Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2022-12-23, n. 202211293

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2022-12-23, n. 202211293
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202211293
Data del deposito : 23 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 23/12/2022

N. 11293/2022REG.PROV.COLL.

N. 01896/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale -OMISSIS- del 2018, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati A Ce M C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato M S M in Roma, via Carlo Passaglia, n. 14

contro

Comune di -OMISSIS- in persona del Legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati A A, F M F e G R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato L L in Roma, via Appennini, 46

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per -OMISSIS- (Sezione Quarta) n. -OMISSIS-


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 11 novembre 2022 il Pres. C C;

Nessuno presente per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso n. -OMISSIS- proposto dinanzi al TAR del-OMISSIS-, l’odierna appellante signora -OMISSIS- impugnava la disposizione dirigenziale del Comune di -OMISSIS- (direzione centrale -OMISSIS-) n. -OMISSIS- del -OMISSIS-, di diniego di sanatoria, con contestuale ordine di demolizione, delle opere e ripristino dello stato dei luoghi in relazione ad alcuni interventi realizzati sine titulo su un edificio ubicato nel territorio comunale di -OMISSIS-.

In via preliminare, si rileva che l’appellante è proprietaria di un fondo sito in -OMISSIS- alla Via -OMISSIS-, sul quale insiste un immobile realizzato in assenza dei prescritti titoli abilitativi, oggetto di due istanze di condono relativamente al piano terra e di una domanda di concessione edilizia in sanatoria relativamente al primo piano.

In assenza dei necessari titoli abilitativi l’odierna appellante provvedeva successivamente a realizzare un ampliamento in sopraelevazione, per il quale inoltrava un’istanza di accertamento di conformità ai sensi dell’articolo 36 del d.P.R. 380 del 2001.

Con il decreto dirigenziale in data -OMISSIS-, impugnato in primo grado, il Comune di -OMISSIS- respingeva la richiesta sanatoria e disponeva la demolizione delle opere realizzate.

Con la sentenza appellata il Tribunale amministrativo adìto ha respinto il ricorso, disponendo altresì la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese di lite.

In particolare, il TAR ha delimitato il thema decidendum all’esame dei motivi aggiunti, considerando inammissibile il ricorso originario in quanto proposto avverso un atto endoprocedimentale (quale la comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda).

Ciò posto, il TAR ha precisato che la competenza ad adottare le misure sanzionatorie in materia di edilizia spetta al dirigente o al responsabile del competente ufficio comunale.

Successivamente, il Tribunale ha dichiarato legittimo l’operato dell’Amministrazione che ha riunito in un unico atto tanto il diniego di sanatoria quanto il consequenziale ordine di demolizione per ragioni di economia dei mezzi giuridici.

Nel caso di specie, il giudice di prime cure ha ritenuto sufficiente ed esente da vizi l’ordito motivazionale del provvedimento impugnato.

Con riferimento all’intervento eseguito dall’odierna appellante, il TAR ha rilevato che le opere realizzate sono prive di alcuna finalità conservativa, andando piuttosto a modificare e ad aggiungersi al precedente manufatto (anch’esso abusivo).

Alla luce delle emergenze processuali, conclusivamente, il Tribunale ha escluso la sussistenza di vizi del provvedimento impugnato, considerando complessivamente infondate le doglianze della ricorrente.

Posta l’insistenza dell’immobile in zona vincolata, invero, la realizzazione del manufatto contestato imponeva la previa acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica e del permesso di costruire che viceversa sono mancati.

Ne deriva che l’adozione del provvedimento repressivo costituiva un atto dovuto per l’Amministrazione, essendo in re ipsa l’interesse pubblico alla rimozione del manufatto abusivo e non potendo farsi luogo alla diversa misura ripristinatoria.

La sentenza in questione è stata impugnata in appello dalla Sig.ra -OMISSIS- che ne ha chiesto l’integrale riforma, articolando due motivi di doglianza.

Si è costituito in giudizio il Comune di -OMISSIS-, che ha concluso nel senso dell’infondatezza dell’appello.

