Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2021-06-16, n. 202104650

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2021-06-16, n. 202104650
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202104650
Data del deposito : 16 giugno 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 16/06/2021

N. 04650/2021REG.PROV.COLL.

N. 07522/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 7522 del 2017, proposto da
M R, nella qualità di legale rappresentante pro tempore della F.I.O.M. – C.G.I.L. Lucca, M B, nella qualità di legale rappresentante pro tempore della F.I.O.M. – C.G.I.L. Toscana, G P e S C, rappresentati e difesi dagli avvocati A C e R T, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato C in Roma, via Bisagno, 14;

contro

Autorità portuale della Regione Toscana, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati Lucia Bora e Arianna Paoletti, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
Comune di Viareggio, non costituito in giudizio;

nei confronti

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ministero della difesa, Agenzia delle dogane, Capitaneria di porto di Viareggio, in persona dei legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Polo Nautico Viareggio s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati Roberto Righi, Alberto Morbidelli e Francesco Paoletti, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Maresciallo Pilsudski, 118;
Regione Toscana, Provincia di Lucca, Camera di Commercio di Lucca, Cantiere Navale Versilia s.r.l., non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana (Sezione seconda) n. 376/2017, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Autorità portuale della Regione Toscana;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ministero della difesa, Agenzia delle dogane, Capitaneria di porto di Viareggio;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Polo Nautico Viareggio s.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del 10 giugno 2021, tenuta ai sensi dell’art. 25 del d.-l. n. 137 del 2020, convertito dalla l. n. 176 del 2020, il Cons. Anna Bottiglieri e uditi per le parti gli avvocati Tagliaferri, Paoletti e Righi, in collegamento da remoto;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO

Con deliberazione n. 19 del 30 maggio 2016 il Comitato portuale di Viareggio, organo dell’Autorità portuale della Regione Toscana istituita con legge regionale 28 maggio 2012 n. 23, assunte tra altre le funzioni in materia di rilascio delle concessioni demaniali portuali già di competenza dei comuni, approvava il parziale subingresso di Cantiere Navale Versilia s.r.l. nella concessione del lotto n. 1 dell’area portuale di Viareggio già in capo a Polo Nautico Viareggio s.c.r.l..

La deliberazione era impugnata in uno agli atti presupposti dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Toscana da M R e M B, quali legali rappresentanti della F.I.O.M. - C.G.I.L. Lucca e Toscana, e da G P e S C, quali dipendenti di Polo Nautico Viareggio e residenti nel Comune di Viareggio in dichiarata prossimità all’area portuale.

I ricorrenti censuravano sia l’andamento del procedimento (insufficiente pubblicità dell’istanza di subingresso;
omessa valutazione delle osservazioni endoprocedimentali;
omesso coinvolgimento delle associazioni di categoria;
omessa acquisizione della valutazione dell’Autorità doganale) che la non rispondenza del subingresso all’interesse pubblico. Sotto tale ultimo profilo: ritenevano immotivata la scelta di frazionare l’originaria concessione;
dubitavano della solidità finanziaria dell’impresa subentrante e della idoneità del suo piano industriale ai fini dello sviluppo dell’area in concessione;
lamentavano la carenza di una procedura concorsuale;
esponevano la contrarietà delle attività edilizie previste dal piano industriale della subentrante rispetto al Piano portuale di Viareggio e comunque alla disciplina urbanistica della zona;
lamentavano la violazione della Scheda di ambito 2 del Piano di indirizzo territoriale - PIT.

