Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2013-03-27, n. 201301783

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2013-03-27, n. 201301783
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201301783
Data del deposito : 27 marzo 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04174/2012 REG.RIC.

N. 01783/2013REG.PROV.COLL.

N. 04174/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4174 del 2012, proposto da:
Regione Calabria, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati P F A e M M, con domicilio eletto presso l’avv. Graziano Pungì in Roma, via Ottaviano, n. 9;

contro

Belmonte Green Energy s.r.l.;

nei confronti di

Provincia di Cosenza;
Comune di Belmonte Calabro;
Arpa Calabria;
Cleto Green Energy s.r.l.;
San Pietro Green Energy s.r.l.;
W.W.W. Italia Onlus;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
Associazione Italiana World Wide For Nature, in persona del presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Alessio Petretti e Fabio Spinelli, con domicilio eletto presso Alessio Petretti in Roma, via degli Scipioni, 268/A;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CALABRIA – CATANZARO: SEZIONE I n. 01416/2011, resa tra le parti, concernente DINIEGO DI COMPATIBILITÀ AMBIENTALE PER LA REALIZZAZIONE DI UN PARCO EOLICO.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di intervento dell’Associazione Italiana World Wide For Nature;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2012 il Consigliere D D;

Uditi per le parti l’avv. Graziano Pungì, su delega degli avvocati P. Filippo Arillotta e M M, nonché l’avv. Alessio Petretti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La Regione Calabria ha proposto appello per l’annullamento o la riforma della sentenza n. 1416 del 24 novembre 2011, con la quale il TAR Calabria ha accolto il ricorso proposto dalla società Belmonte Green Energy s.r.l. ed ha annullato il decreto dirigenziale del dipartimento Politiche dell’Ambiente della Regione Calabria 2 marzo 2009, n. 279, di recepimento del parere negativo di compatibilità ambientale espresso dal Nucleo VIA sul progetto di un parco eolico nel Comune di Belmonte Calabro (CS).

La Regione Calabria assume l’erroneità in fatto e diritto della suddetta sentenza sotto diversi profili.

L’Associazione Italiana World Wide For Nature ha spiegato intervenuto ad adiuvandum.

Le parti hanno depositato memorie difensive ed alla pubblica udienza, precisate le conclusioni nei termini di cui agli atti difensivi, il giudizio è stato assunto in decisione.

DIRITTO

L’appello della Regione Calabria è fondato e deve essere accolto.

1.- La questione controversa riguarda il parere negativo di compatibilità ambientale espresso dal Nucleo VIA per la realizzazione di un parco eolico denominato “Eugenio del Giudice” nel Comune di Belmonte Calabro.

La società Belmonte Green Energy s.r.l., che aveva presentato il progetto, impugnava davanti al TAR Calabria il decreto del Dirigente del Dipartimento Politiche dell’Ambiente della Regione Calabria che aveva recepito il parere negativo del Nucleo VIA, assumendone l’illegittimità per violazione e falsa applicazione degli articoli 1, comma 2, 4, comma 1, lett. c), 11, 12 e 18 del Regolamento regionale 4 agosto 2008, n. 3, anche in relazione alla direttiva 85/337/CEE e alla Parte II, Titolo III, del d. lgs. n. 152 del 2006;
per errore di fatto e carenza dei presupposti;
nonché per eccesso di potere per insufficienza dell’istruttoria e della motivazione;
per violazione e falsa applicazione dell’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003;
per travisamento dei fatti, illogicità manifesta;
irragionevolezza;
violazione del principio di proporzionalità e del principio di legalità.

Nel giudizio davanti al TAR si costituivano la Regione Calabria e l’associazione ambientale Onlus WWF Italia che chiedevano il rigetto del ricorso.

Il TAR, dopo aver acquisito relazione del consulente tecnico d’ufficio (c. t.u). al quale aveva demandato documentati chiarimenti di natura tecnica, accoglieva il ricorso e, per l’effetto, annullava il provvedimento dirigenziale, liquidando in favore del c.t.u. la somma di euro 23.587,99 che poneva interamente a carico della Regione Calabria, oltre la condanna alle spese di giudizio.

2.- La Regione Calabria e l’interventore ad adiuvandum assumono che l’architettura della sentenza sarebbe basata esclusivamente sulla relazione del c.t.u., recepita acriticamente dal giudice di primo grado, il quale, superando i limiti al campo di indagine al sindacato di legittimità, avrebbe finito col sostituire le risultanze del c.t.u. alle puntuali motivazioni contenute nel provvedimento dirigenziale impugnato.

