Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2017-09-27, n. 201704519
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Pubblicato il 27/09/2017
N. 04519/2017REG.PROV.COLL.
N. 01442/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1442 del 2011, proposto da L V T s.p.a. (in seguito anche società Lazzi), in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentata e difesa dagli avvocati V C e G M, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Lessona in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;
contro
il Ministero dello Sviluppo Economico (in seguito anche MISE, o Ministero), in persona del Ministro “pro tempore”, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Banca Italease s.p.a., non costituitasi in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. TOSCANA -FIRENZE -SEZIONE I, n. 63/2010, pronunciata tra le parti, concernente revoca contributo -recupero somme erogate, con la quale è stato respinto, a spese compensate, il ricorso proposto per l’annullamento:
“del decreto del Ministero dello Sviluppo Economico -Direzione Generale per il Coordinamento degli incentivi alle imprese del 29 settembre 2008, DM IX/RC/9, progetto 63902/12 CUP B43G99000140018, con relativa nota di trasmissione, successivamente comunicato alla società ricorrente, con cui è stata disposta la revoca del decreto ministeriale n. 118099 del 19 luglio 2002 con il quale era stato concesso alla società ricorrente un contributo in c/impianti complessivo di € 240.303,00, commisurato, quanto a € 188.472,00 a investimenti di diretto acquisto dell’impresa beneficiaria per € 2.370.000,00 e, quanto a € 51.831,00 a investimenti da acquisire con operazioni di locazione finanziaria mediante l’Istituto collaboratore Professional Ducato Leasing S.p.a. per € 635.000,00 ed è stato, quindi, disposto il recupero dell’importo di € 216.272,70 corrispondente alle somme rese disponibili presso la Banca concessionaria, delle quali € 169.624,80 corrispondenti alle somme erogate all’impresa da restituirsi direttamente dall’impresa stessa ed € 46.647, 90 corrispondenti alle somme erogate dall’istituto collaboratore e parzialmente o totalmente trasferite all’impresa da restituirsi direttamente dall’impresa o dall’istituto collaboratore, tutto oltre rivalutazione monetaria sulla base degli indici ISTAT e oltre interessi legali, nonché di ogni altro atto allo stesso comunque presupposto, connesso o consequenziale, ancorché non conosciuto dalla ricorrente, ed in particolare, per quanto occorrer possa, della richiamata “Relazione sullo stato finale del programma di investimenti” redatta dalla Banca per il Leasing Italease S.p.a.;del verbale della Commissione del 20 settembre 2006;della comunicazione di avvio del procedimento del Ministero dello Sviluppo Economico - Direzione Generale alle Imprese del 16 ottobre 2006 e, infine, della comunicazione del Ministero dello Sviluppo Economico - Direzione Generale alle Imprese prot. n. 1065960 del 21 novembre 2006”;
Visto il ricorso in appello, con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero;
Viste le memorie difensive della società appellante e del Ministero;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del 21 settembre 2017 il cons. M B e uditi per le parti gli avvocati V C per la società appellante e A U N dell'Avvocatura generale dello Stato per il MISE;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Viene in decisione l’appello in epigrafe, proposto dalla società Lazzi contro la sentenza n. 63 del 2010 con la quale il Tar per la Toscana ha respinto, a spese compensate, il ricorso promosso dalla società stessa avverso il DDG del MISE del 29.9.2008 –progetto 63902 / 12 col quale è stato revocato il DDG del 19.7.2002, recante concessione in via provvisoria alla ricorrente di un contributo in conto impianti di circa 240.000 €, ed è stato disposto il recupero di un importo di circa 216.000 € corrispondente alle somme rese disponibili presso la Banca concessionaria Italease.
