Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2021-05-10, n. 202103630

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2021-05-10, n. 202103630
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202103630
Data del deposito : 10 maggio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/05/2021

N. 03630/2021REG.PROV.COLL.

N. 03354/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3354 del 2015, proposto dal Comune -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati M U B, F L, con domicilio eletto presso lo studio F L in Roma, via G.Pierluigi Da Palestrina,47;

contro

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati G P, Cataldo Giuseppe Salerno, con domicilio eletto presso lo studio G P in Roma, viale Giulio Cesare 14a/4;

nei confronti

-OMISSIS-Presso il Comune -OMISSIS- non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda) n.

0-OMISSIS-, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza straordinaria del giorno 9 marzo 2021 il Cons. Raffaello Sestini e uditi per le parti in collegamento da remoto gli avvocati Bini e Salerno;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1 – L’appellante, all’epoca del provvedimento oggetto del giudizio (anno 1996), era Direttore della -OMISSIS-Comunale -OMISSIS-, quando con atto prot. n. -OMISSIS-del Segretario Generale del Comune -OMISSIS- subì un licenziamento disciplinare con preavviso di tre mesi, a far tempo dall’1.8.1996, essendo stato sottoposto a procedimento penale correlato alla ipotizzata illecita sottrazione dalla -OMISSIS-Comunale di taluni «pacchi di merce» , come meglio descritto nella nota di contestazione di irregolarità gestionali prot. n. -OMISSIS-e nel successivo provvedimento di licenziamento. Il predetto licenziamento faceva inoltre seguito ad altre affermate violazioni degli obblighi inerenti al rapporto di lavoro con il Comune, che avevano già motivato più lievi provvedimenti disciplinari fatti oggetto di separato contenzioso.

2 - L’interessato, odierno resistente, affermava che i fatti contestati non avevano alcun fondamento, non avendo egli effettivamente e realmente sottratto i prodotti della -OMISSIS- come accertato con sentenza n. -OMISSIS-del Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale Ordinario di Brescia, senza la necessità di un rinvio a giudizio, “ perché il fatto non sussiste ” – e quindi con formula assolutoria “piena” –, orami da tempo passata in giudicato.

3 – Gli addebiti imputati all’odierno appellato, analiticamente descritti nel provvedimento di licenziamento impugnato, venivano contestati con il ricorso avanti al TAR per la Lombardia proposto dall’interessato, che deduceva l’illegittimità del provvedimento impugnato, asserendo la grave carenza di istruttoria del procedimento e plurimi profili di illogicità e contraddittorietà.

4 – La sentenza appellata, respingeva l’eccezione di improcedibilità del ricorso e accoglieva il ricorso, evidenziando “c ome dalla circostanza, riportata dal ricorrente nella memoria depositata in vista dell’udienza pubblica e supportata dalla relativa documentazione, della dismissione della -OMISSIS-Comunale e della sua alienazione ad un soggetto privato a far data dal 1999, non possa farsi discendere l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse. Ciò, perché è di palmare evidenza il persistere di un interesse morale del ricorrente a vedere ripristinata la propria dignità ed integrità personale e professionale, laddove la declaratoria di improcedibilità esige che non si possa riconoscere in capo al ricorrente nessun interesse, neanche meramente strumentale o morale, alla decisione (C.d.S., Sez. IV, 27 ottobre 2005, n. 6046). Passando all’esame del merito del ricorso, ritiene il Collegio che lo stesso sia fondato e che, pertanto, debba essere accolto. In particolare, ritiene il Collegio che debba essere condiviso il terzo motivo di ricorso, nella parte in cui il ricorrente, tramite esso, ha censurato il provvedimento gravato per carenza di istruttoria e carenza di motivazione”.

“Ciò, in relazione al fatto che, nel corso del giudizio penale conclusosi con la sentenza, prima citata, del G.I.P. presso il Tribunale di Brescia n. -OMISSIS- si è acclarata la fondatezza delle giustificazioni addotte dall’odierno ricorrente in relazione all’addebito contestatogli. In dettaglio, la testimone indicata dal ricorrente a sostegno della propria versione dei fatti – in base alla quale versione, egli si sarebbe limitato a procedere alla consegna a domicilio, in orario di chiusura della -OMISSIS- di merce richiestagli telefonicamente dalla testimone – ha confermato in sede penale tale versione”.

