Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-02-22, n. 201801110
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Pubblicato il 22/02/2018
N. 01110/2018REG.PROV.COLL.
N. 04995/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4995 del 2017, proposto da -OMISSIS- in liquidazione, in persona del liquidatore
pro tempore
, rappresentata e difesa dall’Avvocato M N, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avvocato M I L in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2;
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro
pro tempore
, Ufficio Territoriale del Governo Milano, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentati e difesi
ex lege
dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
U.T.G. – Prefettura di Lodi, non costituito in giudizio;
-OMISSIS-, non costituito in giudizio;
-OMISSIS-, non costituito in giudizio;
-OMISSIS-, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza n.-OMISSIS-del T.A.R. per la Lombardia, sede di Milano, sez. I, resa tra le parti, concernente l’informativa antimafia che, con provvedimento n. -OMISSIS-, la Prefettura di Milano – in applicazione dell’art. 91, comma 6, del d. lgs. n. 159 del 2011 – ha trasmesso al -OMISSIS- e al -OMISSIS-, in relazione alla posizione di -OMISSIS-, e la nota della Prefettura di Milano prot. n. -OMISSIS-, con la quale la stessa Prefettura ha rigettato l’istanza di aggiornamento che l’odierna appellante aveva presentato il 17 novembre 2014, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 91, comma 5, del d. lgs. n. 159 del 2011.
visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e dell’Ufficio Territoriale del Governo di Milano;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 febbraio 2018 il Consigliere Massimiliano Noccelli e uditi per l’odierna appellante, -OMISSIS- in liquidazione, l’Avvocato M N e per le Amministrazioni appellate, il Ministero dell’Interno e l’U.T.G. – Prefettura di Milano, l’Avvocato dello Stato Mario Antonio Scino;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’ odierna appellante, -OMISSIS-, è una società operante nel settore dei lavori stradali che si è aggiudicata una serie di commesse pubbliche per la realizzazione di lavori collegati al progetto EXPO 2015 e tra questi in particolare, ai fini che qui rilevano, essa era responsabile, in qualità di impresa mandataria dell’omonima Associazione Temporanea, dei lavori per la realizzazione della Tangenziale Est Esterna di Milano (Autostrada -OMISSIS-).
1.2. In data 23 giugno 2014, la Prefettura di Milano (al tempo competente, in forza dell’art. 3- quinquies , commi 1 e 4, del d.l. n. 135 del 2009, inserito nella legge di conversione del 20 novembre 2009, n. 166, al coordinamento delle attività di prevenzione di infiltrazioni della criminalità organizzata nell’affidamento ed esecuzione delle commesse pubbliche per le opere relative all’EXPO 2015), ha emesso un provvedimento interdittivo n. prot. -OMISSIS-nei confronti di -OMISSIS-, sulla base dei seguenti elementi:
a) delle 11 società, colpite da provvedimenti interdittivi della Prefettura di Milano tra il 2012 ed il 2014, ben 5 erano risultate subappaltatrici di -OMISSIS-, mostrando quindi l’impresa in questione una “particolare tendenza” ad affidare contratti ad imprese successivamente attinte da provvedimenti interdittivi;
b) a fronte di un controllo nell’area di cantiere dell’autostrada -OMISSIS-, effettuato nella notte tra il 17 ed il 18 ottobre 2013, era emerso che -OMISSIS- aveva impiegato in cantiere due imprese, -OMISSIS- e -OMISSIS-, da poco colpite da provvedimenti interdittivi della Prefettura di Milano;
c) in sede di accesso ispettivo, il legale rappresentante di -OMISSIS-, pur ammettendo di essere a conoscenza dei provvedimenti interdittivi a carico delle imprese summenzionate, attribuiva la loro chiamata in cantiere ad un semplice ‘errore’, senza peraltro fornire sul punto alcuna prova certa né valida spiegazione;
d) da ulteriori verifiche emergeva che altre due imprese impiegate in cantiere dalla -OMISSIS-nella notte del 18 ottobre 2013, -OMISSIS- ed -OMISSIS-, utilizzavano mezzi con targhe clonate, “in totale spregio” alle regole fissate dal protocollo di legalità sottoscritto dalla stessa -OMISSIS-, in qualità di mandataria dell’a.t.i.;
e) risultava un importante ‘passaggio di manodopera’ proveniente da imprese subappaltatrici, colpite da diverse informazioni antimafia, alle dipendenze della -OMISSIS-
1.3. Il successivo 27 giugno 2014, in forza di tale provvedimento interdittivo, il -OMISSIS- ed il -OMISSIS- hanno disposto la risoluzione immediata di una serie di contratti (16 per il -OMISSIS- e 6 per il -OMISSIS-), stipulati tra il 2012 ed il 2014 con -OMISSIS-, e hanno contestualmente dichiarato di voler applicare all’impresa colpita da provvedimento interdittivo le penali previste (in misura variabile tra il 5% ed il 10% del valore dei contratti) dai protocolli di legalità sottoscritti tra le parti.
