Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-02-01, n. 202301132
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Pubblicato il 01/02/2023
N. 01132/2023REG.PROV.COLL.
N. 05955/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5955 del 2022, proposto dall’INPS - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati A G, P M e C C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avv. A G in Roma, via Cesare Beccaria n. 29,
contro
il sig. -OMISSIS-rappresentato e difeso dall’avvocato G A L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,
per la riforma
della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio n. -OMISSIS-, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del sig. -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 26 gennaio 2023, il Cons. G P e viste le conclusioni delle parti come da verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’odierno appellato ha presentato domanda di partecipazione al concorso pubblico, per titoli ed esami, a 189 posti di professionista medico di prima fascia funzionale nei ruoli del personale INPS, indetto con bando pubblicato su G.U. n. 78 del 1° ottobre 2021.
2. Pur avendo superato la prova scritta (con punteggio di 29/30) e quella orale (con punteggio di 26/30), con nota in data 8 aprile 2022 gli è stata comunicata l’esclusione dal concorso sulla base della seguente motivazione: “ nell’ambito delle verifiche effettuate sulle dichiarazioni rese in sede di compilazione della domanda di partecipazione alla selezione, è emerso a Suo carico, nella banca dati del casellario giudiziale, una condanna penale non dichiarata. Poiché Lei non si è attenuto all’obbligo di dichiarazione di cui all’art. 3, comma 9, lett. k), del bando di concorso, con la presente Le notifico l’esclusione dalla procedura concorsuale in oggetto ”.
3. La condanna in questione consiste in un decreto penale di condanna emesso per il delitto di cui all’art. 582, co. 2 c.p. (lesioni personali), convertita nella multa di € 2.250,00 e con pena sospesa ai sensi dell’art. 166 c.p..
4. Alla nota controdeduttiva nella quale il sig. -OMISSIS-faceva presente che la condanna non risultava dal certificato del casellario giudiziario, ha dato risposta l’INPS con nota del 14 aprile 2022 nella quale si legge che l’esclusione è stata assunta in seguito “ di una condanna penale non dichiarata ” e che la tipologia di condanna penale non era riportata nel certificato richiesto a cura dell’interessato (ai sensi dell’art. 24 DPR n. 312/2002) ma lo era in quello richiesto dalla Pubblica Amministrazione (ai sensi dell’art. 28, comma 3, del DPR n. 313/2002.
5. Il sig. -OMISSIS-ha quindi impugnato il provvedimento di esclusione, ottenendone l’annullamento da parte del Tar Lazio il quale, con sentenza n. -OMISSIS- ha evidenziato che:
a) “ l’art. 2 comma 2 del bando, nel prevedere la possibilità per l’Amministrazione di procedere con atto motivato all’esclusione dei candidati che non siano in possesso dei requisiti di ammissione previsti dal bando o che siano destinatari di sentenze penali di condanna ancorché non passate in giudicato”, non fa “espresso riferimento ai decreti penali di condanna ”;
b) “ l’art. 2 comma 2 del bando, …deve essere letto congiuntamente all’art. 2 comma 1 lett. f) che prevede quale requisito di accesso il “non aver riportato condanne penali, ancorché non passate in giudicato, che impediscano la costituzione o la prosecuzione del rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione. La clausola di esclusione da ultimo citata, che, secondo i principi generali, deve essere interpretata in senso necessariamente restrittivo, appare riferita, quindi, solo alle ipotesi, diverse da quella in esame, che per legge possono comportare la destituzione di diritto ai sensi dell’art. 85 comma 1 lett. a) e b) del d.P.R. 3/1957 (e, quindi, tra le altre, alle condanne per reati contro la personalità dello Stato, contro la Pubblica Amministrazione, contro la fede pubblica, per estorsione, truffa, appropriazione indebita, per delitti contro la moralità pubblica ed il buon costume, ovvero nel caso di condanna che comporti l’interdizione perpetua dai pubblici uffici) ”;
c) inoltre, il decreto penale di condanna “ non era - neppure ai sensi della lex specialis - di per sé ostativo all’instaurazione del rapporto di impiego, essendo invece a tal fine necessaria un’autonoma e specifica valutazione sulla gravità del reato commesso da condursi in concreto anche in riferimento alla disciplina propria dell’Ente, valutazione mancante nella fattispecie ”;
d) la disposizione di cui all’ art. 24, comma 1, lett. e ), del D.P.R. n. 313/2002 nel testo attualmente vigente “ è inequivoca nell’escludere la sussistenza in capo al ricorrente di un obbligo dichiarativo all’atto della presentazione della domanda di partecipazione al concorso nei sensi prospettati dall’Amministrazione, tenuto anche conto, più in generale, che con la legge n. 732/1984 è venuto meno, tra le condizioni di accesso al pubblico impiego, il requisito della buona condotta che di norma si riteneva pregiudicato dalla presenza di condanne penali. Per tali motivi, l’art. 3 comma 9 lett. k) del bando (sulla cui base è stato adottato il provvedimento impugnato), nella misura in cui impone, in sede di presentazione della domanda di partecipazione, l’indicazione delle condanne penali ancorché non passate in giudicato, non può ritenersi riferito ai decreti penali di condanna ”.