“Per conseguenza, come si è già visto, il G.I.P. presso il Tribunale di Brescia ha pronunciato sentenza di non luogo a procedere ex art. 425 c.p.p. per il reato ascritto, “in quanto il fatto non sussiste”.

“Pur tenendo conto dell’autonomia tra giudizio penale ed amministrativo e fermo restando che non è comprovato il passaggio in giudicato della predetta sentenza penale e quindi non è comprovata la ricorrenza delle condizioni per l’applicazione dell’art. 654 c.p.p., ritiene però il Collegio di dovere tener conto della ricostruzione dei fatti compiuta in sede penale, ai fini e nei limiti di seguito illustrati”.

“In particolare, il Collegio rileva come dall’accertamento fatti svolto in sede penale si ricavi indubitabilmente la carenza dell’istruttoria effettuata dall’Amministrazione nell’ambito del procedimento disciplinare che ha condotto all’irrogazione del licenziamento. In tal senso, ciò che ha rilevanza ai fini della declaratoria di illegittimità del licenziamento è, prima ancora del fatto che la testimone indicata a discarico dal ricorrente ha confermato in sede penale la versione dei fatti di quest’ultimo, la circostanza che la predetta testimone non sia stata sentita nel corso del procedimento disciplinare, sebbene già in detta sede fosse stata indicata dal ricorrente con la lettera del 4 gennaio 1996, recante le controdeduzioni all’atto di contestazione degli addebiti.

Nessuna rilevanza, a giustificazione dell’operato del Comune, può assumere la circostanza, riportata nel provvedimento impugnato, che la testimone in discorso, sebbene convocata dal Segretario Generale del Comune con nota prot. n. -OMISSIS- non si sia né presentata, né messa in contatto con l’Amministrazione comunale per convalidare la tesi del dipendente”.

“L’incompletezza dell’istruttoria effettuata sul punto, insieme alla gravità delle contestazioni mosse e degli effetti che ne sarebbero potuti derivare (com’è poi in concreto avvenuto) sul piano delle sanzioni irrogabili, rendeva, invero, necessario in proposito un approfondimento istruttorio, per non violare il principio della completezza dell’istruttoria (cfr., ex plurimis, T.A.R. Lazio, Sez. I, 9 agosto 2005, n. 6157) e questo, magari, stimolando la collaborazione dello stesso dipendente interessato affinché l’audizione della testimone potesse realizzarsi”.

“Ad identiche conclusioni di difetto di istruttoria si deve poi pervenire per quanto riguarda la mancata audizione del fornitore della -OMISSIS-Comunale (in particolare, della Cooperativa Esercenti -OMISSIS-– C.E.F.), e ciò tanto più giacché lo stesso provvedimento impugnato pone in rilievo come, nella sua nota difensiva, il dipendente avesse ricollegato la richiesta di acquisto della merce per cui è causa, fattagli per telefono durante la mattina del 29 dicembre 1995, all’ordine di fornitura di detta merce, da lui effettuato alla C.E.F. nella medesima mattina . Ed anzi, un approfondimento istruttorio sul punto, omesso dall’Amministrazione, si rendeva tanto più necessario, perché in tal maniera si sarebbe potuta, altresì, chiarire l’incongruenza nello svolgimento degli eventi non del tutto dissipata nemmeno in sede penale e dovuta al fatto che la testimone ha collocato la propria telefonata di acquisto della merce in epoca anteriore al 25 dicembre 1995, mentre l’episodio contestato risale al 29 dicembre”.

“In definitiva, la doglianza di carenza di istruttoria è fondata, Per conseguenza, il provvedimento gravato risulta, altresì, insufficientemente motivato. La fondatezza delle ora viste doglianze comporta l’accoglimento del ricorso ed esime perciò il Collegio dall’esaminare gli altri motivi di gravame, da considerare assorbiti. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo” .

5 - Il Comune appella la sentenza, ritenendola erronea per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto o per erronea interpretazione di legge.

