Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-03-07, n. 201901586
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Pubblicato il 07/03/2019
N. 01586/2019REG.PROV.COLL.
N. 09641/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9641 del 2015, proposto da
I s.p.a, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati A T e B G C, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato B G C in Roma, via degli Scipioni, n.228;
contro
Autorità per l'Energia Elettrica e il Gas e il Sistema Idrico, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, n. 14;
nei confronti
Terna s.p.a., Aiget - Associazione Italiana di Grossisti di Energia e Trader non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia n. 1895 del 2015.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorità per l'Energia Elettrica e il Gas e il Sistema Idrico;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 febbraio 2019 il Cons. G L e uditi per le parti gli avvocati Giovanni Benedetto Carbone e Giacomo Aiello;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 – L’appellante opera nel settore della fornitura di energia elettrica a clienti finali e per le sue forniture si approvvigiona sul mercato ed è utente del servizio di dispacciamento in prelievo.
2 – La società afferma di effettuare anche operazioni di trading, consistenti nell’acquisto nel “ mercato del giorno prima ” (MPG) di energia in eccesso o in difetto rispetto alle proprie previsioni di consumo. L’eccesso o il difetto di energia acquistata rispetto a quella effettivamente consumata viene poi regolato mediante rivendita a Terna o acquisto da Terna a titolo di sbilanciamento.
3 - La società ha impugnato la deliberazione dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas e il sistema idrico del 29 ottobre 2014, n. 525/2014/R/ERL, avente ad oggetto “ Modifiche e integrazioni alla disciplina degli sbilanciamenti effettivi di energia elettrica ” , nella parte in cui ha imposto agli utenti del dispacciamento di definire i loro programmi di immissione e prelievo, evitando qualsiasi sbilanciamento volontario e attenendosi alle “ migliori stime ” dei quantitativi di energia elettrica effettivamente a disposizione e necessari.
Più precisamente, il punto della delibera contestato dall’appellante dispone che, a partire dal 1° novembre 2014, l’art. 14.6 dell’Allegato A della deliberazione n. 111/06, sulle condizioni per l’erogazione del servizio di dispacciamento dell’energia elettrica sul territorio nazionale, sia così sostituito: “ 14.6 Gli utenti del dispacciamento delle unità fisiche di produzione e consumo sono tenuti a definire programmi di immissione e prelievo utilizzando le migliori stime dei quantitativi di energia elettrica effettivamente prodotti dalle medesime unità, in conformità ai principi di diligenza, prudenza, perizia e previdenza ” .
Secondo quanto prospettato dalla società, tale previsione, impedendo lo sbilanciamento volontario (ossia quello derivante da una volontaria sovrastima/sottostima, da parte dell’utente, del consumo programmato rispetto a quello effettivo), avrebbe avuto l’effetto di impedire radicalmente lo svolgimento delle attività di trading, che sarebbero state invece pienamente lecite fino all'intervento della stessa deliberazione.
4 – Il T.A.R. per la Lombardia, con la sentenza n. 1895 del 13 agosto 2015, ha respinto il ricorso.
Avverso tale sentenza ha proposto appello la ricorrente in primo grado per i motivi di seguito esaminati.
5 - Prima di esaminare compiutamente le censure proposte da parte appellante, giova rammentare le caratteristiche del settore entro il quale si colloca la presente vertenza.
Deve, infatti, ricordarsi che l’intervento in specifici ambiti dell’Autorità rivolto ad incidere sul libero funzionamento del mercato, attraverso regole che conformano l’attività delle imprese che vi operano, risponde al modello della regolazione economica che si è affermato nel nostro paese.
In particolare, tale modello è stato introdotto dal diritto europeo in alcuni settori caratterizzati da situazioni di monopolio naturale, come quello dell’energia, e che in precedenza, per tale ragione, erano sottoposti ad un regime di monopolio legale.
Il sistema europeo di regolazione dei servizi a rete, che è stato recepito nel nostro ordinamento (l. 481/1995), risolve il problema tecnico che dà origine alla situazione di monopolio naturale, sottoponendo l’infrastruttura (la rete) – non duplicabile (o duplicabile a costi molto elevati) – ad uno speciale regime giuridico, che la rende disponibile alle imprese per l’esercizio della loro attività economica.
In altre parole, la rete è sottoposta ad un regime speciale tale da poterla configurare alla stregua di un servizio pubblico, del quale può avvalersi ogni operatore che ne abbisogni.
In questo senso può parlarsi di un vero e proprio regime pubblicistico dell’infrastruttura, configurandosi le utilità fornite dall’infrastruttura come oggetto di un servizio pubblico la cui gestione è affidata ad un soggetto sottoposto a specifici obblighi di legge (Terna s.p.a.).
