Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-01-10, n. 201200017

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-01-10, n. 201200017
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201200017
Data del deposito : 10 gennaio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04837/2010 REG.RIC.

N. 00017/2012REG.PROV.COLL.

N. 04837/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello nr. 4837 del 2010, proposto da LAURENZI S.r.l. (già Confezioni Laurenzi S.a.s.), UNION S.r.l., METALLURGIA ABRUZZESE S.p.a, FONTECAL S.p.a., F.LLI LEPORE DI LEPORE V. &
C. S.a.s., LAS MOBILI S.r.l., PEDICONE S.p.a., FORSIT S.r.l., IPS S.r.l., MAR MOBILI S.r.l., BETAFENCE ITALIA S.p.a., CISIA PROGETTI S.r.l., ROMANA CHIMICI S.p.a., METISOFT S.p.a., IL FALCO a r.l., PETRORO S.a.s., SAPI S.r.l., SEGIAL S.c. a r.l. in liquidazione e NETURBÀ S.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avv.ti Franco Di Teodoro e Dino Valenza, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, via G. Ferrari, 11,

contro

la PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro tempore, il MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI e il MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, rappresentati e difesi ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati per legge presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12,

per l’annullamento,

previa sospensione,

della sentenza nr. 11498 resa inter partes dal T.A.R. del Lazio, Sezione Terza bis, depositata il 23 novembre 2009, non comunicata né notificata, con cui è stato respinto il ricorso proposto (come incidente di esecuzione del giudizio di ottemperanza) dalle società ricorrenti avverso il provvedimento del Commissario ad acta (decreto del 15 luglio 2008, nr. 35860) reso nel giudizio di ottemperanza dinanzi il medesimo Tribunale Amministrativo.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio delle Amministrazioni appellate;

Viste le memorie prodotte dalle appellanti (in data 7 dicembre 2011) e dall’Amministrazione (in data 8 luglio 2010) a sostegno delle rispettive difese;

Vista l’ordinanza di questa Sezione nr. 3214 del 13 luglio 2010, con la quale è stata respinta l’istanza di sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, alla camera di consiglio del giorno 13 dicembre 2011, il Consigliere R G;

Uditi l’avv. Valenza per le appellanti e l’avv. dello Stato Giustina Noviello per l’Amministrazione;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Le società in epigrafe indicate hanno impugnato, chiedendone la riforma previa sospensione dell’esecuzione, la sentenza con la quale il T.A.R. del Lazio ha respinto il ricorso dalle stesse proposto per l’ottemperanza di precedenti sentenze del medesimo Tribunale (nn. 8374 e 8375 del 2003), e specificamente l’impugnazione dell’atto di esecuzione adottato in data 15 luglio 2008 dal Commissario ad acta all’uopo nominato.

A sostegno dell’appello, le istanti hanno dedotto l’erroneità della predetta sentenza per violazione delle disposizioni interne e comunitarie in materia di estensione anche alle imprese abruzzesi delle agevolazioni previste dall’art. 59 del d.P.R. 6 marzo 1978, nr. 218 (Testo Unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno), nonché l’elusione del giudicato da parte del provvedimento negativo adottato dal Commissario ad acta. Inoltre, è stato lamentato un vizio di forma, non essendo stato adottato un decreto interministeriale come previsto dalla normativa vigente.

Si sono costituiti i Ministeri del Lavoro e delle Politiche Sociali e dell’Economia e delle Finanze nonché la Presidenza del Consiglio dei Ministri, argomentando a sostegno dell’infondatezza dell’appello e concludendo per la conferma della sentenza impugnata.

All’esito della camera di consiglio del 13 luglio 2010, questa Sezione ha respinto la domanda incidentale di sospensiva.

Alla camera di consiglio del 13 dicembre 2011, la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Torna all’attenzione della Sezione il contenzioso scaturito dalla pretesa di una serie di imprese, aventi sede nel territorio della Regione Abruzzo, di vedersi riconoscere le agevolazioni fiscali previste dall’art. 59 del Testo Unico degli interventi per il Mezzogiorno approvato con d.P.R. 6 marzo 1978, nr. 218.

La Regione Abruzzo, invero, risultava esclusa dal campo di applicazione degli sgravi contributivi già col decreto del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale del 5 agosto 1994, annullato dal T.A.R. dell’Abruzzo con sentenza nr. 81 del 23 febbraio 1995 (poi confermata da questo Consiglio di Stato con decisione nr. 1331 del 1996).

Un secondo decreto ministeriale, varato in data 24 dicembre 1997, confermava l’esclusione dell’Abruzzo (oltre che del Molise): nuovamente impugnato, questo è stato annullato dal T.A.R. del Lazio con le sentenze nn. 8374 e 8375 del 14 ottobre 2003, confermate da questa Sezione con le decisioni nn. 66 e 67 del 2006.

