Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-11-03, n. 201505014

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-11-03, n. 201505014
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201505014
Data del deposito : 3 novembre 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01520/2015 REG.RIC.

N. 05014/2015REG.PROV.COLL.

N. 01520/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1520 del 2015, proposto da:
V M, rappresentato e difeso dall'avv. V D, con domicilio eletto presso Segreteria Sezionale Cds in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;

contro

Comune di Casoria non costituitosi in giudizio;

nei confronti di

Dirigente P.T.Area Assetto del Territorio Direzione Urbanistica della Provincia di Napoli non costituitosi in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. della CAMPANIA –Sede di NAPOLI- SEZIONE II n. 06023/2014, resa tra le parti, concernente ottemperanza sentenza n.232/2008 Sezione II del T Campania -Napoli - rideterminazione della disciplina urbanistica;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2015 il Consigliere Fabio Taormina e udito per parte appellante l’Avvocato Duello;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il TAR della Campania, con la sentenza n. 6023/2014 appellata ha respinto il mezzo proposto dall’odierno appellante Sig. Maisto V, volto ad ottenere l’annullamento della Deliberazione del Commissario ad acta n.63 del 2/8/2010 di assegnazione all’area sita in Casoria alla Contrada Stella fl.2 p.lle 598/599 della destinazione urbanistica Zona E3 – “verde di rispetto autostradale”, nonché della Deliberazione del Commissario ad acta n.2 del 16/4/2012 di inserimento dell’area di proprietà nella Z.T.O. E3 del PRG del Comune di Casoria con conseguente adozione della variante specifica allo strumento urbanistico generale.

Il T ha in via preliminare richiamato i propri precedenti provvedimenti sulla risalente controversia (sentenza n.232/2008, sentenza n.2470/2009 di nomina del Commissario ad acta per l’esecuzione della citata sentenza n.232/2008, ordinanza collegiale n.5171/2011, ordinanza n.1308/2012) ed ha riepilogato quali fossero i termini del protratto contenzioso.

In particolare, il primo giudice ha rammentato che con la sentenza n.232/2008 in accoglimento del mezzo proposto dall’odierno appellante Sig. Maisto V, era stata resa declaratoria dell’obbligo del Comune di Casoria di provvedere sulla diffida per la rideterminazione della disciplina urbanistica della zona in cui ricadeva un fondo di proprietà del medesimo.

Questi, infatti, aveva agito per ottenere la declaratoria di illegittimità del silenzio – inadempimento serbato dal Comune di Casoria sull’istanza e contestuale diffida del 24.11.2006, volta ad ottenere la rideterminazione della disciplina urbanistica della zona in cui ricadeva il proprio fondo per decorrenza del termine quinquennale di cui all’art. 9 del d.p.r. 380/2001.

Detto fondo sito in Casoria e distinto in catasto al fol. 2 p.lle 598 e 599, aveva destinazione E3 “verde di rispetto autostradale”.

Con atto stragiudiziale del 24.11.2006, aveva fatto presente la zona de qua - per l’inutile decorso del termine quinquennale di cui all’art. 9 del d.p.r. 380/2001 - doveva considerarsi oramai zona bianca e, pertanto, sulla scorta di tale premessa, aveva sollecitato l’assegnazione di una nuova ed appropriata disciplina urbanistica all’area.

Il Comune era rimasto inerte, ed il T - dato atto che la stessa Amministrazione aveva riconosciuto che il regime urbanistico del fondo di proprietà attorea era quello tipico delle “cd. zone bianche” (in ragione dell’intervenuta decadenza dei vincoli di “verde di rispetto autostradale” - zona E3-, già imposti con il P.R.G. del 1980, ed evidentemente qualificati di natura espropriativa una volta che, per effetto della successiva variante approvata nel 1987, l’area in questione non risultava più collocata in prossimità di tracciati viari)- aveva imposto all’Amministrazione di provvedere assegnando il termine massimo di ulteriori giorni 90 decorrenti dalla comunicazione ovvero dalla notificazione della sentenza.

Senonchè, la inerzia era proseguita, e si era resa necessaria la nomina del Commissario ad acta(sentenza n.2470/2009) ed ulteriori “solleciti”.

