Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-03-18, n. 201901757
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Pubblicato il 18/03/2019
N. 01757/2019REG.PROV.COLL.
N. 08410/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8410 del 2012, proposto da:
MARIA TESTA, rappresentata e difesa dall’avvocato F L, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Alessandro III, n. 6;
contro
COMUNE DI NAPOLI, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati B C, A I F, G P, B R, G R, G D, A P, A A, Barbara Accattatis Chalons D'Oranges, E C, A C, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G M G in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. Campania – Napoli n. 3698 del 2012;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Napoli;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 febbraio 2019 il Cons. D S e uditi per le parti gli avvocati Francesco Mangazzo, per delega dell’avvocato F L, e Tullio D’Amora, in delega dell’avvocato Furnari Anna Ivana;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.‒ I fatti di causa rilevanti ai fini del decidere possono così sintetizzarsi:
- il Comune di Napoli, con provvedimento n. 84 del giorno 11 marzo 2011, rigettava l’istanza di condono edilizio presentata, ai sensi della legge n. 326 del 2003, in data 29 marzo 2004, dalla signora M T, avente ad oggetto la « realizzazione di opere abusive per l’ampliamento (inferiore al 30% della volumetria esistente) dell’unità immobiliare destinata alla civile abitazione posta al piano terra di un fabbricato di due piani fuori terra », sita in Napoli, alla via Petrarca, n. 185 e, per l’effetto, ordinava la demolizione delle opere e il ripristino dello stato dei luoghi;
- l’instante impugnava l’atto appena menzionato, chiedendone l’annullamento, sotto i seguenti profili:
§ il diniego sarebbe stato emesso con riferimento alla sola sussistenza di un vincolo paesistico-ambientale (istituito con decreto ministeriale 24 gennaio 1953), senza considerare che il suddetto vincolo era di inedificabilità relativa e non assoluta, ed avrebbe quindi consentito il rilascio del condono edilizio, trattandosi di una veranda finestrata di modeste dimensioni (circa 23,00 mq) pienamente compatibile con le valenze paesaggistiche oggetto di tutela;
§ l’abuso, in quanto consistito nella mera tamponatura dei lati della veranda preesistente, integrerebbe un intervento di ristrutturazione edilizia compatibile con gli strumenti urbanistici vigenti;
§ sussisterebbe un difetto di istruttoria, in ragione della mancata acquisizione dei pareri della Commissione Edilizia Comunale e della Commissione Edilizia Integrata;
§ il Comune avrebbe omesso di valutare e motivare gli aspetti di compatibilità delle opere con gli strumenti urbanistici e l’incidenza delle medesime opere sui beni tutelati dal vincolo paesaggistico;
§ in violazione del contraddittorio procedimentale, il Comune non avrebbe tenuto conto delle osservazioni presentate dalla ricorrente a seguito della comunicazione di preavviso dei motivi di rigetto;
§ la demolizione, in presenza di un vincolo paesaggistico di inedificabilità relativa, si sarebbe potuta disporre solo previo parere negativo dell’autorità preposta al vincolo in ordine alla mancanza dei presupposti per un nulla osta paesaggistico;
§ l’Amministrazione avrebbe illegittimamente ordinato la demolizione dell’intero immobile (per la cui restante parte risulterebbe ancora pendente una domanda di sanatoria), e non delle sole opere per cui era stato denegato il condono;
- nel corso del processo di primo grado, la signora M T presentava ricorso per motivi aggiunti nei confronti della nota del Comune di Napoli, prot. n. 704026 del 2 novembre 2011, recante una specificazione delle ragioni di difformità dell’opera rispetto agli strumenti urbanistici, deducendo: l’erroneità dell’assunto secondo cui le opere oggetto di condono sarebbero in contrasto con gli strumenti urbanistici, in quanto l’intervento in questione non avrebbe ampliato le volumetrie o le superficie utili rispetto al preesistente;l’illegittimità derivata dai vizi dell’atto impugnato in via principale.
2.– Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, con sentenza 3698 del 2012, rigettava il ricorso principale e quello per motivi aggiunti.
3.– La signora M T ha quindi proposto appello, riproponendo sostanzialmente i vizi dedotti in primo grado sia pure adattati all’impianto motivazione della sentenza gravata.
4.‒ Resiste in giudizio il Comune di Napoli, chiedendo il rigetto del gravame.
5.‒ Con ordinanza n. 6190 del 31 ottobre 2018, la Sezione accoglieva l’opposizione proposta avverso il decreto presidenziale n. 665 del 13 giugno 2018 che aveva dichiarato estinto per perenzione il ricorso in esame, disponendone la reiscrizione sul ruolo ordinario.
6.‒ All’udienza del 7 febbraio 2019, la causa è stata discussa e trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1.‒ Gli addebiti mossi alla sentenza impugnata, con riguardo alla configurazione dell’intervento come ristrutturazione e alla falsa applicazione dell’art. 32, comma 27, lettera d ), del decreto-legge n. 269 del 2003, sono infondati e vanno respinti.
