Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2010-02-22, n. 201001032

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2010-02-22, n. 201001032
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201001032
Data del deposito : 22 febbraio 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01509/2009 REG.RIC.

N. 01032/2010 REG.DEC.

N. 01509/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 1509 del 2009, proposto da:
Lunch Time S.p.A., rappresentato e difeso dagli avv. I M, M M, E S, con domicilio eletto presso E S in Roma, viale Giuseppe Mazzini 113;

contro

Comune di Trento, rappresentato e difeso dall'avv. P S R, con domicilio eletto presso P S R in Roma, viale Mazzini N.11;

nei confronti di

Cir Cooperativa Italiana di Ristorazione S.C., E-Lunch S.r.l., rappresentati e difesi dagli avv. A Bo, Nino Paolantonio, con domicilio eletto presso Nino Paolantonio in Roma, via Principessa Clotilde,1;

per la riforma

della sentenza del T.R.G.A. - DELLA PROVINCIA DI TRENTO n. 00031/2009, resa tra le parti, concernente AGGIUDICAZIONE SERVIZIO SOMMINISTRAZIONE BUONI PASTO - RIS. DANNI.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 novembre 2009 il Cons. Marzio Branca e uditi per le parti gli avvocati Avv.ti Militerni, Stella Richter, Paolantonio, e Bullo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

Il Comune di Trento, con bando del 27.8.2007, ha indetto una gara per l’aggiudicazione dell’appalto, della durata di sei anni, del servizio di somministrazione dei buoni pasto elettronici, sostitutivi della mensa per il personale dipendente.

Al procedimento concorsuale, svolto col sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa, partecipavano la odierna appellante Lunch Time s.p.a. e l’A.T.I. guidata da C.I.R.- Compagnia Italiana Ristorazione. A quest’ultima veniva, infine, aggiudicato l’appalto.

L’istante ha impugnato tutti gli atti della procedura sostenendo che la controinteressata avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara, avendo presentato un progetto tecnico che, nel corso della procedura, sarebbe stato illegittimamente modificato ed integrato, con imitazione di quello della ricorrente. Per la tutela del diritto ad utilizzare in esclusiva il proprio software, la ricorrente ha instaurato un giudizio, tuttora pendente, davanti al Tribunale di Milano - Sezione specializzata in materia di proprietà industriale ed intellettuale.

In particolare la ricorrente ha dedotto che sarebbe stato violato l’art. 46 del D.lgs. 12.4.2006, n. 163, essendo stata consentita alla controinteressata l’integrazione degli elementi costitutivi dell’offerta.

Inoltre, nella sessione di prova, la controinteressata avrebbe presentato un progetto tecnico diverso da quello inizialmente offerto, come emergerebbe dal diverso front office.

Alla pubblica udienza in primo grado il difensore della ricorrente ha chiesto un rinvio della trattazione del ricorso, motivato con l’esigenza di acquisire al giudizio una c.t.u., in corso di elaborazione nel richiamato giudizio pendente davanti al Tribunale di Milano.

Il Tribunale, con la sentenza in epigrafe, respinta la detta istanza di differimento giudicando il ricorso maturo per la decisione, ha ritenuto infondate nel merito le censure dedotte.

Ha inoltre condannato la ricorrente “a rifondere al Comune di Trento ed alla controinteressata le spese e gli onorari del giudizio che - tenuto conto del valore della causa e dell’impegno defensionale profuso - sono rispettivamente liquidati a favore del primo nella misura di complessivi € 48.000,00 e della seconda nella misura di complessivi € 21.500,00, oltre al rimborso forfettario sulle spese generali, pari al 12,50% dell’importo degli onorari, nonché, quanto alla sola controinteressata, all’ I.V.A. ed al C.P.A., secondo le rispettive parcelle presentate, che appaiono congrue.”.

La Lunch Time s.p.a. ha proposto appello per la riforma della sentenza, previa sospensione dell’efficacia.

Nel giudizio di appello si sono costituiti il Comune di Trento e la controinteressata, come in epigrafe, per resistere al gravame.

Alla pubblica udienza del 24 novembre 2009 la causa è stata rimessa in decisione.

DIRITTO

1. L’atto di appello esordisce con una recriminazione preliminare circa il mancato accoglimento dell’istanza, avanzata in primo grado, di differimento della trattazione della causa in attesa dell’espletamento di una consulenza tecnica di ufficio in corso di elaborazione del giudizio pendente dinanzi al giudice civile in merito alla denunziata violazione del diritto di esclusiva del software utilizzato dall’appellante.

La doglianza, pur non prospettata come vera e propria censura alla sentenza impugnata, va dichiarata inammissibile.

