Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-02-04, n. 201300646
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Testo completo
N. 00646/2013REG.PROV.COLL.
N. 08377/2005 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello n. 8377 del 2005, proposto da
B.M.B.B. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti M M e A M, ed elettivamente domiciliata presso quest’ultimo in Roma, viale G. Mazzini n. 157, come da mandato a margine del ricorso introduttivo;
contro
Comune di P, in persona del sindaco legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;
Provincia autonoma di Trento, in persona del presidente legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. G V, ed elettivamente domiciliata presso quest’ultima in Roma, viale G. Rossini n. 18, come da procura speciale del 4 maggio 2006;
per la riforma
della sentenza del Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino – Alto Adige, sezione di Trento, n. 297 del 2 settembre 2004;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 dicembre 2012 il Cons. Diego Sabatino e uditi per le parti gli avvocati A M e G V;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso iscritto al n. 8377 del 2005, B.M.B.B. s.r.l. propone appello avverso la sentenza del Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino – Alto Adige, sezione di Trento, n. 297 del 2 settembre 2004 con la quale è stato respinto il ricorso proposto contro il Comune di P e Provincia autonoma di Trento per l’annullamento parziale del Piano Regolatore Generale del Comune di P, approvato con la delibera della Giunta Provinciale n. 3345 dd. 23.12.2002 pubblicata sul BURTAL in data 14 gennaio 2003 n. 2, per la parte in cui modifica la destinazione della p.f. 3117/2 in P.T. 303cb8f5-7409-5ae9-92ef-57c7a47561e9::LR19144FE4F5EBEF3A6950::1942-04-04">1190 C.C. P da zona residenziale di completamento estensivo, a zona agricola secondaria, modificando quanto previsto dalle delibere del Commissario ad acta di adozione provvisoria del P.R.G. del Comune di P n. 1 del 31 luglio 2000, delibera del Commissario acta di adozione definitiva del P.R.G. del Comune di P n. 1 del 30 marzo 2001.
Dinanzi al giudice di prime cure, la ricorrente B.M.B.B. s.r.l. impugnava la deliberazione della Giunta provinciale di Trento che approvava il nuovo Piano regolatore generale del comune di P, modificando quanto previsto dalle delibere del Commissario ad acta aventi ad oggetto, rispettivamente, la provvisoria e definitiva adozione del Piano medesimo.
In particolare, quale proprietaria di un appezzamento di terreno sito nel C.C. di P, lamentava l'illegittimità, in parte qua, degli atti in rubrica narrati che concorrono a rimodellare l'assetto urbanistico del citato comune (PRG).
Deduceva la ricorrente i seguenti motivi di doglianza:
1) Violazione dell’art. 41 l.p. n. 22/1991 e ss.mm.. Illegittimità della delibera provinciale per incompetenza, sviamento e/o straripamento di potere
2) Illegittimità delle scelte del pianificatore sotto il profilo dell’eccesso di potere nella figura sintomatica della violazione del principio di logica, razionalità e congruità, illegittimità per contrasto con la vocazione naturale dell’area, per contraddittorietà con i criteri di piano e carenza di istruttoria, eccesso di potere per insufficiente o contraddittoria motivazione. Violazione dei principi di logica e imparzialità. Errore del pianificatore.
Costituitasi la Provincia autonoma di Trento, il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva infondate le censure proposte, sottolineando la correttezza dell’operato della pubblica amministrazione, in relazione alle modalità di svolgimento delle fasi procedimentali e all’inesistenza di posizioni contrapposte di particolare tutela.
Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto e in diritto operata dal giudice di prime cure, riproponendo in appello le censure già svolte dinanzi al T.A.R..
Nel giudizio di appello, si è costituita la Provincia autonoma di Trento, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso. In particolare, la Provincia evidenziava l’approvazione di una diversa e ulteriore variante, gravante sull’area di interesse per l’appellante, e non autonomamente impugnata, quale elemento idoneo a giustificare il venir meno dell’interesse al ricorso.
Alla pubblica udienza del giorno 11 dicembre 2012, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.
DIRITTO
1. - L’appello non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.
2. - In via preliminare, la Sezione evidenzia come la destinazione urbanistica impressa alla zona su cui si verte dipende, al momento della decisione, dalle diverse e ulteriori varianti del p.r.g. del Comune di P del 2009 e del 2010, approvate dalla giunta provinciale e non oggetto di autonomo gravame.
Il ricorso appare quindi improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse, in relazione alla illegittimità della destinazione di zona.
Residua tuttavia, come evidenzia la parte appellante nella memoria del 14 novembre 2012, l’interesse succedaneo alla sua valutazione nel merito, stante la possibilità offerta degli artt. 34 comma 3 e 30 comma 5 del codice del processo amministrativo, in base ai quali il giudice accerta l’illegittimità dell’atto se vi è spazio per una azione risarcitoria che può essere proposta nel corso del giudizio o entro il termine di centoventi giorni dal passaggio in giudicato della sentenza stessa.
