Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2013-05-10, n. 201302548
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N. 02548/2013REG.PROV.COLL.
N. 06602/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso r.g.a.n. 6602/2009, proposto dal Consorzio Consibar 2004 &Co., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avv. S S, con domicilio eletto presso lo studio legale Santiapichi, in Roma, via Antonio Bertoloni, 44/46;
contro
l’Università degli studi Tor Vergata di Roma, in persona del rettore in carica, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Il Cuore di Napoli s.r.l., la Vivenda s.p.a., la Gestione servizi integrati s.r.l. e la Commissione giudicatrice della gara bandita il 10 dicembre 2007 dall’Università Tor Vergata, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, tutte n.c.;
prof. Luciana Avigliano, quale componente la commissione di gara, e dott.ssa Federica Barone, quale componente la commissione di gara, entrambe n.c.;
Serenissima Ristorazione s.p.a., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv.ti Andrea Manzi e Mario Calgaro, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via Federico Confalonieri, 5;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. Lazio, Roma, sezione III, n. 5481/2009, resa tra le parti e concernente l’affidamento del servizio di ristoro- bar.
Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati, con tutti gli atti e documenti di causa.
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università di Tor Vergata e della Serenissima Ristorazione s.p.a..
Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, cod. proc. amm..
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 9 aprile 2013, il Consigliere di Stato Aldo SCOLA ed uditi, per le parti, l’avvocato Xavier Santiapichi, per delega dell’avvocato S S, l'avvocato dello Stato Ventrella e l'avvocato Andrea Reggio d'Aci, per delega dell'avvocato Andrea Manzi.
Ritenuto e considerato, in fatto e diritto, quanto segue.
FATTO
A) Con il proposto gravame venivano impugnati la determinazione di cui al verbale di gara n. 6 del 13 marzo 2008, con cui la Commissione nominata in relazione alla gara indetta dall’intimata Università per l’affidamento del servizio di ristoro bar presso le Facoltà di economia, lettere e filosofia e medicina e chirurgia aveva disposto l’esclusione dell’offerta presentata dal consorzio ricorrente per la gestione del punto bar presso la Facoltà di medicina e chirurgia;tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali ed in particolare la comunicazione dell’avvenuta esclusione dell’Università degli studi di Roma, prot. 0015005/2008 del 4.4.2008;in via subordinata, in parte qua , il bando relativo alla citata gara;con condanna dell’intimata Università al risarcimento del danno.
B) Si deducevano:
1) incompetenza e violazione degli artt. 1, comma 2, e 18, legge n. 241/1990, degli artt. 1, 2 e 46, d.lgs. n.163/2006, e dell’art. 4, d.lgs. n. 165/2001;dello statuto universitario, della lex specialis di gara e dei criteri fissati dalla relativa commissione;dei princìpi di pari trattamento, non discriminazione, non aggravamento procedimentale, proporzionalità, semplificazione, proporzionalità, ragionevolezza ed ampia partecipazione alle gare ad evidenza pubblica;dell’art. 97, Cost., e dei princìpi di buon andamento ed economicità dell’operato della p.a. e del relativo dovere di soccorso;eccesso di potere per sviamento, difetto istruttorio, irrazionalità, illogicità, inadeguatezza e manifesta ingiustizia;eccesso di potere per erronei presupposti in fatto e diritto e contraddittorietà;in subordine, illegittimità in parte qua del bando di gara e del capitolato speciale d’appalto;in ulteriore subordine, illegittimità dei provvedimenti di ammissione o di non esclusione quanto alle successive fasi di gara per il lotto n. 3 e, se del caso, del lotto n. 2, delle società concorrenti Vivenda s.p.a. ed Il Cuore di Napoli s.r.l., nonché dei verbali, non altrimenti cogniti, delle sedute di gara, con particolare riguardo ai verbali n. 6 del 13 marzo 2008, n. 8 del 1° aprile 2008 e n. 9 del 21 aprile 2008.