6. Appella l’INPS, formulando rilievi sui distinti passaggi argomentativi come innanzi elencati.
7. L’appellato sig. -OMISSIS-si è ritualmente costituito in giudizio, replicando agli assunti avversari ed eccependo preliminarmente l’improcedibilità dell’appello a seguito dell’intervenuta sua assunzione nei ruoli dell’amministrazione appellante.
8. La causa, in assenza di istanze cautelari, è passata in decisione all’udienza dl 26 gennaio 2023.
9. L’appello è procedibile ma infondato nel merito.
9.1. Alla sua disamina non osta il fatto che l’Amministrazione, a seguito della pronuncia di primo grado, abbia assunto in servizio l’appellato, pur non essendo a ciò vincolata dall’effetto conformativo della pronunzia di primo grado (che, a valle dell’annullamento dell’atto di esclusione, si è limitata a fare salve le successive determinazioni dell’Amministrazione in sede di valutazione della rilevanza escludente della condanna emersa a carico del ricorrente).
9.2. Detta assunzione in servizio è infatti avvenuta con riserva dell’esito del presente giudizio e contestualmente alla proposizione dell’appello, quindi con modalità che - sebbene contraddittorie o incoerenti con l’effetto conformativo promanante dalla pronuncia del TAR - pur tuttavia non denotano un’inequivoca adesione o acquiescenza all’esito del giudizio di primo grado.
10. Nel merito, va premesso che per la consolidata giurisprudenza, sia penale che amministrativa, il decreto penale di condanna è equiparabile alla sentenza di condanna, anche ai fini dell’esistenza del fatto da valutare come elemento significativo per il provvedimento di esclusione (v., ex plurimis , Cass., Sez. un. pen., n. 17781 del 2006;Cass. Sez. III pen., n. 24265 del 2007;Cons. Stato, sez. IV, n. 261 del 2017;Sez. III, n. 4812 del 2011;Sez. VI, n. 7095 del 2005. Più di recente T.A.R. Toscana, sez. II, n. 588 del 2022).
10.1. Tale equiparazione è da intendersi come regola generale del nostro ordinamento in quanto recepita, nell’ambito dei rapporti di diritto amministrativo, da numerose disposizioni di legge: si pensi, a titolo di esempio, all’art. 635, co. 1, lett. g ), del codice dell’ordinamento militare, ovvero all’art. 38, co. 1, lett. c ), del vecchio codice dei contratti pubblici (oggi art. 80, co. 1, del nuovo codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50 del 2016).
10.2. In accoglimento del primo motivo di appello, va quindi disatteso il primo passaggio ( sub a ) della decisione impugnata che astrae il decreto penale dal genus delle sentenze di condanna.
11. E’ invece infondato il secondo motivo di appello, riferito ai capi decisori ( sub b e c ) nei quali il Tar ha sostenuto una lettura congiunta dell’art. 2, comma 2, del bando con l’art. 2, comma 1, lett. f ).
11.1. La prima disposizione (art. 2, comma 2) stabilisce che “ in ogni momento della procedura l’Istituto si riserva la facoltà di procedere .. all’esclusione dei candidati che non siano in possesso dei requisiti di ammissione previsti dal presente bando o che siano destinatari di sentenze penali di condanna ancorché non passate in giudicato ”;la seconda disposizione (art. 2, comma 1, lett. f ) menziona, tra i requisiti di ammissione, il “ non aver riportato condanne penali, ancorché non passate in giudicato, che impediscano la costituzione o la prosecuzione del rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione ”.
11.2. Secondo l’INPS si tratterebbe di previsioni distinte e non sovrapponibili, in quanto riguardanti, rispettivamente, un requisito di ammissione e una causa di esclusione, quindi alternativamente invocabili nelle diverse fasi della procedura e ai diversi fini dell’ammissione o della esclusione dei concorrenti.
11.3. La tesi non convince innanzitutto nel passaggio in cui assume che la medesima circostanza (la presenza di qualunque condanna penale ancorché non passata in giudicato) possa rilevare ai fini dell’esclusione del candidato dal concorso ma non anche ai fini della sua ammissione, o viceversa. L’effetto selettivo avuto di mira dai due filtri è infatti il medesimo, sebbene collocato in fasi della procedura non necessariamente coincidenti dal punto di vista temporale;sicché non si comprende (né la parte appellante chiarisce adeguatamente) la ragione logica che consentirebbe di conferire rilievo differenziato alla medesima circostanza di fatto, assumendola come rilevante, alternativamente, ai fini della esclusione e non anche ai fini della mancata ammissione del candidato.
