Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2016-04-08, n. 201601398
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Testo completo
N. 01398/2016REG.PROV.COLL.
N. 05119/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5119 del 2015, proposto da:
W H M, rappresentata e difesa dagli avvocati D S e L M, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via Federico Confalonieri, 5;
contro
Vitem s.r.l., in persona del legale rappresentate pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati H R e S C, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, piazza di Priscilla, 4;
nei confronti di
Comune di Falzes, non costituito in giudizio nel presente grado;
per la riforma
della sentenza del Tribunale regionale di giustizia amministrativa, n. 83/2015, resa tra le parti e concernente: diniego di concessione edilizia in sanatoria;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della società appellata;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 1° dicembre 2015, il Consigliere B L e uditi, per le parti, gli avvocati Manzi e Sandulli, quest’ultima per delega dell’avvocato Coen;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale regionale di giustizia amministrativa, Sezione autonoma di Bolzano, pronunciava definitivamente sul ricorso n. 142 del 2014, proposto dalla Vitem s.r.l. , in qualità di proprietaria della p.ed. 374 in C.C. Falzes (acquistata nel marzo 2011), avverso i seguenti atti:
(i) la nota del Sindaco del Comune di Falzes del 18 febbraio 2014, con cui alla ricorrente era stato comunicato – con riguardo all’istanza di concessione edilizia in sanatoria da essa presentata in relazione alla costruzione di un edificio ad uso residenziale sulla p.ed. 374 in C.C. Falzes, già oggetto di un pregresso annoso contenzioso sia in sede civile che in sede amministrativa – che le questioni inerenti all’acquisto di una cubatura di 600 mc dal proprietario dell’immobile asservito p.ed. 321, sito nella stessa zona, avrebbero interessato l’intera zona di ubicazione dell’edificio (urbanisticamente qualificata come ‘zona residenziale B3 - zona di completamento’ ai sensi dell’art. 11 delle norme di attuazione al Piano urbanistico comunale di Falzes) e dunque sarebbero rientrate nell’ambito di competenza del consiglio comunale, il quale avrebbe dovuto decidere circa la necessità, o meno, di redigere un piano di attuazione;
(ii) la nota sindacale del 31 marzo 2014, recante la comunicazione del diniego dell’istanza di concessione edilizia in sanatoria, motivato dalla assenza di un piano di attuazione per la zona de qua che consentisse un trasferimento di cubatura, nonché dall’insussistenza del requisito della vicinanza significativa tra l’immobile asservito dalla cessione e l’immobile di destinazione della volumetria ceduta, essendo il primo bensì ubicato nella stessa zona, ma a distanza di ca. 140 m dal secondo, ed essendo tra i due immobili interposti altri quattro lotti;
(iii) l’ordinanza sindacale n. 1 dell’8 aprile 2014, recante ordine di demolizione ex art. 81 l. prov. 11 agosto 1997, n. 13 (l. urb. prov.) dell’opera realizzata allo stato grezzo.
2. In particolare, l’adìto Tribunale regionale di giustizia amministrativa provvedeva come segue:
(i) dichiarava l’inammissibilità dell’impugnazione dell’atto sub 1.(i) – dunque, in particolare, del sesto motivo del ricorso di primo grado, specificamente rivolto avverso tale atto –, trattandosi di atto privo di carattere lesivo e, comunque, superato dal successivo atto di diniego sub 1.(ii), basato su una motivazione diversa da quella posta a base della nota del 18 febbraio 2014, tanto più che il consiglio comunale mai in seguito sarebbe stato investito della questione;
(ii) accoglieva i primi cinque motivi di ricorso, proposti avverso il provvedimento di diniego sub 1.(ii) – con i quali erano stati dedotti una serie di violazioni procedimentali, sul presupposto che il procedimento di rilascio della concessione edilizia doveva ritenersi sostanzialmente concluso per effetto delle determinazioni di cui alle precedenti comunicazioni del 20 agosto 2013 e del 22 ottobre 2013, con le quali il Sindaco, organo competente al rilascio del titolo edilizio, aveva notiziato la ricorrente circa l’intervenuto parere positivo della commissione edilizia, fatto proprio dallo stesso Sindaco, e con le quali si poneva in insormontabile contraddizione il sopravvenuto diniego del 31 marzo 2014, privo di riferimenti alla già definita fase di valutazione dei presupposti per il rilascio del titolo edilizio –, ritenendo che l’Amministrazione fosse incorsa nella violazione dell’obbligo di motivazione, delle garanzie partecipative procedimentali, della disciplina di cui all’art. 21- nonies l. n. 241 del 1990 in materia di annullamento d’ufficio e del principio del contrarius actus cui è informato il regime degli atti di secondo grado;
(iii) accoglieva il settimo motivo – con il quale era stata dedotta l’illegittima esclusione, nell’impugnato provvedimento di diniego, dell’ammissibilità del cessione della cubatura di 600 mc dalla p.ed. 321 (immobile asservito, di proprietà dal cedente) alla p.ed. 374 (immobile di destinazione, di proprietà della cessionaria ricorrente) sulla base di contratto stipulato tra rispettivi proprietari il 22 febbraio 2013 e annotato nel libro fondiario ai sensi dell’art. 2643, n. 2- bis ), Cod. civ. –, ritenendo la legittimità della cessione di cubatura, trattandosi di immobili ubicati nella stessa omogenea zona urbanistica;
(iv) annullava di conseguenza l’impugnato diniego, facendo espressamente salve le ulteriori determinazioni dell’Amministrazione nel rispetto dei limiti del giudicato di annullamento;
(v) annullava, per illegittimità derivata, l’ordinanza di demolizione sub 1.(iii);
(vi) respingeva la pretesa risarcitoria, sia perché, tenuto conto di eventuali future determinazioni del Comune, non poteva ritenersi certa la sussistenza in concreto dello ius aedificandi in capo alla ricorrente, sia per la carente e generica allegazione e prova dei relativi fatti costitutivi;
(vii) condannava il Comune di Falzes e i controinteressati a rifondere alla società ricorrente tre quarti delle spese di causa e del contributo unificato.
3. Avverso tale sentenza interponeva appello una delle