Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2013-06-21, n. 201303385
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N. 03385/2013REG.PROV.COLL.
N. 01345/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1345 del 2012, proposto dal Comune di Castiadas, in persona del Sindaco
pro tempore,
rappresentato e difeso dall'avvocato G C, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo in Roma, via Massimi 154;
contro
il Ministero per i beni e le attività culturali - Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici e per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico per le province di Cagliari e Oristano, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
dei signori Alessandro Ambu, Antonello Pirastru, Bonasoro Nicolò, Pierluigi Bresciani, rappresentati e difesi dagli avvocati Giovanni Vezzoli, Mauro Fiorona, Raffaele Bonfiglio, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Raffaele Bonfiglio in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 229;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. SARDEGNA - CAGLIARI: SEZIONE II n. 733/2011, resa tra le parti, concernente autorizzazione paesaggistica
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i beni e le attività culturali - Soprintendenza per i beni architettonici paesaggistici e per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico per le province di Cagliari e Oristano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 marzo 2013 il Cons. Silvia La Guardia e uditi per le parti l’avvocato Matilde Mura per delega dell'avvocato Contu, l’avvocato dello Stato Cristina Gerardi e l'avvocato Bonfiglio;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con delibere nn. 8 del 30 gennaio 1993 e 27 del 30 giugno 1993, il Comune di Castiadas approvava in via definitiva il piano particolareggiato, con valenza di piano di risanamento, della sub zona n. 10 della fascia costiera, già adottato con delibera n. 27 del 28 febbraio 1992 (si tratta di un piano di risanamento urbanistico – PRU – adottato ai sensi dell’articolo 32 della legge regionale n. 23 del 1985).
Tale piano veniva approvato, ai sensi e per gli effetti di cui alla legge 29 giugno 1939, n. 1497, dall’Amministrazione regionale con l’atto n. 4906 del 17 giugno 1994.
Seguiva la presa d’atto della Soprintendenza per i beni Ambientali, Architettonici, Artistici e Storici con nota n. 22 agosto 1994, n. 9949, con la quali si precisava (inter alia) che “i progetti relativi alle opere di urbanizzazione primaria, nonché ai singoli interventi, dovranno essere autorizzati (…) e inviati a questa Soprintendenza”.
Dopo un complesso iter procedimentale, il Comune di Castiadas, con delibera della G.M. 9 giugno 1999, n. 148, approvava il progetto definitivo ed esecutivo delle opere di urbanizzazione.
Tale progetto veniva trasmesso all’amministrazione regionale per l’esercizio del potere di rilascio della autorizzazione paesaggistica, ma la Regione dapprina chideva integrazioni documentali, con nota n. 1764/4T/CA del 26 gennaio 2009, malgrado il PRU avesse già ottenuto l’autorizzazione paesaggistica, ed invitava il Comune di Castiadas a trasmettere una nuova istanza di PRU per valutarlo nuovamente ai fini paesaggistici.
Su ricorso proposto dalla Comunione Nuraghe Rey, il T.A.R. Sardegna, con sentenza n. 594 del 5 maggio 2009, annullava l’anzidetto provvedimento regionale.
Con nota n. 21807 del 15 luglio 2009, la Regione riconosceva la competenza del Comune di Castiadas al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, secondo il disposto dell’art. 3, comma 1, della legge regionale n. 28 del 1998.
Con provvedimento 23 settembre 2009, n. 8045/VI/3, il Responsabile del Servizio Urbanistica del Comune di Castiadas rilasciava la richiesta autorizzazione paesaggistica relativa alla realizzazione delle opere di urbanizzazione del piano di risanamento in questione.
Tal autorizzazione veniva quindi trasmessa alla competente Soprintendenza, per l’esercizio del potere di riesame, previsto dall’art. 159 del Codice per i beni culturali e per il paesaggio.
Quest’ultima, dopo aver chiesto al Comune di Castiadas documentazione integrativa (nota n. 2840 del 1° novembre 2009), con l’impugnato decreto del 4 febbraio 2010 annullava l’autorizzazione rilasciata dall’amministrazione comunale.
Con il ricorso di primo grado il Comune di Castiadas ha impugnato l’atto di annullamento della Soprintendenza dinanzi al T.A.R. della Sardegna, il quale, con la sentenze in epigrafe, ha respinto il ricorso, ritenendolo infondato.
Con il presente appello il Comune medesimo ha chiesto la riforma delle sentenze in questione articolando i seguenti motivi:
1) Con riferimento al primo motivo: tardività dell’atto impugnato.
Il T.A.R. avrebbe erroneamente ritenuto la tempestività del provvedimento statale di annullamento della autorizzazione rilasciata dal Comune in relazione alla tempistica procedimentale di cui al comma 3 dell’articolo 159 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
In particolare, anche a voler prestare adesione all’orientamento giurisprudenziale richiamato dai primi Giudici (secondo cui per effetto dell'interruzione prodotta con la richiesta di integrazione istruttoria, l'originario termine di sessanta giorni assegnato alla Soprintendenza per adottare il provvedimento di annullamento di un'autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune si prolunga di ulteriori trenta giorni), nondimeno ad avviso il provvedimento statale di annullamento risulterebbe tardivamente adottato.