La vicenda va quindi scrutinata nel merito.
3. - Con un unico e articolato motivo di diritto, l’appellante lamenta error in iudicando per motivazione perplessa, carente e contraddittoria, per erronea rappresentazione e travisamento dei fatti e conseguente violazione ed erronea applicazione dell’art. 41, secondo comma, della legge provinciale n. 22 del 1991. In dettaglio, la censura evidenzia la necessità di una specifica motivazione della decisione adottata, atteso che la normativa applicabile al caso in specie prevede che le modifiche della destinazione d’uso imposte a singoli fondi siano indispensabili per assicurare il rispetto delle previsioni del piano urbanistico provinciale. Al contrario, tale onere non sarebbe stato assolto nella delibera de qua, con consequenziale sua illegittimità.
3.1. - La censura non può essere condivisa.
La norma invocata, ossia il secondo comma dell’art. 41 della legge provinciale Trento 5 settembre 1991 , n. 22 “Ordinamento urbanistico e tutela del territorio”, recita:
“In sede di approvazione possono essere apportate al piano (regolatore generale), anche su parere della CUP o del servizio urbanistica e tutela del paesaggio, le modifiche che non comportino sostanziali innovazioni, tali cioè da mutare le caratteristiche essenziali del piano stesso ed i criteri di impostazione, nonchè quelle che siano riconosciute indispensabili per assicurare:
a) il rispetto delle previsioni del piano urbanistico provinciale, del piano comprensoriale di coordinamento e delle norme di legge;
b) la tutela del paesaggio e dei complessi storici, monumentali, ambientali ed archeologici;
c) il rispetto degli indirizzi e dei criteri dettati dalla Giunta provinciale in materia di pianificazione degli insediamenti storici nonchè dell' elenco dei beni individuati quali insediamenti storici e delle relative categorie di intervento, di cui all' articolo 24;
d) la razionale e coordinata sistemazione delle opere e degli impianti di interesse dello Stato e della Provincia;
e) l' osservanza degli standard di cui all' articolo 23.
e bis) il rispetto degli indirizzi e dei criteri stabiliti dalla Giunta provinciale per la disciplina degli interventi di conservazione e valorizzazione del patrimonio edilizio montano, previsti dall'articolo 24 bis”.
Nel caso in specie, e in disparte la considerazione che il requisito d’indispensabilità è solo uno dei criteri che giustificano l’intervento della giunta provinciale, accanto a quello della non essenzialità delle modifiche introdotte, la Sezione condivide l’assunto del giudice di prime cure sulla necessità di inquadrare l’intervento effettuato all'interno della operazione di riordino urbanistico-edilizio e paesaggistico che la giunta provinciale ha operato, proprio ai sensi dell'evocato art. 41 della legge provinciale n. 22 del 1991. Il fine di tale riordino è stato proprio quello di ridurre la possibilità edificatoria, atteso che il piano proposto, come si desume dagli atti e dalle memorie in giudizio, aveva proposto un dimensionamento insediativo oggettivamente sovradimensionato e configgente con i criteri introdotti dal piano urbanistico provinciale e con i fini di contenimento e riqualificazione dell'abitato, fatti propri dalla stesa relazione al piano regolatore.
Gli interventi della giunta, qui criticati, hanno avuto quindi come obiettivo quello di dare coerenza e linearità alle scelte urbanistiche preventivamente espresse e alle decisioni programmatorie dello stesso Comune. In questo senso va anche la rilevata presenza di pareri procedimentali, in specie quello della commissione urbanistica provinciale, improntati alla necessità di salvaguardare il territorio rimasto ancora libero in prossimità dei centri abitati e in territorio aperto, nell’ottica della tutela degli obiettivi di qualità urbanistica.
In questo senso, il cambio di destinazione operato sulle aree di proprietà della ricorrente, lungi dall’apparire una singola e autonoma modifica, s’inquadra in questo intervento di riordino operato sul nuovo piano regolatore generale di P, finalizzato a conseguire il ridimensionamento e la riqualificazione dei contenuti dello strumento, nel quadro delle direttive già implicite nella programmazione provinciale.
In merito poi alle osservazioni sull’eventuale carente motivazione, nei limiti in cui questa censura non risulti superata dalle considerazioni appena svolte sulla complessità strategica dell’intervento svolto e sulla sua coerenza in relazione agli obiettivi urbanistici proposti, va comunque ricordato che l'amministrazione non è tenuta a fornire una motivazione puntuale di ogni singola determinazione pianificatoria, salvo che non si verta in situazioni particolari (qui non esistenti, atteso che l’area era destinata a verde privato e non scaturiscono particolari aspettative dalla mera adozione di uno strumento urbanistico) che abbiano dato fondamento ad aspettative dell’interessato, vertendosi normalmente in fattispecie in cui esiste una ampia discrezionalità nel determinare l'assetto del territorio, per cui le scelte in concreto operate, attenendo a profili di merito, sono sindacabili solo qualora emergano profili di evidente illogicità.
4. - L’appello va quindi respinto. Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.