Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2013-09-26, n. 201304797

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2013-09-26, n. 201304797
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201304797
Data del deposito : 26 settembre 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02364/2013 REG.RIC.

N. 04797/2013REG.PROV.COLL.

N. 02364/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2364 del 2013, proposto da E P, rappresentata e difesa dall'avv. S V, con domicilio eletto presso S V in Roma, via Emilia n. 88;

contro

Comune di Acqui Terme, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv. C D P e G C, con domicilio eletto presso G C in Roma, via Pierluigi da Palestrina n. 63;

per la riforma

della sentenza del Consiglio di Stato - Sezione V n. 04605/2012, resa tra le parti, concernente ottemperanza sentenza n.4605/2012 - Sezione V Consiglio di Stato - revisione pianta organica


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Acqui Terme;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 30 luglio 2013 il Consigliere Carlo Schilardi e uditi per le parti gli avvocati F. Vannicelli su delega di S. Vinti e G. Contaldi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO


La signora E P, dipendente del Comune di Aqui Terme con funzioni di dirigente responsabile del settore di “Polizia Urbana e Annona”, impugnava innanzi al T.A.R. per il Piemonte una serie di provvedimenti comunali, concernenti la revisione della pianta organica dell’ente oltre che la revisione di carichi funzionali del personale dipendente.

In particolare, l’amministrazione comunale, a seguito di uno studio affidato alla ditta Praxi, con deliberazione n. 11 del 26 febbraio 1997, approvava la nuova pianta organica dell’ente che prevedeva, tra l’altro, l’accorpamento del settore “Polizia Urbana e Annona” al settore “Segreteria ed Affari Generali”.

La signora E P, pertanto, veniva collocata in disponibilità, ex artt. 72 e ss. del D.P.R. n. 3/1957, con provvedimenti n. 250 del 30 aprile 1997 e n. 296 del 30 maggio 1997.

Il T.A.R., con sentenza n. 590 del 9 marzo 2002 accoglieva il ricorso avanzato dalla signora P, ritenendo fondato il secondo motivo di doglianza da lei proposto, nell’assunto che la normativa vigente in materia, sia quella statale che quella regionale, non consentirebbe che il corpo di polizia municipale possa essere soggetto ad un diverso potere dirigenziale, essendo prevista solo una diretta sottoposizione del comandate al sindaco o all’assessore delegato, con conseguente illegittimità di ogni interposizione di terzi nell’ambito organizzativo di tale rapporto.

Avverso la sentenza proponeva appello, con atto notificato il 7 maggio 2002, il Comune di Acqui Terme, lamentando violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2, 3, 6 e 9 della legge 7 marzo 1986 n. 65, nonché dell’art. 6 della legge regionale del Piemonte 20 novembre n. 58 ed ancora dell’art. 3 del regolamento del corpo di polizia municipale del Comune.

Questo Consiglio di Stato, V sezione giurisdizionale, con sentenza n. 4605 del 27 agosto 2012 ha respinto l’appello e, conseguentemente, ha confermato la sentenza del T.A.R. n. 590/2002.

La Sezione ha ritenuto che i provvedimenti comunali impugnati fossero illegittimi perché in contrasto con la legge n. 65/1986 e con la legge regionale n. 58/1987, atteso che dall’approfondimento di dette norme si evince che il corpo di polizia municipale è una entità organizzativa unitaria ed autonoma da altre strutture del Comune e non può essere considerata una struttura intermedia e, quindi, compresa in una più ampia struttura burocratica. Inoltre, non può essere posta alle dipendenze del dirigente amministrativo preposto a tale più ampia struttura, come nella specie è avvenuto.

Alla signora P è stato conseguentemente riconosciuto il diritto di dirigere il corpo di polizia, di averne la responsabilità e di rispondere direttamente al sindaco della relativa attività, senza l’interposizione di altro dirigente amministrativo che non faccia parte dello stesso corpo di polizia municipale.

