Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-08-08, n. 202307660

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-08-08, n. 202307660
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202307660
Data del deposito : 8 agosto 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/08/2023

N. 07660/2023REG.PROV.COLL.

N. 06883/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6883 del 2017, proposto da
Geoservizi S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati V B e M C, con domicilio eletto presso lo studio M C in Roma, via Pier Luigi Da Palestrina, 63;

contro

Comune di Caselette, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato P F V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Marco Gardin in Roma, via L. Mantegazza, 24;
Regione Piemonte, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte (Sezione Seconda) n. 726 del 2017, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Caselette;

Viste le memorie delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 giugno 2023 il Cons. Elena Quadri e uditi per le parti gli avvocati Stefania Contaldi su delega di Barosio, Videtta;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Geoservizi S.r.l. ha impugnato il provvedimento del Responsabile dell'Area Tecnica del Comune di Caselette del 17 agosto 2015, prot. n. 4082, con il quale è stata ordinata “ la sospensione del procedimento per il rilascio dell'autorizzazione di cava alla Geoservizi Srl, con sede in Avigliana (TO), Via Moncenisio n. 1 (istanza prot. n. 4679 del 1° agosto 2015) ”, il provvedimento del 5 ottobre 2015, prot. n. 4851, con il quale il Comune, in merito all'istanza di revoca per autotutela del 21 settembre 2015, ha così disposto: " ritiene di non poter aderire alla richiesta in quanto in attesa di un provvedimento chiarificatore della Regione Piemonte ", il provvedimento del 27 gennaio 2016, prot. n. 471, con il quale il Responsabile dell'Area tecnica del Comune di Caselette ha respinto " l'istanza per il rinnovo con ampliamento e variante del progetto di recupero ambientale della cava di ghiaia e sabbia nel Comune di Caselette - Località Cascina Baldon proposta dalla ditta GEOSERVIZI S.r.l. ”, restituendo, altresì, contestualmente la polizza fideiussoria consegnata dalla società al Comune al fine del rilascio del provvedimento di rinnovo, nonché l'ordinanza del 23 giugno 2016, n. 10, con la quale è stato ordinato alla società “ di procedere all'immediato Recupero ambientale dell'area di cava autorizzata in data 09/04/2008 (in quanto l'autorizzazione risulta scaduta e non rinnovata per i motivi in premessa citati), secondo le prescrizioni previste dalla citata autorizzazione che qui di seguito vengono riportate ”;
nonché sono state determinate prescrizioni tecniche, disponendo altresì che “ Qualora venga accertata la mancata od insufficiente effettuazione delle opere di recupero ambientale previste e prescritte, l'Amministrazione Comunale dovrà immediatamente avviare le procedure per l'escussione della cauzione e intervenire in via sostitutiva ” e che “ I lavori di recupero ambientale dovranno essere effettuati entro il termine perentorio di 6 mesi con effetto dalla data di notifica della presente ordinanza ”.

Il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, con sentenza n. 726 del 2017:

a) ha dichiarato improcedibile il ricorso introduttivo per sopravvenuto difetto di interesse;

b) ha accolto in parte il primo atto di motivi aggiunti e per l’effetto ha annullato in parte qua il provvedimento di diniego del Comune di Caselette prot. n. 471 del 27 gennaio 2016;

c) ha accolto il secondo atto di motivi aggiunti, e per l’effetto ha annullato l’ordinanza del Comune di Caselette n. 10/2016 del 23 giugno 2016.

La sentenza è stata appellata da Geoservizi S.r.l. per i seguenti motivi di diritto:

I) violazione di legge con riferimento all’art. 112 c.p.c. (omissione di pronuncia);
errore di motivazione;
errata valutazione delle circostanze in fatto;
contraddittorietà;

II) violazione di legge con riferimento all’art. 112 c.p.c. (omissione di pronuncia);
difetto di motivazione.

Si è costituito per resistere all’appello il comune di Caselette;

Successivamente le parti hanno depositato memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.

