Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2015-04-10, n. 201501833
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N. 01833/2015REG.PROV.COLL.
N. 08451/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8451 del 2012, proposto da:
A R e L C, rappresentati e difesi dall’Avv. M L Bellini, con domicilio eletto presso lo stesso Avv. M L Bellini in Roma, Via Orazio, n. 3;
contro
Azienda A.S.L. Roma C, in persona del Direttore Generale
pro tempore
, rappresentata e difesa dall’Avv. B B, dall’Avv. G M e dall’Avv. M C T, con domicilio eletto presso l’Avv. B B in Roma, Via Primo Carnera, n. 1;
nei confronti di
Salvatore Giuseppe Polito, Angela Baratti, appellati non costituiti;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE III QUA n. 05267/2012, resa tra le parti, concernente la graduatoria finale del concorso a 35 posti di assistente amministrativo
visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio di Azienda A.S.L. Roma C;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 marzo 2015 il Cons. Massimiliano Noccelli e uditi per le parti l’Avv. Giuseppe Graziosi, su delega dell’Avv. Maria Luisi Bellini, e l’Avv. G M;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. A seguito di sentenza n. 10250 del 19.5.2004 del Tribunale del Lavoro di Roma – davanti al quale l’azione, da parte di alcuni degli odierni appellanti, già ricorrenti in prime cure, era stata in un primo momento proposta – che dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice ordinario adito, veniva presentato, dinanzi al T.A.R. Lazio, il ricorso con il quale gli istanti chiedevano l’annullamento della graduatoria finale del concorso interno a 35 posti di assistente amministrativo presso la A.S.L. di Roma C, di cui al bando pubblicato in data 5.4.2001, e della delibera della medesima A.S.L. n. 473 del 22.5.2002, di approvazione della graduatoria stessa e di nomina dei vincitori (nel novero dei quali non erano rientrati i ricorrenti).
2. Costoro deducevano i seguenti vizi:
1) violazione e falsa applicazione dell’art. 9 CCNL integrativo e dell’avviso di selezione pubblicato in data 31.1.2001 e rettificato in data 5.4.2001, nonché dell’art. 1 della l. n. 241 del 1990 e dell’art. 97 Cost., ed ancora difetto assoluto di motivazione ed eccesso di potere;
2) violazione e falsa applicazione del bando di concorso, dell’art. 9 del CCNL integrativo, dell’art. 28 del CCNL, dell’art. 56 del d.lgs. n. 29 del 1993 e s.m.i., nonché difetto di motivazione ed eccesso di potere per travisamento dei presupposti, ingiustizia ed illogicità manifeste, disparità di trattamento.
3. L’Amministrazione si è costituita in giudizio e, con memoria depositata il 10.2.2012, ha sostenuto che il ricorso sarebbe inammissibile, irricevibile e, comunque, privo di fondamento nel merito.
4. Con sentenza n. 5267 dell’11.6.2012 il T.A.R. Lazio, all’esito del giudizio, ha dichiarato improcedibile il ricorso.
4.1. Il primo giudice ha osservato che, poiché il ricorso risultava in origine notificato a due soli controinteressati e, pertanto, era necessario garantire la completezza del contraddittorio, con ordinanza n. 185 del 29.1.2010 esso aveva disposto l’integrazione del contraddittorio stesso, ai sensi dell’art. 21, comma 1, della l. 1034/1971, e aveva ordinato ai ricorrenti di procedere alla notifica del mezzo di gravame « a tutti i soggetti inseriti nella citata graduatoria in posizione utile, attraverso l’utilizzo dei pubblici proclami, mediante idonea pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, avendo cura, nel contempo, di provvedere all’indicazione dei provvedimenti impugnati nonché, per sunto, dei motivi di gravame ».
4.2. Per tale notifica, da effettuarsi nei modi suddetti, era stato stabilito dal T.A.R., nella predetta ordinanza, il termine di sessanta giorni dalla comunicazione dell’ordinanza.
4.3. Nel dispositivo di quest’ultima, peraltro, era stato anche ordinato, a carico della parte ricorrente, di fornire la prova dell’effettuata integrazione attraverso un tempestivo deposito della relativa notifica che si sarebbe dovuto effettuare nel termine di trenta giorni dall’intervenuta pubblicazione del ricorso sulla Gazzetta Ufficiale.
