Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2015-12-17, n. 201505716

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2015-12-17, n. 201505716
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201505716
Data del deposito : 17 dicembre 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05553/2015 REG.RIC.

N. 05716/2015REG.PROV.COLL.

N. 05553/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5553 del 2015, proposto da:
Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico, Fondazione Santa Lucia, rappresentato e difeso dall'avv. Gluigi Pellegrino, con domicilio eletto presso Gluigi Pellegrino in Roma, corso Rinascimento n.11;

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri, Commissario Ad Acta per la Sanità presso la Regione Lazio, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi 12;
Regione Lazio, rappresentata e difesa per legge dall'Avv. Rosa Maria Privitera, domiciliata in Roma, Via Marcantonio Colonna N. 27;

per la riforma

della sentenza del CONSIGLIO DI STATO - SEZ. III n. 05868/2014, resa tra le parti, concernente finanziamento e definizione del sistema di remunerazione delle prestazioni erogate dagli IRCCS privati accreditati per l'attivita' erogata nell'anno 2009.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Commissario Ad Acta per la Sanità presso la Regione Lazio e della Regione Lazio;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 novembre 2015 il Cons. Carlo Deodato e uditi per le parti gli avvocati Gluigi Pellegrino, Rosa Maria Privitera e l'avvocato dello Stato Gna Galluzzo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con la sentenza, che si chiede di revocare, venivano accolti in parte gli appelli, riuniti, proposti dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Commissario ad acta per la sanità nella Regione Lazio e la stessa Regione Lazio e, per l’effetto, in parziale riforma dell’appellata decisione del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, veniva respinto il ricorso proposto in primo grado dall’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico, Fondazione S. Lucia (d’ora innanzi Istituto) avverso il decreto del Presidente della Regione Lazio n.88 del 23 dicembre 2009 (come modificato dal decreto del Commissario ad acta n.25 del 7 febbraio 2012), di determinazione del budget assegnato all’Istituto per l’anno 2009, sulla base del rilievo che, contrariamente a quanto ritenuto dai primi giudici, tali determinazioni erano validamente fondate sulla classificazione per il codice 75 prevista dalla DGR n.206 del 2008 e, quindi, su un atto non annullato dal giudice amministrativo (restando, invece, confermata la statuizione di annullamento delle tariffe relative alla remunerazione delle prestazioni non rientranti nel codice 75, in quanto viziate da invalidità derivata, rispetto ai richiamati d.m. 12 settembre 2006 e DGR n.436 del 2007, in quanto precedentemente annullati).

Avverso tale decisione proponeva ricorso per revocazione l’Istituto, adducendo, a sostegno dell’impugnazione, la sussistenza dell’errore di fatto, asseritamente idoneo a giustificare la revocazione della sentenza ai sensi del combinato disposto degli artt.106 c.p.a. e 395, n.4) c.p.c., integrato dall’assunzione della decisione sulla base di una fallace percezione delle risultanze documentali, dalle quali si evinceva l’annullamento anche dei decreti approvativi delle tariffe finalizzate alla remunerazione delle prestazioni classificate con il codice 75.

Resisteva la Regione Lazio, contestando la fondatezza del ricorso per revocazione e concludendo per la declaratoria della sua inammissibilità o, in subordine, per il suo rigetto.

Alla pubblica udienza del 5 novembre 2015 il ricorso veniva trattenuto in decisione.

DIRITTO

1.- Come già rilevato in fatto, l’Istituto ricorrente assume che l’impugnato giudizio di legittimità degli atti impugnati in primo grado, in quanto adottati sulla base di un decreto approvativo delle tariffe non annullato e, quindi, efficace, e, pertanto, di per sé, inidoneo ad inficiare in via derivata la legittimità della controversa determinazione del budget assegnato per l’anno 2009 (limitatamente alla remunerazione delle prestazioni classificate con il codice 75), sia stata assunta sulla base dell’erroneo presupposto della validità della determinazione tariffaria richiamata nei decreti gravati in primo grado (che, si ribadisce, restano affetti dai vizi di invalidità derivata correttamente riscontrati a loro carico nel giudizio di prima istanza).

2.- Così decifrata l’azione in esame, occorre procedere ad una preliminare ricognizione delle condizioni che, ai sensi del combinato disposto degli artt.106 c.p.a. e 395, n.4) c.p.c., autorizzano la revocazione delle sentenze per errore di fatto e dei coerenti principi che devono governare la disamina giurisdizionale della fondatezza della relativa impugnazione.

E’ stato, in particolare, chiarito, per un verso, che l’errore di fatto, idoneo a fondare la domanda di revocazione, deve essere caratterizzato: a) dal derivare da una pura e semplice, errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, la quale abbia indotto l’organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto di fatto, facendo cioè ritenere un fatto documentalmente escluso ovvero inesistente un fatto documentalmente provato;
b) dall’attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato;
c) dall’essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare, necessitando perciò di un rapporto di causalità tra l’erronea presupposizione e la pronuncia stessa, per un altro, che l’errore deve apparire con immediatezza ed essere di semplice rilevabilità, senza necessità di argomentazioni induttive o complesse indagini ermeneutiche e, per un altro ancora, che integra la fattispecie che autorizza la revocazione per errore di fatto il caso in cui il giudice, per erronea percezione delle risultanze materiali degli atti processuali, abbia omesso di esaminare uno o più motivi del ricorso o di pronunciarsi su una domanda o su un’eccezione (Cons. St., Ad. Plen., 24 gennaio 2014, n.5;
10 gennaio 2013, n.1;
22 gennaio 1997, n.3).

3.- Così chiariti i canoni alla cui stregua dev’essere esaminato il ricorso in oggetto, si rileva che lo stesso difetta delle condizioni di proponibilità e va, pertanto, dichiarato inammissibile, sulla base delle considerazioni di seguito esposte.

A ben vedere, infatti, non è dato rinvenire, nella stessa articolazione del motivo di ricorso dedicato alla parte rescindente, neanche l’allegazione dell’erroneità del rilievo (assunto a fondamento della gravata statuizione reiettiva) attinente alla circostanza di fatto che le tariffe relative alla remunerazione delle prestazioni rientranti nel codice 75 fossero state validamente approvate, siccome adottate sulla base di una determinazione (la DGR n.206 del 2008) che non era stata precedentemente annullata in sede giurisdizionale.

Dall’esame della confusa prospettazione difensiva, invero, non è dato rintracciare la smentita del presupposto di fatto della motivazione impugnata e, cioè, il fatto che la DGR n.206 del 2008, richiamata a fondamento dei decreti controversi, non è stata mai annullata, con la conseguenza della inconfigurabilità del vizio di invalidità derivata, rispetto a presupposte determinazioni annullate dal giudice amministrativo, sul cui rilievo era stato fondato il giudizio di illegittimità formulato dal TAR.

Ne consegue che il gravame dev’essere dichiarato inammissibile, in difetto della stessa articolazione del vizio dell’errore di fatto (e, in ogni caso, della sua inesistenza) astrattamente idoneo ad inficiare la correttezza della decisione impugnata.

4.- Alle considerazioni che precedono consegue, in definitiva, la declaratoria dell’inammissibilità del ricorso.

5.- Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

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