Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-10-21, n. 201305094
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N. 05094/2013REG.PROV.COLL.
N. 02714/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2714 del 2007, proposto da:
G D, P G rappresentati e difesi dagli avv.ti P A, G A, con domicilio eletto presso il primo, in Roma, via G.Bazzoni 3;
contro
A.N.A.S. Ente Nazionale per le Strade, Ministero delle Infrastrutture, Ministero dell'Interno, in persona dei legali rappresentanti
pro tempore
, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12
nei confronti di
Regione Autonoma della Sardegna, Assessorato alla P.I. della R.A.S., in persona dei legali rappresentanti
pro tempore
, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. SARDEGNA - CAGLIARI: SEZIONE II n. 00062/2007, resa tra le parti, concernente approvazione progetto lavori di costruzione strada statale
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 aprile 2013 il Cons. Andrea Migliozzi e udito per la parte resistente l'avvocato dello Stato Stefano Varone;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con disposizione n.1889 del 6/9/2001 l’ANAS approvava il progetto n.6188 relativo alla costruzione della SS. n. 125, tronco Tertenia - Tortolì , con fissazione dei termini di inizio e fine lavori e delle espropriazioni, cui faceva seguito il decreto n.302 del 9/4/2002, integrato dal decreto del 10/6/2002, con il quale il Prefetto di Nuoro disponeva l’occupazione d’urgenza dei suoli, tra cui il fondo di proprietà degli attuali appellanti, sito nel territorio del Comune di Barisardo.
Avverso tali provvedimenti ed altri atti della procedura ablatoria di che trattasi insorgevano con apposito ricorso proposto innanzi al TAR della Sardegna i sigg.ri G D e P G che producevano altresì atto di motivi aggiunti contro la nota dell’ANAS del 19/7/2006 di proroga di 700 giorni del termine per le espropriazioni, come fissato nella disposizione di approvazione del progetto.
Avverso tale ultimo provvedimento producevano altresì autonomo ricorso giurisdizionale i sigg.ri Gaviano Lucia e Piras Giorgio, rispettivamente figlia e genero dei suindicati appellanti, aventi abitazione sul fondo sottoposto ad espropriazione.
L’adito TAR con sentenza n.62/2007 riuniva i gravami e li rigettava, giudicandoli infondati.
Due degli originari ricorrenti, i sigg.ri G D e P G, hanno impugnato tale decisione sostenendo la erroneità delle osservazioni e conclusioni in essa rese
In particolare, parte appellante, in via preliminare critica la statuizione del primo giudice che ha ritenuto legittimo il protrarsi ulteriormente del procedimento espropriativo, trascurando il fatto che i lavori dichiarati indifferibili ed urgenti sono iniziati oltre il termine triennale previsto dalla legge n.1/78. Gli interessati quindi censurano le osservazioni con cui il Tar ha ritenuto, a loro dire erroneamente, infondati i cinque motivi del primo ricorso originario, coincidenti con le censure dedotte con il secondo ricorso e i quattro mezzi dedotti con l’atto di motivi aggiunti, riproponendo, in sostanza le censure, deduzioni e domande già sottoposte al primo giudice.
Resistono al gravame il Ministero delle Infrastrutture e il Ministero dell’Interno che hanno dedotto la infondatezza dell’appello e concluso per la conferma dell’impugnata sentenza
All’odierna udienza pubblica la causa è stata introitata per la decisione.
DIRITTO
L’appello è infondato, meritando il gravato decisum integrale conferma.
Preliminarmente ai motivi di gravame, parte appellante deduce la illegittimità degli atti impugnati sul rilievo dell’avvenuto inizio dei lavori oltre il termine triennale previsto dalla legge n.1/78.
A smentire la fondatezza dell’addebito in questione vale qui ricordare, come già fatto dal primo giudice, la natura meramente sollecitatoria e acceleratoria che la giurisprudenza ha ripetutamente riconosciuto a siffatto termine, senza che la sua inosservanza possa comportare la decadenza della dichiarazione di pubblica utilità (Cons. Stato Sez. V 28/12/2001 n.6435;Cons. Stato Sez. VI 12/4/2005 n.1658 ).
Ciò precisato, col primo mezzo d’impugnazione, parte appellante come già fatto in primo grado, lamenta la mancata comunicazione dell’avviso dell’avvio del procedimento di approvazione del progetto esecutivo dei lavori di realizzazione del tronco stradale di che trattasi, non potendo supplire, a suo avviso, all’obbligo di cui all’art. 7 della legge n.241/90, l’avvenuta pubblicazione dell’avviso di approvazione del progetto de quo su due quotidiani, la Repubblica e La Nuova Sardegna (quest’ultimo di diffusione locale).