Tale provvedimento, infatti, non sarebbe stato adottato (contrariamente a quanto ritenuto dal T.A.R.) all’ottantottesimo giorno utile nell’ambito della complessiva serie procedimentale, bensì soltanto al novantunesimo giorno.
La differenza di tre giorni appena richiamata deriverebbe dal fatto che erroneamente il T.A.R. avrebbe ritenuto che l’autorizzazione inizialmente emanata fosse pervenuta alla competente Soprintendenza il 28 settembre 2009. Al contrario, risulterebbe documentalmente che tale atto sia pervenuto alla Soprintendenza il giorno 25 settembre 2009 (mentre sarebbe irrilevante ai fini della decisione il fatto che l’atto comunale fosse stato acquisito al protocollo del Comune solo il successivo 28 settembre).
Quindi, il T.A.R. avrebbe basato la propria decisione in ordine alla tempestività dell’esercizio del potere di annullamento,, erroneamente assumendo una data errata quale termine a quo per il decorso del periodo di sessanta giorni di cui al comma 3 dell’articolo 159 del decreto legislativo 42 del 2004.
2) Con riferimento all’illegittimità delle valutazioni compiute in merito al Piano nel suo complesso.
Venendo al merito della questione, il T.A.R. non avrebbe considerato che il provvedimento statale di annullamento non si sarebbe limitato ad esaminare la compatibilità sotto il profilo paesaggistico delle sole opere di urbanizzazione sulle quali verteva il progetto comunale approvato il 9 giugno del 1999, ma si sarebbe spinto sino a svolgere una vera e propria nuova valutazione di merito sulla compatibilità paesaggistica del progetto di risanamento nel suo complesso.
Quindi, il T.A.R. non avrebbe considerato che il provvedimento della Soprintendenza sarebbe illegittimo sotto almeno due profili:
- in primo luogo perché tale provvedimento andava ad incidere con valenza preclusiva sugli effetti del PRU comunale sul quale, pure, in passato erano stati già acquisiti tutti i necessari atti di assenso (non limitandosi invece – e come pure avrebbe dovuto – al solo esame delle questioni relative alle opere di urbanizzazione);
- in secondo luogo, perché il medesimo provvedimento travalicava i limiti del sindacato di mera legittimità, fino ad operare una inammissibile valutazione sul merito stesso sulle scelte operate dal Comune.
Non a caso – osserva l’appellante – lo stesso T.A.R. della Sardegna, con la sentenza n. 594/2009, aveva disposto l’annullamento degli atti con cui la Regione Sardegna aveva chiesto l’invio di una nuova versione del PRU comunale al fine di sottoporlo a una nuova valutazione ai fini paesaggistici. Nell’occasione, il Tribunale aveva affermato che la Regione, in sede di esame di un atto conseguente (quello relativo alla realizzazione delle opere di urbanizzazione), non potesse tornare ad esaminare nel merito un atto (quale il PRU) già esaminato ed approvato alcuni anni addietro.
Secondo l’appellante, il T.A.R., se avesse coerentemente ribadito i condivisibili princìpi di diritto da esso stesso enunciati nel 2009, avrebbe necessariamente dovuto annullare il provvedimento della Soprintendenza, in quanto caratterizzato dagli stessi profili di illegittimità a suo tempo rilevati in relazione ai richiamati atti regionali, nonché da evidenti profili di sviamento di potere.
Inoltre, se la Soprintendenza e, in seguito, il T.A.R. avessero limitato – come dovuto - il proprio esame ai soli profili paesaggistici connessi alla realizzazione delle opere di urbanizzazione, avrebbero dovuto necessariamente concludere nel senso del limitato o nullo impatto delle opere in questione, in larga parte incidenti su ‘dorsali’ già realizzate nei decenni precedenti e, comunque, in larga parte interrate.
Ad ogni modo, la sentenza in epigrafe si porrebbero ingiustificatamente in contrasto con taluni orientamenti giurisprudenziali di primo e secondo grado.
3) Sul difetto di istruttoria e sull’erroneità dei presupposti in cui è incorso l’amministrazione prima e il T.A.R. Sardegna poi.
In terzo luogo, la Soprintendenza e, successivamente, il T.A.R. avrebbero basato le proprie determinazioni sull’erroneo presupposto secondo cui il PRU comunale fosse da qualificare come un piano ad iniziativa privata con intenti speculativi e non – come pure avrebbero dovuto - quale piano di risanamento concepito per finalità di interesse pubblico.