Completa il quadro innanzi tratteggiato il riconoscimento di specifici poteri in capo all’Autorità indipendente di regolazione (ARERA) che, in conformità al carattere estremamente tecnico delle scelte implicate, interviene, tra l’altro, in materia di norme tecniche di accesso alla rete e di determinazione delle relative tariffe.
5.1 - Ne consegue che in un mercato regolato, quale quello dell’energia, la libertà economica degli operatori può essere limitata, dovendosi conformare alle regole imposte dall’Autorità, atte a preservare il buon funzionamento del mercato stesso (che nel caso di specie presuppone il buon funzionamento della rete).
Su un piano astratto, deve dunque ritenersi conforme ai principi innanzi esposti la possibilità di intervenire con prescrizioni che possono essere anche limitative della libertà contrattuale delle parti, quale quella di un obbligo di programmare con diligenza l’immissione e il prelievo di energia, come imposto dal novellato art. 14.6 della delibera n. 111/06, anche se ciò possa avere come effetto quello di costituire una limitazione dell’attività di trading .
Più nello specifico, all’Autorità la legge riconosce il potere di emanare disposizioni in tema di dispacciamento e sicurezza del sistema elettrico e di impartire al gestore direttive circa l’erogazione di tale servizio pubblico, ai sensi del combinato disposto dell’articolo 3, comma 3, d.lgs. 79/99 e dell’articolo 2, comma 12, legge istitutiva 481/99.
5.2 - Sempre su un piano generale, deve ricordarsi che tale potere regolatorio si connota per la presenza di un ampio margine di discrezionalità, con quanto ne consegue sull’estensione del sindacato che il giudice può compiere sulle valutazioni compiute dalle Autorità.
In altre parole, nell’attività di regolazione i margini al di là dei quali è ravvisabile un uso distorto del potere sono necessariamente più ampi rispetto alla tradizionale attività provvedimentale e ciò si riflette sul controllo giurisdizionale, che deve arrestarsi di fronte a scelte di merito sul contenuto della regolazione da adottare, quando risultino razionali e deliberate in esito a una consultazione effettiva dei soggetti destinatari della regolazione.
È alla luce dei principi esposti che può passarsi all’esame delle censure proposte da parte appellante.
6 – Appare prioritario l’esame del secondo motivo di appello, in quanto potenzialmente idoneo ad assorbire le ulteriori doglianze, con il quale si deduce l’erroneità e illegittimità della sentenza, con riferimento al rigetto della censura di violazione di legge ed eccesso di potere, in relazione all’omissione di una effettiva procedura di consultazione.
A questo riguardo, l’appellante ricorda che l’Autorità, nella delibera n. 525/2014/R/eel richiama, all’origine del proprio intervento, una procedura di consultazione avviata nell’agosto 2013 col documento n. 368/2013/R/eel e per la quale era fissato, come termine ultimo per la presentazione di osservazioni, il 2 ottobre 2013.
Secondo l’appellante si tratterebbe di una procedura svoltasi oltre un anno prima dall’adozione della delibera, maturata in un contesto sostanzialmente diverso e, dunque, inidonea allo scopo.
6.1 - La censura è infondata, dovendosi sul punto confermare la decisione del T.A.R.
La deliberazione dell’Autorità del 30 ottobre 2009 n. 46 (recante “ Disciplina della partecipazione ai procedimenti di regolazione dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas ”) prevede in via generale che l’adozione degli atti di regolazione da parte dell’Autorità appellante debbano essere preceduti da adeguata consultazione pubblica e che sia possibile procedere in assenza di previa consultazione solo in casi particolari.
Come noto, la previsione in parola declina in modo coerente il consolidato orientamento secondo cui, in settori quale quello che qui viene in rilievo, l’esercizio dell’attività di regolazione da parte delle Autorità di settore impone di assicurare in modo quanto mai ampio la cd. legalità in senso procedimentale.
D’altra parte, la dequotazione del tipico principio di legalità in senso sostanziale –giustificata dalla valorizzazione degli scopi pubblici da perseguire in particolari settori quali quelli demandati alle Autorità amministrative indipendenti – impone il rafforzamento del principio di legalità in senso procedimentale, il quale si sostanzia, tra l’altro, nella previsione di rafforzate forme di partecipazione degli operatori del settore nell’ambito del procedimento di formazione degli atti regolamentari ( cfr. Cons. St., Sez. VI, 2 maggio 2012, n. 2521;Sez. VI, 27 dicembre 2006, n. 7972).
6.2 - Nel caso di specie, tale onere procedimentale è stato rispettato, attraverso la procedura di consultazione avviata con il documento n. 368/2013/R/eel.