4.4. Il T.A.R. Lazio ha ritenuto che, in ottemperanza a quanto disposto nell’ordinanza predetta, poiché la notifica per pubblici proclami si era nella specie perfezionata con la pubblicazione di un sunto del ricorso e dei soggetti destinatari della notificazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Parte Seconda (Foglio delle Inserzioni), n. 31 del 13 marzo 2010, il deposito in giudizio della prova della notifica stessa doveva avvenire entro e non oltre il 12 aprile 2010 (ovvero entro 30 giorni « dalla intervenuta pubblicazione »).
4.5. Viceversa, ha osservato ancora il primo giudice, il deposito richiesto dall’ordinanza autorizzativa è stato effettuato il 27/29 aprile 2010 oppure, a tutto voler concedere, in data 13 aprile 2010 (con deposito di parte della Gazzetta di intervenuta pubblicazione dell’integrazione in questione in allegato ad istanza del 12.4.2010 di proroga del termine per la notifica).
4.6. Pertanto, anche volendo considerare la data suddetta del 13.4.2010, il deposito in giudizio della prova dell’intervenuta notifica sarebbe avvenuto, comunque, tardivamente (ovvero il 31° giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e, quindi, con un giorno di ritardo rispetto al termine assegnato).
4.7. Al riguardo, peraltro, il T.A.R. ha aggiunto che:
a) in caso di integrazione del contraddittorio (anche mediante pubblici proclami) disposta nel corso del giudizio, è da considerarsi perentorio il termine assegnato dal giudice per la notificazione del ricorso ed il deposito in segreteria della prova dell’eseguita notificazione (art. 21, comma primo, della l. 1034/1971, nonché art. 16, r.d. n. 642 del 1907, all’epoca applicabili);
b) attualmente il codice della giustizia amministrativa (d. lgs. 104/2010), pur non applicabile alla presente controversia ratione temporis , stabilisce all’art. 49, comma 3, che « il giudice, nell’ordinare l’integrazione del contraddittorio, fissa il relativo termine, indicando le parti cui il ricorso deve essere notificato » e « può autorizzare, se ne ricorrono i presupposti, la notificazione per pubblici proclami prescrivendone le modalità. Se l’atto di integrazione del contraddittorio non è tempestivamente notificato e depositato, il giudice provvede ai sensi dell’articolo 35 » e, cioè, con pronuncia di improcedibilità;
c) in ogni caso era inequivocabile, sul punto specifico, il disposto dell’ordinanza n. 185/2010, dal momento che in essa veniva espressamente richiesto il « tempestivo deposito », entro 30 giorni dall’intervenuta pubblicazione, della prova della notifica;
d) inoltre, quanto alle modalità di integrazione del contraddittorio mediante pubblici proclami, l’ordinanza predetta aveva richiesto, come necessaria e sufficiente, la sola pubblicazione del ricorso « sulla Gazzetta Ufficiale », senza imporre altri aggiuntivi adempimenti pubblicitari (quali la notificazione al Comune di Roma o il deposito nella casa comunale), e d’altra parte ciò appare pienamente conforme all’art. 14 del regolamento di procedura (r.d. 642/1907) all’epoca vigente che, nello stabilire la disciplina settoriale del procedimento di notificazione per pubblici proclami da seguirsi nei giudizi dinanzi al giudice amministrativo (disciplina sensibilmente difforme da quanto previsto dall’art. 150 c.p.c. per il rito civile), pur rimettendo al prudente apprezzamento del Presidente del Collegio eventuali modalità aggiuntive, considera sufficiente, per quanto interessa in questa sede e stante anche l’intervenuta abolizione del foglio degli annunzi legali delle Province, la pubblicazione, appunto, sulla Gazzetta Ufficiale;
e) il mancato rispetto del termine per il deposito della prova della notifica effettuata (diverso, anche quanto a momento iniziale di decorrenza, da quello stabilito per la notifica vera e propria), peraltro, è nel caso di specie inescusabile, per le ragioni predette;
f) infine, in relazione a quanto sopra, nel corso della discussione della causa alla pubblica udienza, è stata comunicata alle parti presenti, ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a., la possibilità di sussistenza di profili di rito in relazione al deposito tardivo della prova dell’avvenuta notifica del ricorso.