6 - Nella sua memoria conclusionale l’appellato, costituitosi in giudizio, eccepisce l’inammissibilità del ricorso in appello per carenza assoluta di interesse e di legittimazione ad agire dell’appellante, avendo con deliberazione G.C. n. 305 del 18 agosto 1999, comunicata al Prefetto con nota prot. n. 11985 del 25 agosto 1999, il Comune -OMISSIS- approvato il bando di gara per l’alienazione della -OMISSIS-comunale di cui l’appellato era dipendente, poi effettivamente alienata mediante asta pubblica il 30 settembre 1999, quindi già prima che fosse emessa la sentenza di primo grado.

7 – La predetta eccezione è, peraltro, infondata, persistendo l’interesse del Comune ad accertare la legittimità del proprio operato, anche al fine di contrastare eventuali ulteriori iniziative del ricorrente volte ad ottenere il risarcimento del danno.

8 - L’appello, peraltro, si rivela infondato nel merito.

9 - Con il I motivo d’appello il Comune -OMISSIS- deduce che “ Il giudice di primo grado ha basato, dunque, il suo convincimento su di un presupposto erroneo valorizzando quale elemento decisivo al fine della valutazione delle legittimità del provvedimento la sentenza di proscioglimento sufficiente e determinante, in invocata applicazione dell’art. 654 cpp, ad escludere la sussistenza del comportamento contestato (sotto il profilo della distrazione dei beni)” . Secondo il Comune di -OMISSIS-la sentenza di proscioglimento dell’appellato avrebbe, viceversa, “ natura prevalentemente processuale e non di merito, con esclusione dell’efficacia di giudicato che l’art. 654 cpp riconosce esclusivamente alla sentenza resa all’esito del dibattimento …”

Quanto all’avvenuto “ passaggio in giudicato ” della sentenza del giudice del Tribunale di Brescia n. -OMISSIS- il Comune appellante ricorda poi che , così come già evidenziato in primo grado, una sentenza di non luogo a procedere, pur soggetta a termini di impugnazione, è sempre revocabile ex art. 434 CPP, e costituisce principio pacifico che tale sentenza è inidonea alla formazione di un giudicato sostanziale ed è priva di un effetto vincolante al di fuori del processo penale, giacché non emessa a seguito di dibattimento ed avente natura processuale e non di merito. L’udienza preliminare, infatti, non sarebbe la sede di acquisizione probatoria destinata all’accertamento della verità, e l’intervento del giudice sarebbe volto ad apprezzare il fondamento della pubblica accusa non in termini di positiva verifica della colpevolezza dell’imputato, ma nella diversa prospettiva di inopportunità del giudizio (come da risalente rilievo contenuto nella decisione Corte Cost. n. 73/1993). Di conseguenza, conclude il Comune, la valutazione effettuata non è di tipo sostanziale del contenuto degli elementi probatori, bensì valutazione puramente prognostica di quanto essi complessivamente configurano sotto il solo profilo processuale ( ex multis Cassazione penale sez. III, 24/09/2015 n. 44011).

Il Comune deduce altresì l’inammissibilità della censura dell’odierno appellato circa la violazione dell’art. 25, comma 8, del CCNL e l’eccesso di potere per le violazione indicate, per mancata tempestiva riproposizione delle censure ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a.

10 - L’appellato, riproducendo integralmente il contenuto della lettera del 4.1.1996 contenente le giustificazioni trasmesse a fronte della contestazione degli addebiti, ne assume la precisione e inequivocabilità, rimarcando la mancata audizione di una testimone e del fornitore della farmacia comunale, richiamando inoltre la parte motiva della sentenza n. 1355/2006 del Tar Lombardia, annullata dal Consiglio con sentenza n. 5053/2013.

11- Ai fini della decisione sul punto controverso, considera il Collegio che l’art. 425 c.p.p., in tema di «Sentenza di non luogo a procedere» , dispone che «Se sussiste una causa che estingue il reato o per la quale l’azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita, se il fatto non è previsto dalla legge come reato ovvero quanto risulta che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o che si tratta di persona non punibile per qualsiasi causa, il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere, indicandone la causa nel dispositivo» .