Ad ogni modo, la Soprintendenza prima e il T.A.R. poi non avrebbero valutato talune circostanze certamente centrali ai fini della decisione:
- in primo luogo, il fatto che il PRU rappresentasse sotto ogni aspetto un piano pubblico, approvato su impulso e richiesta di soggetti pubblici e al fine di perseguire interessi parimenti pubblici;
- in secondo luogo, il fatto che nel caso di specie non fosse ravvisabile alcuna violazione dell’indice di compromissione delle aree interessate ai sensi dell’articolo 32 della legge regionale n. 23 del 1985.
4) Con riferimento alla riproposizione dei motivi già proposti nel corso del procedimento di primo grado.
L’appellante chiedo che vengano puntualmente esaminati i motivi di doglianza già articolati in primo grado e non esaminati dal T.A.R.
Si è costituito in giudizio il Ministero per i beni e le attività culturali, il quale ha concluso nel senso della reiezione dell’appello.
Si sono costituiti ad adiuvandum i signori Alessandro Ambu, Antonello Pirastru, Nicolò Bonasoro e Pierluigi Bresciani.
Alla pubblica udienza dell’8 marzo 2013 gli appelli sono stati trattenuti in decisione.
DIRITTO
1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello del Comune di Castiadas avverso la sentenza del T.A.R. della Sardegna con cui è stato respinto il suo ricorso avverso il provvedimento con cui la competente Soprintendenza ha annullato l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dallo stesso Comune per le opere di urbanizzazione necessarie all’attuazione del piano particolareggiato/piano di risanamento relativo ad area in fascia costiera del Comune medesimo.
2. Il primo motivo di appello (con cui il ricorrente ha chiesto la riforma delle sentenze in epigrafe per non aver rilevato il superamento da parte della Soprintendenza del termine perentorio fissato per l’annullamento dell’autorizzazione rilasciata ai fini paesistici) è infondato.
2.1. In primo luogo il Collegio ritiene di confermare la tesi espressa nell’ambito delle sentenze in epigrafe secondo cui, nell’ambito del particolare sub-sistema delineato dall’articolo 159 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (nella formulazione che qui rileva), la richiesta da parte dell’organo statale di elementi istruttori, formulata nei confronti del Comune, sortisse una valenza interruttiva e non (come invece preteso dagli appellanti) meramente sospensiva.
2.1.1. Alla conclusione appena esposta può giungersi in primo luogo all’esito dell’esame della pertinente disciplina.
Ed infatti, il comma 3 dell’articolo 159 del decreto legislativo n. 42, cit. (nella formulazione ratione temporis rilevante), stabili(va) che “la Soprintendenza, se ritiene l’autorizzazione non conforme alle prescrizioni di tutela del paesaggio, dettate ai sensi del presente titolo, può annullarla, con provvedimento motivato, entro i sessanta giorni successivi alla ricezione della relativa, completa documentazione. Si applicano le diposizioni di cui all’articolo 6, comma 6-bis, del regolamento di cui al decreto del Ministro per i beni culturali e ambientali 13 giugno 1994, n. 495”.
A sua volta, il comma 6-bis dell’articolo 6, cit., stabilisce che “qualora, in sede di istruttoria, emerga la necessità di ottenere chiarimenti o di acquisire elementi integrativi di giudizio, ovvero di procedere ad accertamenti di natura tecnica, il responsabile del procedimento ne dà immediata comunicazione ai soggetti indicati nell’articolo 4, comma 1, nonché, ove opportuno, all’amministrazione che ha trasmesso la documentazione da integrare. In tal caso, il termine per la conclusione del procedimento è interrotto, per una sola volta e per un termine non inferiore a trenta giorni, dalla data di comunicazione e riprende a decorrere dal ricevimento della documentazione o dell’acquisizione delle risultanze degli accertamenti tecnici”.
Pertanto, già l’esame testuale delle pertinenti disposizioni rende palese che la richiesta di elementi integrativi da parte dell’organo statale produca effetti interruttivi e non meramente sospensivi (come invece ritenuto dagli odierni appellanti).
2.1.2. A conclusioni in tutto analoghe è pervenuta la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato relativa al decorso del termine di cui al comma 3 dell’articolo 159 del decreto legislativo 42 del 2004.
Al riguardo è stato chiarito che:
a) il termine di sessanta giorni di cui alla richiamata disposizione ha carattere perentorio e decorre dalla ricezione, da parte della Soprintendenza, dell'autorizzazione rilasciata e della documentazione tecnicoamministrativa, sulla cui base l'autorizzazione è stata adottata;
b) nel caso in cui la detta documentazione sia incompleta, “il termine non decorre e la Soprintendenza legittimamente richiede gli atti mancanti. Quindi il termine decorre dal momento in cui la Soprintendenza riceva la documentazione completa” (Cons. Stato, Sez. II, n. 2449 del 2004);
c) la Soprintendenza, oltre all'integrazione della documentazione appena richiamata, può chiedere integrazioni istruttorie, purché non si tratti di ingiustificati aggravamenti del procedimento dati da richieste pretestuose, dilatorie o tardive;
d) in questo caso, ai fini del decorso del termine di legge si applica quanto disposto dal sopra citato art.