Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2011-02-07, n. 201100813
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
N. 00813/2011REG.PROV.COLL.
N. 08581/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8581 del 2004, proposto da:
A C, rappresentato e difeso dagli avv. R S F, F C, con domicilio eletto presso R I in Roma, Lungotevere Marzio, 3;
contro
Comune di Vico Equense, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avv. B C, con domicilio eletto presso Massimo Lauro in Roma, via Ludovisi, 35;-
e con l'intervento di
Beneduce Flora, rappresentata e difesa dagli avv. G P, A S, e K M con domicilio eletto presso Ferruccio De Lorenzo in Roma, via Luigi Luciani, n. 1
per la riforma della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE IV n. 10358/2004, resa tra le parti, concernente rimessa in pristino dello stato dei luoghi e pagamento degli oneri concessori
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 gennaio 2011 il cons. Sandro Aureli e uditi per le parti gli avvocati Lipani su delega di Satta Flores, Cerasi e K M;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Ciro A gestore del ristorante “o Saracino” , in località Marina di Equa del Comune di Vico Equense, con ricorso di primo grado proposto al T.a.r. Campania ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza sindacale n.201, emessa in data 6 febbraio 1997, con la quale gli è stata ordinata la rimessione in pristino dello stato dei luoghi per la realizzazione di opere in difformità dai titoli assentiti, relativi a tale struttura turistico commerciale.
Nel giudizio è intervenuta ad opponendum Flora Beneduce, la quale, al tempo stesso, ha dichiarato d’aver proposto autonomo ricorso al medesimo giudice territoriale di primo grado per ottenere l’annullamento dell’anzidetta ordinanza sindacale, affidato a censure e ragioni diametralmente opposte a quelle fatte valere dal sig. A.
In particolare, quest’ultima interventrice e ricorrente, ha agito nella detta sede come proprietaria di beni immobili situati a confine della detta struttura, in ordine alla quale ha contestato l’assenso edilizio ad essa dato dal Comune attraverso l’anzidetta ordinanza n.201, per averla con essa al tempo stesso autorizzata, prevedendo anche la futura quantificandone degli oneri della concessione, nelle dimensioni già assentite e preesistenti alla realizzazione delle difformità edilizie su di essa realizzate delle quali veniva ordinata la rimozione, anziché ordinarne l’integrale abbattimento.
Con il medesimo ricorso autonomo la sig.ra Beneduce ha inoltre chiesto l’annullamento delle autorizzazioni paesistiche ex art.7 l.n. 1497/1939, relative a detta struttura turistico commerciale rilasciate dall’Assessore delegato con decreti n.219 del 25 maggio 1984 e n.79 dell’1 marzo 1985, Con motivi aggiunti ha impugnato varie note, una nel 1999 e tre nel 2003, emesse dagli organi interni dell’amministrazione comunale responsabili del settore Urbanistica e depositate dal medesimo Comune
Nel giudizio autonomo proposto dalla sig.ra Beneduce si è costituito per resistere il sig. A ma non il Comune di Vico Equense benché intimato.
La sentenza di primo grado riuniti i ricorsi anzidetti, ha respinto quello proposto dal sig.A ed dichiarato irricevibile il ricorso della sig.ra Beneduce nei limiti dell’impugnazione rivolta ai predetti provvedimenti assessori del 1984 e 1985 e inammissibile per la parte concernente l’impugnazione con motivi aggiunti, per il resto lo ha accolto con annullamento dell’ordinanza n.201/1997 del Comune di Vico Equense nella parte in cui contiene l’implicito assenso edilizio alla struttura originaria del ristorante “O Saracino”.
La detta decisione di primo grado è stata gravata sia dal sig. A e , con appello incidentale, dalla sig.ra Beneduce,.