All’udienza pubblica del 22 giugno 2023 l’appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Giunge in decisione l’appello proposto da Geoservizi S.r.l. per la riforma parziale della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte n. 726 del 2017.

L’appellante era stata autorizzata con provvedimento del 9 aprile 2008 alla coltivazione di una cava di sabbia e ghiaia sul terreno contraddistinto al catasto del comune di Caselette al foglio n. 14, mappali n. 11-12-17, per il periodo di cinque anni a decorrere dal rilascio (e quindi fino all’8 aprile 2013) e con prescrizione di una volumetria massima estraibile non superiore a 403.930 mc.

L’1 agosto 2011 la stessa formulava istanza di rinnovo con ampliamento per ulteriori 10 anni, con previsione di estrazione di una volumetria di inerti pari a circa 2.117.550 mc.

Il progetto prevedeva uno sviluppo ventennale dell’area di cava, con suddivisione dei lavori di coltivazione in 20 lotti di durata annuale, in prosecuzione delle attività già in fase di esecuzione in forza dell’autorizzazione originaria, e con l’impegno a ritombare completamente il lotto precedente prima di dare avvio ai lavori di scavo sul lotto successivo, infine con previsione del recupero ambientale delle porzioni già esaurite per il successivo riuso agrario.

Otteneva il 16 ottobre 2012 dalla Giunta provinciale di Torino VIA positiva, ma che faceva salvi eventuali vincoli che dovessero intervenire (“ salvi eventuali vincoli che potranno derivare dalla dichiarazione di notevole interesse pubblico relativa all’ex Tenimento dell’Ordine Mauriziano e provvedimenti conseguenti ”).

L’area interessata dal progetto di ampliamento della cava rientra, invero, all’interno dell’ex Tenimento dell’Ordine Mauriziano di Sant’Antonio di Ranverso, il quale è stato individuato nel Piano Paesaggistico Regionale (PPR) adottato con D.G.R. n. 53-11975 del 4 agosto 2009 tra i “ luoghi della tradizione regionale che per le loro specificità storiche, fisiche e ambientali e paesaggistiche connotano la storia e la tradizione piemontese ”. Per tale motivo, nelle more del procedimento di valutazione di compatibilità ambientale, la regione Piemonte, invitata dalla provincia di Torino ad esprimere un parere sulla compatibilità paesaggistica del progetto, aveva ritenuto di avviare il procedimento per la dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’area, ai sensi degli artt. 138 e ss. del Codice dei beni Culturali, e, in attesa della sua conclusione, aveva imposto l’adozione di misure precauzionali atte a garantire il sostanziale ripristino delle condizioni iniziali dei terreni all’esito dei lavori di coltivazione delle cave.

Concluso il giudizio positivo di compatibilità ambientale da parte della Giunta provinciale di Torino, il Comune ometteva di rilasciare la nuova autorizzazione nei 30 giorni prescritti dalla VIA, atteso che tra l’appellante e l’amministrazione comunale insorgeva controversia in ordine alle modalità di prestazione della garanzia fideiussoria: l’appellante richiedeva un versamento frazionato per fasi di intervento, mentre l’amministrazione comunale pretendeva il versamento integrale della cauzione in un’unica soluzione.

Il 9 aprile 2013 l’autorizzazione giungeva a scadenza, senza che le parti avessero raggiunto un accordo in ordine alle modalità di prestazione della fideiussione finalizzata al rilascio della nuova autorizzazione decennale.

Nel corso dell’anno 2014 venivano approvate due deliberazioni della Giunta regionale piemontese:

- la D.G.R. 17 marzo 2014, n. 38-7264 (“ Aggiornamento delle Linee Guida riferite agli interventi di recupero ambientale delle cave… ”), la quale consentiva il frazionamento delle cauzioni a garanzia delle operazioni di recupero ambientale per fasi successive di intervento;

- la D.G.R. 4 agosto 2014 n. 37-227 (“ Dichiarazione di notevole interesse pubblico dei Tenimenti storici dell’Ordine Mauriziano ”), la quale dichiarava il notevole interesse pubblico, quali beni paesaggistici, ai sensi dell’articolo 136, comma 1, lettera c) , del d.lgs. n. 42/2004, dei Tenimenti storici dell’Ordine Mauriziano specificamente individuati, tra cui quello di Sant’Antonio di Ranverso in questione, stabilendo, in particolare, che: “ Non è ammessa la realizzazione di nuove attività estrattive e ampliamento di quelle esistenti, attività di stoccaggio e lavorazione degli inerti ” (Allegato A, punto 3.1 “ Prescrizioni d’uso ”).