Dunque, la sentenza di proscioglimento, ex art. 425, co. 1, c.p.p. contempla una assoluzione anche nel merito, tanto che l’odierno appellato è stato prosciolto in istruttoria – senza bisogno di arrivare ad un dibattimento – proprio perché già con la già menzionata sentenza n. 758 del 19.11.1999, non impugnata dal Comune -OMISSIS- e da ormai più di venti anni definitiva e con efficacia di giudicato, l’odierno appellato, ai sensi e per gli effetti dell’art. 425 c.p.p., è stato prosciolto in istruttoria: il G.I.P., infatti, ha dichiarato il «non luogo a procedere» nei confronti dell’appellato in ordine al reato ascrittogli «perché il fatto non sussiste».

12 – Pertanto, anche se la sentenza del GIP non ha efficacia del giudicato nel procedimento disciplinare, la mancata considerazione e confutazione dei fatti storici oggettivi posti alla base della predetta sentenza determina un insanabile difetto di istruttoria e di motivazione dell’operato del comune, avendo lo stesso immotivatamente trascurato di considerare gli elementi desumibili dalla pronuncia di proscioglimento, ancorché non vincolanti ai fini della sua decisione.

Il primo motivo d’appello non può pertanto essere accolto.

13 - Con il secondo motivo di appello afferma l’appellante Comune di -OMISSIS-che costituirebbe «principio consolidato quello secondo cui il giudice amministrativo nella valutazione dei provvedimenti disciplinari non può sostituirsi agli organi della Pubblica Amministrazione nella valutazione dei fatti contestati o nel convincimento cui tali organi sono pervenuti» .

14 – Al riguardo, osserva peraltro il Collegio che, così come ritenuto dal Giudice di prime cure, «Nel caso in questione la contestazione disciplinare riproduce il capo di imputazione formulato in sede penale perché l’atto di irrogazione della sanzione disciplinare impugnato specifica che “la condotta del ricorrente risulta finalizzata alla distrazione di beni di proprietà dell’Amministrazione” l’imputazione è di peculato ex art. 341 c.p. per essersi appropriato degli stessi beni oggetti del procedimento disciplinare di cui aveva la disponibilità per ragione del suo ufficio. Se i fatti oggetto dell’imputazione riprodotta nel provvedimento disciplinare non sussistono o non sono stati commessi dall’imputato gli stessi non possono essere considerati come esistenti o commessi dall’imputato sebbene ad altri fini (Cass. Civ. Sez. Lavoro num. 3319 del 2014)» .

Il Giudice di primo grado si è quindi limitato ad una valutazione ab estrinseco dei fatti, così come cristallizzati dalla sentenza di proscioglimento, senza operare alcuna loro valutazione spettante all’Amministrazione, tanto meno operando una illegittima sostituzione alla stessa, essendosi limitato a rilevare che “ la contestazione disciplinare riproduceva il capo di imputazione formulato in sede penale” e che quindi i fatti contestati in sede disciplinare erano gli stessi fatti contestati in sede penale. Infatti, come osservato dalla sentenza di primo grado, «dall’esame del provvedimento impugnato risulta che il fatto materiale contestato al ricorrente è stato quello di aver depositato i pannolini, gli yogurt e gli omogeneizzati nella autovettura a sua disposizione al momento della chiusura della farmacia. Poiché è fatto incontestato che gli impiegati della farmacia facessero consegne a domicilio, è una presunzione priva di prova il fatto che quella sera invece il ricorrente si stesse appropriando di beni della farmacia, poiché il suddetto deposito in auto non costituisce atto diretto in modo non equivoco all’impossessamento di tali beni. Né la mancata presentazione della testimone invocata dal ricorrente, signora -OMISSIS- può permettere di trasformare una condotta equivoca in una situazione certa. Il ritrovamento poi di una bolla di accompagnamento non completa ma riconducibile ai beni depositati sulla macchina suffraga ancor di più la tesi dell’appropriazione ai fini della consegna e non ai fini della distrazione, a profitto proprio o altrui, dei beni della farmacia» .

15 -Anche il secondo motivo d’appello non risulta pertanto fondato, non risultando che il giudice di primo grado si sia in qualche modo sovrapposto alla valutazione dei fatti di causa spettante all’Amministrazione, essendosi il medesimo giudice limitato, al contrario, ad affermare che la stessa esistenza storica del fatto posto a base del licenziamento (l’appropriazione indebita di beni della farmacia) non risultava dimostrata dall’esito degli accertamenti penali.

