Consiglio di Stato, sez. I, parere definitivo 2019-10-30, n. 201902710

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. I, parere definitivo 2019-10-30, n. 201902710
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201902710
Data del deposito : 30 ottobre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00717/2019 AFFARE

Numero 02710/2019 e data 30/10/2019 Spedizione

REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Prima

Adunanza di Sezione del 9 ottobre 2019




NUMERO AFFARE

00717/2019

OGGETTO:

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.


Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con istanza sospensiva, proposto da C F R,

contro

Comune di San Felice Circeo, avverso la determinazione n. 04/2014 del Settore Urbanistica Edilizia e Tutela Ambientale del Comune di San Felice Circeo (prot. n. 4163 del 20 febbraio 2014), con la quale si provvedeva ad annullare in autotutela il permesso di costruire n. 13468 del 23 marzo 2012, rilasciato per i lavori di ristrutturazione edilizia ovvero demolizione e fedele ricostruzione del manufatto con uguale volumetria e sagoma su un lotto di terreno distinto in catasto del Comune di San Felice Circeo al foglio 33, particella 515, notificata alla ricorrente a mezzo posta il 6 marzo 2014;

LA SEZIONE

Vista la relazione n. 0002795 del 25/03/2019 con la quale il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;

Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Claudio Tucciarelli;


Premesso:

1. Con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, notificato il 4 luglio 2014 al Comune di San Felice Circeo e alla controinteressata, la ricorrente chiede l’annullamento, previa sospensione, della determinazione n. 04/2014 del Settore Urbanistica Edilizia e Tutela Ambientale del Comune di San Felice Circeo (prot. n. 4163 del 20 febbraio 2014), con la quale si provvedeva ad annullare in autotutela il permesso di costruire n. 13468 del 23 marzo 2012, rilasciato per i lavori di ristrutturazione edilizia ovvero demolizione e fedele ricostruzione del manufatto con uguale volumetria e sagoma su un lotto di terreno distinto in catasto del Comune di San Felice Circeo al foglio 33, particella 515, notificata alla ricorrente a mezzo posta il 6 marzo 2014.

2. La ricorrente aveva presentato in data 28/02/1995, al numero di prot. n. 3508, istanza di condono edilizio, per la costruzione di un manufatto a destinazione d'uso magazzino per attività di commercio su area vincolata soggetta ad uso civico, in San Felice Circeo Via dei Cardellini n°6, identificato al catasto terreni al foglio 3 Particella n°515. Per tale manufatto la ricorrente ha poi stipulato atto di alienazione in data 10/05/2004. A seguito della istanza di condono e dell'atto di alienazione, l'amministrazione comunale provvedeva a rilasciare alla ricorrente, nel 2005, concessione edilizia in sanatoria.

Nel 2011, la ricorrente ha poi presentato domanda di autorizzazione per lavori di ristrutturazione edilizia ovvero di demolizione e ricostruzione dell'immobile già oggetto di concessione edilizia in sanatoria nel 2005.

Il Comune di San Felice Circeo, in data 23 marzo 2012, ha poi rilasciato permesso di costruire n. 1368 per demolizione e fedele ricostruzione con eguale volumetria e sagoma con diversa ubicazione all'interno dello stesso lotto del capannone in metallo con destinazione uso commerciale, oggetto di concessione edilizia in sanatoria nel 2005.

Successivamente, il responsabile ad interim del Settore Urbanistica, Edilizia e Tutela Ambientale del Comune recapitava alla ricorrente nota prot. n. 1604 del 22/01/2013, di avvio del procedimento amministrativo finalizzato alla revoca in autotutela del citato permesso di costruire n. 1368 del 2012, in quanto l’istanza di condono del 2003 non risultava definita e non risultava presentato l’atto d’obbligo, prescritto dall’art. 56 del Regolamento edilizio comunale, con cui si esonera l’amministrazione comunale da responsabilità in caso di esito negativo delle istanze di condono presentate. Il medesimo responsabile, con determinazione n. 04/2014 prot. n. 4164 del 20/02/2014, ha quindi annullato in autotutela il permesso di costruire, in considerazione dei seguenti elementi: tale permesso di costruire per demolizione e fedele ricostruzione del 2012 è relativo a un immobile oggetto di altra istanza di condono edilizio presentata in data 09/12/2003, al n. prot. 24611, per lavori di ristrutturazione edilizia dell'immobile già oggetto di concessione edilizia in sanatoria nel 2005;
il permesso di costruire del 2012 è stato rilasciato senza tenere conto dei lavori abusivi realizzati, per i quali la ricorrente aveva presentato domanda di sanatoria edilizia nel 2003;
l’intervento autorizzato con il permesso di costruire n. 1368 del 23/03/2012 risulta essere in contrasto con le vigenti norme del Piano regolatore generale e del Regolamento edilizio comunale (REC, art.56), oltre che con le normative regionali e nazionali vigenti in materia in quanto trattasi di lavori di ristrutturazione edilizia oggetto di sanatoria edilizia ai sensi della Legge 326/03, non ancora definita.