L’amministrazione comunale si è costituita per resistere all’appello del sig. A rilevandone l’improcedibilità per carenza sopravvenuta d’interesse, avendo l’appellante medesimo dichiarato di rinunciare all’impugnazione della sentenza di rigetto del proprio ricorso di primo grado, avendo egli richiesto la sanatoria delle difformità delle quali cui è stato ordinata la rimozione con l’impugnata ordinanza n..201 del 1997.
Sia l’appellante principale che l’appellante incidentale hanno depositato più volte memoria.
Il Comune intimato si è costituito per resistere all’appello principale.
All’udienza dell’11 gennaio 211 la causa è stata decisa e trattenuta in decisione.
Deve essere data precedenza all’esame dell’appello principale.
A tal proposito il collegio osserva preliminarmente che se è vero che la parte appellante nell’atto introduttivo del gravame ha dichiarato, come anche sottolineato dal Comune, di non aver più interesse alla decisione, avendo presentato domanda di sanatoria in ordine alle difformità edilizie accertate con l’ordinanza sindacale n.201 del 1997, per le quali il primo giudice ha rigettato tutte le censure proposte, è altrettanto vero, ad avviso del collegio, che nell’economia del presente giudizio, dove si discute anche delle conformità edilizia della struttura originaria sulla quale tali difformità sono state realizzate, appare utile indagare se detta ordinanza, per la parte concernente le difformità in parola, sia stata legittimamente adottata.
Il primo giudice ha rigettato le censure rivolte in primo grado all’accertamento delle difformità in questione, osservando che trattandosi di interventi che per le loro caratteristiche strutturali e funzionali hanno determinato un mutamento permanente dello stato dei luoghi, avrebbe dovuto preventivamente essere assentite con il rilascio di conforme titolo edilizio.
Il collegio alla luce degli atti del giudizio che descrivono tali difformità non può che confermare l’avviso del primo giudice, con la conseguenza che l’indiscussa assenza del titolo edilizio rende tali difformità totalmente abusive e dunque correttamente sono state ritenute dal Comune oggetto dell’ordine di rimozione recato dall’ordinanza n.201/1997.
Alla luce di quanto precede può giungersi all’esame dell’appello incidentale.
In tale ambito, va disposta anzitutto la restituzione alla parte dei documenti che l’appellante incidentale ha prodotto per la prima volta in questa sede il 3 febbraio 2010, così violando il divieto di nova di cui all’art.354, comma 2°, c.p.c. applicabile per questa parte anche al giudizio amministrativo.
Va inoltre respinta, analogamente a quanto avvenuto in primo grado, l’eccezione del difetto di legittimazione dell’odierna appellante incidentale, posto che quest’ultima agisce nella veste di confinante con la struttura in questione, e di cui va quindi senz’altro riconosciuta la titolarità di una situazione soggettiva tutelabile a fronte della lesione arrecata dall’asserità abusività di tale struttura.
Nella prospettazione di parte appellante incidentale, sono individuabili due questioni di carattere preliminare che coinvolgono entrambe il contenuto e quindi la classificazione sistematica dell’ordinanza n.201 del 1997.
Occorre invero stabilire preliminarmente , in particolare, se tale ordinanza reca anche un provvedimento mediante il quale è stata rilasciata una concessione edilizia, avente ad oggetto la struttura originaria dello stabilimento balneare con annesso ristorante denominata “O Saracino” , ovvero se tale struttura, escluse le difformità di cui s’è detto, fosse già stata in precedenza resa legittima da precedenti pareri favorevoli della commissione edilizia comunale e della commissione edilizia comunale integrata, rispettivamente del 1984 e del 1985, oltre che dai nulla osta paesistici della stessa epoca, tutti sopra già indicati e di cui si dirà, con la conseguenza che l’annunciata quantificazione degli oneri concessori contenuta nella ridetta ordinanza n.20, implica una richiesta di pagamento meramente consequenziale a tale preesistente legittimità.