C) Successivamente alla proposizione del gravame in trattazione, gli odierni ricorrenti proponevano due atti di motivi aggiunti;con il primo impugnavano, oltre ai provvedimenti già contestati con le doglianze prospettate in via principale, il decreto rettorale di nomina della commissione, prospettando l’illegittimità dell’operato della stessa e deducendo a tal fine, quanto alle modalità di apertura della busta “B”, contenente il progetto tecnico, la violazione delle regole in materia di verbalizzazione delle operazioni di gara e di funzionamento degli organi collegiali, dei princìpi di giusto procedimento, trasparenza, imparzialità e par condicio ;omessa verbalizzazione delle dovute cautele nella custodia delle buste, a salvaguardia dell’integrità dei plichi;del regolare, trasparente ed imparziale svolgimento della gara;violazione del principio di segretezza dell’offerta tecnica e della lex specialis di gara;sulla composizione e sull’operato della commissione di gara, violazione dell’art. 84, d.lgs. n.163/2006;quanto all’esclusione dell’offerta dei ricorrenti: illegittimo operato dell’amministrazione per eccesso di potere per contraddittorietà, erronei presupposti, travisamento dei fatti, carenza ed illogicità della motivazione.
Con il secondo atto dei citati motivi aggiunti i ricorrenti censuravano la valutazione delle offerte operata dalla commissione di gara nonché la successiva aggiudicazione del lotto n. 3 alla s.p.a. Serenissima, controinteressata, deducendo la violazione del combinato disposto degli artt. 86, 121 e 124, d.lgs. n.163/2006, e della disciplina di gara per mancata fissazione della soglia di anomalìa dell’offerta e della successiva verifica ed eccesso di potere per erronei presupposti (oltre a quanto già dedotto nel ricorso introduttivo);
D) Si costituivano in giudizio l’intimata Università e le due società Vivenda e Serenissima e Ristorazione, che resistevano al ricorso, poi passato in decisione con sentenza breve , rilevante la manifesta infondatezza, ex art. 9, legge 21 luglio 2000 n. 205), ricorrendone tutti i presupposti (completezza del contraddittorio processuale e del materiale istruttorio) ed essendo venuto meno pure ogni fondamento della proposta azione risarcitoria, donde il rigetto del ricorso introduttivo (per inammissibilità e/o infondatezza ) a spese compensate.
Il Consorzio soccombente interponeva appello , riproponendo tutte le censure già sostanzialmente dedotte in primo grado.
E) Si costituiva in giudizio la Serenissima Ristorazione, resistendo all’appello ed alla connessa domanda cautelare (poi respinta con ordinanza n. 4480/2009 di questa stessa sezione, per carenza di fumus ), mentre il fascicolo di primo grado non poteva essere acquisito, essendosi smarrito, e veniva motivatamente disattesa in parte (quanto alla documentazione concernente le offerte tecniche) una richiesta di accesso documentale priva dei necessari presupposti di legge.
Anche l’Università Tor Vergata si costituiva in giudizio e resisteva al gravame, condividendo in sostanza le prospettazioni di cui alla gravata pronuncia.
F) All’esito della pubblica udienza di discussione la vertenza passava in decisione, dopo il deposito di rispettive memorie riassuntive e conclusive di Serenissima Ristorazione e del Consorzio Consibar.
DIRITTO
L’appello è infondato e va respinto .
I) Il collegio osserva che la contestata determinazione di esclusione era stata adottata, ai sensi dell’art. 5 del capitolato speciale - contemplante, ai fini della partecipazione, la presentazione di una dichiarazione sottoscritta, pena l’esclusione, dal rappresentante legale, in cui si sarebbero dovuti indicare gli elementi elencati dal punto a) al punto p) della citata disposizione, nonché l’allegazione, sempre a pena di esclusione, della fotocopia di un valido documento di identità del soggetto autore della citata dichiarazione - in quanto la dichiarazione presentata dal Consorzio Consibar 2004 non risultava sottoscritta dal dichiarante, del cui documento di riconoscimento non era stata allegata copia.