5. Avverso tale sentenza hanno proposto appello gli interessati e ne hanno chiesto la riforma, deducendo due motivi di gravame:
a) la violazione e la falsa applicazione dell’art. 150 c.p.c., dell’art. 16 del r.d. 642/1907, dell’art. 19 della l. 1034/1971, dell’art. 49 del d. lgs. 104/2010, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale;la contraddittorietà e l’eccesso di potere, il travisamento dei presupposti, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 37 del d. lgs. 104/2010;
b) il difetto assoluto di motivazione e la violazione dell’art. 88 c.p.a., con reiterazione, nel merito, delle doglianze sollevate in primo grado e non esaminate dal T.A.R.
6. Si è costituita nel presente grado di giudizio l’A.S.L. Roma C, controdeducendo ai motivi dell’appellante, nella memoria di costituzione e di difesa, e chiedendo la reiezione dell’appello avversario.
7. Nella pubblica udienza dell’11.3.2015 il Collegio, uditi i difensori delle parti, ha trattenuto la causa in decisione.
8. L’appello è infondato e va respinto.
9. Gli odierni appellanti assumono, con il primo motivo di gravame, che la sentenza impugnata sarebbe affetta da error in procedendo nella parte in cui avrebbe ritenuto che la notifica per pubblici proclami si perfezionerebbe con la sola pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, quando invece, ai sensi dell’art. 150, comma terzo, c.p.c., la notifica si ha per avvenuta solo quando l’ufficiale giudiziario deposita l’atto in cancelleria.
9.1. Secondo la tesi degli appellanti, quindi, il giudice di prime cure avrebbe errato nell’escludere l’applicabilità dell’art. 150 c.p.c., norma che troverebbe applicazione nel processo amministrativo anche secondo la giurisprudenza di questo Consiglio, e ciò a maggior ragione nel periodo temporale, di cui è qui causa, allorché non esisteva uno specifico codice di rito per il giudizio amministrativo.
9.2. La mancanza di una specifica indicazione in senso contrario, contenuta nell’ordinanza n. 185/2010 del T.A.R. Lazio, avrebbe comportato, per i ricorrenti in prime cure, l’obbligo di seguire l’ iter dei pubblici proclami previsto in via generale dall’art. 150 c.p.c., sicché l’ulteriore ragionevole affidamento, da parte dei ricorrenti, sul fatto che la notifica si sarebbe perfezionata solo con l’avvenuto adempimento, da parte dell’ufficiale giudiziario, di tutti gli adempimenti previsti dal citato art. 150 c.p.c.
9.3. Inoltre, aggiungono gli appellanti, la dichiarazione di improcedibilità sarebbe avvenuta in mancanza di una specifica previsione legislativa che, a differenza dell’attuale art. 49 c.p.a., sanzionerebbe con l’improcedibilità la mancata integrazione del contraddittorio nel termine assegnato dal giudice.
9.4. Infine, quale extrema ratio , gli appellanti formulano anche richiesta di rimessione in termini per errore scusabile, invocando peraltro un precedente di questo stesso giudice (Cons. St., sez. VI, 19.1.2011, n. 369), in presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o gravi impedimenti di fatto, come era accaduto proprio nel caso di specie, avanti al T.A.R., laddove i ricorrenti, facendo affidamento sull’applicazione dell’art. 150 c.p.c., avevano formulato una istanza di proroga proprio per portare a termine gli adempimenti procedurali previsti dallo stesso art. 150 c.p.c.
10. Le argomentazioni degli appellanti non meritano condivisione.
10.1. Appare dirimente, ai fini del decidere, la considerazione che il T.A.R., nel disporre l’integrazione del contraddittorio con l’ordinanza n. 185 del 29.1.2010, avesse espressamente disposto che i ricorrenti avrebbero dovuto fornire la prova dell’avvenuta notifica, nei termini e nei modi disposti in motivazione (pubblicazione del ricorso, per sunto, sulla Gazzetta Ufficiale), attraverso un tempestivo deposito della relativa notifica, da compiersi nel termine di trenta giorni dall’intervenuta pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, senza fare alcun riferimento agli ulteriori adempimenti previsti dall’art. 150, comma terzo, c.p.c. (deposito della copia dell’atto, con la relazione e i documenti giustificativi dell’attività svolta, da parte dell’ufficiale giudiziario nella cancelleria del giudice davanti al quale si procede).