Tale documento, al punto 3.5, esplicita chiaramente l’intenzione dell’Autorità di modificare l’art. 14.6 dell’Allegato A della delibera 111/06, sulle condizioni per l’erogazione del servizio di dispacciamento dell’energia elettrica sul territorio nazionale, estendendo a tutte le unità fisiche di previsione quanto già previsto per le unità di produzione da fonte rinnovabile e riportando letteralmente la norma così come si vorrebbe modificarla: “ definire programmi di immissione e prelievo utilizzando le migliori stime dei quantitativi di energia elettrica effettivamente prodotti dalle medesime unità, in conformità ai principi di diligenza, prudenza, perizia e previdenza ”.
Il tempo trascorso, che in ogni caso non appare irragionevole in assenza di una apposita predeterminazione delle tempistiche, non vale a rendere irrilevante il detto documento di consultazione che, oltretutto, prevede in modo esplicito proprio la modifica regolatoria oggetto della delibera impugnata in questa sede, non potendosi quindi affermare che il contesto di riferimento dei due atti sia differente.
Invero, il primo si pone come specifico antecedente del secondo, anticipandone esattamente il contenuto.
Il rigetto della censura consente di passare all’esame degli ulteriori motivi di appello.
7 - Con il primo motivo si deduce l’erroneità e illegittimità della sentenza del T.A.R., con riferimento al rigetto della censura di violazione di legge e travisamento dei fatti – in relazione alla volontà di “ rendere esplicita l’applicazione del principio, contenuto nelle disposizioni di cui ai commi 14.6 e 14.7 della deliberazione 111/06 ” che avrebbe già vietato gli sbilanciamenti volontari da parte degli utenti del servizio di dispacciamento in prelievo – e con riferimento al rigetto della censura di eccesso di potere.
7.1 – In particolare, l’appellante deduce che la nuova disciplina introdotta con la deliberazione impugnata si baserebbe sull’affermazione che le operazioni di sbilanciamento volontario fossero già precluse dalla normativa vigente.
L’appellante, nel suo primo motivo di ricorso, aveva contestato la sussistenza di un divieto del genere e aveva perciò rilevato che l’atto si fonderebbe su un falso presupposto.
7.2 –L’appellante deduce a tal fine che:
a) un divieto di sbilanciamento volontario era stato introdotto, per ragioni tecniche legate alla tipologia degli impianti, soltanto rispetto alle unità di produzione alimentate da fonti rinnovabili non programmabili. Ciò sarebbe confermato anche dalla relazione AIR alla delibera n. 111/06, dove era precisato che l’operatore che disponesse in eccedenza di energia elettrica avesse il “diritto” di cederla a Terna a titolo di sbilanciamento effettivo;
b) lo sbilanciamento volontario non sarebbe vietato neppure dall’art. 14, commi 1 e 3, della deliberazione n. 111/06 cit., come invece ha sostenuto il T.A.R. Questa norma introduce l’obbligo per l’utente del dispacciamento di assumere un impegno “vincolante” nel senso che tale programma, una volta presentato, non può più essere revocato, con tutte le conseguenze economiche che ne derivano e che sono disciplinate puntualmente nelle disposizioni successive. In particolare, l’art. 14, comma 4, dispone che l’adozione del programma comporta l’effetto che la quantità di energia prelevata in eccesso è considerata ceduta da Terna all’utente del dispacciamento, mentre quella prelevata in difetto è considerata ceduta dall’utente del dispacciamento a Terna.
Di conseguenza, l’appellante prospetta che l’energia programmata, sia in eccesso che in difetto, dovrebbe sempre essere considerata come energia legittimamente prelevata;il T.A.R. avrebbe, invece, ignorato che il programma vincolante di prelievo corrisponde all’energia che l’operatore ha effettivamente acquistato nel mercato del giorno prima (MGP) e perciò è comprensivo anche dell’energia acquistata in eccesso/difetto.
Secondo l’appellante, questa interpretazione delle disposizioni sarebbe confortata dal fatto che nei casi in cui l’Autorità ha inteso vietare qualsiasi forma di sbilanciamento volontario, lo ha espressamente disposto, come per le unità di produzione alimentate da fonti rinnovabili non programmabili.
In secondo luogo, per le sole cd. unità di produzione abilitate, ai fini della sicurezza del sistema, l’art. 40, comma 1, prevede un prezzo di sbilanciamento sempre penalizzante, al fine di dissuadere le unità abilitate dal discostarsi dal programma vincolante. Mentre in relazione alle unità non abilitate (come la società appellante), la delibera prevede un sistema di prezzo cast-reflective , e cioè strutturato in modo tale da premiare gli sbilanciamenti volontari che arrecano un beneficio al sistema e penalizzare invece gli sbilanciamenti che non producono alcun beneficio;
c) il divieto di sbilanciamento non potrebbe desumersi neppure dal richiamo ai principi generali di buona fede e di correttezza, invocati dal T.A.R. nella sua sentenza.
d) non sarebbe provato che gli sbilanciamenti avrebbero potuto influenzare “ la formazione dei prezzi nel mercato dell'energia ” e arrecare “ un danno al sistema, sia in termini economici che, potenzialmente, in termini di sicurezza ”;viceversa, la società aveva prodotto un’ampia documentazione che dimostrerebbe come le attività di sbilanciamento volontario avessero prodotto un risultato virtuoso per il sistema nel suo complesso, perché avevano determinato una riduzione dei costi di approvvigionamento sul mercato dei servizi di dispacciamento.