Con il primo motivo di impugnazione, l’appellante ha dedotto la “ Violazione e falsa applicazione dell’art. 8 Legge Regionale 1.9.1981 n. -OMISSIS-, e art. 82 del D.P.R. 24.7.1977 n. 616. Incompetenza. Difetto di motivazione ”. In particolare, l’appellante ha sottolineato che il dirigente dell’U.T.C. non avesse la competenza ad emanare il provvedimento repressivo o, comunque, che l’adozione del provvedimento doveva essere accompagnata dall’atto sindacale preceduto dal parere della Commissione Integrata.

Al riguardo, l’Amministrazione ha controdedotto sottolineando che nessuna norma invocata dall’appellante attribuisce la competenza in materia edilizia al solo organo politico. Ed ancora, il Comune ha evidenziato che l’impugnata determina dirigenziale richiama il parere della Commissione Edilizia che è ricompreso in atti.

Con il secondo motivo di censura, l’appellante ha lamentato “ Violazione e falsa applicazione degli artt. 27 e 34 del d.p.r. 380/01, nonché art. 35 l. 47/85. Difetto di istruttoria. Motivazione carente ”. In altri termini, l’appellante ha affermato l’inapplicabilità dell’art. 27 D.P.R. 380/01, poiché la demolizione delle opere aggiunte non poteva avvenire senza pregiudizio per l’intero manufatto, oggetto di istanza di condono. Successivamente, la parte appellante ha denunciato il difetto di motivazione della sentenza impugnata per omesso esame della relazione tecnica dell’ing. -OMISSIS- e della richiesta di CTU.

In proposito, l’Amministrazione ha evidenziato l’inconferenza del richiamo da parte dell’appellante tanto all’articolo 34 d.P.R. 380 del 2001 (poiché l’intervento edilizio contestato è stato realizzato in totale assenza dei prescritti titoli abilitativi) quanto agli articoli 35 della Legge n. 47 del 1985 e 32 della Legge n. 326 del 2003, poiché le disposizioni invocate riguardano la disciplina del condono edilizio e non quella relativi all’accertamento di conformità in sanatoria, quale unica fattispecie applicabile nella presente fattispecie.

All’udienza di smaltimento del 11 novembre 2022 il ricorso in epigrafe è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello avverso la sentenza del TAR del-OMISSIS-, n. -OMISSIS- con cui è stato respinto il ricorso proposto dalla Sig.ra -OMISSIS- per l’annullamento della disposizione dirigenziale (direzione centrale -OMISSIS-) in data -OMISSIS-, di diniego di sanatoria, con contestuale ordine di demolizione delle opere e ripristino dello stato dei luoghi in relazione ad un immobile sito nel Comune di -OMISSIS-.

2. E’ infondato il primo motivo di appello con il quale – come anticipato in narrativa – l’appellante lamenta che erroneamente il TAR avrebbe respinto il motivo di ricorso con il quale si era contestata la mancata adozione da parte del Sindaco del provvedimento reiettivo impugnato in primo grado.

Va premesso che la legge regionale 1° settembre 1981, n. -OMISSIS- (recante disposizioni di attuazione della legge regionale 29 maggio 1980, n. -OMISSIS- in tema di delega e sub-delega di funzioni regionali, della quale l’appellante contesta nel caso in esame la violazione) non attribuisce alcuna specifica funzione ai sindaci nella materia per cui è causa.

Non può quindi dirsi sussistente il lamentato vizio di incompetenza relativa in relazione al quadro normativo posto a fondamento dell’appello.

Allo stesso modo, l’articolo 82 del d.P.R. 616 del 1977 (recante delega alle regioni delle funzioni amministrative in precedenza esercitate dagli organi centrali e periferici dello Stato per la protezione delle bellezze naturali) non attribui(va) ai sindaci dei Comuni (eventualmente) sub-delegati alcuna specifica funzione in tema di adozione delle autorizzazioni paesaggistiche prodromiche al rilascio di titoli edilizi in sanatoria.

Già sotto tale aspetto, la circostanza per cui l’appellante torni nella presente sede di appello a lamentare un vizio di incompetenza riferito a disposizioni di legge – statale e regionale – che non attribuiscono in modo diretto tali funzioni ai sindaci rappresenta di per sé una violazione del generale principio della specificità dei motivi di ricorso.