Avvero la determinazione commissariale infine resa, l’odierno appellante era quindi insorto innanzi al T, lamentando che i provvedimenti impugnati avevano assegnato all’area in questione una disciplina urbanistica non coerente con le indicazioni fornite dal T e con lo stato dei luoghi: in sostanza lamentava una esecuzione elusiva del giudicato ed il difetto di istruttoria.

Il T, nella gravata decisione n. 6023/2014, dopo avere richiamato i principi in punto di assetto dei rapporti tra giudicato e riedizione del potere amministrativo, ha rilevato che, a suo avviso, nessuna censura poteva essere mossa a quanto disposto dal Commissario ad acta.

L’Amministrazione in sede di pianificazione generale poteva legittimamente perseguire obiettivi di miglioramento della vivibilità del territorio comunale e di salvaguardia di valori paesaggistici ed ambientali attraverso scelte limitative dell’edificabilità di determinate aree, previa attribuzione di destinazioni limitative o preclusive dell’edificazione.

Nel caso di specie, ad avviso del primo giudice, non era dato rinvenire nel caso in esame profili di illogicità e di difetto di istruttoria.

Ivi infatti si era preso atto della circostanza che il suolo interessato dal procedimento di riclassificazione urbanistica era assoggettato dal vigente PRG alla prescrizione “Zona E3 – Verde di rispetto autostradale”( dal momento che nello strumento urbanistico era previsto un raccordo di tipo autostradale mai realizzato e non più previsto nella proposta di PUC) ma che comunque le prescrizioni urbanistiche della proposta di PUC classificavano il suolo come “Zona B – Zone sature e di completamento” e nello specifico come “Zona B2 – Soggetta a Piano di recupero ai sensi della Legge n.47/1985”.

Considerato però che non permaneva il bisogno di aree per attrezzature industriali/commerciali/artigianali (che avrebbero aggravato le condizioni di carico industriale già presenti nell’area) non si era ritenuto di procedere al cambiamento della destinazione urbanistica prevista dal PRG vigente di “Zona E3 – verde di rispetto autostradale” .

Il mezzo è stato pertanto disatteso.

Avverso la detta decisione l’originario ricorrente ha proposto un articolato appello, chiedendone la riforma.

Ripercorso anche cronologicamente il risalente contenzioso, ha fatto presente che a seguito della sentenza di ottemperanza n. 2470/2009 (sul ricorso 250/2009 volto alla esecuzione della precedente sentenza n. 232/2008) erano trascorsi anni prima che venisse adottata la delibera impugnata, gravata con incidente di esecuzione.

Ha in proposito rilevato che egli aveva a più riprese fatto riferimento che il “reinserimento” della propria area in zona E3 era del tutto illogico, posto che con variante era stato espunto il tracciato viario in precedenza previsto, e che quindi:

a)la destinazione era illogica;

b)violava il giudicato di cui alla sentenza n. 232/2008;

c)reiterava un vincolo espropriativo, senza indicare le ragioni di interesse pubblico prevalente;

Muovendo da tali premesse, era evidente che la sentenza era del tutto errata.

Il T stesso aveva in passato affermato, in altro procedimento (sent. 1316/2012) che - venuto meno il vincolo principale di destinazione a strada pubblica - doveva ritenersi caducato l’accessorio vincolo di rispetto infrastrutturale.

Tutte le argomentazioni del T (“non permane il bisogno di aree per attrezzature industriali/commerciali/artigianali che aggraverebbero le condizioni di carico industriale già presenti nell’area, non si è ritenuto di procedere al cambiamento della destinazione urbanistica prevista dal PRG vigente di “Zona E3 – verde di rispetto autostradale”) tratte dalle affermazioni commissariali avevano un solo effetto: eludevano le affermazioni di cui alla sentenza n. 232/2008 circa la “inattualità” della destinazione E3 e riportavano indietro la causa allo status quo ante che, appunto, la sentenza n. 232/2008 aveva ritenuto doveroso rimuovere.

La sentenza, poi, (secondo motivo) era anche indecifrabile e contraddittoria: si rendeva conto della “inattualità” della destinazione E3 a cagione della inesistenza di tracciati viarii;
poi dava rilevanza alla proposta di PUC (zona B2);
ed infine “tornava” alla destinazione E3 ritenendola legittima.