Questione preliminare quest’ultima, che poi, evidentemente, conduce direttamente a quella concernente gli effetti prodotti dai pareri favorevoli rilasciati dalla commissione edilizia comunale e dalla commissione edilizia integrata, in merito ai quali occorre stabilire se il loro rilascio, in forza della sua equivalenza al rilascio della concessione edilizia, ha integrato una situazione giuridica definitiva in favore del sig. A, implicante appunto il pagamento degli onori concessori.
Muovendo da quest’ultimo profilo il collegio ritiene condivisibili le argomentazioni spese al riguardo dal primo giudice, venendo con esse ribadito un orientamento del giudice amministrativo da cui non vi sono per discostarsi
Anche in questa sede va quindi riaffermato che a seguito dell’entrata in vigore .della legge n.10 del 1977, non è più sostenibile che il rilascio del parere della commissione edilizia comunale e la sua comunicazione equivalgono al rilascio della concessione edilizia comunale. (Consiglio Stato , sez. IV, 30 giugno 2005 , n. 3608.;T.A.R. Campania Salerno, sez. II, 27 maggio 2010 , n. 8154)
Vi è ora la necessità di stabilire se con l’ordinanza n.201 del 199, il Comune di Vico Equense abbia rilasciato in favore dello stabilimento balneare con ammessi ristorante “O Saracino” una concessione edilizia.
Al riguardo il collegio ritiene che si debba dare risposta affermativa, evidenziando che tale avviso viene corroborato dal riferimento all’ipotesi, di creazione prevalentemente giurisprudenziale, che è posta sotto la denominazione di provvedimento implicito, che proprio dall’esame delle fattispecie di sanatoria degli abusi edilizi ha tratto più diffusa applicazione. (T.A.R. Sicilia Palermo, sez. III, 29 settembre 2010 , n. 11113)
Tale istituto emerge in particolare le quante volte l’Amministrazione pur non adottando formalmente un provvedimento, ne determina univocamente i contenuti sostanziali , o attraverso un comportamento conseguente, ovvero determinandosi in una direzione, anche con riferimento a fasi istruttorie coerentemente svolte, a cui non può essere ricondotto altro volere che quello equivalente. al contenuto del provvedimento formale corrispondente.
Ora, non vi è dubbio,ad avviso del collegio che, nella fattispecie, il Comune di Vico Equense con l’ordinanza già citata, in disparte dell’accertata abusività delle difformità edilizie anzidette, abbia voluto sanare definitivamente sanare la struttura per cui è causa appartenente al sig. A, e non c’è dubbio che a tale risultato ha inteso giungere esprimendo assenso alla sua avvenuta realizzazione con una determinazione la cui valenza giuridica ed effettuale deve essere ricondotta all’ipotesi, univocamente emergente dagli atti di causa, del rilascio implicito della concessione edilizia.
Orientano in tal senso da un lato la veduta assenza di alcun rilascio di concessione edilizia per effetto degli adottati pareri della commissione edilizia comunale e della commissione edilizia integrata, e dall’altro la prefigurata quantificazione degli oneri concessori, il cui pagamento com’è noto è univocamente connesso al rilascio della concessione edilizia.
Ciò posto il collegio ritiene che tale concessione edilizia implicitamente rilasciata dal Comune di Vico Equense sia del tutto illegittima dovendosi condividere quanto ritenuto dal giudice di primo grado con la sentenza impugnata sotto i diversi e coerenti profili ivi esposti.
Vale a dire sia perché la struttura in questione è stata pacificamente realizzata su suolo del demanio marittimo, sia perché non fruibile del condono edilizio da cui sono escluse espressamente le opere in tal modo localizzate (art.32 d.l. 30.09.2003, conv. in legge 24.11.2003 n.326).
Ritiene altresì il collegio che rispetto a quelli individuati dal primo giudice,e qui condivisi, vi sia un profilo ulteriore di illegittimità della concessione edilizia della s’è detto.