La censura è fondata.

3.- Sotto un primo profilo, in relazione all’uso processuale della consulenza tecnica ed ai rapporti tra attività del consulente (e relative conclusioni) e decisione dell’autorità giudiziaria, va considerato che il giudice, proprio perché dominus della qualificazione del fatto, non può limitarsi a recepire acriticamente le risultanze della consulenza tecnica, ma è tenuto sempre ad un’autonoma valutazione e rielaborazione del fatto anche alla luce dei dati tecnico scientifici offerti dal c.t.u..

Ciò che rileva non sono le conclusioni cui perviene il c.t.u. ma il percorso conoscitivo che questi svolge nel ripercorrere l’intero iter della determinazione tecnica assunta dall’amministrazione (cfr. Cons. Stato, quarta, 6 ottobre 2001, n. 5287).

Nel caso in esame è mancato ogni tipo di valutazione da parte del giudice dei dati offerti dal c.t.u., sicché non può non rilevarsi la mancanza del percorso motivazionale del giudice di primo grado, e la conseguente erroneità del decisum.

4. - Sotto un ulteriore profilo, deve considerarsi che laddove, come nel caso in esame, la sentenza pervenga alla sostituzione della valutazione tecnica sviluppata nel processo a quella effettuata dall’amministrazione si è compiuto un controllo di tipo forte che si traduce in un potere sostitutivo del giudice, il quale si spinge a sovrapporre la propria valutazione tecnica opinabile a quella dell’amministrazione.

Ciò non è consentito nel giudizio di legittimità in relazione a provvedimenti dell’amministrazione connotati da profili elevati di discrezionalità amministrativa, qual è per l’appunto la valutazione ambientale che implica in via anticipata la tutela preventiva dell’interesse pubblico.

Siffatta valutazione non si risolve, quindi, in un puro e semplice giudizio tecnico, presentando, al contrario, profili elevati di discrezionalità.

Ne consegue che l’acritica adesione alle conclusioni del c.t.u. dà ingresso ad un controllo di tipo sostitutivo, laddove, invece, è consentito al giudice un controllo finalizzato ad accertare, a mezzo delle cognizioni tecniche acquisite grazie al consulente tecnico, la ragionevolezza e coerenza tecnica della decisione amministrativa.

5.- Nessun dubbio sussiste poi sulla natura discrezionale e anzi sull’ampia latitudine della discrezionalità esercitata dall’amministrazione in sede di v.i.a..

L’amministrazione, nel rendere il giudizio di valutazione ambientale, esercita un’amplissima discrezionalità che non si esaurisce in un mero giudizio tecnico, in quanto tale suscettibile di verificazione tout court sulla base di oggettivi criteri di misurazione, ma presenta al contempo profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa e istituzionale in relazione all’apprezzamento degli interessi pubblici e privati coinvolti (tra le tante, Cons. Stato, sez. quinta, 22 marzo 2012, n. 1640;
sezione sesta, 13 giugno 2011, n. 3561;
sezione quinta, 17 gennaio 2011, n. 220;
sezione quarta, 5 luglio 2010, n. 4246;
Corte giustizia, 25 luglio 2008, c – 142/07).

La natura schiettamente discrezionale della decisione finale risente dunque dei suoi presupposti sia sul versante tecnico che amministrativo, sicché, pur essendo pacifico (a seguito della storica decisione n. 601 del 9 aprile 1999 della sezione quarta) che il sindacato giurisdizionale sugli apprezzamenti tecnici dell’amministrazione possa svolgersi attraverso la verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni compiute da quest’ultima sotto il profilo della loro correttezza quanto a criterio tecnico ed a procedimento applicativo, è ugualmente pacifico che il controllo del giudice amministrativo sulle valutazioni discrezionali deve essere svolto ab extrinseco , nei limiti della rilevabilità ictu oculi dei vizi di legittimità dedotti, essendo diretto ad accertare il ricorrere di seri indici di invalidità e non alla sostituzione dell’amministrazione (cfr. Cass. Civ., sez. unite, 17 febbraio 2012, nn. 2312 e 2313).