Il denunciato vizio non sussiste.
E’ ben noto alla Sezione l’orientamento giurisprudenziale che sottolinea la necessità della previa comunicazione di cui al suindicato art.7 della legge sul procedimento amministrativo nel caso di approvazione di un progetto definitivo o esecutivo cui è connessa peraltro la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera (Cons. Stato Sez. IV 31 dicembre 2012 n.9612;idem 29 maggio 2009 n. 3364;11 aprile 2007 n.1668;14 dicembre 2002 n. 6917), nondimeno nella specie deve ritenersi che gli adempimenti pubblicitari posti in essere dall’ANAS assolvano compiutamente all’obbligo in parola.
Come agevolmente rilevabile dagli atti di causa, i soggetti interessati dalla realizzazione dell’opera pubblica in questione sono una “cinquantina” e tale circostanza tenuto conto altresì della specificità della fattispecie in rilievo cui non può negarsi anche il carattere dell’urgenza, ben ha potuto ex se costituire indice di un caso di gravosità della comunicazione individuale, situazione a fronte della quale soccorre appositamente il disposto recato dal comma 3 dell’art.8 della legge n.241/90 secondo cui “qualora per il numero dei destinatari la comunicazione personale non sia possibile o risulti particolarmente gravosa, l’Amministrazione provvede a rendere noti gli elementi di cui al comma 2 mediante forme di pubblicità idonee di volta in volta stabilite dall’amministrazione”.
Della illustrata norma ha in concreto fatto uso l’ANAS con la pubblicazione dell’avviso di approvazione del progetto sui due quotidiani adempiendo, con una modalità comunicativa di tipo alternativo ma parimenti satisfattiva all’onere procedimentale imposto dalla legge n.241/90 .
Appare utile peraltro far osservare che se l’interesse sotteso all’incombente di cui all’art.7 è anche quello di assicurare una tutela del privato volta a preservarlo da decisioni della pubblica amministrazione calate dall’alto e che vanno ex abrupto ad incidere sulle sue situazioni giuridiche soggettive, nella specie una siffatta finalità risulta essere stata in concreto comunque raggiunta tenuto conto che il manufatto insistente sul tracciato del tronco stradale da realizzare in cui vive la sig.ra L G, figlia degli attuali appellanti proprietari dell’area interferente con il tracciato stesso è stato oggetto di condono limitato all’esistente, con preclusione di ulteriori lavorazioni proprio in relazione alla realizzazione dalla nuova opera stradale (vedasi nota dell’ANAS del 14 aprile 2000 indirizzata, tra gli altri destinatari, alla sig.ra L G) .
Insomma, con riferimento ai profili di preventiva notiziazione, vengono in rilievo atti e situazioni che fanno presumere in maniera del tutto ragionevole come i soggetti interessati dalla esecuzione dell’opera pubblica per cui è causa erano ben a conoscenza da tempo della destinazione urbanistica delle aree in questione, sì da potersi escludere per la peculiarità del caso all’esame l’obbligo per l’Ente di una comunicazione “personale” circa l’attivando procedimento di approvazione del progetto esecutivo di realizzazione del tronco stradale.
Del tutto generica e comunque infondata si appalesa la censura di difetto di istruttoria di cui secondo motivo di gravame.
E’ sufficiente al riguardo dare una scorsa alla corposa documentazione facente parte integrante del fascicolo giudiziario per rendersi conto come fosse ben nota alle Amministrazioni coinvolte nel procedimento di che trattasi la circostanza della presenza del rustico al centro delle aree interessate al tracciato: di tanto fa inconfutabile fede la corrispondenza intercorsa sin dal 1997 tra ANAS, Regione e Comune di Barisardo, in particolare, la nota ANAS del 14 aprile 2000 prot. n. 11670 avente ad oggetto: “richiesta parere ANAS per pratica sanatoria edilizia intestata Gaviano Lucia” .
Con i predetti atti e documenti le Amministrazioni interessate hanno dato adeguata contezza della problematica costituita dalla insistenza di un fabbricato colonico su terreni interessati dal tronco stradale, concordando peraltro, sulla base di dati tecnici all’uopo acquisiti, che il predetto manufatto in relazione alla consistenza e caratteristiche dello stesso non fosse impeditivo della progettata opera viaria.