1.1.‒ Il combinato disposto dell’art. 32 della legge 28 febbraio 1985 n. 47 e dell’art. 32, comma 27, lettera d), del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, in base a un consolidato orientamento giurisprudenziale ( ex plurimis , Consiglio di Stato, Sez. IV, 29 marzo 2017, n. 1434;sez. IV, 21 febbraio 2017, n. 813;Sez. VI, 2 agosto 2016 n. 3487;Sez. IV, sentenza 17 settembre 2013, n. 4587), comporta che un abuso commesso su un bene sottoposto a vincolo di inedificabilità, sia esso di natura relativa o assoluta, non può essere condonato quando ricorrono, contemporaneamente le seguenti condizioni: a ) l’imposizione del vincolo di inedificabilità relativa prima della esecuzione delle opere; b ) la realizzazione delle stesse in assenza o difformità dal titolo edilizio; c ) la non conformità alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.
1.2.‒ Nel caso in esame, l’intervento oggetto di condono è consistito nella realizzazione di una veranda finestrata che ha comportato un aumento di volumetria del preesistente immobile pari a mc 89,63, e della superficie utile pari a mq 23.
Il provvedimento impugnato ha correttamente negato la richiesta di sanatoria edilizia, sul duplice presupposto che: sulla zona interessata grava il vincolo paesistico istituto con decreto ministeriale del 24 gennaio 1953;le opere oggetto di condono non sono conformi alle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti che non consente l’aumento di volumetria.
La difformità edilizia, in particolare, deriva dal fatto che l’intervento per cui è causa ricade in zona “B” (« Agglomerati urbani di recente formazione »), sottozona “Bb” (« Espansione recente »), rispetto alla quale il combinato disposto degli artt. 31 e 33, comma 2, della variante generale al PRG di Napoli, ammette sì interventi di ristrutturazione edilizia, ma solo « a parità di volume ».
1.3.‒ Il difetto di motivazione ribadito nell’appello non sussiste, in quanto la motivazione del diniego di condono, per quanto sintetica, ma ciò nondimeno sufficiente per far comprendere le ragioni poste a fondamento della decisione negativa.
1.4.‒ La nota comunale prot. 704026 del 2 novembre 2011 non costituisce una non consentita integrazione postuma della motivazione, avendo essa soltanto meglio dettagliato le ragioni di contrasto con gli strumenti urbanistici (l’aumento di volumetria), già indicate nel provvedimento gravato.
2.‒ Una volta verificata la non conformità dell’abuso alle prescrizioni urbanistiche ‒ circostanza che rendeva il diniego di condono un atto dovuto ‒, l’eventuale annullamento dell’ordinanza impugnata per ragioni procedimentali o formali non sarebbe comunque consentita, atteso che il contenuto del provvedimento non potrebbe essere diverso da quello in concreto adottato, ricorrendo tutti i presupposti previsti dall’art. 21- octies , comma 2, della legge n. 241 del 1990.
2.1.‒ In ogni caso, circa l’asserita violazione dell’art. 10- bis della legge n. 241 del 1990, va comunque precisato che, soprattutto in ragione della natura strettamente vincolata delle determinazioni in materia di abusi edilizi, non occorre che l’autorità emanante confuti analiticamente le memorie procedimentali presentate dall’interessato, essendo sufficiente il riferimento alla non idoneità delle osservazioni per rimettere in discussione e per superare i motivi del rigetto dell’istanza.
2.2.‒ Va pure precisato che la specialità del procedimento di condono edilizio rispetto all’ordinario procedimento di rilascio della concessione ad edificare e l’assenza di una specifica previsione in ordine alla necessità dei pareri medesimi rendono non obbligatoria la previa acquisizione del parere della Commissione edilizia e della Commissione Edilizia Integrata, ma tutt’al più facoltativa, al fine di acquisire eventuali informazioni e valutazioni con riguardo a particolari e sporadici casi incerti e complessi, in assenza dei quali il rilascio della concessione in sanatoria è subordinato soltanto alla verifica dei presupposti e delle condizioni espressamente e chiaramente fissati dal legislatore ( ex plurimis , Consiglio di Stato, sentenze n 5315 del 2015, n. 5316 del 2015, n. 5156 del 2010).
Nella specie, la circostanza dell’essere il diniego di condono gravato sufficientemente motivato con riferimento all’irregolarità urbanistica del bene, in applicazione delle inequivoche disposizioni di piano e senza la necessità di procedere a valutazioni tecniche, legittimava l’Amministrazione procedente a non acquisire il parere delle suddette commissioni.
3.‒ Sotto altro profilo, a fronte del diniego di condono, la demolizione di un immobile privo di permesso di costruire e costruito in zona soggetta a vincolo paesaggistico non necessita di alcun parere dell’autorità preposta al vincolo, ben potendo l’Amministrazione procedere ai sensi dell’art. 27 del d.P.R. n. 380 del 2001, e ciò indipendentemente dal carattere assoluto o relativo del vincolo.
4.‒ Da ultimo, contrariamente a quanto adombrato dall’appellante, l’ordine di demolizione è riferito, non all’intero immobile, bensì alla sola parte dell’immobile eseguita abusivamente, e per la quale era stato chiesto il condono.
5.‒ Per tutte le ragioni sopra esposte, l’appello va respinto e la sentenza impugnata va confermata.
5.1.‒ La liquidazione delle spese di lite del secondo grado di giudizio vanno liquidate secondo il criterio della soccombenza.