In quest’ultimo caso, l’annullamento è stato determinato dalla carente motivazione addotta a sostegno del diniego di estensione all’Abruzzo delle agevolazioni de quibus, essendosi ritenuto insufficiente il generico richiamo alle fonti comunitarie, anche perché queste ultime per vero non escludevano che, in presenza di determinate condizioni, la predetta Regione potesse essere inclusa nel campo di applicazione della previsione anche per il periodo successivo al 31 dicembre 1996.

Le società odierne appellanti hanno quindi agito per l’ottemperanza al giudicato riveniente dalle richiamate pronunce, ottenendo dal T.A.R. capitolino la nomina di un Commissario ad acta per la rinnovazione dell’istruttoria e delle successive determinazioni.

Col presente ricorso, le medesime società hanno lamentato l’inottemperanza al giudicato, censurando il decreto commissariale adottato dal 15 luglio 2008, recante nuovo diniego di ammissione agli sgravi, siccome elusivo dei vincoli discendenti dalla normativa comunitaria e delle precedenti sentenze;
il giudizio si è però concluso con la sentenza oggetto dell’odierna impugnazione, con la quale lo stesso T.A.R. ha ritenuto il suindicato provvedimento conforme alle proprie pregresse statuizioni in quanto:

- nelle precitate decisioni era espressamente precisato che l’annullamento del d.m. impugnato non comportava affatto l’automatica spettanza dei benefici richiesti, ma soltanto l’obbligo dell’Amministrazione di rideterminarsi al riguardo;

- il nuovo diniego risultava adeguatamente e congruamente motivato con riguardo alle condizioni ostative all’ammissione delle imprese abruzzesi ai benefici in questione.

2. Tutto ciò premesso, l’appello è infondato e va conseguentemente respinto.

3. Per una migliore comprensione delle statuizioni che seguiranno, giova premettere una sintetica ricostruzione del quadro normativo, come articolatosi nel corso degli anni, in ordine al campo di applicazione delle ricordate agevolazioni ex art. 59 del d.P.R. nr. 218 del 1978.

Centrale, ai fini che qui interessano, è il Regolamento CEE nr. 2081 del 20 luglio 1993 il quale, nello stabilire le modalità di assegnazione dei contributi alle Regioni meritevoli di aiuti per lo sviluppo, ha fissato, quale parametro per l’individuazione di queste ultime, l’esistenza di un valore del P.I.L. per abitante inferiore negli ultimi tre anni al 75 % della media comunitaria;
nella stessa sede, la Regione Abruzzo è stata ritenuta ammissibile agli aiuti de quibus per il periodo dal 1 gennaio 1994 al 31 dicembre 1996, in quanto risultata in possesso del requisito suindicato.

Tale statuizione è conforme a quanto già ritenuto nella decisione della Commissione nr. 318 del 1988, con la quale si era escluso che la concessione dei contributi in questione alle imprese abruzzesi integrasse un aiuto di Stato vietato dal Trattato CE.

Per l’attuazione delle richiamate previsioni comunitarie, sono intervenuti dapprima l’art. 2 della legge 14 gennaio 1994, nr. 21, e quindi l’art. 19, comma 1, del d.l. 16 maggio 1994, nr. 299, convertito nella legge 19 luglio 1994, nr. 51, che in via generale hanno demandato a regolamenti ministeriali la definizione e quantificazione, nei limiti delle risorse disponibili, delle agevolazioni ex art. 59, d.P.R. nr. 218 del 1978 da attribuire alle imprese stabilite in Abruzzo.

Quanto ai periodi successivi al 31 dicembre 1996, che costituiscono il thema decidendum del presente giudizio, non è contestato che la concedibilità dei medesimi benefici restasse subordinata al positivo accertamento del requisito comunitario del P.I.L. pro capite inferiore al 75 % della media europea: accertamento che, come è pacifico e del pari incontestato, restava rimesso alla competenza degli Stati membri (e, per quanto qui interessa, dello Stato italiano).

È precisamente questa la ragione per la quale il T.A.R. del Lazio, nell’annullare i precedenti decreti ministeriali (del 5 agosto 1994 e del 24 dicembre 1997) con i quali l’Abruzzo era stato escluso dal novero delle Regioni beneficiarie, lungi dall’affermare sic et simpliciter che gli sgravi fossero dovuti sulla scorta delle disposizioni comunitarie, si è limitato a rilevare che non risultava idoneo e sufficiente l’accertamento del requisito imposto dal Regolamento del 1993;
più specificamente, con la sentenza della quale in questa sede si lamenta l’inottemperanza, il primo giudice, con riferimento al periodo successivo al 31 dicembre 1996, ha semplicemente censurato la genericità e apoditticità di una motivazione fondata sul mero richiamo dei parametri comunitari e non assistita da puntuali e precisi dati statistici a sostegno della carenza del requisito de quo.