16 –Con il terzo motivo di appello viene altresì dedotta l’erroneità della sentenza per quanto attiene la mancata valutazione della condotta di grave irregolarità nella gestione del farmacia per omessa emissione della prescritta documentazione fiscale ( lo scontrino fiscale), comportamento con carattere di recidiva rilevante ai sensi dell’art. 25 comma 6 lettera a) (“recidiva nel biennio in una mancanza di quelle previste dal medesimo comma [ e cioè il comma 5] che abbia comportato l’applicazione della sanzione di dieci giorni della sospensione dal servizio e dalla retribuzione”), di cui ai provvedimenti sanzionatori comminati con delibera della Giunta Comunale 603/95 e del Segretario Comunale prot. 4812 del 23/3/1996. Tale profilo, mai contestato nel ricorso introduttivo né fatto oggetto di censura, sarebbe stato ugualmente posto a base del licenziamento con preavviso, adottato all’esito di un procedimento in cui il convincimento da parte dell’Amministrazione si sarebbe formato in modo logico e coerente.

17 – Neppure il motivo in esame merita, peraltro, accoglimento, in quanto la mancata contestazione in giudizio degli ulteriori addebiti disciplinari, peraltro fatti oggetto di un separato contenzioso, discende con ogni evidenza dalla circostanza che l’impugnato provvedimento di licenziamento, pur citandoli quali precedenti cospiranti ad un giudizio negativo sull’operato dell’interessato, costruisce –come sopra indicato- la propria motivazione facendo riferimento solo al supposto reato di appropriazione indebita.

18 – Esclusa, quindi, la rilevanza della contestata ma in alcun modo provata appropriazione indebita ai fini del licenziamento, quanto alla possibile sufficienza delle ulteriori violazioni disciplinari a suo tempo contestate, ma invocate solo in giudizio al fine e di giustificare ugualmente il disposto licenziamento, considera il Collegio che anche il predetto profilo è stato fatto oggetto di censura da parte del ricorrente di primo grado, per violazione del principio di gradualità e proporzionalità delle sanzioni e di omessa motivazione nel provvedimento in ordine all’entità della sanzione applicata, e che è stato, viceversa, il Comune odierno appellante ad eccepire la inammissibilità delle predette censure di illegittimità del provvedimento disciplinare del -OMISSIS-del Segretario Comunale con il quale era stata comminata all’appellato la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio e dalla retribuzione per il periodo di dieci giorni, proprio in quanto ritenute dal Comune irrilevanti nel giudizio a quo.

19 - Inoltre, nell’atto di costituzione in appello l’appellato si sarebbe limitato a chiedere la reiezione del gravame per inammissibilità e infondatezza, essendo le conclusioni rassegnate precedute dall’inciso “ contesta ed impugna sia in fatto che in diritto le avversarie deduzioni e censure svolte con il gravame d’appello del Comune -OMISSIS-, perché trascura di considerare il reale svolgimento di fatti amministrativi rilevanti nel caso di specie ”, non essendovi, afferma il Comune con propria successiva memoria, alcuna riproposizione dei motivi di ricorso non esaminati dal giudice di prime cure, che ha esaminato solo il terzo motivo di ricorso “ nella parte in cui il ricorrente, tramite esso ha censurato il provvedimento gravato per violazione di legge” , mentre ha considerato assorbiti i restanti motivi (cfr. ultimo capoverso del punto 3 della decisione: “ La fondatezza delle ora viste doglianze comporta l’accoglimento del ricorso ed esime perciò il Collegio dall’esaminare gli altri motivi di gravame da considerare assorbiti ”).

Inoltre, aggiunge il Comune, il giudice di primo grado nell’appellata sentenza ha dichiarato al punto 2 “ l’inammissibilità dell’ultimo motivo di gravame articolato dall’originario ricorrente e concernente il provvedimento disciplinare -OMISSIS-in quanto non gravato con il ricorso in oggetto (e che non risulta impugnato in altra sede)” . Tale specifica statuizione di inammissibilità non è stata fatta oggetto di appello incidentale, con conseguente inammissibilità della riproposizione dell’ultimo motivo del ricorso introduttivo di primo grado.