2.Con la sentenza appellata il Tar ha, in particolare:
-premesso e precisato in punto di fatto che:
-nel gennaio del 2002 la società Lazzi aveva presentato al Ministero (all’epoca, delle Attività Produttive) domanda di agevolazione per ottenere un contributo in conto impianti per la realizzazione di un programma di interventi di manutenzione straordinaria e ristrutturazione di 51 villette, e per la costruzione “ex novo” di una palestra, all’interno del complesso turistico denominato “Riva degli Etruschi”, sito in San Vincenzo (LI) e gestito dalla società stessa;
-con DDG in data 19.7.2002 il Ministero aveva concesso in via provvisoria alla società un contributo in conto impianti di circa 240.000 €;
-il programma in questione era stato ultimato entro il 31 dicembre 2003 dopo di che la Banca concessionaria Italease aveva predisposto una relazione tecnica con la quale confermava l’avvenuta realizzazione del programma e l’agevolabilità della iniziativa, e proponeva di concedere in via definitiva il contributo, pur segnalando che alcuni titoli di spesa, indicati nella relazione, erano da ritenere in tutto o in parte non ammissibili in quanto antecedenti alla data della presentazione della domanda di agevolazione (nella relazione, la motivazione dell’esclusione è la seguente: “Fatt. n … del … non ammessa perché precedente la data di ammissibilità delle spese del 31.1.2002”). Come emerge dagli atti di causa e dalla parte in Diritto della decisione appellata si trattava, in particolare, di sei fatture relative a lavori riguardanti le villette, per un importo complessivo di circa 52.500 €, e di una fattura emessa da ENEL Distribuzione s.p.a. inerente allo spostamento di un contatore nell’ambito dei “servizi annessi”;
-successivamente, nel maggio del 2006, la Commissione ministeriale incaricata dell’accertamento della spesa dell’iniziativa finanziata, riteneva di non poter confermare l’agevolabilità della iniziativa, avendo accertato l’inserimento nel programma di titoli di spesa –le sei fatture suindicate- emessi con data anteriore a quella di presentazione della domanda, e avendo considerato detti interventi pertinenti al programma medesimo;
-sulla scorta di tali conclusioni il Ministero ha inviato alla società Lazzi l’avviso di avvio del procedimento di revoca delle agevolazioni concesse, al quale è seguìto un carteggio tra la società, la Banca concessionaria Italease e il Ministero, il quale ultimo ha dapprima trasmesso alla società la comunicazione ex art. 10 bis della l. n. 241 del 1990 sulla non accoglibilità delle deduzioni formulate e ha quindi emesso il DDG di revoca del decreto del 19.7.2002 di concessione in via provvisoria del contributo. Nel provvedimento impugnato in primo grado viene richiamato in particolare il “verbale di accertamento spesa” del 2006 con il quale la Commissione ministeriale in sede di “controllo e ispezione” ha segnalato l’insorgenza delle condizioni di revoca del contributo, avendo accertato l’inserimento nel programma di titoli di spesa emessi con data anteriore a quella della presentazione della domanda di ammissione al contributo, e di averli considerati pertinenti al programma medesimo: dal che, la non agevolabilità della iniziativa, “tenuto conto dell’orientamento giurisprudenziale che, alla luce dei principi comunitari di addizionalità e necessità in tema di aiuti di Stato, stabilisce la non ammissibilità a finanziamento degli interventi già avviati prima della presentazione del modulo di ammissione ai contributi”. Nell’impugnato DDG di revoca del contributo, e contestuale recupero di somme, si fa riferimento inoltre alle deduzioni formulate dalla società e dalla Banca concessionaria in ordine ai titoli di spesa in questione.
La sentenza ha poi:
- rilevato che l’inclusione delle fatture suindicate nella documentazione contabile relativa all’intervento finanziato ha indotto il Ministero a ritenere che la iniziativa fosse stata avviata prima della data di presentazione della domanda, “in contrasto con l’art. 3, punto 3.8. della Circolare n. 900516 del 13 dicembre 2000 (secondo cui) possono considerarsi ammissibili alle agevolazioni solo le spese inserite in programmi di investimento avviati a partire dal giorno successivo a quello di presentazione del modulo di domanda”;
- puntualizzato che nel ricorso non si nega né che non sono ammissibili a finanziamento gli interventi, pertinenti al progetto, già avviati prima della presentazione della domanda di ammissione ai contributi, e neppure che le fatture sopra indicate avessero una data precedente alla presentazione della domanda;
- respinto la tesi attorea per cui le fatture in questione si riferivano a interventi precedenti ed estranei al progetto finanziato e che le stesse erano state inserite nella rendicontazione finale per mero errore;