In conseguenza della prima deliberazione, con nota del 14 gennaio 2015 il comune di Caselette richiedeva a Geoservizi di prestare la cauzione di € 5.036.000,00 secondo le modalità frazionate consentite dalla DGR del 17 marzo 2014, subordinando a tale prestazione il rilascio dell’autorizzazione.

Geoservizi prestava la prima tranche della cauzione consegnando polizza fideiussoria decennale del 16 febbraio 2015 dell’importo di € 1.510.000,00.

In conseguenza della seconda deliberazione, il Comune riteneva opportuno richiedere un parere scritto alla regione Piemonte in ordine alla compatibilità del procedimento autorizzatorio in corso con la dichiarazione di notevole interesse pubblico del sito.

La Regione rispondeva con nota dell’11 marzo 2015, affermando la compatibilità dell’autorizzazione di cava con il vincolo paesaggistico apposto con la DGR del 4 agosto 2014, nel rispetto di specifiche prescrizioni d’uso specificamente riportate, finalizzate al “ recupero e alla rinaturalizzazione dell’area ”. Peraltro, nel contesto del parere la Regione mostrava di ritenere erroneamente (confondendo l’area in esame con altra attigua) che il sito di cava fosse già stato autorizzato dal Comune con provvedimento del 19 febbraio 2010, per la durata di dieci anni.

Con nota del 6 agosto 2015 Geoservizi sollecitava il Comune a rilasciare l’autorizzazione, atteso che l’amministrazione aveva già incamerato la fideiussione del 16 febbraio 2015, lamentando i danni subiti per effetto del blocco di ogni attività estrattiva.

Con provvedimento prot. n. 4082 del 17 agosto 2015 il Comune, invece, sospendeva il procedimento autorizzatorio sino al 30 novembre 2015, al fine di ottenere dalla Giunta regionale del Piemonte un chiarimento scritto in ordine all’incidenza della dichiarazione di notevole interesse pubblico sull’istanza di Geoservizi, soprattutto in considerazione del fatto che il precedente parere (favorevole) regionale dell’11 marzo 2015 sembrava presupporre erroneamente che il sito di cava fosse già stato autorizzato nel 2010 con durata decennale.

Geoservizi chiedeva la revoca in autotutela di tale provvedimento, ma il Comune respingeva l’istanza con nota del 5 ottobre 2010, confermando la necessità di ottenere un provvedimento chiarificatore della Regione.

La società impugnava i suddetti provvedimenti e, con ricorso per motivi aggiunti, impugnava, altresì, il sopravvenuto provvedimento prot. n. 471 del 27 gennaio 2016 con cui il Comune di Caselette ha respinto definitivamente l’istanza della ricorrente di autorizzazione al rinnovo con ampliamento del sito di cava.

Con un secondo ricorso per motivi aggiunti la società ha impugnato l’ordinanza n. 10/2016 del 23 giugno 2016, con cui il Comune ha ordinato alla stessa di procedere all’immediato recupero ambientale dell’area di cava oggetto dell’autorizzazione rilasciata in data 9 aprile 2008 e scaduta l’8 aprile 2013, secondo le prescrizioni tecniche dettate del provvedimento medesimo.

