Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2022-06-07, n. 202204652

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2022-06-07, n. 202204652
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202204652
Data del deposito : 7 giugno 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/06/2022

N. 04652/2022REG.PROV.COLL.

N. 01128/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1128 del 2018, proposto da
Trentaquattro S.r.l. e Associazione "Tridente Ristoratori e Bar", in persona dei legali rappresentanti pro tempore , rappresentate e difese dall'avvocato G D M, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Gregorio VII, n. 225;

contro

Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato S S, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso gli uffici dell’Avvocatura municipale in Roma, via del Tempio di Giove, n. 21;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione Seconda, n. 7102/2017, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 17 maggio 2022, tenuta da remoto ai sensi dell’art. 17, comma 6, del d.l. 9 giugno 2021, n. 80, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2021, n. 113, il Cons. Elena Quadri e uditi per le parti gli avvocati Quaglietta, in sostituzione di Di Meglio e preso atto del deposito delle note di passaggio in decisione del difensore di Roma Capitale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Trentaquattro S.r.l. e l’Associazione “Tridente ristoratori e bar” hanno impugnato la determina dirigenziale di Roma Capitale Municipio Roma I Centro, datata 23 novembre 2016, che ha ordinato alla Trentaquattro s.r.l. il ripristino dello stato dei luoghi essendo stata accertata un’occupazione di suolo pubblico maggiore di mq 6,93 rispetto a quella concessa e l’apposizione di un terzo ombrellone, anche questo non autorizzato, all'esterno del locale sito in via Mario de' Fiori n. 34, ove essa svolgeva attività di somministrazione di alimenti e bevande.

Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio con la sentenza segnata in epigrafe ha respinto il ricorso ritenendolo infondato.

La predetta società e l’Associazione sopra indicate hanno chiesto la riforma di detta sentenza per i seguenti motivi:

I) a) violazione di legge e travisamento dei fatti - nullità del V.A.V. n. 14/2016/104572 del 05.07.2016 per notifica nulla o inesistente e comunque non riferibile alla Trentaquattro s.r.l. – violazione degli artt. 145 c.p.c., 14 l. 689/81, 8, comma 5, e 11, comma, 5 l.r. n. 21/2006;

b) nullità insanabile dell’atto, del conseguente procedimento e dei successivi atti o provvedimenti di Roma Capitale – violazione degli artt. 145 c.p.c., 14 117b-51cc-b6a1-b8b566f96565::LR53331E0215A8A3E6F3C7::1985-12-02" href="/norms/laws/itatextfoqmvqkkd3e8xw/articles/itaartfglomo0di4btg?version=31def5d8-117b-51cc-b6a1-b8b566f96565::LR53331E0215A8A3E6F3C7::1985-12-02">l. 689/81, 8, commi 5 e 11 l.r. 21/2006 – nullità derivata - violazione dei principi di uguaglianza, di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa, di efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa (art. 3 l. 241/90;
artt. 3 e 97 della Cost.) – eccesso di potere;

II) violazione di legge e/o omessa pronuncia per apparente o contraddittoria motivazione del capo della sentenza riguardante l’eccesso di potere, il difetto di istruttoria, la disparità di trattamento, l’arbitrarietà del procedimento, la violazione del legittimo affidamento, la manifesta ingiustizia in tema di violazione degli artt. 8 e 14 della D.C.C. n.75/2010 e ss.mm.ii.

Si è costituita per resistere all'appello Roma Capitale.

Successivamente le parti hanno depositato memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.

All'udienza del 17 maggio 2022 l'appello è stato trattenuto in decisione.