Costituisce principio consolidato, infatti, che non esiste norma giuridica o principio di diritto che attribuisca al ricorrente il diritto al rinvio della discussione del ricorso, ancorché motivato dall'esigenza di acquisire i mezzi istruttori necessari per la migliore difesa in giudizio, atteso che la parte interessata ha solo la facoltà di illustrare al giudice le ragioni che potrebbero giustificare il differimento dell'udienza o la cancellazione della causa dal ruolo, ma la decisione finale in ordine ai concreti tempi della discussione spetta comunque al giudice, il quale deve verificare l'effettiva opportunità di rinviare l'udienza, giacché solo in presenza di situazioni particolarissime, direttamente incidenti sul diritto di difesa delle parti, il rinvio dell'udienza è per lui doveroso, e in tale ambito si collocano, fra l'altro, i casi di impedimenti personali del difensore o della parte, nonché quelli in cui, per effetto delle produzioni documentali effettuate dall'amministrazione, occorra riconoscere alla parte che ne faccia richiesta il termine di sessanta giorni per la proposizione dei motivi aggiunti (Consiglio Stato , sez. V, 07 ottobre 2008 , n. 4889).

2. Il nucleo sostanziale dell’appello, nel merito, poggia sull’affermazione che il progetto presentato dalla aggiudicataria a.t.i. C.I.R. il 30 ottobre 2007 era incompleto in quanto non era dotato di tutte le funzioni minime richieste dal bando a pena di esclusione.

Tale circostanza emergerebbe da vari elementi: a) la richiesta di chiarimenti integrativi formulata dalla Commissione;
2) la affermazione di Asialab, fornitrice del software, che lo stesso è stato oggetto di aggiornamenti in vista della dimostrazione pratica;
3) la diversità della schermata di apertura, o front office, esibita in sede di presentazione (30 ottobre 2007) e quella verificata in occasione della dimostrazione pratica del 10 dicembre 2007, nella quale comparivano voci assenti nella precedente e soppressione di altre invece presenti.

A quest’ultimo riguardo, la doglianza si basa su un dato di natura informatica, incontestabile secondo l’assunto, che ad un determinato front office non può che corrispondere un ben preciso programma informatico, per cui il mutamento della schermata di apertura del programma costituirebbe la prova che lo stesso è diverso da quello precedente. Con la conseguenza che l’aggiudicataria ha sottoposto a verifica un progetto di servizio, questa volta completo, comunque diverso da quello approntato al momento della scadenza del termine per la presentazione dell’offerta, in palese violazione del principio della par condicio.

L’appellante conclude quindi nel senso che l’a.t.i. aggiudicataria è stata illegittimamente invitata a fornire chiarimenti, in violazione del principio di cui all’art. 46 del d.lgs. n. 163 del 2006, mentre avrebbe dovuto essere senz’altro esclusa dalla gara.

3. L’a.t.i. aggiudicataria ha resistito alle riferite censure osservando: a) che i requisiti minimi del progetto offerto dovevano emergere sia dal progetto tecnico sia dalla dimostrazione pratica;
b) che il progetto tecnico e tutti gli elaborati di gara dovevano essere redatti in modo sintetico;
c) che la lex specialis non richiedeva che fossero riportate le “videate” ma che “venisse descritto il sistema”;
d) sinteticità e chiarezza degli elaborati sarebbero stati oggetto di valutazione da parte della Commissione.

Ai sensi del bando (pag. 29) e dell’art. 38 del Codice dei contratti del Comune di Trento, si aggiunge, alla Commissione era attribuita la facoltà di convocare tutte le imprese concorrenti per avere chiarimenti e ragguagli sull’offerta presentata.

Seguono poi specifiche osservazioni in merito alla insussistenza delle pretese lacune del progetto tecnico.

4. Emerge da quanto riferito che la contestazione fondamentale svolta dall’appellante riguarda l’incompletezza del progetto tecnico presentato dall’aggiudicataria e la connessa illegittimità dell’invito a fornire “chiarimenti o ragguagli”.

Il Collegio deve osservare, in primo luogo, che nella specie non risulta appropriata l’invocazione dell’art. 46 del d.lgs. 163 del 2006, che, come è noto, concerne i chiarimenti e le integrazioni che possono richiesti alle imprese concorrenti “in ordine al contenuto di certificati, documenti e dichiarazioni presentate”, con esplicito riferimento all’insieme dei requisiti di partecipazione di cui agli artt. da 38 a 45 del medesimo decreto legislativo.

Alla stregua della detta disposizione, quindi, i chiarimenti non avrebbero potuto riferirsi al contenuto dell’offerta, ma nella specie la Commissione si è avvalsa della diversa facoltà, riconosciuta dal bando (pag. 29 in fine), in considerazione della complessità della valutazione da compiere, di richiedere alle concorrenti chiarimenti o ragguagli su aspetti dell’offerta.