II) Secondo i ricorrenti la dichiarazione plurima non sottoscritta sarebbe stata contenuta nel plico controfirmato dall’interessato sui lembi di chiusura, per cui non sarebbero potuti sussistere dubbi sulla legittima provenienza della stessa;gli elementi di cui alla dichiarazione non sottoscritta si sarebbero potuti dedurre dalle altre due dichiarazioni di analogo contenuto rese per partecipare alle altre due gare relative ai due punti di ristoro da gestire nelle Facoltà di economia e lettere e filosofia, nonché dalla sottoscrizione da parte del Consorzio del bando, del capitolato speciale e dei suoi allegati.
Ritiene il collegio che tale prospettazione non sia condivisibile, atteso che il capitolato speciale prevedeva chiaramente l’esclusione di un’impresa concorrente che non avesse presentato la dichiarazione de qua debitamente sottoscritta dal legale rappresentante, per cui una tale formalità non poteva essere in alcun modo surrogata dalle circostanze addotte dagli originari ricorrenti, avuto presente il consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr. Cons. St., sez. V, sent. n. 4252/2008) secondo cui, nelle procedure per l'affidamento di appalti pubblici, l'inosservanza di una determinata previsione del bando di gara o della lettera d'invito, circa le modalità di presentazione dell'offerta, implica l'esclusione del concorrente quando la medesima previsione sia univoca (ciò che senz’altro va ravvisato nel caso di specie, in cui risultava necessaria la sottoscrizione della dichiarazione, contenente gli elementi indicati nel capitolato).
III) Sempre secondo la parte originaria ricorrente, la stazione appaltante avrebbe dovuto acquisire d’ufficio, in applicazione dell’art. 18, legge n. 241/1990, la documentazione necessaria per la definizione del procedimento, laddove la stessa era stata messa a disposizione dal privato.
Anche tale deduzione va respinta.
Secondo una condivisibile giurisprudenza (cfr. Cons. St., sez. V, n. 364/2004), “il principio della sanabilità delle irregolarità formali, di derivazione comunitaria e rilevante anche nell'ordinamento interno, consente di attenuare il rilievo di prescrizioni formali che non incidano sull'assetto sostanziale degli interessi coinvolti nella procedura di gara né alterino le regole riguardanti la par condicio tra i concorrenti, ma ciò non impedisce d’individuare alcuni limiti generali alla regola della sanatoria, che non opera quando difettino requisiti essenziali dei documenti prodotti dalle parti (nella specie, la mancanza della sottoscrizione riguardava proprio un elemento fondamentale dell'atto, incidendo sull’individuazione stessa della dichiarazione come documento effettivamente imputabile al soggetto indicato come dichiarante.
Altrimenti opinando, per di più in contrasto con le previsioni del bando, si altererebbe anche la par condicio tra le imprese e si violerebbe il principio di autoresponsabilità, per il quale l’impresa partecipante alla gara d’appalto risponde della mancata produzione di atti, ad essa imputabile.
IV) Poiché l’amministrazione deve fare applicazione dei princìpi di par condicio e di osservanza dei tempi procedimentali (cfr. Cons. St., sez. IV, sent. n. 6684/2002), nella specie del tutto legittimamente si è tenuto conto della mancata sottoscrizione della dichiarazione: la necessità di questa, oltre a derivare dalle previsioni del capitolato, discende dai principi generali sulla fonte delle responsabilità, anche di ordine penale, derivanti dalla falsità dell'atto: se il modello di autocertificazione non è sottoscritto, il medesimo non ha nessun significato, non solo giuridico, ma neanche logico, dato che ne viene meno la stessa riconoscibilità esteriore come forma di autocertificazione, per cui si configura l'ipotesi di omessa presentazione di un atto (cfr. Cons. St., sez. V., sent. n. 621/1997).
Del resto, la regola della sanabilità riguarda previsioni secondarie della procedura di gara e non può estendersi a profili d’identificazione dei documenti prodotti dalle parti, onde la possibilità di regolarizzazione concerne solo il completamento o la chiarificazione di documenti o dichiarazioni già versati in atti, per porre rimedio ad incertezze o equivoci generati dall’ambiguità delle clausole del bando e della lettera d’invito o, comunque, presenti nella normativa applicabile alla concreta fattispecie (cfr. Cons. St., sez. V, sent. n. 3685/2002), il che non è configurabile nel caso di specie.