- osservato in particolare che dagli atti depositati in giudizio non emerge che la società avesse segnalato per tempo, sin dal febbraio del 2006, alla Banca concessionaria, l’inserimento erroneo, nella contabilità del progetto, di alcune fatture precedenti alla domanda e non pertinenti al progetto finanziato. Dagli atti emerge invece che solo con la comunicazione del 7 giugno 2006 l’impresa ebbe a segnalare alla Banca l’errato inserimento, nella contabilità riferita all’intervento finanziato, delle fatture precedenti e (asseritamente) non pertinenti, e che tale comunicazione è successiva sia alle visite ispettive in base alle quali la Banca concessionaria ha predisposto la propria relazione sullo stato finale del programma di investimenti, e sia al citato accertamento della Commissione ministeriale del 12 maggio 2006. Tali conclusioni trovano sostegno nella dichiarazione del 3 maggio 2004 prodotta dalla società con la documentazione finale di spesa relativa alla iniziativa agevolata, secondo la quale detta documentazione era riferita “a spese sostenute unicamente per la realizzazione dell'iniziativa”;
- soggiunto che spettava alla società l’onere di dimostrare che tra i documenti presentati erano state inserite in modo erroneo fatture non pertinenti, e che le considerazioni svolte dalla ricorrente a questo riguardo nell’ambito del procedimento amministrativo “risultano per lo più assertive e, pur fornendo letture non inattendibili delle fatture contestate, non appaiono sufficienti per soddisfare l’onere probatorio” incentrato sulla –soltanto affermata ma non comprovata- estraneità e non pertinenza delle spese rispetto all’oggetto dell’intervento finanziato.
3.La società Lazzi ha impugnato la sentenza censurandone argomentazioni e statuizioni con tre motivi.
Con il primo motivo si sostiene che la sentenza sarebbe erronea per avere ritenuto che la società ricorrente non avrebbe fornito prova dell’erroneo inserimento nel programma di investimenti di fatture, antecedenti la data di presentazione della domanda, non pertinenti. In particolare, la sentenza sarebbe errata nella parte in cui non ha considerato che sin dal febbraio del 2006 la società Lazzi aveva segnalato l’inserimento erroneo, alla Banca concessionaria, delle fatture non pertinenti, invitando la Banca Italease a effettuare il controllo, svoltosi poi nel marzo 2006.
La sentenza avrebbe altresì errato nell’affermare che l’impresa non avrebbe fornito elementi chiari ed esaustivi atti a dimostrare la estraneità dei titoli di spesa rispetto al progetto finanziato.
L’appellante deduce che sarebbe spettato al Ministero verificare la sussistenza dei presupposti per la revoca del contributo, misura che, invece, sarebbe stata disposta sulla base del solo dato dell’anteriorità delle spese alla domanda.
Si soggiunge che le controdeduzioni formulate al Ministero, nel novembre del 2006, sotto forma di dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà e con l’espresso richiamo agli articoli 47 e 76 del d.P.R. n. 445 del 2000, sono state rese nella stessa forma della dichiarazione del 3 maggio 2004 con la quale l’impresa, nel depositare la documentazione finale, aveva dichiarato che la documentazione stessa si riferiva “a spese sostenute unicamente per la realizzazione” dell’investimento.
Il giudice di primo grado avrebbe sbagliato nel riconoscere alla dichiarazione del 2004 un’efficacia probatoria per così dire “rinforzata” rispetto alla dichiarazione resa successivamente dalla società medesima.
Diversamente da quanto ritenuto in sentenza, le dichiarazioni compiute dalla società nell’ambito del procedimento amministrativo e la perizia di parte prodotta in giudizio sono idonee a dimostrare la non riferibilità dei titoli di spesa in questione al progetto oggetto di finanziamento.
Inoltre, nella rendicontazione finale dei titoli di spesa, la società non ha inserito alcun titolo, pertinente al programma oggetto di agevolazione, avente data anteriore a quella di presentazione della domanda, posto che, come già rilevato, sin dal febbraio del 2006 la società aveva segnalato alla Banca Italease di avere inserito, per mero errore, tra i giustificativi di spesa, alcune fatture che, in realtà, riguardavano altri e diversi interventi, relativi in particolare all’approvvigionamento di materiali utilizzati nel corso della stagione invernale per l’esecuzione di interventi di manutenzione su villette del complesso turistico diverse e ulteriori da quelle oggetto dei lavori di ristrutturazione per i quali era stata domandata l’agevolazione.
Anche la Banca concessionaria aveva verificato la non riferibilità delle fatture c. d. “precedenti”, al programma di investimenti in questione.
