Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2009-09-09, n. 200905401

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2009-09-09, n. 200905401
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 200905401
Data del deposito : 9 settembre 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03897/2004 REG.RIC.

N. 05401/2009 REG.DEC.

N. 03897/2004 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 3897 del 2004, proposto da:
C A, rappresentato e difeso dall'avv. P G R, con domicilio eletto presso P G R in Roma, viale G. Mazzini N.142;

contro

Comune di Manduria, non costituito;
e nei confronti di
Mazza Santa, non costituita;

per la riforma

della sentenza del Tar della Puglia – Sezione staccata di Lecce, sezione I n. 01418/2003, resa tra le parti, concernente DINIEGO RILASCIO CONCESS. EDIL. N.17807 del 19 giugno 2001 - RIS. DANNO.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 luglio 2009 il consigliere S D F e udito l’avv. Relleva;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

Con ricorso proposto innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, i signori Caforio e Mazza, proprietari di un suolo sito in Manduria, località “Zingaro”, al catasto fg.73, particella 1116, a loro pervenuto per notaio Leccese di Taranto, impugnavano il diniego di concessione edilizia emesso dal Comune di Manduria con nota n.17807 del 19 giugno 2001, motivato in base alla ragione che il suolo sarebbe destinato dal vigente p.r.g. a “piazza o strada”.

Nel ricorso si faceva presente che: tale suolo era stato destinato già nel PRG del 1977 a zona semintensiva e poi zonizzato dalla variante generale del 1986 a zona di edilizia esistente, completamento e ristrutturazione, come attestato dal certificato di destinazione urbanistica del 14 gennaio 1986;
in tale situazione urbanistica, trattandosi di zona di PRG definita Bb, su richiesta dei ricorrenti il comune di Manduria rilasciò in data 29 febbraio 1991 la concessione edilizia n. 140 prot. n.21007 per la realizzazione di un fabbricato composto da un piano interrato e un piano terra;
il 23 giugno 2000 i medesimi ricorrenti chiesero una variante alla concessione edilizia al fine di realizzare anche un primo piano, sussistendone i necessari standards urbanistici;
con nota n. 17807 del 22 agosto 2000 il Comune, tramite i suoi uffici, rispose negativamente, adducendo la ragione che si trattava di area demaniale;
i ricorrenti chiesero il riesame della pratica, che venne sospesa fino a successiva comunicazione;
con nota n. 17808 del 19 giugno 2001 il Dirigente dell’U.T.C. del Comune di Manduria esprimeva il definitivo diniego al rilascio di concessione edilizia, sul rilievo che l’area non era edificabile, in quanto destinata dal vigente PRG a piazza o strada.

Avverso tale diniego veniva proposto ricorso al TAR della Puglia, come detto sopra, con deduzione di vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili.

Il giudice di prime cure rigettava il ricorso ritenendolo infondato, non dando rilievo alle precedenti concessioni a favore dei medesimi soggetti e anche a favore di altri;
anzi, veniva ritenuto dovuto il diniego di concessione edilizia, dando rilevanza alla circostanza che dalle tavole planimetriche allegate al Piano Regolatore Generale vigente dopo la approvazione della predetta variante generale, a mezzo dei consueti segni grafici simbologici, che hanno la funzione di individuare le singole zone con efficacia precettiva, e, senza alcuna ambiguità o contrasto con le risultanze normative dello strumento urbanistico, l’area in questione veniva (ed è) qualificata come non edificabile, poiché la medesima non è contraddistinta da “retinatura” o perimetrata da linea tratteggiata marcata, come previsto invece dal PRG per le aree fabbricabili. Veniva anche rigettato il motivo consistente nella lamentata assenza del parere della Commissione edilizia comunale, che si era già espressa in senso negativo nell’ambito del medesimo procedimento amministrativo.

Con l’atto di appello si lamenta la erroneità e illegittimità del diniego impugnato in prime cure, motivato sulla non edificabilità dell’area in mancanza di retinatura, in quanto il suolo è sempre stato edificabile e ai medesimi odierni appellanti è stata rilasciata concessione edilizia n.140 del 1991;
in più, altre concessioni nella medesima zona sono state rilasciate a terzi soggetti. Pertanto, nella continuità del suo operato, per il Comune di Manduria l’area in questione è stata sempre edificabile dal 1983 al 2000 con i parametri della zona Bb. La prova contraria rispetto alla edificabilità non può essere ritenuta la mera perimetrazione o il solo tratteggiamento dell’area;
ha quindi errato il primo giudice nel ritenere che fosse sufficiente a dimostrare la non edificabilità la mera mancanza di retinatura, in assenza di adeguata istruttoria in relazione alle precedenti (e contraddittorie con la nuova posizione assunta) concessioni nella zona.