Ma anche a prescindere da tale – assorbente – rilievo (e anche a voler prendere in considerazione la circostanza per cui il previgente quadro normativo attribuiva talora agli organi di indirizzo politico compiti e funzioni di carattere essenzialmente amministrativo e gestionale), la sentenza in epigrafe deve essere puntualmente confermata laddove sottolinea che, sin dalla c.d. ‘seconda legge Bassanini’ – legge n. 127 del 1997 – il Legislatore ha espresso un chiaro indirizzo legislativo verso il superamento di tutte le pregresse previsioni di legge e di regolamento le quali attribuivano agli organi di indirizzo politico compiti e funzioni di carattere amministrativo e gestionale.

Tale linea di indirizzo si è tradotta – nello specifico settore degli enti locali – nell’attuale formulazione dell’articolo 107, comma 2 del Testo unico degli Enti locali, n, 267 del 2000, secondo cui “ spettano ai dirigenti tutti i compiti, compresa l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, non ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo dell'ente o non rientranti tra le funzioni del segretario o del direttore generale, di cui rispettivamente agli articoli 97 e 108 ”.

La disposizione appena richiamata è certamente applicabile al caso di specie e definisce senza alcun dubbio la competenza dirigenziale all’adozione del provvedimento impugnato in primo grado.

E’ qui appena il caso di osservare, inoltre, che risulta semplicemente smentita dalla documentazione in atti la censura relativa alla mancata acquisizione, nell’ambito del procedimento amministrativo conclusosi con il provvedimento in data -OMISSIS-, del parere della Commissione edilizia comunale.

Tale parere risulta infatti espresso in data 3 marzo 2005 e di tale parere si dà espressamente atto nell’ambito dei provvedimenti impugnati in primo grado.

3. E’ altresì infondato il secondo motivo di appello – meglio descritto in narrativa – con il quale, in sintesi, l’appellante lamenta la mancata valutazione, da parte del TAR, del motivo di ricorso con il quale si era sottolineata la mancata attivazione dei poteri di cui all’articolo 34 del T.U. edilizia, n. 380 del 2001, trattandosi – secondo l’appellante – di interventi la cui demolizione non sarebbe potuta avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità.

E’ dirimente osservare al riguardo che la disposizione di cui l’appellante lamenta la mancata considerazione (il richiamato articolo 34) può trovare applicazione nelle sole ipotesi di interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire. Al contrario, nel caso in esame, il provvedimento comunale ha avuto ad oggetto un intervento di ampliamento radicalmente privo di titolo, realizzato su una precedente edificazione – anch’essa abusiva – per la quale non era stato concluso né il procedimento di condono avviato in data 30 marzo 1995, né quello di concessione in sanatoria avviato in data 21 marzo 1995.

Pertanto, anche a voler ritenere (denegata ipotesi) che l’appellante avesse fornito una prova adeguata in ordine alla realizzazione della prima porzione del fabbricato (piano terra e primo piano) entro la data-limite del 30 marzo 2003 (in tal senso, l’articolo 32, comma 25 della l. 326 del 2003), ciò non rileverebbe ai fini della presente vicenda contenziosa, che ha ad oggetto la realizzazione di un’ulteriore – e rilevante – superfetazione edilizia la quale non avrebbe potuto comunque essere realizzata in loco , concretandosi in un (notevole) ampliamento di volume, non compatibile con il vincolo esistente nell’area (ostandovi, oltretutto, in modo insuperabile le previsioni di cui agli articoli 45, 47 e 162, comma 5 della variante generale al PRG).

L’appellante non avrebbe quindi potuto in alcun modo invocare l’applicazione del richiamato articolo 34 del d.P.R. 380 del 2001, non trattandosi di “ interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire ”, bensì di interventi radicalmente privi di titolo e in alcun modo assentibili.

E’ qui appena il caso di sottolineare che la sentenza in epigrafe è altresì meritevole di conferma laddove rileva che gli interventi di ulteriore sopraelevazione che qui vengono in contestazione, per le loro caratteristiche oggettive, erano qualificabili come di ‘nuova costruzione’ ed esulavano in modo radicale dall’ambito delle finalità meramente conservative che invece vengono invocate dall’appellante.

4. Per le ragioni esposte l’appello in epigrafe deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

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