivo di ricorso al T.a.r.) della mancata compatibilità con il PUTT, che ammette trasformazioni del territorio compatibili con la qualificazione paesaggistica, in assenza di idonea autorizzazione paesaggistica.

9.3.1. Il primo giudice ha ritenuto la compatibilità con il PUTT, in presenza di autorizzazione paesaggistica e legittimo il parere paesaggistico espresso da UJS (Unione Jonica Salentina) perché motivato per relationem , recependo il parere della locale Soprintendenza, favorevole al progetto in esame, con prescrizioni. Contenente, quindi, valutazioni tecnico-discrezionali proprie dall’amministrazione istituzionalmente preposta alla tutela del paesaggio, rispetto alle quali è escluso il sindacato giurisdizionale, in difetto di elementi di palese erroneità ed irrazionalità.

9.3.2. L’appellante si limita a riproporre le suddette censure e insiste su quelle difformità individuate in premessa che, come già argomentato, non hanno incidenza.

9.4. L’appellante ripropone (il quinto motivo del ricorso al T.a.r.) il mancato rispetto dell’art. 55 cod. nav., che prevede l’autorizzazione della Capitaneria di Porto per le opere nella fascia di rispetto di 30 metri, mentre il parere espresso dalla capitaneria esclude che la fattispecie in concreto rientri in tale disposizione in mancanza di evidenti opere fuori terra che pregiudichino il demanio pubblico. Per censurare la statuizione di rigetto l’appellante utilizza una espressione equivoca del primo giudice, che fa riferimento ad un progetto quasi tutto interrato, “salvi gli impianti di sollevamento, da ritenersi, tuttavia, recessivi in rapporto all’intera opera”, criticando la ritenuta recessività delle opere fuori terra.

9.4.1. Nel confermare il rigetto della censura deve rilevarsi che gli impianti di sollevamento, in realtà, sono pochi (5) e sporgono dal piano fuori terra solo per 30/40 cm., con conseguente mancanza dell’evidenza;
l’unica costruzione è una cabina arretrata sul fronte del mare, contenente i contatti elettrici. Ne consegue che, correttamente è stato ritenuto non applicabile l’art. 55 cod. nav. per la mancanza dell’evidenza delle opere.

Per completezza si deve aggiungere che, sulla base di quanto detto precedentemente rispetto alle immissioni odorifere e acustiche, nessun pregio può avere la censura che ricollega la necessità del parere della Capitaneria di porto a questa tipologia di immissioni.

10. In conclusione, tutti i motivi di ricorso sono infondati e vanno rigettati.

11. Stante la complessità del quadro normativo e fattuale di riferimento nella controversia, sussistono giusti motivi per compensare le spese processuali tra tutte le parti costituite.

11. Non sussistono i presupposti per la pronuncia sulle spese rispetto alle parti intimate e non costituite.

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