8 – La censura, nelle sue plurime articolazioni, risulta infondata per le ragioni di seguito esposte.
8.1 - In primo luogo, non assume una valenza determinante il denunciato “ travisamento dei fatti, in relazione alla volontà di rendere esplicita l’applicazione del principio, contenuto nelle disposizioni di cui ai commi 14.6 e 14.7 della deliberazione 111/06 che avrebbe già vietato gli sbilanciamenti volontari da parte degli utenti del servizio di dispacciamento in prelievo” al fine di valutare la legittimità della delibera.
Invero, il tessuto motivazionale delle delibera impugnata delinea uno specifico contesto ed evidenzia una pluralità di elementi atti a giustificare la modifica regolamentare, sicché il richiamo alla norma, già vigente, relativa ai produttori di fonti rinnovabili non appare dirimente, svolgendo solo il ruolo di evidenziare che tale regola di condotta era già stata esplicitata in riferimento ad un determinato settore.
8.2 – A questo proposito, giova ricordare il contesto nel quale è maturata la delibera.
Dal documento n. 368/2013/R/eel – che ha avviato la procedura di consultazione propedeutica all’adozione della delibera impugnata – e dagli altri atti acquisiti in causa emerge che, nel corso del 2012, era stata registrata una sistematica e consistente differenza positiva (sbilanciamento) tra l’energia programmata in prelievo in esito al mercato del giorno prima (MGP) dagli utenti di dispacciamento in prelievo (titolari di unità di consumo come la società appellante) e l’energia misurata in prelievo imputabile agli stessi utenti.
In particolare, tale fenomeno aveva interessato la zona della Sardegna, dove risultava negativo il segno dello sbilanciamento aggregato zonale e positivo lo sbilanciamento effettivo degli utenti in prelievo (che programmavano più energia di quanto prelevato e consumato), con la conseguenza di applicare agli utenti i (più favorevoli) corrispettivi di sbilanciamento, di cui all’art, 40.3, lettera b, delibera n. 111/06.
Secondo l’Autorità, l’entità, la costanza e la sistematicità dello sbilanciamento effettivo positivo dell’insieme delle unità di consumo, imputabili a tali utenti, non poteva essere riconducibile ad errori di programmazione da parte di tali utenti, ma ad una specifica strategia speculativa.
Ciò si sarebbe risolto nel fatto che molti titolari di unità di consumo, utenti del dispacciamento non abilitati al MSD (mercato servizi dispacciamento), avrebbero lucrato il maggior profitto possibile dal margine derivante dal prezzo di acquisto dell’energia sul MGP e il prezzo di vendita a Terna (media dei prezzi di MSD) a sbilanciamento, portando costantemente e sistematicamente a sbilanciamento positivo i propri punti di prelievo.
Per ovviare a tale fenomeno, l’Autorità era già intervenuta con apposite delibere, poi annullate in sede giurisdizionale per un vizio procedimentale.
8.3 - È interessante osservare che, con la sentenza 20 marzo 2015, n. 1532, questa Sezione – pur confermando la decisione di prime cure che aveva riscontrato il difetto di consultazione e quindi accolto il ricorso della società – aveva già precisato nella parte motiva della sentenza che: “ non viene qui negata, naturalmente, la possibilità per l’Autorità di settore di adottare un atto generale di regolazione della materia degli sbilanciamenti, così come degli oneri di dispacciamento (in specie laddove – come nel caso in esame – sussistano indizi i quali inducono a ritenere che la regolamentazione attuale consenta l’adozione di condotte opportunistiche da parte degli utenti del dispacciamento in prelievo in sede di rivendita dell’eccedenza energetica a sbilanciamento) ”.
Non solo, nelle more di tale contenzioso è intervenuto anche il legislatore, che con l’articolo 23, comma 3 bis , d. l. 91/2014 ha disposto che: “ in attesa di una riforma organica della disciplina degli sbilanciamenti nell’ambito del mercato dei servizi di dispacciamento, l’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico proceda entro sessanta giorni a rimuovere le macro zone Sicilia e Sardegn a”.
Con la delibera 525/2014/R/eel del 29 ottobre 2014, l’Autorità ha dato attuazione alla suddetta disposizione, con la rimozione delle macro zone Sicilia e Sardegna mediante la fusione con la macro zona Sud, a decorrere dal 1 novembre 2014.