La sentenza appellata:

a) ha dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse il ricorso proposto da Geoservizi per l’annullamento del provvedimento del Responsabile dell'Area Tecnica del Comune di Caselette del 17 agosto 2015, prot. n. 4082, con il quale viene ordinata " la sospensione del procedimento per il rilascio dell'autorizzazione di cava alla Geoservizi s.r.l., con sede in Avigliana (TO), Via Moncenisio n. 1 (istanza prot. n. 4679 del 1° agosto 2015) " e, per quanto possa occorrere, dell'allegato parere legale, e del provvedimento del Responsabile dell'Area Tecnica del Comune di Caselette del 5 ottobre 2015, prot. n. 4851 con il quale il Comune, in merito all'istanza di revoca in autotutela del 21 settembre 2015: " ritiene di non poter aderire alla richiesta in quanto in attesa di un provvedimento chiarificatore della Regione Piemonte ";

b) ha accolto in parte il primo atto di motivi aggiunti e per l’effetto ha annullato in parte il provvedimento del 27 gennaio 2016, prot. n. 471, con il quale il Responsabile dell'Area tecnica del Comune di Caselette ha respinto l'istanza per il rinnovo con ampliamento e variante del progetto di recupero ambientale della cava di ghiaia e sabbia nel Comune di Caselette - Località Cascina Baldon proposta da Geoservizi S.r.l., restituendo, altresì, contestualmente la polizza fideiussoria consegnata dalla società al Comune al fine del rilascio del provvedimento di rinnovo;

c) ha accolto il secondo atto di motivi aggiunti, e per l’effetto ha annullato l’ordinanza del 23 giugno 2016, n. 10, con la quale il Responsabile dell'Area tecnica del Comune di Caselette ha ordinato alla società " di procedere all'immediato Recupero ambientale dell'area di cava autorizzata in data 09/04/2008 (in quanto l'autorizzazione risulta scaduta e non rinnovata per i motivi in premessa citati), secondo le prescrizioni previste dalla citata autorizzazione che qui di seguito vengono riportate ";
nonché ha determinato prescrizioni tecniche, disponendo altresì che " Qualora venga accertata la mancata od insufficiente effettuazione delle opere di recupero ambientale previste e prescritte, l'Amministrazione Comunale dovrà immediatamente avviare le procedure per l'escussione della cauzione e intervenire in via sostitutiva " e che " I lavori di recupero ambientale dovranno essere effettuati entro il termine perentorio di 6 mesi con effetto dalla data di notifica della presente ordinanza ".

Per la sentenza, in particolare: “ il provvedimento di diniego adottato dall’amministrazione comunale è illegittimo nella parte in cui ha negato alla società ricorrente la possibilità di portare ad esaurimento la coltivazione del sito di cava originario che, come confermato in udienza anche dal difensore dell’amministrazione, era certamente “esistente” alla data di adozione della citata delibera regionale e, allo stato, non ha ancora esaurito le proprie potenzialità estrattive.

Per contro, è pacifico che la DGR 37-227 del 4 agosto 2014 ha vietato “ampliamenti” delle attività estrattive esistenti. L’istanza della ricorrente riguardava, oltre al rinnovo del titolo autorizzatorio relativo al sito di cava originario, anche un progetto di estensione di quest’ultimo sui mappali nn. 18, 43, 49, 55, 60, 66, 70, 72, 89 del Foglio 14, e sui mappali nn. 30, 31, 37, 38, 69 e 72 del Foglio 15, su una superficie complessiva di circa 327.435 mq e con previsione di estrazione di una volumetria di inerti pari a circa 2.117.550 mc.

Questo ampliamento non può ritenersi consentito alla luce della citata DGR, che ha vietato espressamente ogni ipotesi di ampliamento delle attività estrattive esistenti, sicchè giustamente – sotto questo profilo - l’amministrazione ha respinto l’istanza ”.

L’appello è, dunque, limitato solo ad alcuni capi della sentenza, quelli non favorevoli alla società.