Sotto un diverso profilo, parte appellante deduce che, contrariamente a quanto affermato in sentenza, il Ministero non ha compiuto alcuna verifica concreta, prima dell’adozione del provvedimento impugnato, circa la fondatezza nel merito delle giustificazioni addotte dalla impresa e, comunque, circa la riconducibilità dei titoli di spesa in discussione al progetto finanziato, non bastando, per giustificare l’impossibilità di accogliere le controdeduzioni della società, la circostanza che nella dichiarazione allegata alla rendicontazione finale di spesa del 3 maggio 2004, prima quindi della scoperta dell’errore, avvenuta nel febbraio del 2006, la società Lazzi avesse affermato che la documentazione prodotta era regolare e si riferisse a spese sostenute unicamente per realizzare l’iniziativa in argomento.
Appare evidente inoltre l’illegittimità del provvedimento impugnato in primo grado anche per difetto di motivazione, avendo il Ministero confermato le conclusioni della Commissione senza giustificazione alcuna circa la non accoglibilità delle argomentazioni svolte dalla società ricorrente.
Con il secondo motivo di appello, nel dedurre erronea valutazione su questione decisiva della controversia – travisamento di fatto –difetto di istruttoria e di motivazione –omessa pronuncia, viene ribadita l’erroneità della sentenza impugnata per non avere riconosciuto l’illegittimità del provvedimento impugnato là dove il Ministero ha disposto la revoca dell’agevolazione concessa alla società senza in realtà avere compiuto alcuna verifica in ordine alla riferibilità effettiva, delle fatture aventi data anteriore al 31 gennaio 2002, al programma oggetto di investimenti.
Nell’atto di appello viene riaffermata in dettaglio la correttezza delle argomentazioni svolte dalla società Lazzi in ordine alla estraneità delle fatture “antecedenti” rispetto al progetto finanziato.
Si sottolinea che lo svolgimento di un’accurata e doverosa attività istruttoria avrebbe chiarito alla Commissione e al Ministero l’esattezza delle affermazioni della società Lazzi sulla non pertinenza delle spese anteriori al 31 gennaio 2002.
Si soggiunge che il Ministero, così come la Commissione, avrebbero concluso in maniera erronea per la revoca del contributo sulla base del solo dato formale della anteriorità di alcune voci di spesa pertinenti al programma rispetto alla data di presentazione della domanda, senza effettuare alcuna verifica o accertamento sulle giustificazioni addotte dalla impresa in merito all’erroneo inserimento di fatture inerenti materiali e interventi relativi a villette del medesimo complesso, ma diverse da quelle interessate dal programma di investimento.
La sentenza non può essere condivisa anche nella parte in cui il Tar ha ritenuto non sufficienti gli elementi probatori forniti dalla società Lazzi a sostegno dell’illegittimità del decreto di revoca anche sotto il profilo del difetto di istruttoria.
Infine con il terzo motivo di impugnazione l’appellante ripropone le censure sulla questione relativa al mancato raggiungimento dei livelli occupazionali, aspetto ritenuto non rilevante dalla pronuncia oggetto di gravame poiché ad avviso del Tar “il profilo occupazionale risulta estraneo al provvedimento” di revoca, la legittimità del quale dev’essere valutata solo con riferimento alla “ritenuta non ammissibilità a finanziamento degli interventi in questione poiché già avviati prima della presentazione della domanda di ammissione ai contributi”.
Il Ministero dello Sviluppo economico si è costituito per resistere.
All’udienza del 21 settembre 2017 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
4. L’appello è infondato e va respinto.
La sentenza è corretta e va confermata.
In via preliminare pare opportuno rammentare, anche se a questo riguardo non vi è contestazione alcuna da parte della società appellante, che con riferimento alla nozione di ‘avvio a realizzazione degli investimenti’, le norme del Trattato di Roma (art. 87 e segg.) e del diritto comunitario derivato della concorrenza ostano ad una lettura la quale consenta di ammettere a finanziamento interventi già avviati in fatto prima della presentazione della domanda di aiuto, in quanto il propendere per una diversa tesi comporterebbe la violazione dei principi comunitari di addizionalità e di necessità in tema di aiuti di Stato, ossia dei principi secondo cui l’incentivo economico di fonte pubblica deve essere volto a favorire un investimento che l’operatore non avrebbe realizzato in assenza dell’aiuto e non già a compensare ex post scelte di investimento che l’imprenditore avrebbe comunque realizzato anche in assenza dell’incentivo (Cons. St. , parere n. 960/2006).