Come era già stato anticipato nel documento di consultazione 368/2013/R/eel, inoltre, con tale delibera si è resa esplicita per tutte le unità fisiche di produzione e consumo l’applicazione del principio, di cui ai commi 14.6 e 14.7 della delibera n. 111/06, in base al quale ciascun utente deve definire i programmi di immissione usando le migliori stime, in conformità ai principi di diligenza, prudenza, perizia e previdenza.
9 – Per meglio comprendere se nel modificare la disposizione regolamentare in esame l’Autorità abbia irragionevolmente travalicato dall’ambito che gli è riservato, è utile rimandare alle considerazioni generali già svolte (punto 5), nonché delineare, seppure sommariamente, le specificità dell’ambito oggetto del presente giudizio.
9.1 - Deve osservarsi che costituisce elemento essenziale ai fini del funzionamento e della sicurezza della rete il costante mantenimento dell’equilibrio fra energia immessa ed energia prelevata, dal momento che il bene energia non può essere immagazzinato. In altri termini è necessario garantire che, istante per istante, la quantità di energia che viene immessa nella rete dai produttori, dagli importatori e dai grossisti sia pari alla quantità di energia che viene di volta in volta prelevata dai consumatori.
La quantità di energia elettrica immessa nella rete dipende dall’entità della domanda e dell’offerta, come risultanti dalle contrattazioni che si svolgono nel mercato elettrico e, principalmente, nel mercato del giorno prima (MGP) (oppure nel mercato infra giornaliero (MI), che può andare a modificare quanto stabilito nel Mercato del Giorno Prima).
In tale mercato i produttori e gli acquirenti si accordano per la vendita e l’acquisto della quantità di energia necessaria al soddisfacimento della domanda relativa al giorno successivo. Una volta definiti, per ogni singolo operatore, i programmi di immissione e di prelievo, questi vengono registrati, ai sensi degli articoli 16 e seguenti della deliberazione n. 111/06.
Poiché, nonostante il descritto sistema di programmazione, di fatto è impossibile che la quantità di energia immessa in rete, istante per istante, coincida perfettamente con la quantità prelevata, è necessario un intervento da parte del gestore della rete (Terna) atto a riequilibrare il sistema (cd. servizio di dispacciamento).
Per svolgere tale fondamentale servizio, Terna stipula contratti con soggetti a ciò specificamente abilitati, titolari di impianti denominati “unità di produzione o di consumo” , i quali si obbligano a immettere e/o a prelevare energia elettrica secondo le disposizioni impartite dallo stesso gestore. Questi contratti vengono stipulati in un apposito mercato dell’energia elettrica, denominato mercato per i servizi di dispacciamento (MSD), a cui sono ammessi solo specifici operatori e dove la controparte necessaria è Terna.
L’Autorità ha regolato il servizio di dispacciamento con la già richiamata deliberazione n. 111/06.
In particolare, l’articolo 14 della predetta deliberazione stabilisce che la quantità di energia immessa in eccesso o in difetto, rispetto a quanto comunicato nel programma di immissione, si considera – rispettivamente – ceduta dall’utente a Terna o ceduta da Terna all’utente (comma 2), mentre la quantità di energia prelevata in eccesso o in difetto rispetto a quanto comunicato nel programma, si considera – rispettivamente –ceduta da Terna all’utente o ceduta dall’utente a Terna (comma 4).
Tali cessioni sono regolate mediante un apposito prezzo, determinato ai sensi del successivo articolo 40.
10 - Alla luce delle precisazioni che precedono, non appare predicabile l’illegittimità del disposto impugnato in questa sede, in base al quale ciascun utente deve definire i programmi di immissione usando le migliori stime, in conformità ai principi di diligenza, prudenza, perizia e previdenza.
10.1 – In generale, deve rilevarsi che lo stesso si limita a ribadire che gli operatori del settore devono ispirare i loro comportamenti ai canoni che tradizionalmente contraddistinguono qualunque rapporto commerciale.
È in questo senso che deve leggersi il richiamo ai principi di correttezza e buona fede effettuato dal T.A.R., che non possono che essere riaffermati, non potendosi certo assumere che nel mercato dell’energia gli utenti non debbano ispirarsi a tali principi, che trovano diretto fondamento nell’art. 2 Cost.
Infatti, si è da tempo giunti alla conclusione che l’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico, espressione di un generale principio di solidarietà sociale, la cui costituzionalizzazione è ormai pacifica ( cfr. Corte Cass. 15 febbraio 2007, n. 3462). Una volta collocato nel quadro dei valori introdotto dalla Carta costituzionale, il principio deve essere inteso come una specificazione degli “inderogabili doveri di solidarietà sociale” imposti dall’art. 2 Cost., e la sua rilevanza si esplica nell’imporre, a ciascuna delle parti del rapporto obbligatorio, il dovere di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra, a prescindere dall’esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quanto espressamente stabilito da singole norme di legge” ( cfr. Corte Cass., 18 settembre 2009, n. 20106).