Più specificamente, con il primo motivo di gravame l’appellante ha dedotto che la sentenza impugnata, che ha ritenuto di qualificare la prosecuzione dell’attività di cava della stessa come “ampliamento” sarebbe, sotto tale profilo, errata. Il termine “ampliamento” non dovrebbe essere inteso in senso “letterale”, trattandosi, in realtà, di una prosecuzione. La fattispecie oggetto del presente giudizio riguarderebbe infatti la “prosecuzione” della coltivazione sui lotti già oggetto della precedente autorizzazione (poi scaduta) e l’avvio della coltivazione su lotti vicini, appunto in prosecuzione dell’attività di escavazione originaria. Il termine “ampliamento” previsto nel vincolo paesaggistico sopravvenuto si riferirebbe necessariamente ad istanze depositate dopo l’adozione del vincolo stesso. La prosecuzione dell’attività di cava della ricorrente, che aveva anche già ottenuto VIA positiva, non potrebbe qualificarsi come “ampliamento” nel senso previsto dal vincolo paesaggistico oggetto del presente giudizio.

Per l’appellante, inoltre, il parere positivo di VIA ha una durata ventennale con la conseguenza che esso “sopravvive” all’imposizione di ogni successivo vincolo, mentre il “frazionamento” per lotti dell’autorizzazione alla coltivazione della cava sarebbe una mera scelta di natura “pratica”, non idonea ad inficiare e/o a ridurre e/o a limitare l’efficacia ventennale della VIA stessa.

La VIA dà atto dell’attivazione dell’istruttoria volta all’apposizione del vincolo di tutela paesaggistica dei Tenimenti dell’Ordine Mauriziano ed infatti prevede una serie di prescrizioni (peraltro identiche a quelle previste nella D.G.R. 4 agosto 2014, n. 37-227) alle quali il gestore della cava dovrà attenersi;
nella nota del 28 settembre 2015, prot. n. A16000.11.30.10.101/2015, la regione Piemonte ha affermato che, pur essendo il parere di VIA anteriore alla dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’area sede della cava di cui si tratta, lo stesso tiene comunque conto del particolare pregio dell’area medesima e contiene prescrizioni compatibili con uno sfruttamento razionale ed adeguato del paesaggio e dell’ambiente circostante.

Per l’appellante, dunque, la VIA positiva alla stessa rilasciata varrebbe nonostante l’imposizione del vincolo paesaggistico da parte della regione Piemonte.

Inoltre, la sentenza impugnata sarebbe erronea anche nella parte in cui ha ritenuto che l’autorizzazione comunale debba essere considerata provvedimento “autonomo” della sequenza procedimentale al punto da potersi anche discostare dal parere provinciale.

In ogni caso, anche se l’estensione della coltivazione della cava della ricorrente ai lotti vicini dovesse qualificarsi come “ampliamento”, resterebbe il fatto che esso non potrebbe ritenersi vietato dal vincolo paesaggistico, in quanto l’“ampliamento” in questione è stato assentito dal parere di VIA, mentre il provvedimento autorizzativo conclusivo del Comune resistente avrebbe una mera funzione di “presa d’atto” rispetto alla fattibilità dell’attività di cava, appunto già assentita dal parere di VIA. Diversamente opinando, verrebbe di fatto sminuita l’attività istruttoria della Provincia e si rimetterebbe al Comune ogni più ampia discrezionalità circa le “sorti” dell’intervento stesso.

Nella sostanza, l’assenso all’intervento dell’appellante sarebbe contenuto nella VIA positiva;
il fatto che spetti al Comune il rilascio del “foglio” autorizzativo sarebbe solo una questione di competenza, che nulla toglierebbe al “ruolo” della Provincia, il soggetto in concreto deputato alla valutazione dell’istanza ed alla sua fattibilità. Sebbene il provvedimento autorizzativo del Comune sia l’ultimo atto dell’ iter procedimentale, ciò non escluderebbe che tale provvedimento debba essere meramente consequenziale al parere provinciale, dovendo pedissequamente recepirne il contenuto.

Inoltre, l’inciso, contenuto nella VIA “ salvi eventuali vincoli che potranno derivare dalla “dichiarazione di notevole interesse pubblico relativa all’ex Tenimento dell’Ordine “Mauriziano e provvedimenti conseguenti ”, non sarebbe stato interpretato correttamente dalla sentenza impugnata, che avrebbe erroneamente ritenuto che la VIA avrebbe fatto espresso rinvio al futuro vincolo, intendendo così limitare l’attività di cava della società. Un provvedimento antecedente (la VIA) non potrebbe, però, rinviare al contenuto e soprattutto ai divieti previsti in un provvedimento successivo (la D.G.R. impositiva del vincolo paesaggistico), non ancora adottato e comunque da adottarsi nell’ambito di un procedimento del tutto diverso da quello da cui deriva la VIA positiva.