10.2. Ora il tenore dell’ordinanza era chiaro, lapidario, inequivocabile, né poteva ingenerare alcun fraintendimento nei ricorrenti circa gli adempimenti, gli unici, da compiere e, cioè, la pubblicazione del ricorso sulla Gazzetta Ufficiale.
10.3. Non giova in senso contrario agli odierni appellanti richiamare la disposizione dell’art. 150 c.p.c. poiché, se è vero che la disciplina generale del processo civile e, per quanto qui interessa, dell’art. 150 c.p.a., anche per la giurisprudenza consolidata di questo Consiglio (v., per esempio, Cons. St., sez. VI, 1.2.2010, n. 420), era compatibile con la disciplina del processo amministrativo, antecedente alla entrata in vigore del nuovo codice, e poteva dunque trovare applicazione anche in esso, nondimeno è altrettanto certo che la lex specialis in materia di pubblici proclami, prima dell’entrata in vigore del codice del processo amministrativo, era costituita, anzitutto, dalla disciplina dettata dal r.d. 642/1907, applicabile anche al giudizio di primo grado ai sensi dell’art. 19, comma 1, della l. 1034/1971.
10.4. L’art. 24 del r.d. 642/1907 prevedeva, invero, che « quando la notificazione del ricorso nei modi ordinari sia sommamente difficile per il numero delle persone da chiamarsi in giudizio, il Presidente della sezione adita può disporre che sia fatta per pubblici proclami autorizzando il ricorrente a far inserire, nel foglio degli annunzi della Provincia ove ha sede l’autorità che emise il provvedimento e nella Gazzetta Ufficiale del Regno, un sunto del ricorso e le sue conclusioni, con le cautele consigliate dalle circostanze, e designando, se sia possibile, alcuni fra gli interessati ai quali la notificazione debba farsi nei modi ordinari ».
10.5. E il successivo art. 16 del r.d. 642/1907 precisava che « la sezione nell’ordinare l’integrazione del giudizio, indica le persone a cui il ricorso deve notificarsi, e, ove ne sia il caso, autorizza la notificazione per pubblici proclami » e « stabilisce inoltre un termine entro cui deve effettuarsi la notificazione del ricorso e il deposito del medesimo nella segreteria, insieme con la prova dell’eseguita notificazione ».
10.6. La consolidata giurisprudenza di questo Consiglio aveva costantemente ribadito, nella esperienza applicativa dell’art. 16, che detta disposizione prevedesse un termine perentorio, laddove stabilisce che la sezione deve fissare, nell’ordinanza di integrazione del giudizio, un termine entro cui notificare il ricorso e il deposito nella segreteria del medesimo unitamente alla prova dell’eseguita notificazione (Cons. St., sez. V, 31.10.2008, n. 5464).
10.7. E a tali adempimenti – la pubblicazione nella sola Gazzetta Ufficiale nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione dell’ordinanza e il successivo deposito della relativa prova in Segreteria nel termine di trenta giorni dalla pubblicazione – ha inteso fare esplicito ed esclusivo richiamo l’ordinanza del T.A.R., sicché non dovevano i ricorrenti fare più e diversamente rispetto a quanto li onerava l’ordinanza stessa, richiamando erroneamente l’applicazione della lex generalis (art. 150 c.p.c.), al contrario invocabile soltanto nell’ipotesi in cui le previsioni speciali degli artt. 14 e 16 del r.d. 642/1907 – per quanto non menzionate espressamente nell’ordinanza del T.A.R. – non fossero state dal giudice amministrativo comunque chiaramente e inequivocabilmente applicate, come nel caso di specie è avvenuto, in deroga alla disciplina processualcivilistica.