V) Sempre secondo i ricorrenti, la stazione appaltante, ponendo in essere un’illegittima disparità di trattamento, avrebbe consentito ad altre imprese concorrenti d’integrare la documentazione prodotta.
Anche tale censura va respinta.
Il contestato provvedimento ha rilevato la sussistenza della mancata sottoscrizione, sicché nella specie non sussistevano i presupposti per disporre l’integrazione della documentazione, per cui correttamente la stazione appaltante aveva escluso l’offerta della parte attuale appellante.
Inoltre, per una pacifica giurisprudenza, il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento non è configurabile qualora si assuma quale termine di paragone un atto o un comportamento illegittimo (cfr. Cons. St., sez. IV, sent. n. 1482/2008).
VI) Quanto alla dedotta incompetenza del Rettore dell’Università, in sede di adozione del provvedimento di esclusione prot. n.0015005/2008 del 4 aprile 2208, che avrebbe dovuto essere assunto dal dirigente competente per il settore di riferimento, la censura va disattesa, dato che l’esclusione dalla procedura era stata disposta dalla commissione di gara nella seduta del 13 marzo 2008 e che la determinazione rettorale risultava priva di alcun contenuto dispositivo, essendosi limitata unicamente a comunicare l’avvenuta esclusione dalla gara in questione.
VII) Va poi rigettata anche la censura di violazione del principio di proporzionalità della disposizione del capitolato speciale, ove intesa nel senso dell’essenzialità della sottoscrizione della dichiarazione plurima, stante la genericità della sua formulazione, come pure deve concludersi per le altre due censure d’illegittimità della mancata esclusione relativamente al lotto 3 delle imprese Il Cuore di Napoli e Vivenda, nonché dell’operato della Commissione in sede di apertura delle buste B.
In ogni caso, l’impresa doverosamente esclusa dalla gara non è legittimata a contestare il suo ulteriore svolgimento, né a dedurre vizi concernenti la posizione dell'aggiudicatario e di altre partecipanti, una volta constatata l'impossibilità di conseguirne l'aggiudicazione per difetto dei requisiti d’ammissione e partecipazione (cfr. Cons. St., sez. V. sent. n. 6702/2007).
VIII) Relativamente ai primi motivi aggiunti di doglianza, ugualmente inammissibili per difetto di legittimazione risultano quelli con cui era stato contestato lo svolgimento della gara.
Invece, risulta tardiva la censura con la quale era stata prospettata l’illegittima composizione della Commissione giudicante, con conseguente pretesa illegittimità derivata della contestata determinazione di esclusione, atteso che gli odierni ricorrenti ben conoscevano in precedenza e da tempo l’identità dei componenti della commissione esaminatrice, in quanto i legali rappresentanti avevano presenziato alle sedute del suddetto organo, per cui tale vizio si sarebbe potuto dedurre nel termine di decadenza decorrente dalla data del 4 aprile 2008, in cui era pervenuta a mezzo fax la comunicazione dell’avvenuta esclusione.
IX) Inammissibili per carenza di originario interesse risultano le doglianze con cui erano state contestate la valutazione delle offerte operata dalla Commissione di gara e la successiva aggiudicazione del lotto n. 3 alla Serenissima Ristorazione, dato che, anche in tal caso, l’impresa esclusa dalla gara non è legittimata a contestare il suo ulteriore svolgimento né a dedurre vizi concernenti la posizione dell'aggiudicatario e di altre ditte partecipanti, una volta constatata l'impossibilità di conseguire l'aggiudicazione per difetto dei requisiti di ammissione e di partecipazione.
X) In conclusione, l’appello va respinto , con conferma dell’impugnata sentenza , mentre le spese processuali di secondo grado seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, secondo il consueto criterio della soccombenza .