3. I motivi del ricorso esposti dalla ricorrente sono i seguenti.

3.1 In primo luogo, il ricorso è motivato da eccesso di potere per sviamento e manifesta carenza di istruttoria, violazione dei principi di leale collaborazione e trasparenza amministrativa. Sostiene la ricorrente che il provvedimento in autotutela può essere adottato solo se sussista un motivo di pubblico interesse, se sia trascorso un tempo ragionevole e non si ledano gli interessi della controparte e rileva che, in base al testo unico dell'edilizia e alla giurisprudenza amministrativa, sussistono forti limiti al potere di rivedere gli atti amministrativi, secondo quanto previsto dall'articolo 21-nonies della legge n. 241/1990. Nel caso oggetto del ricorso straordinario, le motivazioni che hanno determinato il Comune a procedere all'annullamento in autotutela del permesso di costruire del 2012, sono fondate esclusivamente su un errore di fatto derivato da evidente carenza di istruttoria, che si è risolta in un travisamento dei fatti e ha ingenerato nell'amministrazione l'erronea convinzione che due distinte pratiche di condono edilizio istruite dalla ricorrente si riferissero al medesimo immobile. La domanda relativa alla definizione dell'illecito edilizio presentata nel 2003 non è riferita al medesimo immobile del permesso a costruire annullato in autotutela ma a diverso fabbricato a uso abitativo.

3.2 In secondo luogo, il ricorso lamenta la violazione dell'art. 3 della legge n. 241/90, eccesso di potere per carenza di motivazione, in quanto la domanda di sanatoria edilizia presentata nel 2003 si riferisce ad un diverso fabbricato e, comunque, l’art. 56 REC disciplina gli interventi su fabbricati oggetto di condono edilizio;
tali autorizzazioni sono subordinate al completamento delle pratiche di condono edilizio. La pratica di domanda di sanatoria edilizia del 2003 può ben considerarsi completata in quanto il comune ne ha certificato la condonabilità e la domanda deve quindi essere solamente evasa in base al numero progressivo di presentazione. Il provvedimento di revoca in autotutela si palesa del tutto immotivato ed è stato giustificato con un semplice e generico richiamo ad un presunto contrasto con la procedura amministrativa, senza alcuna indicazione delle norme edilizie assertivamente violate. Il permesso a costruire è stato quindi revocato in autotutela per mere ragioni di opportunità e non per violazioni di norme di diritto.

4. La relazione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, trasmessa con nota del 25 marzo 2019 (prot.n. 0002795), ritiene che il ricorso straordinario sia infondato.

5. Nella nota di osservazioni del 24 dicembre 2018, con cui ha riscontrato la relazione ministeriale, la ricorrente ha poi evidenziato, in particolare, che: la dichiarazione prevista dall’art. 56 del REC (atto d’obbligo) deve essere presentata solamente per lavori concernenti manufatti oggetto di istanza di condono non ancora definita, mentre l’istanza di condono del 1995 era stata definitivamente accolta nel 2005;
a seguito della comunicazione di avvio del procedimento del 22 febbraio 2012, ha prodotto al Comune tale dichiarazione di esonero.

Considerato:

6. Il primo motivo del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica è imperniato sull’asserito travisamento dei fatti derivato da carenza di istruttoria, in quanto le due distinte pratiche di condono non avrebbero riguardato il medesimo manufatto bensì due distinti immobili, un fabbricato in metallo a uso commerciale e un fabbricato a uso residenziale.

La domanda per la definizione degli illeciti edilizi, risalente al 9 dicembre 2003 (prot. 24611), dimostra il contrario. E’ agli atti infatti la predetta domanda. A corredo, il Comune ha trasmesso relativa documentazione fotografica, del 2013. Nella domanda è presente una dichiarazione, sottoscritta dalla ricorrente, in cui si precisa che l’immobile oggetto di domanda di condono edilizio prot. 3508 del 28/02/95 del comune di San Felice Circeo è stato ristrutturato nel dicembre 1993, come da dichiarazione sostitutiva del 2001, e che per tali lavori di ristrutturazione viene presentata ulteriore domanda di condono edilizio ai sensi del d.l. 269 del 2003, convertito con legge n. 326 del 2003. Analoga, ulteriore attestazione della ricorrente è presente in altra parte della medesima domanda del 2003.

Una volta chiarito questo aspetto, il provvedimento con cui è stato annullato in autotutela il permesso di costruire del 2012 risulta coerentemente e sufficientemente motivato, laddove accerta in premessa che tale permesso di costruire è stato rilasciato senza tenere conto dei lavori abusivi realizzati per i quali era stata presentata domanda di sanatoria nel 2003, ai sensi della legge n. 326 del 2003, non ancora definita.

