Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-03-05, n. 201801331

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-03-05, n. 201801331
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201801331
Data del deposito : 5 marzo 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/03/2018

N. 01331/2018REG.PROV.COLL.

N. 07614/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 7614 del 2013, proposto dai signori G B e N F, rappresentati e difesi dagli avvocati S Z e M D, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato M D in Roma, via Conca D'Oro, 184/190;

contro

Comune di San Leo, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per le Marche, Ancona, Sezione I, n. 341 del 9 maggio 2013, resa tra le parti, concernente rimozione di paletti in ghisa cosiddetti "dissuasori" posizionati dal comune;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 febbraio 2018 il consigliere Daniela Di Carlo e uditi per le parti gli avvocati Perucca (su delega dell’avvocato Discepolo) e Zanchini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La controversia riguarda l’azione proposta dai signori G B e N F avverso l’attività del comune di San Leo, consistita nel posizionamento di paletti dissuasori nell’ambito della manutenzione dei marciapiedi della pubblica via, prospiciente la loro proprietà.

2. L’azione, originariamente proposta dinanzi all’autorità giurisdizionale ordinaria, è stata riassunta davanti a questo plesso giurisdizionale a seguito della pronuncia n. 18/2002 del giudice civile, declinatoria della giurisdizione in favore del giudice amministrativo.

3. Il T.a.r. per le Marche, Ancona, Sezione I, con la sentenza n. 341 del 9 maggio 2013, ha:

a) valutato l’insussistenza delle ragioni per sollevare conflitto di giurisdizione ai sensi dell’art. 11, comma 3, c.p.a. e ritenuto, conseguentemente, la propria giurisdizione;

b) respinto, nel merito, il ricorso, a motivo della natura pertinenziale dell’area, posta a servizio della sede stradale, e del perseguimento dell’interesse pubblico all’accessibilità e percorribilità delle fasce di pertinenza delle strade, nonché al corretto utilizzo delle pertinenze di servizio;

c) respinto, conseguentemente, la domanda di risarcimento del danno;

d) condannato i ricorrenti alla refusione, in favore del comune, delle spese di lite liquidate in euro 2.000,00 oltre accessori di legge.

4. I signori G B e N F hanno appellato la sentenza, deducendo i seguenti motivi:

4.1. l’errore del primo giudice, consistito nel qualificare l’area prospiciente la loro proprietà come pertinenza della strada, anziché come proprietà privata, con conseguente illegittima apposizione, su suolo privato, dei paletti dissuasori, in modo discriminatorio e arbitrario, e in mancanza di qualsivoglia interesse pubblico;

4.2. il vizio di ultra petizione per avere il primo giudice, al di fuori di una specifica eccezione o allegazione della controparte, qualificato l’area in questione come pertinenza stradale ai sensi dell’art. 24 del codice della strada.

5. Il comune di San Leo non si è costituito nel presente grado.

6. All’udienza pubblica del giorno 8 febbraio 2018 la causa è stata discussa e trattenuta dal Collegio in decisione.

7. L’appello è infondato e non merita accoglimento per le seguenti ragioni.

7.1. Preliminare, da un punto di vista logico-giuridico, è l’esame del secondo motivo di appello, concernente il denunciato vizio di ultra petizione, giacché – laddove lo stesso si rivelasse fondato – verrebbe conseguentemente meno l’intera motivazione addotta dal primo giudice a sostegno della legittimità dell’agire amministrativo (la qualificazione della natura di pertinenza stradale dell’area), con conseguente assorbimento del primo motivo di appello.

