Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-10-13, n. 201007476

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-10-13, n. 201007476
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201007476
Data del deposito : 13 ottobre 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05407/2004 REG.RIC.

N. 07476/2010 REG.SEN.

N. 05407/2004 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 5407 del 2004, proposto dai signori M G, C A, L G, Ali' Simonetta, V M R, tutti rappresentati e difesi dall'avv. A D, con domicilio eletto presso Gennaro Contardi in Roma, via A. Caroncini, n. 6;

contro

Comune di Napoli, rappresentato e difeso dagli avv. E B, G T ed A P, con domicilio eletto presso Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18;
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Provincia di Napoli e dott.sa Delle Cave Silvana nella qualità di Commissario ad acta per l’esame della concessione edilizia, non costituite;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE IV n. 03997/2003, resa tra le parti, concernente DINIEGO CONCESSIONE EDILIZIA PER RISANAMENTO E RECUPERO ABITATIVO IMMOBILE.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Napoli e del Ministero appellato;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 maggio 2010 il Cons. Vito Carella e uditi gli avvocati Davide, Pulcini e l' avv. dello Stato Fedeli;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.- In primo grado, oggetto di impugnazione è stato il provvedimento prot. n. 6 del 4 marzo 1996 e la relativa comunicazione del diniego, con il quale il Commissario ad acta -nominato dal Presidente della Provincia in relazione alla perdurante inerzia comunale a provvedere- ha respinto la richiesta di concessione edilizia avanzata dagli odierni appellanti per lavori di risanamento e recupero abitativo di un immobile sito in Napoli, viale Costa n. 66 (zona vincolata di Posillipo), sul rilievo che trattasi invece di ristrutturazione edilizia, come definita dalla lettera d) dell’art. 31 legge n. 457 del 1978, le cui caratteristiche non sarebbero conformi alle prescrizioni dell’art. 16 NTA di PRG (zona L/1-area a parco privato nella quale sono consentiti soltanto interventi di conservazione edilizia delle preesistenze) e tale osservazione avrebbe valore tanto nell’ipotesi di acclarata preesistenza quanto, maggiormente, nell’ipotesi di non preesistenza del manufatto perché diruto;
nell’impugnativa sono stati anche coinvolti gli artt. 4, 6, 21 e 25 delle norme di attuazione del vigente Piano Regolatore Generale del Comune di Napoli, approvato con Decreto del Ministro dei Lavori Pubblici n. 1829 del 31 marzo 1972.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania-Napoli, con la sentenza gravata, ha respinto il ricorso proposto dagli interessati, notando come non fosse dovuta la comunicazione di avvio per un procedimento surrogatorio attivato su iniziativa di parte e che il manufatto vero e proprio non fosse rilevabile in quanto esso è ridotto a pochi ed inconsistenti ruderi, laddove la pretesa edilizia tenderebbe in realtà alla realizzazione di unità abitative distinte da quella originaria, con relativo incremento volumetrico in contrasto al PRG ed al Piano Paesistico dell’area di Posillipo.

2.- Con l’appello in esame, i suddetti istanti hanno chiesto che il ricorso di primo grado sia accolto, facendo acquiescenza al capo di sentenza relativo all’omesso avviso di avvio del procedimento di diniego e deducendo relativamente al restante capo le seguenti ragioni di doglianza, qui riportate in modo sintetico: i documenti depositati in giudizio attesterebbero la preesistenza dell’immobile;
essi avrebbero limitato il ripristino richiesto al solo piano fuori terra, attualmente coperto da lamiera grecata, installata provvisoriamente a protezione dei muri;
il progetto presentato dagli appellanti atterrebbe al recupero di un manufatto mancante del solo solaio di copertura, a suo tempo crollato;
sarebbe controverso un mero recupero di manufatto esistente, ancorchè semidiruto, senza incrementi volumetrici ed in zona urbanizzata;
la relazione Improta non affermerebbe con sicurezza l’inesistenza dell’immobile non rilevato dall’aerofotogrammetria, verosimilmente perché ricoperto dalla folta vegetazione;
la scheda di accatastamento e la relativa planimetria, documentanti che “trattasi di ruderi che non consentono l’identificazione della consistenza catastale” , non sarebbero decisive;
la sentenza del Pretore di Napoli 12.4.1989 che pur riconosce la preesistenza del manufatto, ma annullata dalla Corte di Appello l’1.3.1991, non farebbe stato circa i fatti erroneamente ritenuti sussistenti essendosi gli istanti “limitati a proteggere temporaneamente la struttura gravemente compromessa” ;
l’art. 25 delle NTA di PRG, che subordina gli interventi all’approvazione di apposito piano particolareggiato, avrebbe perso ogni efficacia con il decorso del quinquennio;
nella fattispecie, nulla vieterebbe di definire l’intervento progettato quale “risanamento conservativo” e, comunque, esso non andrebbe oltre la ristrutturazione edilizia, come tale ammissibile in relazione all’art. 16 del PRG perché struttura edilizia da risanare e recuperare in zona già urbanizzata, di talchè le disposizioni ostative del PRG meriterebbero di essere disapplicate ovvero annullate in quanto contrastanti con la disciplina urbanistica che non richiede il previo piano urbanistico per le zone urbanizzate;
il Piano Paesistico consentirebbe interventi di risanamento conservativo nonchè di ristrutturazione edilizia che non comportino incrementi volumetrici;
il Piano Paesistico di Posillipo non avrebbe tra i suoi fini il blocco di ogni attività edilizia nelle zone protette.

Il Comune di Napoli si è costituito in giudizio per resistere e con la memoria depositata il 20 aprile 2010 ha confutato le deduzioni avversarie;
l’avvocatura statale si è invece costituita solo formalmente.