2. -OMISSIS-, pertanto, ha impugnato avanti al T.A.R. per la Lombardia, sede di Milano, il provvedimento interdittivo ed i relativi atti connessi, lamentando, in particolare, la violazione dell’art. 84, comma 4, dell’art. 91, comma 6, e dell’art. 93, comma 4, del d. lgs. n. 159 del 2011, la violazione dell’art.1, comma 52, della l. n. 190 del 2012, la violazione del d.P.C.M. del 18 aprile 2013, la violazione della circolare del Ministero dell’Interno dell’8 febbraio 2013 nonché l’eccesso di potere per contraddittorietà, il travisamento dei presupposti di fatto e diritto, l’assenza d’istruttoria, lo sviamento, l’illogicità e l’ingiustizia manifesta.
2.1. L’impresa ha domandato al primo giudice, oltre all’annullamento, previa sospensione, dei provvedimenti impugnati, la condanna al risarcimento del danno asseritamente derivante dall’esecuzione dei provvedimenti stessi, anche con riferimento all’applicazione delle penali in suo danno da parte dei menzionati Consorzi.
2.2. Nel primo grado del giudizio si sono costituiti il Ministero dell’Interno, la Prefettura di Milano e la Prefettura di Lodi per resistere al ricorso, di cui hanno chiesto la reiezione per l’assunta infondatezza dello stesso a cagione dei plurimi elementi sintomatici di permeabilità mafiosa posti a fondamento dell’informazione antimafia.
2.3. La domanda cautelare dell’appellante è stata respinta dal T.A.R. per la Lombardia, sede di Milano, con l’ordinanza n. -OMISSIS-, confermata in sede di appello cautelare da questo Consiglio di Stato con l’ordinanza n. -OMISSIS-, la quale ha confermato la gravità degli elementi, posti a base dell’informazione antimafia e correttamente valutati dal primo giudice.
2.4. Nelle more del giudizio di primo grado -OMISSIS- ha presentato il 17 novembre 2014 alla Prefettura di Milano, ai sensi dell’art. 91, comma 5, del d. lgs. n. 159 del 2011, una documentata istanza di aggiornamento dell’informazione interdittiva nei suoi confronti.
2.5. L’istanza di aggiornamento si basava soprattutto sull’adozione, da parte di -OMISSIS-, di un modello organizzativo aziendale ex lege n. 231 del 2001 e del relativo codice etico, tale modello prevedendo, in particolare, da un lato un vincolo per la società a subappaltare le prestazioni di cui all’art. 1, comma 53, della l. n. 190 del 2012 solo ad imprese iscritte nelle c.d. “ white list ” provinciali e, dall’altro, la risoluzione automatica dei subcontratti in caso di cancellazione delle imprese da tali liste.