Al contrario, a sostegno della propria pretesa le odierne appellanti invocano anche diverse disposizioni interne successive (art. 27 del d.l. 31 dicembre 1996, nr. 669, convertito nella legge 20 febbraio 1997, nr. 30;
art. 4, comma 21, della legge 27 dicembre 1997, nr. 449) dalle quali emergerebbe la volontà del legislatore di estendere l’applicazione dei benefici alla Regione Abruzzo anche per periodi successivi alla richiamata scadenza del 31 dicembre 1996.

4. Alla stregua della sintetica ricostruzione che precede, alla Sezione appare evidente come la spettanza alle imprese odierne appellanti delle agevolazioni in discorso non possa essere affermata sulla base né del giudicato di cui si è chiesta l’esecuzione, né tanto meno di una diretta applicazione del quadro normativo di riferimento.

Sotto il primo aspetto va ribadito, come correttamente evidenziato dal primo giudice, che l’annullamento del decreto ministeriale del 24 dicembre 1997 non comportava affatto l’obbligo dell’Amministrazione di concedere de plano i benefici alle società istanti, ma semplicemente il dovere di rideterminarsi sulla questione.

Quanto al secondo profilo, risulta evidente che la disciplina comunitaria – come sopra rilevato – subordinava la concessione degli sgravi fiscali, affinché questi non costituissero aiuti di Stato non consentiti, all’accertamento di una condizione particolare, consistente nell’esistenza negli ultimi tre anni antecedenti di un P.I.L. pro capite inferiore al 75 % della media europea, rimettendo l’accertamento allo Stato interessato all’erogazione dei contributi stessi.

E anzi, proprio in virtù del principio di prevalenza del diritto comunitario insistentemente invocato dalle parti istanti, qualsiasi disposizione interna che pretendesse di produrre effetti estensivi dell’applicazione dei benefici ex art. 59 del d.P.R. nr. 218 del 1978, indipendentemente dall’accertamento della sussistenza del predetto requisito, è ineluttabilmente destinata a recedere di fronte alla superiore previsione del Regolamento CEE nr. 2081 del 1993.

5. Tutto ciò premesso e precisato, resta da verificare se il provvedimento del Commissario ad acta nr. 35860 del 2008, reso in esecuzione del giudicato riveniente dalla sentenza di annullamento del T.A.R. capitolino e che ancora una volta ha escluso l’erogabilità dei benefici, possa qualificarsi elusivo o violativo del giudicato stesso.

La conclusione negativa raggiunta dal giudice di prime cure è del tutto meritevole di conferma, non potendo negarsi che il decreto in questione, al contrario dei precedenti decreti ministeriali, è motivato col richiamo a dati ufficiali Eurostat sul valore del P.I.L. nella Regione Abruzzo negli anni di riferimento, ed è quindi sorretto da una motivazione autonoma e ben diversa da quella (giudicata insufficiente) sottesa ai provvedimenti negativi già oggetto di annullamento giurisdizionale.

A fronte di ciò, pur nell’ampiezza della propria esposizione, le parti odierne appellanti si sono limitate a lamentare genericamente l’illegittimità del decreto commissariale rispetto ad una asserita (e, come si è visto, insussistente) spettanza degli sgravi contributivi, senza sviluppare precise e analitiche censure sui dati richiamati dal Commissario ad acta; peraltro, se anche lo avessero fatto, dette censure sarebbero state molto probabilmente inammissibili, dovendo l’illegittimità del nuovo diniego essere verificata in sede di impugnazione ordinaria e non certo nella sede dell’ottemperanza al giudicato, laddove la cognizione degli atti amministrativi sopravvenuti è circoscritta alla loro possibile nullità per violazione o elusione del giudicato.

6. Del pari infondata è la doglianza di carattere formale con la quale le appellanti hanno denunciato l’omessa adozione di un decreto interministeriale, così come prescritto dalla normativa vigente per l’adozione dei provvedimenti di attribuzione o diniego dei benefici di cui al più volte citato art. 59, d.P.R. nr. 218 del 1978.

Ed infatti, atteso che i poteri conferiti al Commissario ad acta assommavano le competenze e le funzioni delle diverse Amministrazioni chiamate a intervenire in via ordinaria, è evidente che il provvedimento dallo stesso emesso non poteva non avere una veste formale atipica e diversa rispetto a quella prevista in via ordinaria.

7. La complessità e la novità delle questioni esaminate giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente grado del giudizio.

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