Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-09-24, n. 201205072
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N. 05072/2012REG.PROV.COLL.
N. 09754/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso r.g.n. 9754/2011, proposto dalla C.r.i. - Croce rossa italiana, in persona del presidente in carica, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
il signor S D, rappresentato e difeso dall'avv. J S B, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. M M, in Roma, piazza Bainsizza, 1;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. Marche, Ancona, sezione I, n. 664/2011, resa tra le parti e concernente la nomina a Commissario del Comitato provinciale della C.r.i. di Ascoli Piceno .
Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati.
Visto l'atto di costituzione in giudizio di S D.
Visti tutti gli atti e documenti di causa.
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 12 giugno 2012, il Consigliere di Stato Aldo SCOLA ed uditi, per le parti, l’avvocato dello Stato Tito Varrone e l’avv. J S B.
Ritenuto e considerato, in fatto e diritto, quanto segue.
FATTO
A) Con il ricorso introduttivo veniva impugnata l’ordinanza del Commissario straordinario centrale della Croce rossa italiana in data 11 marzo 2010, n. 98/10, con cui il signor V G era stato nominato Commissario del Comitato provinciale della C.r.i. di Ascoli Piceno in sostituzione del signor S D, ritenuto non più in grado di svolgere i propri compiti istituzionali, avendo assunto ulteriori impegni alle elezioni regionali del 28 e 29 marzo 2010, insieme al d.P.C.M. n. 171/2009, modificante l’art. 51, comma 2, dello statuto dell’associazione.
Si costituiva in giudizio il Comitato centrale della C.r.i..
Veniva accolto il ricorso proposto avverso l’ordinanza commissariale, riconoscendosi il potere del Commissario centrale di nominare o sostituire i Commissari provinciali, nell’esercizio di poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione, essendo risultate illegittime le modalità attraverso cui tale potere era stato concretamente esercitato, per l’accertata violazione delle garanzie partecipative: trattandosi di attività discrezionale, un tempestivo preavviso procedimentale, con conseguente possibilità di accedere agli atti e presentare memorie e documenti difensivi, avrebbe potuto determinare una diversa decisione del Commissario centrale, in relazione al rilievo, dedotto dal signor D, di avere sempre svolto attività politica anche quando era presidente del Comitato provinciale (da 12 anni), circostanza mai interferente con la regolarità delle funzioni esercitate presso la C.r.i..
B) Sul punto il provvedimento poi gravato avrebbe dovuto contenere un’adeguata motivazione, qualora detta prospettazione fosse stata disattesa, non potendo esso limitarsi ad un generico richiamo alle esigenze d’indipendenza e d’imparzialità dell'Associazione, ma dovendo indicare anche le ragioni poste a sostegno del ritenuto pregiudizio quanto al rapporto fiduciario.
Donde l’annullamento dell'ordinanza commissariale n. 98 dell'11 marzo 2010 (dopo un’istanza cautelare respinta con ordinanza n. 343/2012).
Il ricorso risultava invece inammissibile , in accoglimento della corrispondente eccezione dedotta dalla resistente C.r.i., nella parte concernente il d.P.C.M. 20 novembre 2009, n. 171, non essendosi formalmente evocata in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri, adottante il decreto impugnato: il tutto, a spese ed onorari compensati .
La sentenza del T.a.r. è stata impugnata per errore di giudizio dalla C.r.i. soccombente in prime cure, che deduceva come il Commissario straordinario R ignorasse la pregressa attività politica del signor D, con la correlativa determinazione di sostituire i commissari politicamente impegnati e tenuti a segnalarlo, il che il signor D non avrebbe fatto, pur essendo stato informato di tanto, onde l’improspettabilità delle necessarie garanzie partecipative.
I precedenti presidenti dei Comitati C.r.i. regionali, provinciali e locali sarebbero divenuti commissari C.r.i. in base ad un rapporto fiduciario collegato a provvedimenti altamente discrezionali di straordinaria amministrazione , non sindacabili nel merito ed eventualmente revocabili, comunque motivabili in relazione all’ampiezza dei poteri discrezionali spettanti alla pubblica amministrazione (cfr. C.S., sezione VI, dec. n. 17/2008 e dec. n. 4765/2006).
