Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-01-07, n. 201900161
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Pubblicato il 07/01/2019
N. 00161/2019REG.PROV.COLL.
N. 04578/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4578 del 2018, proposto da -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall’Avvocato G R e dall’Avvocato P L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio eletto presso lo studio dello stesso Avvocato P L in Roma, via Giovanni Antonelli, n. 15;
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro
pro tempore
, e Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di -OMISSIS-, in persona del Prefetto
pro tempore
, rappresentato e difeso
ex lege
dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma
della sentenza n. -OMISSIS-del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sede di Milano, sez. I, resa tra le parti, che ha respinto il ricorso, integrato dai motivi aggiunti, proposto dalla odierna appellante, -OMISSIS-, avverso il provvedimento prefettizio prot. -OMISSIS-, adottato dalla Prefettura di -OMISSIS- il -OMISSIS-ai sensi dell’art. 89- bis del d. lgs. n. 159 del 2011 nei confronti di -OMISSIS-
visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e dell’Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di -OMISSIS-;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 dicembre 2018 il Consigliere Massimiliano Noccelli e uditi per l’odierna appellante, -OMISSIS-, l’Avvocato Saverio Sticchi Damiani su delega dell’Avvocato G R e su delega dichiarata dell’Avvocato P L e per gli odierni appellati, il Ministero dell’Interno e la Prefettura di -OMISSIS-, l’Avvocato dello Stato Wally Ferrante;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’odierna appellante, -OMISSIS-, ha impugnato avanti al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sede di Milano, il provvedimento prefettizio prot. n. -OMISSIS-, adottato dalla Prefettura di -OMISSIS- il -OMISSIS-ai sensi dell’art. 89- bis del d. lgs. n. 159 del 2011.
1.1. La società ricorrente, nel chiedere l’annullamento dell’informazione antimafia, ne ha censurato la contrarietà agli artt. 84 e ss. del d. lgs. n. 159 del 2011 e il difetto di istruttoria in quanto, sostanzialmente, essa esprimerebbe mere congetture, elaborate solo in forza dei rapporti di parentela e di affinità tra i soci di -OMISSIS- e persone appartenenti alla criminalità organizzata, senza dimostrare che il vincolo parentale si è tradotto in una concreta contiguità con ambienti malavitosi.
1.2. Nel primo grado del giudizio si sono costituiti il Ministero dell’Interno e la Prefettura di -OMISSIS- per resistere al ricorso e ai motivi aggiunti, di cui hanno chiesto la reiezione.
1.3. Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sede di Milano, con la sentenza n.-OMISSIS-, ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti, proposti da -OMISSIS-, e l’ha condannata a rifondere le spese del grado nei confronti del Ministero dell’Interno.
2. Avverso tale sentenza ha proposto appello -OMISSIS-, con un unico articolato motivo incentrato sulla violazione dell’art. 89- bis del d. lgs. n. 159 del 2011 e sull’eccesso di poter per sviamento e contraddittorietà nella motivazione, e ne ha chiesto, previa sospensione dell’esecutività, la integrale riforma.
2.1. Si sono costituiti il Ministero dell’Interno e la Prefettura di -OMISSIS- per resistere all’appello, di cui hanno chiesto la reiezione.
2.2. Con l’ordinanza n. -OMISSIS-la Sezione ha respinto l’istanza cautelare proposta dalla società appellante ai sensi dell’art. 98 c.p.a.
2.3. Infine, nella pubblica udienza del 13 dicembre 2018, il Collegio, sentiti i difensori delle parti, ha trattenuto la causa in decisione.
3. L’appello è infondato.
4. L’odierna appellante sostiene che il primo giudice avrebbe fondato il proprio convincimento sulla base dei soli legami parentali delle socie con soggetti condannati in passato per associazione mafiosa (1997), non ravvisandosi, né nel provvedimento prefettizio né nella pronuncia impugnata, ulteriori concreti elementi tali da giustificare l’adozione della misura.
4.1. I parametri indicati dal Tribunale amministrativo regionale non troverebbero alcun riscontro fattuale, ad avviso dell’appellante, in elementi diversi dalla parentela, da cui poter trarre la conclusione che le risorse finanziarie utilizzate per l’avvio dell’attività di -OMISSIS- provengano dal clan -OMISSIS- o che i ricavi dell’attività siano confluiti in favore del medesimo clan, essendosi al contrario offerta prova documentale, da parte dell’appellante, dell’assenza di utili e dell’utilizzo dei ricavi per il sostentamento dell’attività imprenditoriale, elementi dai quali trarre la doverosa conclusione della totale estraneità di una “direzione esterna” di -OMISSIS-
4.2. Anche nella memoria di replica depositata il 22 novembre 2018 per l’udienza del 13 dicembre 2018 l’appellante evidenzia e ribadisce che, nonostante i legami parentali, non è possibile ipotizzare né verificare qualsiasi fattiva ingerenza mafiosa nella gestione della società rispetto ai soci di -OMISSIS-, che risulterebbero totalmente estranei alle vicende anche attuali del clan -OMISSIS-.