Tenuto conto che la lex specialis, con diverse disposizioni, ha raccomandato che gli elaborati fossero redatti in modo sintetico, appare ragionevole che il progetto tecnico, caratterizzato da elevato tecnicismo, potesse richiedere in casi determinati la richiesta di chiarimenti o di integrazioni.

La legittimità della condotta della Commissione, peraltro, non poteva non essere subordinata al principio della par condicio, dovendosi, quindi e comunque, escludere la legittimità di una richiesta di integrazioni che tendessero a sanare oggettive lacune dell’offerta originaria, e ciò si sarebbe verificato se il progetto tecnico presentato il 30 ottobre 2007 fosse risultato privo di quelle funzionalità che il bando fissava come contenuto minimo dell’offerta (v. il N.B. a pag 15 del bando).

Sotto tale profilo, è opportuno precisare che il progetto tecnico presentato al momento della scadenza del termine (30 ottobre), e la dimostrazione operativa tenutasi il 10 dicembre, non potevano essere considerati momenti equivalenti ai fini della prova della completezza dell’offerta, come sembra ritenere la parte resistente. Vale a dire che rilievo essenziale, a tale riguardo, andava attribuito alla confezione del progetto tecnico per come è stato originariamente presentato, mentre la cosiddetta “demo” non poteva che essere finalizzata a controllare e verificare che quanto descritto nel progetto fosse effettivamente nelle potenzialità del sistema offerto.

Ed in effetti, la censura dell’appellante non tende a mettere in dubbio che, alla dimostrazione del 10 dicembre, l’offerta fosse completa: si contesta invece che tale completezza sussistesse alla data di presentazione dell’offerta, ossia nel progetto presentato il 30 ottobre.

5. Le argomentazioni svolte a tal fine dall’appellante non possono essere condivise.

L’impresa aggiudicataria ha potuto dimostrare, mediante una tavola di raffronto contenuta alle pagine 29 e 30 della memoria depositata il 19 novembre 2009, con richiamo alla nota del 6 dicembre 2007 di risposta alla richiesta di chiarimenti, che i profili sui quali si è appuntata la denuncia di incompletezza della ricorrente-appellante: gestione delle carte non nominative, disattivazione carte/ blocchi/sblocchi, riemissione card, il progetto originario offriva le relative funzioni, pervenendo alla dimostrazione della infondatezza della censura. Il bando, infatti, imponeva la sola descrizione della soluzione informatica in forma sintetica, come già detto, lasciando aperta la via della successiva chiarificazione.

L’appellante, tuttavia, svolge ulteriormente la sua censura puntando sulla diversità delle schermate, o front office, in base alla tesi che ad una diversa schermata corrisponde necessariamente una diversa soluzione informatica. E poiché le schermate esibite il 6/10 dicembre 2007 non corrispondono a quelle allegate a progetto tecnico (30 ottobre), nelle quali le funzioni ritenute mancanti non figuravano, dovrebbe concludersi che le funzionalità in questione sono state bensì dichiarate nella descrizione del progetto, ma in realtà non erano effettivamente disponibili al 30 ottobre nella soluzione informatica offerta.

Il Collegio non condivide l’argomentazione.

In primo luogo, costituisce un dato di esperienza ormai ampiamente acquisita, che le modalità di visualizzazione delle funzionalità di una soluzione informatica possono essere modificate, senza che l’operazione ne comporti una riduzione od un ampliamento.

In secondo luogo, in base alla lex specialis la effettiva praticabilità delle funzioni richieste dal bando non doveva essere comprovata mediante la allegazione della rappresentazione dei front office. Con la conseguenza che l’eventuale incompletezza del front office non poteva contraddire validamente la completezza della descrizione del sistema offerto.

In conclusione, l’appello, per questa parte, non può essere accolto.

6. Va accolta, invece, almeno in parte, la doglianza relativa alla condanna alle spese, quantificata in primo grado in euro 48 mila a favore del Comune di Trento e 21.500,00 a favore della contro interessata oltre al rimborso forfettario delle spese generali, pari al 12,50% dell’importo degli onorari, nonché, quanto alla sola controinteressata, all’IVA al C.P.A..

Il Collegio, a tale riguardo, osserva che le argomentazioni svolte dall’appellante non siano idonee a disattendere l’applicazione del principio della soccombenza, che nella specie ha riguardato sia il primo grado che il giudizio di appello, e nemmeno il valore della controversia, riferita all’aggiudicazione di un servizio del valore complessivo di euro 3.600.000,00, IVA esclusa.

Si ritiene tuttavia che – considerata la natura delle questioni trattate – possa essere disposta una riduzione delle precedente condanna secondo gli importi complessivi indicati nel dispositivo.

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