11 - Più nello specifico, il richiamo ad un dovere di diligenza, prudenza, perizia e previdenza nel definire le stime relative ai programmi di immissione, contrariamente agli assunti dell’appellante, appare coerente con le descritte peculiarità del settore energetico, rispondendo all’esigenza che gli utenti del dispacciamento esercitino il loro diritto di definire il programma di immissione e prelievo con modalità tali da non arrecare uno sproporzionato e ingiustificato aggravio del servizio di dispacciamento, sulle cui peculiarità si è già detto innanzi (punti 5 e 9).
È in questo quadro che deve essere collocata l’affermazione dal T.A.R., secondo cui “ gli sbilanciamenti costituiscono dunque una sorta di anomalia di funzionamento del sistema che gli utenti della rete dovrebbero tendenzialmente evitare. In base a queste disposizioni, è quindi imposto in capo agli shopper un preciso obbligo: quello di minimizzare al massimo gli sbilanciamenti ”.
Invero, contrariamente alla tesi dell’appellante, gli sbilanciamenti non costituiscono affatto una sorta di automatica risorsa del dispacciamento, avendo comunque sempre l’effetto o di obbligare il gestore della rete ad intervenire per riportare in equilibrio la rete elettrica.
Non solo, è la stessa società a confermare che le valorizzazioni dell’energia elettrica che si formano nel mercato dei servizi di dispacciamento sono spesso sensibilmente più elevate dei prezzi ordinari. La differenza fra i prezzi dell’energia nel MSD e i prezzi dell’energia nelle contrattazioni precedenti effettuate nel MGP può costituire, pertanto, un costo addizionale che confluisce nei costi delle attività di approvvigionamento d’energia – c.d. uplift – sostenuti in prima battuta da Terna e poi addossati sugli utenti come una componente della bolletta elettrica.
Ciò giustifica l’esplicito richiamo ai principi generali di correttezza e prudenza nel definire i programmi di immissioni, così da contenere entro limiti fisiologici gli sbilanciamenti che inevitabilmente si vengono a concretizzare, e censurare quelle condotte volte a creare sbilanciamenti per mere finalità speculative, abusando del servizio pubblico di dispacciamento, i cui eventuali oneri si riflettono sui consumatori finali.
In definitiva, non appare illogico, né manifestamente sproporzionato l’intento dell’Autorità volto a censurare quei comportamenti opportunistici tesi unicamente a lucrare un arricchimento attraverso il preventivato aggravio del sistema di dispacciamento, pur se nell’esercizio dei propri diritti di immissione e prelievo di energia elettrica nel/dal sistema.
12 – Alla luce delle considerazioni che precedono, risulta destituito di fondamento il presupposto dal quale muovono le censure dell’appellante, ovvero che sarebbe del tutto “normale” l’attività consistente nell’acquisto nel mercato del giorno prima (MGP) di energia in eccesso (o in difetto) rispetto alle proprie previsioni di consumo per poi rivendere l’energia in eccesso a Terna o acquistare l’energia mancante da Terna a titolo di sbilanciamento effettivo.
Ad inficiare alla radice la prospettazione dell’appellane deve sottolinearsi nuovamente che il mercato relativo al servizio di dispacciamento si configura come “necessaro” per il buon funzionamento del sistema, nel quale controparte ineliminabile è Terna.
Tale “mercato” non si pone, come nell’usuale fisiologia delle transazioni commerciali, la finalità di assecondare la domanda e l’offerta, bensì quella di riequilibrare il sistema, onde ovviare allo squilibrio tra la quantità di energia immessa in rete, istante per istante, e la quantità prelevata.
Per svolgere tale fondamentale servizio, Terna stipula contratti con soggetti specificamente a ciò abilitati, titolari di impianti denominati “unità di produzione o di consumo”, i quali si obbligano a immettere e/o a prelevare energia elettrica secondo le disposizioni impartite dalla stessa Terna.
12.1 – Ne consegue che quello che l’appellante asserisce essere un proprio diritto di cedere l’energia in eccesso, deve essere ragionevolmente rapportato alle peculiarità tecniche del mercato dell’energia, dove la cessione dell’energia in eccesso (o l’acquisto di quella in difetto) rispetto al bisogno effettivo rappresenta una necessità per il corretto funzionamento della rete, come già innanzi spiegato.