Con l’appello si deduce altresì il vizio di violazione di legge (l. r. n. 56 del 1980) per omessa acquisizione del parere della Commissione edilizia, sì acquisito nel precedente procedimento conclusosi in senso negativo per demanialità del bene, ma non acquisito nel successivo procedimento, conclusosi con il definitivo e impugnato diniego.

Il Comune appellato non si è costituito.

Alla udienza pubblica del 14 luglio 2009 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. L’appello è fondato.

Certamente, in linea di principio, va condiviso quanto osservato dal primo giudice in relazione alla suddivisione planimetrica grafica delle zone: allorché il territorio comunale venga suddiviso in zone, a norma dell’art. 7, comma 2 n. 2 della L. 17 agosto 1942 n.1150 (divisione in zone del territorio comunale con la precisazione delle zone destinate alla espansione dell’aggregato urbano e la determinazione dei vincoli e dei caratteri da osservare in ciascuna zona), le relative tavole planimetriche allegate al Piano Regolatore Generale hanno lo scopo precipuo di individuare le singole zone, con piena efficacia “precettiva” e di integrazione delle disposizioni del Piano, costituendo gli elaborati planimetrici “parte integrante” dello strumento urbanistico generale.

Tuttavia, pur dovendo ritenersi vincolante il riferimento delle tavole planimetriche ai fini del rilascio del titolo abilitativo concessorio, il Comune, nella specie, dinanzi a una situazione di zona ritenuta da sempre edificabile – a fronte di precedenti rilasci di concessione edilizia a favore dei medesimi istanti sul medesimo appezzamento (costruzione di piano terra e primo piano) e dinanzi a concessioni rilasciate a terzi nella medesima zona, come non smentito dal medesimo comune - si trovava quantomeno, ritenendo di doversi pronunciare negativamente, dinanzi ad un “ispessimento” del dovere di istruttoria e motivazionale, che quindi non poteva limitarsi al mero richiamo alle tavole planimetriche, ai segni e simboli grafologici, certamente idonei, di norma, a suddividere le varie zone in edificabili e non edificabili.

Il Comune, a causa della particolarità della fattispecie, avrebbe dovuto dare conto della evidente ed emergente contraddittorietà con la precedente attività amministrativa provvedimentale.

E’ principio giurisprudenziale noto che il vizio di eccesso di potere si concreti in caso di contraddittorietà tra atti e comportamenti della medesima amministrazione, quale particolare manifestazione della illogicità: vi è contraddittorietà di comportamento della pubblica amministrazione allorchè sussista difetto di ragionevolezza tra atti e comportamenti adottati in circostanze del tutto analoghe e nell’esercizio del medesimo potere, quando la diversità di determinazioni non sia giustificabile in base al principio della coerenza logica (in tal senso, Consiglio di Stato, VI, 13 gennaio 1983, n. 3).

Tale contraddittorietà tra atti adottati nelle medesime circostanze e nell’esercizio del medesimo potere si verifica certamente in caso di precedente titolo abilitativo concessorio favorevole a costruire piano terra e primo piano (risalente all’anno 1991), rispetto a successivo diniego (di circa nove anni dopo) sulla medesima zona, che viene ritenuta successivamente inedificabile, a destinazione invariata, sulla base delle mere indicazioni planimetriche e senza ulteriori approfondimenti e spiegazioni;
tale contraddittorietà del diniego di concessione edilizia è a maggior ragione corroborata al cospetto del rilascio di concessioni a favore di altri nella medesima zona, sempre in passato quindi ritenuta edificabile.

Alla stregua dei principi richiamati, la coerenza logica e il principio di non contraddizione esigevano un più pressante dovere di istruttoria e motivazionale (così Consiglio di Stato, V, 10 giugno 1977, n.586), ferme restando le ulteriori determinazioni dell’amministrazione sulla effettiva spettanza del titolo concessorio favorevole, in ragione della effettiva edificabilità o inedificabilità dell’area.

2. Allo stesso modo deve ritenersi fondato il rilievo dell’assenza del previsto parere di concessione edilizia, non essendo sufficiente che tale fase obbligatoria sia stata rispettata nell’ambito di precedente procedimento, chiusosi negativamente per altro motivo (con il richiamo alla asserita demanialità del suolo, mentre il successivo diniego era motivato con la destinazione a piazza o strada), e definitivamente superato da altro procedimento e provvedimento (il diniego definitivo impugnato).

3. Per le considerazioni sopra svolte, l’appello va accolto e, in riforma della impugnata sentenza, va accolto il ricorso proposto in primo grado, salve le ulteriori determinazioni dell’amministrazione.

Sussistono giusti motivi per disporre tra le parti la compensazione delle spese di giudizio del doppio grado.

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