Con l’attuale ricorso avanzato ex art. 112 c.p.a., la signora E P ha ora adito questo Consiglio di Stato per ottenere l’esecuzione della sentenza n. 4605 del 27 agosto 2012, passata in giudicato, non avendovi il Comune di Acqui Terme ottemperato, con conseguente evidente pregiudizio patito dalla stessa.

Si è costituito in giudizio il Comune di Acqui Terme che in via preliminare ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile per difetto di competenza del giudice adito e nel merito che vengano dichiarate infondate le motivazioni addotte dalla ricorrente.

La causa è stata assunta per la decisione all’udienza pubblica del 30 luglio 2013.

Il Collegio deve preliminarmente rilevare che il Consiglio di Stato, nella sentenza oggetto di ottemperanza ha confermato “l’illegittimità ritenuta dal TAR dei provvedimenti con i quali sono state conferite funzioni attinenti al Comandante del Corpo a dirigente di altro settore.”

Appare evidente, quindi, che nella fattispecie è intervenuta la conferma della decisione del T.A.R., con motivazione dello stesso tenore ed identico contenuto dispositivo.

Come chiarito da questo Consiglio di Stato (Sez. IV, 18 aprile 2013 n. 2183), per individuare il giudice dell’esecuzione competente è necessario rifarsi alla disciplina contenuta nell’art. 113 comma 1 del codice del processo amministrativo, che prescrive, per l’attuazione delle sentenze amministrative, che il ricorso sia proposto “al giudice che ha emesso il provvedimento della cui ottemperanza si tratta;
la competenza è del tribunale amministrativo regionale anche per i suoi provvedimenti confermati in appello con motivazione che abbia lo stesso contenuto dispositivo e conformativo dei provvedimenti di primo grado”.

Come si afferma nella pronuncia sopra indicata, il legislatore, seppur impossibilitato ad attribuire ad un unico giudice le competenze dell’ottemperanza e comunque privilegiando un collegamento tra cognizione e esecuzione tramite il riferimento allo stesso organo, ha fissato un principio di preferenza per il giudice di prime cure, che provvede sia per le decisioni adottate direttamente, sia per i provvedimenti confermati in appello con lo stesso contenuto dispositivo e conformativo dei provvedimenti di primo grado.

Pertanto, l’indicazione del giudice competente deve essere il più chiaramente ricavabile dalla decisione ottemperanda, in modo da non lasciare alla parte interessata dubbi esegetici.

In questo senso, il disposto dell’art. 113 comma 1 fornisce indicazioni univoche.

In primo luogo, riguardo al contenuto dispositivo, esso è rinvenibile dagli indici testuali della parte dispositiva della sentenza, che nel giudizio amministrativo si connota per la sua particolare stringatezza Cons. Stato, Sez. IV, n. 2183 del 2013, cit.).

Ne deriva che, nel caso in cui il dispositivo comporti una statuizione di rigetto sic et simpliciter dell’appello, vi è certamente identità di contenuto dispositivo tra i provvedimenti di primo e secondo grado, con conseguente attribuzione della competenza al T.A.R. delle questioni sull’ottemperanza.

Conclusivamente, come più volte chiarito da questo Consiglio (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 18 aprile 2013, n. 2183, Consiglio di Stato, sez. V, 24 luglio 2013, n. 1642), il criterio dirimente della competenza ai sensi dell'art. 113, comma 1, c.p.a., va ricercato nel dispositivo della stessa sentenza di secondo grado che, ove si limiti semplicemente a rigettare l'appello, come nella specie, radica il giudizio di ottemperanza presso il TAR.

Qualora, invece, il dispositivo, in appello, contenga statuizioni che evidenzino uno scollamento dal percorso motivazionale e, conseguentemente, dal dispositivo della decisione di primo grado gravata e, quindi, nei casi in cui emergano formule come “respinto con diversa motivazione”, solo allora la competenza per il giudizio di ottemperanza si radica presso il Consiglio di Stato.

E’ evidente che nel caso di specie si ricade nella prima delle due ipotesi, in quanto questo Consiglio di Stato si è limitato a rigettare l'appello e confermare le statuizioni del TAR, con identico percorso motivazionale.

Alla luce delle suddette considerazioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Ricorrono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio.


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