Per l’appellante, se la cauzione fosse stata prestata da subito, l’attività di cava sarebbe proseguita fino all’esaurimento senza che il Comune potesse eccepire la sopravvenienza del vincolo in questione per “bloccare” l’attività in corso di svolgimento. L’interpretazione dell’inciso in esame non potrebbe dipendere da un evento “accidentale” come il mancato pagamento o meno della cauzione da parte della società. Pertanto, l’inciso sopra richiamato dovrebbe essere interpretato come rinvio (non al vincolo paesaggistico regionale, bensì) alle prescrizioni allegate al vincolo, nel senso che la sopravvenienza del vincolo paesaggistico non escluderebbe l’ampliamento ma imporrebbe il solo rispetto di certe specifiche prescrizioni (relative, in particolare, al recupero ambientale).

Poiché il Comune non ha mai accolto la richiesta della ricorrente, o comunque non ha mai provveduto all’istruttoria sulla quantificazione della cauzione, avendo ammesso il versamento della cauzione stessa “per lotti” solo nel gennaio 2015, prima di tale data la ricorrente stessa - alla luce delle disposizioni sopra richiamate - non avrebbe potuto procedere al versamento della cauzione in questione. La richiesta comunale di prestazione della cauzione “per lotti” risalente al gennaio 2015 dimostrerebbe, dunque, che il ritardo nella richiesta della cauzione stessa è imputabile unicamente al Comune.

Non sarebbe neppure veritiero che la Regione ha espresso un parere contrario alla fattibilità dell’intervento della ricorrente, in quanto contrastante con il vincolo paesaggistico imposto dalla Regione stessa sull’area interessata dalla cava. La sentenza impugnata fa unicamente riferimento ad un incontro del 3 dicembre 2014 e a una nota regionale dell’11 marzo 2015, entrambi sostanzialmente favorevoli all’accoglimento dell’istanza della ricorrente, ma formulati - secondo la sentenza stessa - sull’erroneo presupposto che il progetto di ampliamento ventennale della cava fosse già stato autorizzato con provvedimento definitivo. Tali provvedimenti regionali non hanno, però, dichiarato incompatibile la prosecuzione dell’attività di cava della ricorrente con il vincolo imposto dalla D.G.R. n. 37-227 del 2014, anche perché la compatibilità dell’attività della società con il vincolo gravante sull’area sarebbe stata già valutata dalla Giunta provinciale di Torino con il parere positivo di VIA.

Con il secondo motivo di gravame l’appellante, premettendo che l’istanza presentata dalla stessa riguardava l’ultimazione della coltivazione dei primi tre lotti oggetto dell’autorizzazione rilasciata dal Comune resistente nel 2008, anche con approfondimento dello scavo, nonché l’avvio della coltivazione di mappali “in prosecuzione” della coltivazione dei mappali già oggetto dell’autorizzazione del 2008, ha dedotto che la sentenza si sarebbe limitata ad annullare il provvedimento comunale di rigetto nella parte in cui tale provvedimento ha vietato alla ricorrente la prosecuzione dell’attività di cava fino all’esaurimento dei lotti indicati nell’autorizzazione originaria (poi scaduta). Nulla però avrebbe statuito in merito alla possibilità per la società di approfondire lo scavo nell’ambito dei lotti già oggetto dell’autorizzazione originaria. Peraltro, in merito all’approfondimento dello scavo originario il Comune resistente non avrebbe mai eccepito alcunchè. Vi sarebbe, quindi, un’omissione di pronuncia o quantomeno un difetto di motivazione, nella parte in cui la sentenza non ha spiegato perché anche l’approfondimento dello scavo sui “vecchi” lotti dovrebbe ritenersi attività vietata, eventualmente in contrasto con il vincolo paesaggistico regionale.