Parte appellante, in vista dell’odierna udienza nella quale la causa è stata posta in decisione, ha ulteriormente illustrato le proprie difese come da memoria versata il il 5 maggio 2010, in particolare insistendo sulla innegabile preesistenza del manufatto e , all’occorrenza, sollecitando apposita C.T.U. “diretta da un lato a verificare in loco la permanente esistenza di ruderi relativi al manufatto che gli istanti intendono recuperare, dall’altro ad esaminare ed interpretare tutti gli atti tecnici depositati in giudizio nonché gli originali del più volte citato rilevo aerofotogrammetrico del Comune, mai esibito e riprodotto con sufficiente chiarezza”.

3.- Come da suestesa esposizione in fatto, l’appello è palesemente infondato e la sentenza merita conferma.

In linea preliminare, va osservato come la causa sia matura per la decisione, non occorrendo alcun particolare accertamento tecnico e trovando essa risoluzione nelle stesse ammissioni di parte appellante, al di là dei bizantinismi narrativi che oscillano tra preesistenza e crollo del tetto, intervento conservativo e ristrutturazione del piano terra, semidiruto e rudere, lamiera grecata a protezione e folta vegetazione che avrebbe impedito la visione aerofotogrammetrica del manufatto, struttura gravemente compromessa e mancanza del solo solaio di copertura.

Al contrario, non è invece dubitabile in base agli atti del processo che il fabbricato rurale in questione, articolato su di un unico livello, fosse asseritamente quantomeno semidiruto al momento dell’assegnazione quale immobile cooperativo il 15.11.1986 e catastalmente allibrato senza reddito, come risulta dal relativo atto di cessione;
inoltre, da parte appellante può essere anche contestata la decisività della scheda di accatastamento, ma non può essa affatto escludere l’oggettività di un rilevamento tecnico dichiarante che “trattasi di ruderi che non consentono l’identificazione della consistenza catastale”;
inoltre, che nella specie siano controversi ruderi e non preesistenze attuali, trova diretta e genuina conferma nella perizia stragiudiziale, giurata il 4.6.1984 e fatta redigere dalla dante causa società cooperativa edilizia “Selva del Falco”, secondo la quale e nella sua limpida illustrazione: “ Portatosi sopraluogo, il sottoscritto al di sotto di un’estesa vegetazione ha constatato l’esistenza di un manufatto che ha provveduto a fotografare per una più chiara descrizione dello stato dei luoghi. Lungo tutto il fronte a valle di Villa Chiara si è rinvenuto, per una lunghezza di circa ml. 49, un muro con palesi segni attestanti l’esistenza di vecchi vani finestra (v. foto 1-2), inoltre, sporgenti dal muro posteriore di contenimento e parallelo a quello innanzi detto, parti di travi di legno e panconcelli (v. foto 3- 4- 5) con detriti di battuto di lapillo, costituenti, senza ombra di dubbio, materiali di risulta dell’esistenza di solai crollati. Gran parte dello stesso materiale si è rinvenuto giacente sul piano e ricoperto da folta vegetazione (v. foto 6-7) che il sottoscritto ha fatto in parte rimuovere per rendersi conto dell’attuale e reale stato dei luoghi e di quanto realmente preesistente originariamente, ed in seguito crollato, probabilmente per vetustà…Oltre la documentazione fotografica si è ritenuto opportuno allegare anche un grafico attestante lo stato dei luoghi per quanto si è potuto rilevare in considerazione della inaccessibilità dei luoghi”.

Per concludere sul punto, la pretesa azionata, cioè, prima che in diritto, è infondata nel fatto.

4.- A riguardo della conseguente valutazione giuridica del succitato compendio, così acclarato, va preliminarmente osservato che nella presente controversia non sono in gioco le preesistenze originarie, delle quali non è in discussione la loro realtà storica, bensì solo l’attuale ed effettiva consistenza dello stato dei luoghi (crollati, ricoperti da folta vegetazione, inaccessibili).

Peraltro, la circostanza che l’immobile sia parzialmente o totalmente in rovina, è anche del tutto irrilevante ai fini del decidere, avendo parte appellante espressamente ammesso il crollo del solaio.

Infatti, secondo costanti e consolidati precedenti giurisprudenziali di questo Consiglio, una ristrutturazione edilizia postula necessariamente la preesistenza di un fabbricato da ristrutturare - ossia di un organismo edilizio dotato di mura perimetrali, strutture orizzontali e copertura -, onde la ricostruzione su ruderi o su un edificio già da tempo demolito, anche se soltanto in parte, costituisce una nuova opera e, come tale, è soggetta alle comuni regole edilizie e paesistico-ambientali vigenti al momento della riedificazione (Consiglio di Stato, sez. IV, 15 settembre 2006, n. 5375 e sez. V: 15 aprile 2004, n. 2142;
29 ottobre 2001, n. 5642;
1 dicembre 1999 , n. 2021;
10 marzo1997, n. 240).

Nella specie pertanto, in considerazione delle suesposte ragioni, le prospettazioni non possono essere condivise nel loro insieme e sotto i vari aspetti dedotti.

5.- Conclusivamente, l’appello va respinto e la sentenza confermata, in quanto la ricostruzione di ruderi deve essere considerata, a tutti gli effetti, realizzazione di una nuova costruzione che non può essere equiparata alla ristrutturazione edilizia, non essendoci nulla da conservare o risanare oppure recuperare come entità edilizia esistente e quale unità abitativa.

Le spese di lite possono essere tuttavia integralmente compensate tra le parti, a ragione della particolarità della fattispecie.

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