Con il primo motivo di ricorso le appellanti lamentano l’erroneità della sentenza laddove ha considerato regolarmente avvenuta la notifica del verbale con cui veniva accertato l’ampliamento non autorizzato dell’occupazione di suolo pubblico. In primo luogo evidenziano che la notifica sarebbe intervenuta oltre il termine di 90 giorni, decorrente dall’accertamento della violazione, previsto dalla l. 698/1981, e tale vizio non potrebbe considerarsi sanato per raggiungimento dello scopo, in quanto l’effettiva conoscenza da parte della società appellante sarebbe intervenuta solo quando il suddetto termine era ormai scaduto. In secondo luogo sottolineano che il collegio avrebbe omesso di considerare che la società appellante esercitava attività di somministrazione di alimenti e bevande e per questo era obbligata per legge a prevedere il c.d. “preposto”, figura portatrice dei medesimi requisiti del titolare dell’autorizzazione amministrativa, la cui disciplina è dettata dalla L.R. Lazio n. 21/2006 ed in particolare dagli artt. 8, co.5, e 11, co.5;
in virtù di tali norme, da ritenersi speciali rispetto alla norma generale di cui all’art. 145 c.c., prima di eseguire la notifica nelle mani di una qualsiasi delle persone addette alla sede, sarebbero dovute essere svolte le previe infruttuose ricerche del legale rappresentante e del preposto, in quanto la ratio della normativa regionale imporrebbe, infatti, alla p.a. un ordine preferenziale dei soggetti a cui notificare.

Le censure sono infondate.

La notifica del V.A.V. deve essere considerata legittima alla luce dell’art. 145 c.p.c., che disciplina la notificazione alle persone giuridiche, per come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione. I giudici di legittimità hanno infatti chiarito che “ai fini della regolarità della notificazione di atti a persona giuridica mediante consegna a persona addetta alla sede (art. 145, comma 1, c.p.c.), senza che consti la previa infruttuosa ricerca del legale rappresentante e, successivamente, della persona incaricata di ricevere le notificazioni, è sufficiente che il consegnatario si trovi presso la sede della persona giuridica destinataria non occasionalmente ma in virtù di un particolare rapporto” (Cassazione civile, VI, 20 novembre 2017, n. 27420).

Né la normativa in materia di svolgimento delle attività di somministrazione di alimenti e bevande, contenuta nella L.R. Lazio 29 novembre 2006, n. 21, può contenere disposizioni in alcun modo derogatorie della normativa codicistica in tema di notifica.

Con il secondo motivo le appellanti deducono il vizio di motivazione apparente che inficerebbe la sentenza, che avrebbe del tutto apoditticamente ritenuto “sufficientemente dettagliate” le risultanze del V.A.V, laddove il provvedimento impugnato in primo grado sarebbe stato viziato da difetto d’istruttoria non essendo indicato né dove, né come sarebbe stato occupato il suolo pubblico in eccedenza, con conseguente compromissione del diritto di difesa del privato.

Anche il secondo motivo d’appello non può trovare accoglimento.

Nel V.A.V., richiamato dal provvedimento impugnato, si legge: “sebbene in possesso di concessione o.s.p., giusta D.D. 2140 dell’8/11/2012, che autorizza una o.s.p. per mq 10,50 (due aree di mt. 6,00x1,50 e 1,00x1,50), con tavoli, sedie, n. 2 ombrelloni di mt. 3,00x1,50, di fatto occupava il suolo pubblico antistante la propria attività per mq 16,92 (mt, 9,40x1,80) con tavoli, sedie, n. 3 (tre) ombrelloni, realizzando così un ampliamento di mq. 6,93 senza essere in possesso di ulteriore concessione comunale ed in difformità di quanto autorizzato”.

Ciò posto non può ragionevolmente negarsi che il contenuto del verbale, diversamente da quanto apoditticamente sostenuto dagli appellanti, sua sufficientemente dettagliato, indicando la misura dell’occupazione non autorizzata di suolo pubblico e il modo con cui tale occupazione era stata realizzata (sedie, tavoli e tre ombrelloni).

Del resto l’esattezza di quell’accertamento non è stato neppure smentito, essendosi al riguardo le appellanti limitate a sostenere la occasionalità della riscontrata eccedenza della occupazione di suolo pubblico (rispetto a quella concessa), sulla base di un asserito spostamento delle sedie da parte di qualche cliente e cioè di un comportamento di terzi non imputabile agli appellanti;
sennonché, a parte l’inverosimiglianza di tale deduzione, la stessa risulta manifestamente smentita in punto di fatto dalla presenza di un terzo ombrellone, rispetto ai due autorizzati, presenza che in alcun modo può essere ricollegata ad un fatto incolpevole o addirittura non riferibile alla parte appellante.

In conclusione l’appello va respinto.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

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