L’appellato S D si costituiva in giudizio ed eccepiva l’illegittima ulteriore proroga dei poteri di commissariamento, di cui l’avv. R avrebbe fruito fino al 31 dicembre 2011 ex art. 5, comma 10, d.l. n. 102/2010, convertito in legge n. 126/2010, in contrasto con il novellato art. 51, comma 2, dello statuto C.r.i.
All’esito della pubblica udienza di discussione la vertenza passava in decisione, dopo il rigetto di un’istanza cautelare n. 343 /2012 di questa stessa sezione VI e previo deposito di una tardiva memoria finale da parte del signor D.
DIRITTO
L’appello è infondato nel merito e va respinto , il che permette di prescindere dall’esame della problematica attinente all’ulteriore proroga accordata - in modo asseritamente contrastante con lo statuto - al commissario straordinario della C.r.i..
I) La natura giuridica della C.r.i., quale definita dall’art. 1, d.P.R. n. 613 del 31 luglio 1980 (riordinamento della Croce rossa italiana), nel testo sostituito dall’art. 7, d.l. 20 settembre 1995, n. 390, convertito nella legge 20 novembre 1995, n. 490, come “ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico e, in quanto tale”…..“ soggetto alla disciplina normativa e giuridica degli enti pubblici” (come da ultimo rilevato dal Consiglio di Stato, sez. IV, con sent. 24 marzo 2010 n. 1723), avrebbe dovuto implicare che al caso in esame dovessero applicarsi i princìpi elaborati in relazione ai procedimenti disciplinari concernenti l’impiego burocratico, esclusa ogni configurazione meramente fiduciaria del rapporto di servizio.
II) In virtù, pertanto, di tali princìpi, costantemente affermati dalla giurisprudenza amministrativa, sulla base del dettato costituzionale e, in particolare, in rapporto al diritto di difesa, il provvedimento sanzionatorio in questione, consistente nell’allontanamento dell’appellato dall’incarico assegnatogli con regolare elezione – a prescindere da ogni ulteriore profilo attinente alla legittimazione ad assumerlo – non avrebbe potuto essere legittimamente emesso senza che fossero state valutate le controdeduzioni dell’interessato e senza che su di esse si fosse compiuta un’adeguata istruttoria e, conseguentemente, espressa una congrua motivazione (tanto più che il signor D legittimamente non aveva segnalato di essersi candidato alle elezioni non politiche - oggetto dell’attenzione del commissario straordinario - ma solo regionali , il che non trovava ostacoli in alcuna disposizione statutaria).
III) Nella specie, il provvedimento appariva carente sotto il profilo del dovuto preavviso procedimentale (in assenza di ogni pur doverosa garanzia partecipativa) e di una compiuta indagine in ordine agli elementi contestati, nonché della conseguente motivazione, oltre che dell’indiscussa circostanza che mai si erano verificati inconvenienti o conflitti d’interessi riconducibili o addebitabili al citato impegno politico-regionale del signor D (contrariamente a quanto verificatosi presso i Comitati provinciali di Roma, Latina ed altri centri), sintomaticamente ritenuto titolare di una carica politica solo …… “ potenzialmente idonea , in linea oggettiva, a determinare delle turbative”……. (cfr. atto d’appello, pag. 8): il che risulta poi confermato dall’incontestata circostanza che il provvedimento commissariale di sostituzione dell’attuale appellato (per 90 giorni, eventualmente rinnovabili) con il neo designato signor V G non ha mai avuto esecuzione concreta, per cui la corretta gestione assicurata dal signor D ne ha tratto ulteriore sostegno, a comprovato vantaggio del servizio fornito dalla C.r.i..
Conclusivamente, l’appello va dunque respinto , con conferma dell’impugnata sentenza (e definitiva caducazione degli atti gravati in prima istanza), che si sottrae alle dedotte censure, mentre le spese e gli onorari del giudizio di seconda istanza si liquidano come in dispositivo, secondo il consueto criterio della soccombenza .