Questo è ravvisabile, in particolare, nell’aver il Comune rilasciato attraverso l’ordinanza n.201/1997 un titolo edilizio ponendovi a supporto, attraverso il completo riesame della fattispecie, i detti pareri ed autorizzazioni paesistiche, non considerando che in effetti hanno riguardato una struttura precaria (“in legno”) e non una struttura stabile.
Di essi è stata quindi compiuta una riconsiderazione in funzione dell’esigenza di determinare un supporto procedimentale al titolo edilizio qui in contestazione, con la quale illegittimamente ne sono stati mutati la natura e gli effetti.
E se in contrario alla conclusione sopra raggiunta, si volesse rilevare che i progetti con essi assentiti descrivevano un struttura stabile, non può che replicarsi che il palese contrasto con quanto testualmente emerge dai detti atti “endoprocedimentali” , deve essere risolto con la prevalenza di quanto si ricava dal loro contenuto testuale, essendo quest’ultimo certamente più idoneo a rappresentare l’effettiva volontà della pubblica amministrazione(T.a.r. Piemonte Sez. I, 24 luglio 1997, n.560)
Proseguendo nell’esame della questione controversia, emerge un ulteriore aspetto di rilievo del percorso argomentativo seguito dalla sentenza impugnata, sul quale il collegio ritiene di esprimere un diverso avviso.
In particolare, nella parte in cui il primo giudice ha ritenuto la tardività dell’impugnazione avanzata dalla sig.ra Beneduce nei riguardi dei detti nulla osta paesistici qui qualificati, “endoprocedimentali”.
Emerge, invero, dagli atti di causa, e segnatamente dall’attività istruttoria svolta dal Comune che i detti atti “endoprocedimentali” sono stati oggetto di riesame, come visto erroneamente, in funzione di antecedenti essenziali della concessione edilizia per cui è qui controversia.
Tale rinnovata valutazione consente al collegio di richiamare il noto orientamento del giudice amministrativo secondo il quale, soltanto se il provvedimento della p.a. è meramente confermativo di una antecedente determinazione non tempestivamente impugnata, del primo se ne deve escludere l’impugnazione, ciò impedendo la natura decadenziale del termine di rito stabilito per la proposizione del ricorso giurisdizionale, viceversa, quanto l’antecedente determinazione della p.a. non impugnata viene, come nella fattispecie, successivamente sottoposta a riesame nell’ambito di una attività istruttoria, suppure con esito sostanzialmente confermativo, non incorre nel termine decadenziale l’interessato che promuove ricorso nei riguardi della determinazione finale successiva e degli atti riesaminati che ne hanno rappresentato il presupposto .per l’adozione (Cons.Stato Sez. VI 17 giugno 2010 n.3834 )
Deve quindi nella specie escludersi l’intempestività dell’impugnazione riguardante le predette autorizzazioni paesaggistiche, e tuttavia non occorre procedere al loro approfondito esame, tenendo conto, da un lato, che anche tali autorizzazioni hanno riguardato un struttura precaria e non stabile e dall’altro, che è stata accertata, nei termini che precedono, l’illegittimità della concessione edilizia implicitamente rilasciata con l’ordinanza n.201 del 1997, a cui esse afferiscono.
Infine il collegio concorda con la sentenza impugnata nella parte in cui ha dichiarato inammissibile l’impugnazione, proposta con motivi aggiunti, degli atti depositati in giudizio dal Comune di Vico Equense riguardanti le note del 1999(una) e del 2003(tre) palese essendo in effetti la loro efficacia meramente interna.
In conclusione mentre va respinto l’appella principale va invece accolto l’appello incidentale autonomo.
Nel peculiare andamento del processo ed alla luce delle questioni dedotte in primo e secondo grado, il collegio ravvisa giusti motivi per compensare integralmente fra le parti le spese dì ambedue i gradi di giudizio.
.