Stante tale caratteristica, non appare illogica la scelta volta a scoraggiare l’attività meramente speculativa di un operatore – anche se la stessa in ipotesi può contribuire a garantire una maggior “liquidità” del mercato stesso – posto che tale condotta si riflette sempre ed inevitabilmente sul gestore Terna, che non opera secondo una mera logica di mercato, bensì al fine di garantire il servizio pubblico di dispacciamento, essendo normativamente preposto alla gestione della rete anche al fine di ovviare agli sbilanciamenti che sulla stessa si verificano.
Invero, le transazioni che si verificano sul mercato relativo al servizio di dispacciamento hanno quale finalità primaria quella di mantenere in equilibrio il sistema, non rispondendo alla stretta logica di incontro tra domanda ed offerta, dal momento che le transazioni che ivi si realizzano possono essere considerate operazioni necessarie.
Ciò, indipendente da ogni considerazione circa la convenienza economica e la sicurezza del sistema, giustifica l’intervento dell’Autorità volto a rendere esplicita la limitazione delle operazioni che avvengono a monte, al fine di scongiurare che il servizio di dispacciamento costituisca un mercato nel quale gli operatori operano all’unico fine di trarre profitto, ponendo in secondo piano la finalità primaria delle transazioni che ivi si realizzano, che, in una dinamica fisiologica, dovrebbe essere quella di riequilibrare la domanda e l’offerta di energia che transita sulla rete e consentire al sistema di funzionare.
12.2 – Non contraddice gli assunti che precedono il fatto che in relazione alle unità non abilitate (come l’appellante), la delibera prevede un sistema di prezzo cast-refiective, e cioè strutturato in modo tale da premiare gli sbilanciamenti volontari che arrecano un beneficio al sistema e penalizzare invece gli sbilanciamenti che non producono alcun beneficio.
La valorizzazione di tale meccanismo dei prezzi al fine di avvalorare la tesi dell’appellante volta a ritenere illegittimo l’intervento dell’Autorità appare soggettiva ed arbitraria.
Viceversa, il fatto che il sistema preveda anche un meccanismo volto a premiare gli sbilanciamenti, quando questi vanno in controtendenza, ed a penalizzarli anche dal punto di vista economico nel caso opposto, oltre a confermare le peculiarità del mercato relativo ai servizi di dispacciamento, non si pone affatto in contrasto con una disposizione che limiti le operazioni che si svolgono su tale mercato ai soli sbilanciamenti fisiologici.
Infatti, rientra nella discrezionalità dell’Autorità affiancare ad una misura che limita le operazioni sul mercato del giorno prima, onde ridurre le transazioni che è necessario porre in essere in fase di dispacciamento, un meccanismo che penalizza economicamente l’operatore che attraverso delle errate stime relative ai programmi di immissione (indipendentemente dalla volontarietà) comporti maggiori oneri di sistema.
12.3 – Non riveste parimenti un rilievo decisivo l’argomento per cui nei casi in cui l’Autorità ha inteso vietare qualsiasi forma di sbilanciamento volontario, lo avrebbe espressamente disposto, come per le unità di produzione alimentate da fonti rinnovabili non programmabili.
In primo luogo, non è dato comprendere per quale ragione sarebbe illegittima l’estensione di tale previsione a tutte le fonti di energie.
Inoltre, diversamente dall’assunto dell’appellante, l’esplicito divieto previgente relativamente alle unità di produzione alimentate da fonti rinnovabili non programmabili ben può essere inteso, oltre che per le specificità delle fonti rinnovabili, quale indice di un principio generale da ritenersi valevole per ogni operatore.
In tal senso militano le già esposte considerazioni, ed in particolare la già sottolineata finalizzazione del servizio di dispacciamento volto ad equilibrare il sistema ed al quale gli operatori, in base ai principi di correttezza e buona fede, dovrebbero ricorrere solo in caso di una incolpevole errata predeterminazione del programma e non volontariamente all’unico fine di trarre profitto.
13 – Anche gli ulteriori argomenti della società non risultano idonei ad inficiare la legittimità dell’intervento regolatorio.
Invero, I nelle proprie difese considera solo quegli sbilanciamenti volontari che, per il fatto di muoversi in controtendenza rispetto all’andamento del mercato, apportano dei benefici al sistema di dispacciamento.
Tale prospettazione trascura il fatto che se lo sbilanciamento volontario non favorisce l’equilibrio del sistema, ma aggravava una condizione di disequilibrio, ciò comporta un intervento più intenso da parte di Terna sul MSD, con un aggravio di oneri, che si rifletteranno poi sul consumatore finale, soggetto sul quale inconsapevolmente viene a gravare l’errata previsione del trader (speculatore).
13.1 - Per le medesime ragioni, non appare dirimente nemmeno l’argomento secondo cui la nuova disposizione si risolverebbe in un vantaggio per le unità di produzione, dal momento che Terna vedrebbe diminuita la possibilità di equilibrare il sistema attraverso gli sbilanciamenti (volontari) in controtendenza.