Il Comune nelle proprie memorie contesta, infine, gli assunti concernenti la dedotta “ inusitata superficialità approssimazione e negligenza dell’Ente territoriale nel verificare, accertare e ricostruire i fatti ” e un “ licenziamento grave, spregiudicato, fondato sul nulla ” così come il rilievo dato nella memoria difensiva (così prospettando una, insussistente, correlazione tra procedimento disciplinare e decisione della alienazione) alla vendita della farmacia comunale, “ avvenuta qualche mese prima che risultasse prosciolto in istruttoria l’appellato ( …) che non era d’accordo nel porre in vendita la farmacia comunale” : la decisione dell’Amministrazione in ordine alla vendita della farmacia, infatti, sarebbe posteriore di oltre tre anni rispetto ai fatti oggetto di ricorso.

Inoltre, relativamente all’assunto che si legge circa il fatto che l’appellato “ha sempre contestato fermamente ogni addebito, siccome infondato, non corrispondente a verità ed illegittimo: basti al riguardo la sua nota del 15/9/1995 indirizzata al Segretario della Commissione di Disciplina in risposta alla contestazione di addebiti-OMISSIS- ”, il Comune precisa che a tale contestazione ha fatto seguito il procedimento disciplinare conclusosi con l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio e dalla retribuzione per dieci giorni comminata con deliberazione della Giunta municipale n. -OMISSIS- impugnata con ricorso n. -OMISSIS-e definito con sentenza del TAR Lombardia n. -OMISSIS-che ha respinto il ricorso, sottolineando (il riferimento è al punto 3.2 della decisione) l’inconsistenza delle giustificazioni e delle tesi difensive nonché la gravità della condotta.

20 – A giudizio del Collegio, anche le censure del Comune da ultimo esaminate risultano peraltro non dirimenti, afferendo a fatti precedenti e di minore gravità rispetto a quello contestato ai fini del licenziamento, già autonomamente sanzionati in via disciplinare e non espressamente considerati dal Comune quale causa sufficiente al disposto licenziamento disciplinare, e comunque non suscettibili, se non illegittimamente, di essere unilateralmente sottoposti ad una nuova valutazione volta a riconsiderarli a distanza di tempo, per sovrapporre allo stesso fatto, pur già sanzionato, una nuova e più grave sanzione disciplinare, peraltro già adottata sulla base di un nuovo e più grave motivo, rivelatosi tuttavia insussistente.

21 – Anche sotto tale profilo risulta dunque evidente il grave sviamento di potere operato dal Comune appellante, in disparte ogni considerazione circa la parallela vicenda della vendita della farmacia comunale alla quale il ricorrente di primo grado, quale dirigente della farmacia comunale poi venduta a privati, si era opposto fino al suo licenziamento, non essendo tale ulteriore vicenda rilevante nello specifico giudizio a quo.

22 – In conclusione, alla luce delle pregresse considerazioni, emerge l’esatto apprezzamento, da parte del TAR, di un evidente vizio di eccesso di potere per sviamento, difetto d’istruttoria e di motivazione ed errata presupposizione in fatto ed in diritto del Comune, che ha ricollegato la grave conseguenza di un licenziamento disciplinare, con la grave accusa di appropriazione indebita, ad un singolo episodio che, per come ricostruito nella sede penale cui lo stesso Comune aveva fatto riferimento, avrebbe potuto invece essere considerato un semplice atto di cortesia (consegna gratuita a domicilio, al di fuori dell’orario di lavoro, di prodotti farmaceutici venduti ad una utente), e, nell’ottica della parte appellata, avrebbe dovuto essere suscettibile di encomio.

23 - In tale quadro dunque, per giustificare il provvedimento disciplinare impugnato non può dunque il Comune recuperare ex post motivazioni ulteriori da passati e meno rilevanti episodi disciplinari già esaminati e sanzionati e del tutto inidonei, venuta meno la presupposta appropriazione indebita, a giustificare da soli la nuova e ulteriore sanzione del licenziamento disciplinare, e quindi parimenti non rilevanti ai fini del presente giudizio.

24 – In conclusione, l’appello del Comune deve essere respinto. Le spese seguono la soccombenza, nella misura liquidata in dispositivo.

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