Con il terzo mezzo di gravame parte appellante censura la statuizione con cui il Tar ha rigettato la doglianza relativa all’omessa sottoposizione del progetto de quo alla valutazione di impatto ambientale (VIA), in violazione della direttiva CE n. 85/37.
La critica mossa al primo giudice non è condivisibile, atteso che il dedotto vizio di legittimità dei provvedimenti impugnati non sussiste.
L’art.2 della Direttiva CE 27/6/1985, 85/337/CE concernente la valutazione di impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, come modificata dalla direttiva 3 marzo 1997, 97/11/Ce deve essere interpretato nel senso che devono essere sottoposti a VIA solo i progetti citati agli allegati I e II di detta direttiva, alle condizioni di cui all’art.4 delle direttiva stessa (cfr Corte di Giustizia CE Sez. VI 10/7/2008 n. 156).
A sua volta l’allegato II della Direttiva n.337/85 contempla alla voce 9 lettera e) anche “la costruzione di strade” in genere e ciò ai soli fini del citato art.4 paragrafo 2 cioè rinviando alla legislazione nazionale la determinazione dei presupposti per l’applicazione o meno della procedura VIA, la qual cosa è avvenuta per il nostro ordinamento, con il DPR 12 aprile 1996 di attuazione della predetta direttiva con cui sono state individuate, nell’esercizio di un tipico potere tecnico-discrezionale le strade da sottoporsi a VIA e l’arteria stradale qui in discussione, per le sue caratteristiche non rientra tra quelle (strade extraurbane di primo livello) per le quali detta procedura necessiti.
E’ il caso inoltre di osservare sempre in ordine agli aspetti di tutela ambientale pure in rilievo che in relazione al progettato tracciato stradale, in sede di Conferenza di Servizi svoltasi tra le varie Amministrazioni interessate in data 1 luglio 1997, sia il rappresentante dell’Assessorato alla Difesa Ambientale sia quello dell’Assessorato alla P.I. e Beni Culturali della Regione Sardegna ebbero ad esprimere parere favorevole in ordine al progetto proposto da ANAS.
Quanto alla questione (quarto punto dell’appello) relativa alla pretesa non tempestività dell’occupazione in relazione al termine perentorio dei tre mesi dalla adozione del relativo decreto che decorrerebbe, ad avviso degli appellanti dall’atto prefettizio del 9 aprile del 2002, anche qui l’argomentazione difensiva volta ad inficiare la statuizione resa con l’ impugnata sentenza non coglie nel segno.
Invero, l’integrazione fatta dal Prefetto di Nuoro con il provvedimento del 10/6/2002 non si atteggia come un mero rinvio al precedente decreto di occupazione d’urgenza del 9/4/2002, ma ha un effetto costitutivo dal momento che è con esso che vengono incluse per la prima volta nei terreni da occupare proprio le particelle di proprietà di parte appellante che quindi solo dall’atto “correttivo” gli interessati si vedono concretamente e negativamente incisi nelle proprie posizioni giuridiche ed è, ovviamente con riferimento a tale inserimento che occorre computare il termine entro cui disporre l’occupazione ex artt. 71 della legge n.2359/1865 e 20 della legge n.765/71.
Passando al punto 5 dell’appello che riproduce il quinto motivo del ricorso di primo grado, in esso si contesta il fondamento della interpretazione resa dal Tar della disciplina legislativa dei termini di fine lavori ed espropriazioni di cui all’art.13 della legge n. 2359 del 25 giugno 1865.
Le osservazioni formulate sul punto dal primo giudice vanno condivise, rivelandosi infondate le doglianze di merito mosse dalla parte interessata.
Secondo la tesi propugnata dagli appellanti l’inutile decorrenza del termine entro il quale doveva avvenire il compimento dei lavori comporterebbe la decadenza della dichiarazione di pubblica utilità dell’opera contenuta nel provvedimento di approvazione del progetto esecutivo, con conseguente illegittimità della procedura ablatoria.
Così non è.
Invero, ritiene il Collegio di poter condividere l’arresto giurisprudenziale già affermato da questo Consiglio di Stato secondo cui per inverarsi la decadenza e/o l’inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità recata dal provvedimento di approvazione del progetto definitivo di opera pubblica è necessario che siano trascorsi tutti i quattro termini previsti dall’art.13 della legge n. 2359/1865, ivi compreso, quindi quello della procedura espropriativa, non essendo sufficiente che sia trascorso quello relativo al compimento dei lavori (Cons. Stato Sez. V 12/4/2005 n. 1658) A tale assunto interpretativo si perviene in primo luogo sulla base del dato letterale della norma in rilievo (“trascorsi i termini”) e se così è, nella specie erano stati fissati due termini diversi, rispettivamente, 1200 giorni per il compimento dei lavori e 1800 giorni per il compimento delle espropriazioni, laddove tale ultimo termine risulta rispettato.