11.4. La circolarità che impone di dare conto nella domanda di partecipazione dell’assenza di eventuali cause di esclusione, conferendo rilievo ancipite alla medesima circostanza, è la stessa che si ritrae da altri ambiti normativi: si veda, ad esempio, l’art. 85, comma 1, del codice dei contratti pubblici, il quale impone al concorrente di dare conto, nella domanda, dell’assenza delle situazioni di cui all’art. 80 del medesimo codice.
11.5. La differenziazione perorata dalla parte appellante appare altresì non coerente con quanto dalla stessa sostenuto nel terzo motivo di appello, ove - per contrastare il capo decisorio sub c ) - si avanza la tesi per cui il provvedimento di esclusione non deve “ essere preceduto da una valutazione autonoma e specifica sulla gravità del reato che ha dato origine alla condanna e sulla riferibilità dello stesso alla disciplina propria dell’Ente ” (pag. 11 atto di appello).
Se, infatti, l’esclusione consegue in via automatica alla rilevazione di qualunque condanna penale, ancorché non passata in giudicato, logica vorrebbe che della stessa circostanza venisse fornita evidenza sin nella domanda di partecipazione al concorso.
11.6. La lettura coordinata delle due disposizioni sembra trovare indiretta conferma anche nel disposto dell’art. 3, punto 9, lettera K), del bando di concorso, il quale richiedeva ai partecipanti di dichiarare “ di non aver riportato condanne penali, ovvero di aver riportato condanne penali, ancorché non passate in giudicato, anche se sia stata concessa amnistia, condono, indulto o perdono giudiziale, applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'art. 444 c.p.p., specificandone la tipologia, o avere procedimenti penali pendenti, specificandone la tipologia ”.
È pur vero, infatti, che la latitudine dell’obbligo dichiarativo imposto dall’art. 3, punto 9, lettera K) del bando risulta in apparenza molto ampia e sostanzialmente coincidente con quella dell’art. 2, comma 2, del bando;nondimeno, essa è circoscritta dalla necessità di indicare anche la “ tipologia ” delle condanne riportate, il che pare potersi giustificare proprio nell’ottica di una valutazione selettiva della loro rilevanza ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. f ).
11.7. In conclusione, la lettura coordinata delle disposizioni del bando appare essere quella più persuasiva e induce a ritenere che il concorrente dovesse rendere dichiarazioni conformi al perimetro dei reati rilevanti come individuati dall’art. 2, comma 1, lett. f ).
12. Così circoscritta la portata dell’obbligo dichiarativo, cade l’ulteriore rilievo con il quale l’INPS - nel quarto motivo di appello (riferito al capo decisorio sub d ) - lamenta la violazione dell’art. 3, comma 9, lett. k ).
12.1. Se è vero infatti che, stando ad una lettura sistematica delle disposizioni sin qui esaminate, il candidato doveva assolvere l’onere dichiarativo nei limiti dei reati elencati all’art. 2, comma 1, lett. f ), non può dirsi che l’autodichiarazione resa dal sig. -OMISSIS-fosse mendace o reticente.
12.2. A ciò aggiungasi che, pur essendo l’esclusione stata disposta a causa della violazione dell’obbligo dichiarativo di cui all’art. 3, comma 9, lett. k ), la disposizione violata non è assistita da nessuna sanzione espulsiva. Dunque, deve escludersi che la violazione dell’obbligo dichiarativo potesse rilevare quale causa di esclusione in sé autonomamente rilevante, senza imporre di valutare la valenza del fatto non dichiarato e la sua eventuale portata ostativa.
13. Del pari non è condivisibile l’assunto dell’Amministrazione secondo cui la disposizione dell’articolo 2, comma 2, del bando le avrebbe conferito un potere di esclusione sostanzialmente insindacabile, legato alla mera esistenza di una sentenza di condanna (per di più anche non definitiva) e svincolato da qualsivoglia onere motivazionale.
13.1. Deve al contrario ritenersi che proprio perché si trattava di esclusione discrezionale (facoltativa e motivata) essa andava giustificata in coerenza con l’essenza stessa della discrezionalità: con l’importante precisazione che — contrariamente a quanto sembra aver ritenuto il T.A.R., e solo in parte qua dovendo correggersi la motivazione della sentenza gravata — il parametro di riferimento di tale valutazione non avrebbe dovuto essere quello “formale” della ostatività ex lege della condanna alla costituzione del rapporto di impiego (come nel comma 1, lettera f ), dell’articolo 2), bensì quello “sostanziale” dell’incidenza della condanna sul rapporto fiduciario che deve necessariamente sussistere tra il dipendente pubblico e la p.a..
14. L’appello va quindi respinto - salvo che in relazione al primo motivo (comunque non incidente sugli effetti caducatori e conformativi del giudizio) -, dovendosi per il resto confermare la pronuncia di primo grado con la precisazione di cui al punto che precede.
15. Possono infine compensarsi le spese di lite, stante la peculiarità delle questioni esaminate.