10.8. Ma nel caso di specie il T.A.R. aveva chiaramente e inequivocabilmente fatto applicazione della disciplina speciale dettata dagli artt. 14 e 16 del r.d. 642/1907, applicabile al giudizio di primo grado ai sensi dell’art. 19, comma 1, della l. 1034/1971.
10.9. Occorre ricordare infatti, come ai ricorrenti era (o sarebbe dovuto essere) ben noto, che « in linea generale […] quella per pubblici proclami costituisce una modalità eccezionale (cfr. Cons. Stato, sez. VI, n. 330 del 1982) che va disposta nel rispetto delle prescrizioni sancite dagli artt. 14, 15 e 16 r.d. n. 642 del 1907 ed è soggetta a regole di stretta interpretazione » (Cons. St., sez. V, 13.6.2008, n. 2966).
11. La circostanza che i ricorrenti abbiano richiesto al T.A.R. – peraltro in modo generico e non sufficientemente circostanziato stante il sibillino riferimento, nell’istanza del 12.4.2010, alle “ varie ” fasi della notifica per pubblici proclami e alla complessità della procedura – la proroga per tali ulteriori attività, non disposte né richieste in mancanza di un esplicito richiamo dell’ordinanza del T.A.R. all’art. 150 c.p.c., non vale certo a scusarne l’errore, alla luce del principio ignorantia legis non excusat e, soprattutto dell’inequivocabile tenore dell’ordinanza, né a rimetterli in termini, essendo ben noto – e applicabile al processo amministrativo – il principio generale (art. 153 c.p.a.) che i termini perentori non sono prorogabili né derogabili e che la proroga, quand’anche erroneamente concessa dopo l’inutile decorso del termine perentorio, non sana la decadenza maturatasi.
12. Il precedente di questo Cons. St., sez. VI, 19.1.2011, n. 369, nel quale la rimessione in termini per errore scusabile è stata concessa, riguardava il ben diverso caso di una effettiva ed oggettiva incertezza sulla natura e sulla modalità degli adempimenti da compiersi, giacché in quell’ipotesi, da quanto è dato leggere nella sentenza, non era stato stabilito in quali modalità dovesse darsi prova dell’avvenuta notifica per pubblici proclami, mentre nel caso di specie l’ordinanza del T.A.R. aveva ben chiarito e disposto come tale prova dovesse darsi.
13. Né dubbio alcuno può esservi, come sembrano invece adombrare gli appellanti, circa le conseguenze della violazione del termine assegnato dal giudice per l’integrazione del contraddittorio, essendo consolidato e inequivocabile l’orientamento del giudice amministrativo nell’affermare, già nel vigore della precedente legge processuale, che tale termine ha carattere perentorio e la sua inosservanza determina l’improcedibilità del ricorso (v., ex plurimis , Cons. St., sez. V, 13.6.2008, n. 2966).
14. In conclusione, essendo stata la prova dell’avvenuta notifica depositata oltre il termine perentorio di trenta giorni stabilito dal giudice, il ricorso di primo grado è improcedibile, come ha correttamente statuito il T.A.R., in quanto la prova dell’avvenuta notifica – il deposito della pubblicazione del ricorso sulla Gazzetta Ufficiale – è stata fornita dai ricorrenti, con il deposito dell’allegato all’istanza di proroga presso la Segreteria del T.A.R. Lazio, solo il 13.4.2010 (doc. 26 fasc. parte appellante), oltre il termine perentorio di 30 giorni, fissato dall’ordinanza n. 185/2010 e decorrente dalla pubblicazione del ricorso sulla Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 13.3.2010.
15. L’improcedibilità del ricorso originario, correttamente ritenuta dal primo giudice, impedisce in limine litis di esaminare, nel merito, i motivi di doglianza riproposti con il secondo motivo di appello, che risulta dunque inammissibile, avendo il T.A.R. altrettanto correttamente arrestato la propria cognizione alla dirimente questione processuale senza entrare nel merito delle doglianze con esso sollevate.
16. L’appello, in conclusione, deve essere respinto, meritando piena conferma la sentenza in questa sede impugnata.
17. Le spese del presente grado di giudizio, attesa la complessità della questione processuale esaminata, possono comunque essere interamente compensate tra le parti.