L’appello è infondato, potendo esaminarsi congiuntamente le censure dedotte in considerazione della stretta connessione tra le stesse.

Ed invero, come correttamente statuito dalla sentenza appellata, il procedimento amministrativo avviato su istanza dell’appellante di rinnovo e ampliamento del sito di cava non si è concluso con il giudizio di compatibilità ambientale formulato dalla giunta provinciale, atteso che con lo stesso provvedimento è stato disposto che nei trenta giorni successivi il comune di Caselette avrebbe dovuto provvedere al rilascio del titolo autorizzatorio, subordinatamente, però, alla prestazione da parte dell’interessata delle garanzie finanziarie previste dall’art. 7, comma 3, della legge della regione Piemonte n. 69 del 1978, a presidio della corretta esecuzione delle operazioni di recupero ambientale del sito di cava una volta ultimati i lavori di coltivazione: non si trattava, dunque, di un atto conclusivo della sequenza procedimentale, ma, come condivisibilmente statuito dalla sentenza appellata, di: “ un atto meramente interlocutorio, benchè essenziale, del procedimento amministrativo destinato a concludersi solo con il rilascio del titolo autorizzatorio da parte dell’amministrazione comunale, previa prestazione delle garanzie finanziarie da parte dell’interessata ”, garanzie finanziarie che, al momento dell’emanazione della D.G.R. n. 37-227 del 2014, non erano state prestate, essendo insorta controversia tra le parti circa le modalità di prestazione.

In quel momento, dunque, l’autorizzazione non poteva considerarsi in alcun modo rilasciata.

Il Comune non avrebbe mai potuto, dunque, procedere al rilascio del rinnovo dell’autorizzazione in ampliamento all’appellante, atteso che lo stesso non sarebbe stato conforme alla D.G.R. n. 37-227 del 2014 di dichiarazione di notevole interesse pubblico, secondo cui: “ Non è ammessa la realizzazione di nuove attività estrattive e ampliamento di quelle esistenti, attività di stoccaggio e lavorazione degli inerti ” (cfr. D.G.R. n. 37-227 del 2014, Allegato A, punto 3.1 “Prescrizioni d’uso”).

Conferma di ciò si rinviene, come affermato anche dalla difesa del Comune appellato, da quanto previsto dal punto 3 del parere positivo di VIA del 16 ottobre 2012, laddove vengono fatti salvi eventuali vincoli che potranno derivare dalla dichiarazione di notevole interesse pubblico relativa all’ex Tenimento dell’Ordine Mauriziano e provvedimenti conseguenti.

Né il diniego di autorizzazione all’ampliamento del sito di cava può ritenersi in contrasto con i pareri resi nel corso del procedimento amministrativo dalla regione Piemonte, atteso che entrambi i pareri regionali, sostanzialmente favorevoli all’accoglimento dell’istanza, erano stati formulati sull’erroneo presupposto che il progetto di ampliamento ventennale della cava fosse già stato autorizzato con provvedimento definitivo prima dell’adozione della D.G.R 37-227 del 4 agosto 2014, presupposto, come visto, insussistente.

In conclusione, trattandosi di ampliamento e non di continuazione di attività di escavazione preesistente, e atteso che la VIA rilasciata all’appellante il 16 ottobre 2012 fa salvi i vincoli che potranno essere adottati, fra i quali deve ritenersi di certo ricompreso quello di cui alla D.G.R. n. 37-227 del 2014, che vieta gli ampliamenti delle attività estrattive esistenti, l’appellante deve limitarsi a portare a termine l’attività ultimando lo sfruttamento delle potenzialità estrattive del solo sito per cui era stata originariamente autorizzata, nei limiti della volumetria massima estraibile, non superiore a 403.930 mc.

Alla luce delle suesposte considerazioni l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza appellata.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza con il Comune di Caselette e si liquidano come in dispositivo.

Nulla sulle spese nei confronti della regione Piemonte, non costituita in giudizio.

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