La sostituzione da parte del giudice amministrativo della propria valutazione a quella riservata alla discrezionalità dell’amministrazione costituisce ipotesi di sconfinamento della giurisdizione di legittimità nella sfera riservata alla pubblica amministrazione (p.a.), a nulla rilevando che lo sconfinamento si compia attraverso una pronuncia il cui contenuto dispositivo si mantiene nell’area dell’annullamento dell’atto.

In base al principio di separazione dei poteri sotteso al nostro ordinamento costituzionale, solo l’amministrazione è in grado di apprezzare, in via immediata e diretta, l’interesse pubblico affidato dalla legge alle sue cure. Conseguentemente, il sindacato sulla motivazione delle valutazioni discrezionali deve essere rigorosamente mantenuto sul piano della verifica della non pretestuosità della valutazione degli elementi di fatto acquisiti;
non può avvalersi di criteri che portano ad evidenziare la mera non condivisibilità della valutazione stessa;
deve tenere distinti i poteri meramente accertativi da quelli valutativi (a più alto tasso di opinabilità) rimessi all’organo amministrativo, potendo esercitare più penetranti controlli, anche mediante c.t.u. o verificazione, solo avuto riguardo ai primi.

In conclusione, il TAR Calabria ha adottato sull’azione amministrativa una tecnica di sindacato non permessa.

6.- Sotto ulteriore profilo, va dato atto che la valutazione ambientale di cui si discute era stata effettuata sulla base di una valutazione di natura complessa, che ha abbracciato la consistenza del vincolo paesaggistico, ambientale, archeologico e idrogeologico gravante sull’area, nonché gli aspetti dell’estensione e della collocazione delle torri eoliche e sulle possibili conseguenze che sarebbero derivate dalla realizzazione e dalla messa in esercizio della centrale eolica: in breve, sia su considerazioni collegate ad un giudizio tecnico opinabile, sia su considerazioni di opportunità amministrativa.

L’insediamento del parco eolico in questione si colloca, infatti, su un sito caratterizzato da “aree di attenzione” (il progetto sarebbe riconducibile precisamente alla prima e alla terza delle tre tipologie individuate nella delibera della Giunta regionale n. 55 del 2006: aree di interesse naturalistico e ambientale;
aree di interesse agrario;
aree di interesse archeologico, storico e architettonico).

Quanto all’aspetto naturalistico ed ambientale, veniva evidenziato che il progetto era ubicato a distanza di un chilometro dal SIC “Monte Cocuzzo”, in un corridoio faunistico interessato dalle rotte migratorie e dalla presenza del lupo e di varie specie di avifauna. Tutte specie protette o valorizzate dalle disposizioni normative, in particolare di livello comunitario e che alcuni aerogeneratori ricadevano in prossimità di area di frana.

Sotto l’aspetto di interesse archeologico, si rilevava che l’area era interessata dalla presenza di reperti archeologici.

Il Nucleo di valutazione ambientale, esaminati i presupposti di fatto e analizzato il progetto, rispetto al quale venivano sollevati copiosi e consistenti rilievi in ordine alla sostenibilità ambientale dell’intervento destinato a ricadere in aree di attenzione, con articolata ed esauriente motivazione esprimeva la valutazione in termini negativi, prendendo in considerazione gli stessi elementi emersi dallo studio di impatto ambientale presentato dalla società.

Tale valutazione non presenta elementi da cui desumersi alcun travisamento dei fatti, o irragionevolezza o manifesta illogicità.

D’altra parte, si è già detto sopra che, in materia di valutazione di impatto ambientale, la p.a. esercita un potere discrezionale particolarmente intenso, non riconducibile ad un mero giudizio tecnico, sindacabile in sede giurisdizionale solo ab estrinseco , quando l’esercizio di detto potere discrezionale si presenti ictu oculi viziato sotto il profilo della manifesta illogicità o incongruenza, non corretto esercizio del potere sotto il profilo del difetto di motivazione, erroneità dei presupposti di fatto ed incoerenza della procedura valutativa e dei relativi esiti;
fermo restando che le illogicità e le incongruenze devono essere macroscopiche e manifeste, tutti elementi che non ricorrono nel caso in esame.

7.- Per le ragioni sin qui esposte, l’appello deve essere accolto e deve essere riformata la sentenza di primo grado e, per l’effetto, deve essere respinto il ricorso di primo grado della società Belmonte Green Energy s.r.l., a cui carico vanno poste le spese del c.t.u..

Le spese di giudizio di entrambi i gradi di giudizio vanno compensate tra le parti.

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