Costituisce infatti interesse pubblico primario che il rilascio del permesso di costruire, anche in sanatoria, sia effettuato tenendo conto di tutti i presupposti in diritto e in fatto che caratterizzano il caso concreto, cosa che non si è verificata, per ragioni che non emergono con nettezza dagli atti, nel procedimento poi oggetto di annullamento in autotutela.

Inoltre, merita rilevare che il ricorso straordinario, nel richiamare l’attestazione di condonabilità del 18 marzo 2004, prot. 5202, del responsabile del settore urbanistica del Comune, evidenzia che in essa sono indicate tanto la concessione edilizia in sanatoria per la costruzione a uso artigianale quanto la concessione edilizia in sanatoria relativamente al manufatto ad uso abitativo. In realtà, il documento relativo alla attestazione di condonabilità fa riferimento, oltre alla costruzione ad uso artigianale, al “manufatto interno”.

7. I rilievi concernenti il primo motivo si riverberano anche sul secondo. Inoltre, il richiamo all’art. 56 REC risulta pertinente proprio per il fatto che il procedimento relativo alla domanda di condono del 2003 non era ancora completato. Tale procedimento si conclude infatti con il provvedimento di rilascio del permesso in sanatoria.

Inoltre, per le ragioni sopra esposte non può ritenersi che l’annullamento in autotutela sia stato indotto da considerazioni di opportunità, bensì da una sopravvenuta verifica a seguito della relazione del tecnico istruttore che ha chiesto il riesame del permesso di costruire n. 1368 del 2012.

Quanto alla sussistenza e specificazione dell’interesse pubblico, quale presupposto per il provvedimento di annullamento in autotutela, anche in riferimento a quanto previsto dall’art. 21-nonies della legge 241 del 1990, evocato dal ricorso straordinario, merita richiamare la sentenza 8/2017 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, che ha chiarito come, “nella vigenza dell’articolo 21-nonies della l. 241 del 1990 – per come introdotto dalla l. 15 del 2005 - l’annullamento d’ufficio di un titolo edilizio in sanatoria, intervenuto ad una distanza temporale considerevole dal provvedimento annullato, deve essere motivato in relazione alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale all’adozione dell’atto di ritiro anche tenuto conto degli interessi dei privati destinatari del provvedimento sfavorevole”. Peraltro, la stessa sentenza ha precisato che in “tali ipotesi, tuttavia, deve ritenersi:

i) che il mero decorso del tempo, di per sé solo, non consumi il potere di adozione dell’annullamento d’ufficio e che, in ogni caso, il termine ‘ragionevole’ per la sua adozione decorra soltanto dal momento della scoperta, da parte dell’amministrazione, dei fatti e delle circostanze posti a fondamento dell’atto di ritiro;

ii) che l’onere motivazionale gravante sull’amministrazione risulterà attenuato in ragione della rilevanza e autoevidenza degli interessi pubblici tutelati (al punto che, nelle ipotesi di maggior rilievo, esso potrà essere soddisfatto attraverso il richiamo alle pertinenti circostanze in fatto e il rinvio alle disposizioni di tutela che risultano in concreto violate, che normalmente possano integrare, ove necessario, le ragioni di interesse pubblico che depongano nel senso dell’esercizio del ius poenitendi);

iii) che la non veritiera prospettazione da parte del privato delle circostanze in fatto e in diritto poste a fondamento dell’atto illegittimo a lui favorevole non consente di configurare in capo a lui una posizione di affidamento legittimo, con la conseguenza per cui l’onere motivazionale gravante sull’amministrazione potrà dirsi soddisfatto attraverso il documentato richiamo alla non veritiera prospettazione di parte”.

In termini analoghi, si è ulteriormente e ripetutamente pronunciato il Consiglio di Stato anche di recente (si veda, ex multis, Consiglio di Stato, Sez. I, n. 2289/2017;
Sez. IV, 6733/2018;
Sez. VI, 6760/2019).

In particolare, nel caso qui considerato risultano soddisfatti i requisiti previsti dall’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990 per l’esercizio dell’annullamento di ufficio. Infatti: il riesame del permesso di costruire del 2012 è stato avviato a seguito della relazione del tecnico istruttore del Comune del 9 novembre 2013, in ordine alla pratica di condono richiesto nel 2003;
l’onere motivazionale risulta soddisfatto, considerata la presenza nel provvedimento impugnato del riferimento alle circostanze di fatto che lo hanno determinato, quale il rilascio del permesso nel 2012 senza tenere conto dei lavori abusivi realizzati per i quali era stata presentata nel 2003 domanda di sanatoria edilizia, ai sensi della legge 326/2003, non ancora definita.

In conclusione, alla stregua delle predette considerazioni, il ricorso è infondato e va, pertanto, respinto.

L’istanza di sospensione cautelare dell’efficacia dell’atto impugnato resta assorbita.

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