7.1.1. Il motivo è infondato.

7.1.2. Ai sensi degli artt. 99 e 112 c.p.c., sia nel processo civile che in quello amministrativo, il principio della domanda e quello della corrispondenza tra chiesto e pronunciato hanno dignità di clausole generali e comportano il divieto di attribuire un bene della vita non richiesto o, comunque, di emettere una statuizione che non trovi corrispondenza nella domanda. Tale principio è da ritenersi violato ogni qual volta il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri uno degli elementi identificativi dell'azione, cioè il petitum e la causa petendi , attribuendo quindi un bene della vita diverso da quello richiesto ovvero ponendo a fondamento della propria decisione fatti o situazioni estranei alla materia del contendere, salvo il potere di qualificazione giuridica dei fatti e della domanda giudiziale (Consiglio di Stato, sez. IV, 31 luglio 2017, n. 3809). Nell'indagine diretta all'individuazione e qualificazione della domanda giudiziale, il giudice non è condizionato dalla formula adottata dalla parte, dovendo egli tener presente essenzialmente il contenuto sostanziale della pretesa, desumibile, oltre che dal tenore delle deduzioni svolte nell'atto introduttivo e nei successivi scritti difensivi, anche dallo scopo cui la parte mira con la sua richiesta.

7.1.3. Nel caso di specie, il giudice di prime cure non ha travalicato il potere di qualificazione giuridica dei fatti e della domanda giudiziale, giacché rispetto al petitum e alla causa petendi è pregiudiziale l’accertamento della natura dell’area in contestazione, del tutto correttamente qualificata come pertinenza stradale ai sensi dell’art. 24 del codice della strada.

7.2. Non migliore sorte incontra il primo motivo di appello, anch’esso, parimenti, infondato.

7.2.1. Gli appellanti assumono la natura privata dell’area antistante il proprio fabbricato e allegano, sul piano probatorio, le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio svolta nel giudizio civile, ove si darebbe atto dell’esistenza di documentazione catastale e, altresì, dell’esercizio di un uso pubblico sulla medesima, da vecchia data.

7.2.2. Va premesso che, ai sensi dell’art. 11, comma 6, c.p.a., le prove raccolte davanti al giudice sfornito di giurisdizione possono costituire, al più, argomenti di prova nel giudizio che si instaura a seguito della translatio iudicii (Consiglio di Stato sez. IV, 4 agosto 2015, n. 3852).

7.2.3. In ogni caso, anche lasciando in disparte tale profilo, è principio consolidato, nella giurisprudenza civile e in quella amministrativa, che la consulenza tecnica non costituisce un mezzo di prova ma, al più, di ricerca della prova ( cd. consulenza tecnica percipiente), avente la funzione di fornire al giudice i necessari elementi di valutazione quando la complessità sul piano tecnico-specialistico dei fatti di causa impedisca una compiuta comprensione ( cd. consulenza tecnica deducente), ma non già la funzione di esonerare la parte dagli oneri probatori sulla stessa gravanti ( ex multis , Consiglio di Stato sez. V, 11 maggio 2017, n. 2181).

7.2.4. In secondo luogo, alle risultanze catastali non può riconoscersi valore probatorio decisivo in ordine alla proprietà di un bene.

7.2.5. Lo stesso consulente, inoltre, ha dato conto di un uso pubblico sull’area, esercitato da tempo immemore, sicché potrebbe anche ritenersi operante la presunzione di demanialità di cui all'art. 22 della legge n. 2248 del 1865, trattandosi non solo di area contigua o comunicante con la strada pubblica, ma – come correttamente rilevato dal primo giudice – parte integrante della funzione viaria della rete stradale, così da costituire una pertinenza della strada stessa (ex multis, Cassazione civile, sez. VI, 22 marzo 2017, n. 7242).

7.2.6. Pertanto, deve ritenersi correttamente esercitata, da parte dell’amministrazione comunale, l’attività di manutenzione e di gestione delle aree di pertinenza stradale in vista del perseguimento dell’interesse pubblico all’accessibilità, alla percorribilità e al corretto uso delle pertinenze di servizio.

8. Non luogo a provvedere sulle spese di lite del presente grado in mancanza di costituzione della parte appellata.

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