Diversamente da tale assunto, deve osservarsi che laddove i programmi di immissione e prelievo siano previsti con la cautela e la diligenza esigibile da un operatore del settore, è ragionevole prevedere che gli interventi da effettuare a valle nel servizio di dispacciamento siano limitati, escludendosi oltretutto il rischio di un aggravio derivante dagli sbilanciamenti volontari nel senso del mercato.
Anche sotto tale profilo, non appare pertanto irrazionale il prevedere un dovere di diligenza, prudenza, perizia e previdenza nel definire le stime relative ai programmi di immissione.
14 - Le considerazioni che precedono valgono ad assorbire ogni altra censura, risultando inoltre in sintonia con la giurisprudenza che pronunciandosi in una controversia che aveva per oggetto la regolazione del servizio di bilanciamento delle transazioni di gas, ha già avuto modo di precisare che l’intervento dell’Autorità ben può essere giustificato dal prevenire ed eliminare le cause delle condotte distorsive degli utenti del servizio di dispacciamento ( cfr. Cons. St., Sez. VI, 5 aprile 2012, n. 395).
15 - Resta assorbito dalle considerazioni già svolte in precedenza anche il terzo motivo di appello con il quale si deduce l’erroneità e illegittimità della sentenza con riferimento al rigetto della censura di travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e violazione di legge, in relazione all’affermazione che le attività di sbilanciamento dei traders avrebbero potuto pregiudicare la sicurezza del sistema elettrico.
Al riguardo, l’appellante ricorda che nel suo ricorso introduttivo aveva rilevato che l’Autorità, nelle premesse della delibera n. 525/2014/R aveva invocato, a giustificazione dell’introduzione del divieto di sbilanciamento volontario, la circostanza che, in determinate situazioni, l’attività di sbilanciamento avrebbe potuto determinare effetti potenzialmente negativi sui livelli di sicurezza del sistema elettrico. L’appellante, nel suo terzo motivo di ricorso, aveva rilevato che tale affermazione dell’Autorità fosse assolutamente generica, indimostrata e priva di alcun riscontro concreto;inoltre, aveva prodotto ampia documentazione tecnica a dimostrazione della infondatezza dell’affermazione stessa.
15.1 - Come anticipato, anche tale censura è infondata in ragione degli argomenti già ampiamente illustrati in precedenza, che giustificano la modifica regolamentare impugnata.
Nello specifico, l’Autorità ha inoltre precisato che l’evidenziato rischio per la sicurezza deve essere inteso non in senso fisico, bensì nel senso di buon funzionamento della rete, stante la peculiarità del bene energia.
In questa sede ci si limita a rammentare che gli sbilanciamenti hanno quale effetto automatico quello di obbligare il gestore della rete ad intervenire per riportare in equilibrio la rete elettrica. Indipendentemente da quanto effettivamente verificatosi nel passato, non appare dunque irragionevole la valutazione per cui un eccessivo sbilanciamento cagionato da condotte opportunistiche degli operatori possa rappresentare un pregiudizio alla funzionalità del sistema.
Ciò nonostante l’assunto dell’appellante – secondo cui le attività di sbilanciamento volontario avrebbero prodotto un risultato virtuoso per il sistema nel suo complesso, poiché avrebbero determinato una riduzione dei costi di approvvigionamento sul mercato dei servizi di dispacciamento – che, come già osservato, trascura gli effetti negativi derivanti da una erronea previsione del trader (punto 13).
15.2 – Inoltre, deve precisarsi che le considerazioni contenute nella pronuncia di questa Sezione del 20 marzo 2015, n. 1532, che esclude che di fatto in passato si siano verificate situazioni pregiudizievoli, appaiono svolte all’unico fine di non riconoscere l’urgenza di provvedere al fine di ovviare al confronto con le imprese interessate, e dunque per ravvisare un mero vizio procedimentale nella condotta dell’Autorità.
In ogni caso, sotto il profilo in esame, la disposizione ben può trovare giustificazione anche supponendo un mero pericolo per il sistema, non necessitando che di fatto la società appellata (o altre società) abbiano concretamente posto in essere operazioni pregiudizievoli in passato.
Anche per tale ragione non risulta necessario alcun approfondimento istruttorio al riguardo.
Del resto, lo stesso legislatore, con il decreto legge n. 91/2014, aveva disposto con urgenza la rimozione delle macro zone Sicilia e Sardegna proprio per porre riparo alle anomalie degli sbilanciamenti nella zona, “ in attesa di una riforma organica della disciplina degli sbilanciamenti nell’ambito del mercato dei servizi di dispacciamento ” (art. 23, comma 3 bis , d.l. 91/2014).
16 – In definitiva l’appello non deve trovare accoglimento.
Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.