2.6. Con il provvedimento n. prot. -OMISSIS- la Prefettura di Milano, dopo aver svolto ulteriori indagini e verifiche, ha confermato l’informativa interdittiva emessa nel 2014, già impugnata con l’originario ricorso, osservando che:
a) l’organo di vigilanza, punto centrale del modello organizzativo ex lege n. 231 del 2001, era composto, con l’unica eccezione del Presidente, l’avv. -OMISSIS-, da membri interni della società o che comunque avevano già collaborato con questa in passato ed rra quindi mancato, proprio nel nuovo organo deputato a vigilare sulla legalità dell’operato complessivo dell’impresa, un sostanziale e necessario « distacco dal tipo di gestione imprenditoriale » presente al momento dell’emissione della prima informazione antimafia;
b) a seguito della conclusione, nell’aprile del 2015, di un’indagine per fatti risalenti agli anni 2009/2010, erano emersi gravi elementi a carico di -OMISSIS-, ex presidente e direttore tecnico e successivo liquidatore (nonché socio di maggioranza) di -OMISSIS-, in quanto le intercettazioni avevano disvelato gli intensi e consolidati rapporti tra -OMISSIS- e -OMISSIS-, arrestato nell’aprile del 2015 per reati ostativi ai fini della normativa antimafia e vicino al pluripregiudicato -OMISSIS-, esponente di spicco del clan della ‘ndrangheta -OMISSIS-, evidenziandosi in dette intercettazioni la ripetuta “disponibilità” mostrata dal presidente di -OMISSIS- a far lavorare le imprese di -OMISSIS- in cantieri pubblici, ancorché prive delle certificazioni necessarie.
2.7. -OMISSIS- ha quindi impugnato, sempre avanti al T.A.R. per la Lombardia, sede di Milano, il nuovo provvedimento interdittivo con motivi aggiunti, facendo valere le medesime violazioni lamentate con riferimento al provvedimento originario ed, inoltre, sulla base di una asserita violazione dell’art. 6, comma 4- bis , della l. n. 231 del 2001.
2.8. Il Ministero dell’Interno, la Prefettura di Milano e la Prefettura di Lodi, come accennato supra già costituiti, hanno chiesto la reiezione di motivi aggiunti e hanno eccepito l’improcedibilità del ricorso originario, proposto avverso l’originario provvedimento adottato dalla Prefettura di Milano nel 2014, per la sopravvenuta carenza d’interesse.
2.9. Con la sentenza n.-OMISSIS-il T.A.R. per la Lombardia, sede di Milano, ha dichiarato improcedibile il ricorso originario e ha respinto i motivi aggiunti, in quanto ha ritenuto, con riferimento al ricorso originario, che l’informazione del 30 ottobre 2015 non fosse da ritenersi come « provvedimento meramente confermativo » dell’informativa del 2014, ma che anzi, essendo stato adottato in seguito allo svolgimento di ulteriore e più approfondita istruttoria ed essendo in tale sede emersi nuovi e più gravi elementi a carico di -OMISSIS-, fosse da ritenersi come atto che sostituiva integralmente la precedente interdittiva, sicché, in quest’ottica, la ricorrente non avrebbe avuto più interesse a veder annullato il provvedimento impugnato con il ricorso originario che doveva, pertanto, dichiararsi improcedibile.
2.10. Con riferimento ai motivi aggiunti proposti contro il secondo provvedimento antimafia ad effetto interdittivo, invece, il primo giudice li ha respinti nel merito ritenendo le censure del ricorrente infondate.
3. -OMISSIS-, posta nel frattempo in liquidazione, ha impugnato tale sentenza avanti il Consiglio di Stato, assumendo come erronea, con un primo motivo, sia la pronuncia di improcedibilità del ricorso originario, proposto per contestare l’illegittimità dell’informazione interdittiva adottata nel giugno del 2014, sia, con un secondo motivo, la pronuncia di infondatezza dei motivi aggiunti, proposti per contestare l’illegittimità della informativa interdittiva adottata nell’ottobre del 2015 (secondo motivo).
3.1. Si sono costituiti gli appellati Ministero dell’Interno e Prefettura di Milano per resistere all’appello, di cui hanno chiesto la reiezione.
3.2. Nelle more del presente giudizio di appello, peraltro, l’odierna appellante ha presentato l’8 febbraio 2017 una ulteriore istanza di aggiornamento dell’informazione antimafia emessa nei suoi confronti.
3.3. La Prefettura di Milano ha trasmesso la richiesta alla Prefettura di Lodi, ridivenuta nel frattempo, dopo la conclusione dei lavori di