4.3. -OMISSIS-, oltre a richiamare l’orientamento di questo Consiglio di Stato, menziona anche la pronuncia n. 111 del 30 novembre 2017, depositata il 4 gennaio 2018, delle Sezioni Unite, secondo cui è sempre necessario, per l’applicabilità delle misure di prevenzione personali, il requisito dell’attualità, non potendo l’applicazione della massima di esperienza, desumibile dalla tendenziale stabilità del vincolo parentale, sostenere genericamente l’accertamento del pericolo attuale.
5. Le censure della società appellante, sin qui sinteticamente ricordate, non possono in alcun modo trovare accoglimento.
5.1. -OMISSIS- è una società costituita il -OMISSIS-ed ha iniziato l’attività di lavori generali e di costruzioni edili il -OMISSIS-.
5.2. Il suo capitale sociale è ripartito tra i tre soci, -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-, che ha acquisito tale quota dalla figlia -OMISSIS-con atto del -OMISSIS-.
5.3. -OMISSIS-, oltre ad essere soggetto pluripregiudicato con condanna irrevocabile per associazione di tipo mafioso ai sensi dell’art. 416- bis c.p., è soggetto affiliato al clan -OMISSIS-.
5.4. Non vi è dubbio che tali elementi – la struttura familiare della società, riconducibile a -OMISSIS-, soggetto intraneo al clan – pienamente giustifichino la valutazione di permeabilità mafiosa dell’impresa, riconducibile ad una conduzione collettiva e ad una regìa familiare fortemente contigua, tuttora, ad associazioni di stampo mafioso.
5.5. L’attualità del grave pericolo infiltrativo, correttamente valorizzato dalla sentenza impugnata con ampio corredo motivazionale, non è per nulla scalfito dal rilievo secondo il quale -OMISSIS-, scontata la propria pena per fatti risalenti, non risulterebbe più organico a dette associazioni sulla base di elementi concreti e attuali.
5.6. Tale rilievo è contraddetto, come ha ben ritenuto la sentenza impugnata, dalle operazioni “ -OMISSIS- ” e “ -OMISSIS- ”, le quali hanno fatto emergere un complessivo quadro istruttorio che denota la vicinanza dei fratelli -OMISSIS-e -OMISSIS- al sodalizio criminale di stampo mafioso per la partecipazione al quale essi sono stati condannati, legame mantenuto durante e dopo l’espiazione della pena.
5.7. Né la società appellante ha addotto elementi nuovi, di segno contrario, che smentirebbero la persistente vicinanza di -OMISSIS-a contesti mafiosi, segnando una netta cesura rispetto al passato, in quanto occorre sul punto rammentare che, per la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, il superamento del rischio di inquinamento mafioso è da ricondursi non tanto al trascorrere del tempo dall’ultima verifica effettuata senza che sia emersa alcuna evenienza negativa, bensì al sopraggiungere di fatti positivi che persuasivamente e fattivamente introducano elementi di inattendibilità della situazione rilevata in precedenza (v., ex plurimis , Cons. St., sez. III, 17 febbraio 2017, n. 739).
5.8. Sulla stessa linea, diversamente da quanto sostiene l’appellante, si situa anche la giurisprudenza della Cassazione in materia di misure di prevenzione personali, laddove ricorda che « occorre confrontarsi, al fine della valutazione di persistente pericolosità, con qualsiasi elemento di fatto suscettibile, anche sul piano logico, di mutare la valutazione di partecipazione al gruppo associativo, al di là della dimostrazione di un dato formale di recesso dalla medesima - anche lì dove sia possibile evocare astrattamente un recesso, che si può connettere solo ad attività partecipativa -, quale può ravvisarsi nel decorso di un rilevante periodo temporale o nel mutamento delle condizioni di vita, tali da renderle incompatibili con la persistenza del vincolo » (Cass., Sez. Un., 30 novembre 2017, n. 111).
5.9. La doverosa attualizzazione del pericolo infiltrativo, anche per quanto attiene alle informazioni antimafia, richiede di valutare se siano intervenuti elementi di fatto suscettibili di mutare, anche sul piano logico, la valutazione di contiguità mafiosa, che nel caso di specie non può ritenersi elisa o attenuata dal mero trascorrere del tempo, stante la ininterrotta “contiguità”, per non dire partecipazione, di -OMISSIS-a logiche mafiose.
6. La vicinanza di -OMISSIS-al clan -OMISSIS- costituisce, insomma, un dato ancora attuale che, stante la struttura incontestabilmente familiare di -OMISSIS- (di cui peraltro egli è socio, seppure in minima misura), pienamente giustifica la valutazione di permeabilità mafiosa a suo carico da parte della Prefettura di -OMISSIS-, con tutto ciò che ne consegue sul piano interdittivo, non bastando a smentire tale nucleo motivazionale la affermata provenienza lecita delle risorse finanziarie utilizzate per l’avvio dell’attività di -OMISSIS-
7. Ne consegue che la sentenza impugnata, la quale ha correttamente apprezzato la gravità e l’attualità del quadro indiziario posto a base del provvedimento prefettizio, denotante il pericolo infiltrativo all’interno dell’impresa, merita integrale conferma, con la conseguente reiezione dell’appello.
8. Le spese del presente grado del giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza dell’odierna appellante.
8.1. Rimane definitivamente a suo carico anche il contributo unificato richiesto per la proposizione dell’appello.