Di fatto, la sentenza aveva respinto anche il gravame avverso la delibera n. 16/2012 di adozione del PUC che classificava l’area B2: ciò senza avere convertito il rito in ordinario.

Peraltro:

a)la delibera n. 16/2012 di adozione del PUC che classificava l’area B2 era stata dall’odierno appellante gravata innanzi al T (ric. 4764/2012);

b) detta delibera era stata sostituita dal Comune con la delibera n.111/ del 31.5.2013 e, quindi, era stato adottato un nuovo PUC;

c)quest’ultimo non era stato approvato dal Comune (a seguito dei rilievi negativi svolti dalla Provincia di Napoli) per cui erano decadute le misure di salvaguardia ivi contenute, ex art. 10 della legge regionale n. 16/2014.

Inoltre (terzo motivo) la variante puntuale deliberata dal commissario ad acta era stata soltanto adottata (delibera n. 2/2012) ma non approvata: il T non aveva dato conto, nella sentenza gravata, dell’abnorme durata della procedura e della sostanziale elusione del giudicato di cui alla sentenza n. 232/2008.

Insomma nè la “variante puntuale” commissariale, né la variante generale oggetto della delibera n. 16/2012, allo stato, avevano impresso una destinazione all’area.

Alle pagg. 20 e segg. dell’appello ha fatto presente che il T non aveva esaminato i motivi n.2 e 3 del reclamo per motivi aggiunti, e li ha quindi riproposti.

Il primo di essi faceva presente che la reiterazione della destinazione (sostanzialmente vincolistica di tipo espropriativo) E3 era priva di motivazione, in spregio al consolidato orientamento in punto di reiterazione di vincoli scaduti.

Inoltre, ex art. 11 del TU n. 327/2001 e 7 della legge n. 241/1990, il commissario ad acta avrebbe dovuto inviare l’avviso di avvio del procedimento.

A distanza di sette anni dalla sentenza n. 232/2008 l’area era ancora “zona bianca”, in spregio alla predetta sentenza.

Con memoria depositata il 7 settembre 2015 ha ribadito e puntualizzato le proprie tesi.

Le parti intimate non hanno controdedotto nell’odierno grado di giudizio.

Alla odierna adunanza camerale dell’8 ottobre 2015 la causa è stata posta in decisione dal Collegio

DIRITTO

1.L’appello è fondato e deve essere accolto.

2. Le problematiche poste dall’articolato appello che viene in decisione, soltanto in parte sono limitate alla statuizione resa dalla gravata decisione.

2.1. Il thema decidendi, infatti, riguarda in realtà non soltanto il dispositivo dell’avversato provvedimento commissariale ma –anche- la interferenza sulla causa pendente della regolamentazione urbanistica impressa all’area dal Comune, mercè la delibera n. 16/2012 (gravata in primo grado dalla parte odierna appellante nell’ambito del ricorso tuttora pendente innanzi al T, e iscritto al n. 4764/2012 RG),

2.2. La contemporanea iniziativa comunale, volta alla pianificazione (anche) dell’area di pertinenza della odierna parte appellante, implica la necessità di interrogarsi su due distinti aspetti, che possono essere sintetizzati nei seguenti quesiti:

a)poteva l’ amministrazione comunale intervenire e disporre motu proprio la regolamentazione urbanistica dell’area, pur a fronte della avvenuta emissione da parte del T della sentenza regiudicata n.232/2008, della successiva sentenza n.2470/2009 di nomina del Commissario ad acta e dell’effettivo insediamento di quest’ultimo?

b) e nell’ipotesi di positiva risposta al primo quesito, dovrebbe, ancora, verificarsi l’incidenza della detta regolamentazione sul permanere dell’interesse a gravare la deliberazione commissariale.


2.3. Quanto alla prima problematica, ad avviso del Collegio, dubbio non può esservi: l’appellante auspicava proprio un intervento del comune che “normasse” la propria area;

il T ciò ha affermato;
non può essere preclusa al comune la regolamentazione (anche) dell’area di parte appellante mediante un atto generale. E ciò, anche a tenere conto del consolidato orientamento secondo il quale la nomina del commissario produce l’effetto di impedire la contemporanea esplicitazione dei poteri amministrativi “ordinarii” in capo all’Amministrazione (T.A.R. Napoli –Campania- sez.

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