Più in generale, l’ammissibilità degli aiuti di Stato alle imprese costituisce un’eccezione rispetto alla regola della loro contrarietà al diritto della concorrenza.
Spetta dunque alla impresa comprovare la sussistenza delle condizioni di concedibilità dell’agevolazione.
Ancora preliminarmente non pare inutile ricordare che nel presente giudizio non sono contestati i criteri valutativi che riguardano le agevolazioni di cui alla l. n. 488 del 1992 e non si nega la non ammissibilità a finanziamento degli interventi, pertinenti al progetto, già avviati prima della presentazione della domanda di ammissione ai contributi, e neppure che le “fatture antecedenti” avessero effettivamente una data precedente alla presentazione della domanda.
Ciò premesso, ai fini della reiezione del “nucleo centrale” dei primi due motivi di appello riepilogati sopra, al p. 3. , occorre rilevare, e ribadire con il giudice di primo grado, quanto segue.
Anzitutto, dagli atti non risulta comprovato in modo adeguato che sin dal febbraio del 2006 la società Lazzi avesse segnalato alla Banca concessionaria l’inserimento, asseritamente erroneo, delle c. d. “fatture precedenti” alla domanda, per un importo di oltre 52.000 €.
Al contrario, dagli atti risulta comprovato, in primo luogo, che soltanto nel giugno del 2006, vale a dire circa un mese dopo la visita ispettiva effettuata dalla Commissione ministeriale ai sensi dell’art. 11 del regolamento n. 527 del 1995 –secondo cui “in ogni fase e stadio del procedimento il Ministero… può disporre controlli e ispezioni anche a campione sui soggetti che hanno richiesto le agevolazioni, al fine di verificare le condizioni per la fruizione delle agevolazioni medesime…”-,
la società Lazzi ebbe a segnalare alla Banca Italease l’ “inserimento erroneo” di alcune “fatture antecedenti” alla domanda, relative a interventi asseritamente estranei e comunque non pertinenti al progetto finanziato;e in secondo luogo che la società Lazzi, con dichiarazione del 3 maggio 2004, aveva attestato che la documentazione prodotta (comprese dunque le fatture “antecedenti”) era regolare e si riferiva a spese sostenute unicamente per realizzare la iniziativa in questione. Il fatto che la segnalazione alla Banca concessionaria sull’inserimento, asseritamente erroneo, delle c. d. “fatture precedenti”, risulti essere stata compiuta dopo la visita ispettiva ministeriale e risulti quindi “tardiva” e inidonea, di per sé, a corroborare la tesi di parte appellante, “si lega”, appunto, con la “dichiarazione confessoria” della società Lazzi del 3 maggio 2004 sicché, in questo contesto, non si tratta, come sostiene parte appellante, di attribuire alla dichiarazione del 2004 una “valenza rinforzata” rispetto alla dichiarazione sostitutiva del novembre del 2006 relativa all’inserimento erroneo delle c. d. “fatture precedenti” nella rendicontazione finale.
Si tratta, invece, di considerare la contraddizione in cui cade l’impresa laddove sostiene che i titoli di spesa sarebbero stati inseriti erroneamente nella rendicontazione finale dopo avere dichiarato, il 3 maggio del 2004, che la documentazione era regolare e si riferiva a spese sostenute unicamente per realizzare l’iniziativa “de qua”, e dunque di ritenere maggiormente plausibili, e in definitiva condivisibili, le valutazioni rimesse al riguardo al prudente apprezzamento del giudice di primo di grado e compiute da quest’ultimo.
Anche andando alla “sostanza della questione”, attinente alla effettiva avvenuta dimostrazione, o no, della estraneità e non pertinenza, rispetto al programma oggetto di investimento, delle spese indicate nelle c. d. “fatture precedenti” alla presentazione della domanda, a giudizio di questo Collegio di appello –in disparte la questione sulla tardività, poiché successive alla visita ispettiva, delle “giustificazioni” della impresa, e sulla non credibilità delle deduzioni medesime sol perché contraddette dalla dichiarazione del 3 maggio 2004- risulta coerente e non contraddittorio il passaggio argomentativo con il quale il Tar, al p.