L’inutile decorrenza del termine di compimento dei lavori senza che ne possa derivare la decadenza della dichiarazione della p.u. è rilevabile anche per altra ragione.
Infatti, l’art.13 del DPR n. 327 dell’8 giugno 2001, precedente peraltro al termine di adozione del decreto di approvazione dei lavori de quibus ha previsto come facoltativa l’apposizione del solo termine entro il quale adottare il decreto di esproprio e ha stabilito che in mancanza di detta previsione, si applica il termine massimo di cinque anni (cfr Cons. Stato Sez. IV 27 luglio 2007 n. 4198): di qui l’irrilevanza della dedotta doglianza.
Infine, parte appellante ripropone le censure già fatte valere con i motivi aggiunti prodotti in primo grado e così riassumibili:
a) mancata attivazione del contraddittorio in ordine al procedimento di esproprio, in violazione dell’obbligo di cui agli artt.7 e ss. della legge n.241/90;
b) illegittimità della proroga di 700 giorni effettuata dall’Ente procedente posto che la comunicazione della stessa è avvenuta in epoca successiva alla scadenza da prorogare;
c) carenza di motivazione per non essere state giustificate le ragioni della proroga;
d) sviamento, perché in realtà si è intesi allungare il termine di compimento dei lavori già scaduto.
Tutti i profili di doglianza sopra indicati sono privi di fondamento.
Quanto al punto a), si rinvia a quanto sopra evidenziato in proposito e cioè che gli interessati hanno avuto modo aliunde di conoscere la prossima attivazione delle procedure relative alla progettata realizzazione del tronco autostradale di che trattasi e, comunque i proprietari interessati non hanno avuto affatto cura di evidenziare di essere concretamente in grado, ove avvisati, di influenzare la volontà dell’Amministrazione, nel senso di incidere significativamente sulle determinazioni finali da assumersi dall’Amministrazione procedente, sicchè nella specie viene comunque frustrata la finalità sottesa alle garanzie procedimentali per cui la partecipazione al procedimento non si esaurisce in un formale adempimento, dovendosi atteggiare, invece come pratico ed efficace apporto collaborativo alle decisioni della P.A. (cfr Cons. Stato Sez. IV 15 giugno 2004 n. 4445).
Relativamente al punto b) il rilievo è smentito per tabulas ove si consideri che nella parte narrativa del decreto di proroga è spiegato, sia pure in forma sintetica, che l’adozione di un siffatto provvedimento è riconducibile all’insorgenza di cause di forza maggiore legate alle vicende di rescissione e nuova aggiudicazione dell’appalto dei lavori le quali hanno impedito di osservare il termine di 1800 giorni per il compimento delle espropriazioni e tanto costituisce idonea e giustificativa ragione di proroga (cfr Cons. Stato Sez. IV 3/9/2008 n. 4112).
Il vizio di legittimità dedotto poi al suindicato punto c) non sussiste: invero al di là della pur appassionante questione della natura recettizia o meno dell’atto di proroga, in ordine alla quale sussistono oscillanti arresti giurisprudenziali, nella specie la problematica in questione non si pone, giacchè il termine che si è inteso prorogare attiene a quello del compimento delle espropriazioni e non già a quello del compimento dei lavori e rispetto al primo dei suddetti termini la proroga si è perfezionata prima della scadenza del termine prorogato.
Quanto testè rilevato vale altresì ad evidenziare l’assenza di pregio della censura di sviamento di cui al punto d): anche a voler intravvedere in capo all’Amministrazione procedente il malcelato scopo di prorogare surrettiziamente il termine finale del compimento dei lavori già scaduto, tale eventuale diversa volontà della P.A. non vale ad inficiare gli atti della procedura ablatoria giacchè nella specie la proroga attiene al diverso termine, rispettato, di proroga del termine “ordinario” di compimento procedure espropriative.
Conclusivamente, l’appello si appalesa in toto infondato e va, perciò, respinto con assorbimento di ogni altro motivo od eccezione.
Sussistono, peraltro, giusti motivi, avuto riguardo alla specificità della vicenda per compensare tra le parti le spese e competenze del presente grado del giudizio.