Con sentenza n. 376/2017 il Tribunale adito, nella resistenza dell’Autorità portuale, dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, del Ministero della difesa e di Polo Nautico Viareggio s.r.l., in accoglimento dell’eccezione di quest’ultima, dichiarava il ricorso inammissibile per difetto di legittimazione dei ricorrenti;
compensava le spese del giudizio. Il primo giudice, in estrema sintesi, alla luce dell’art. 46 del Codice della navigazione, tratteggiava il subingresso come un rapporto trilaterale tra l’Autorità concedente, il concessionario entrante e quello originario, dominato dall’interesse pubblico alla migliore gestione dell’area demaniale. Su tale base escludeva che i due dipendenti dell’originario concessionario fossero legittimati all’impugnazione diretta del subingresso, poiché soggetti terzi rispetto al predetto rapporto, e quindi aventi una posizione di carattere derivativo, o di secondo grado, ovvero, in altre parole, un interesse di mero fatto, tale da legittimare, al più, l’intervento in giudizio. Non riteneva rilevante sul punto che essi fossero anche residenti nel Comune di Viareggio, sussistendo la c.d. “ vicinitas ” ma non la prova dell’incisione negativa della loro sfera giuridica. Escludeva infine la legittimazione ad agire dei restanti ricorrenti, rappresentanti della F.I.O.M., rimarcando l’estraneità della proposta azione giudiziale agli scopi sociali siccome delineati nello statuto dell’Associazione sindacale e ritenendo anche per essi la posizione derivativa rispetto al provvedimento gravato.

Tutti gli originari ricorrenti hanno appellato la sentenza, deducendo con i due primi motivi, sotto diversi profili, le censure di erronea motivazione circa un punto decisivo della controversia e di violazione e falsa applicazione dell’art. 46 Cod. nav., e con il terzo la violazione degli artt. 39 Cod. proc. amm. e 112 Cod. proc. civ. per omessa pronunzia sui motivi di ricorso formulati in primo grado, contestualmente riproposti. Hanno concluso per l’accoglimento dell’appello, per la riforma della sentenza di primo grado e per l’annullamento degli atti gravati.

Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero della difesa, l’Agenzia delle dogane, la Capitaneria di porto di Viareggio si sono costituiti in giudizio con mera memoria di stile.

L’Autorità portuale regionale e Polo Nautico Viareggio s.r.l. si sono costituite in resistenza, sostenendo l’infondatezza del gravame e riproponendo, ex art. 101, comma 2, Cod. proc. amm., le difese dedotte in primo grado in relazione ai motivi di ricorso non esaminati dal primo giudice stante l’arresto della causa a una questione di rito.

Gli appellanti hanno depositato memorie difensive.

La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 10 giugno 2021.

DIRITTO

1. Con la prima censura del primo motivo gli appellanti sostengono che il primo giudice abbia errato nell’ascrivere la vicenda provvedimentale in esame, in continuità con la impugnata deliberazione n. 19 del 30 maggio 2016 del Comitato portuale di Viareggio, all’istituto del subingresso di cui all’art. 46 Cod. nav., e quindi nel delineare il parziale subentro di Cantiere Navale Versilia s.r.l. nella concessione del lotto n. 1 dell’area portuale di Viareggio già in capo a Polo Nautico Viareggio s.c.r.l. come un rapporto di carattere trilaterale e di interesse giuridico esclusivo dei predetti soggetti. Per gli appellanti, i disposti cambiamenti dei termini oggettivi della concessione travalicherebbero la portata della norma, che regola il mero mutamento soggettivo del concessionario, comportando per l’effetto l’ampliamento della platea dei soggetti interessati dalla vicenda e che quindi sono legittimati a far valere in giudizio la loro posizione, che, una volta rapportata all’intera normativa sulla concessione dei beni del demanio marittimo, ricomprenderebbe tutti gli originari ricorrenti, odierni appellanti.

La doglianza è infondata e va respinta;
va quindi escluso che, per tale via, possa riconoscersi la legittimazione ad agire dei ricorrenti negata dal primo giudice.

1.1. L’art. 46 Cod. nav., Subingresso nella concessione , dispone al comma 1 che “[…] quando il concessionario intende sostituire altri nel godimento della concessione deve chiedere l’autorizzazione dell’autorità concedente ”.

Per la giurisprudenza, la ragione di questa prescrizione risiede nell’esigenza di verificare che il subentro rispetti le condizioni di legittimità poste nell’atto concessorio. Si tratta, in particolare, di un controllo pubblico che non attiene al merito delle scelte prettamente negoziali delle parti, venendo in rilievo una fattispecie a formazione progressiva disciplinata da regole privatistiche e pubblicistiche (Cons. Stato, VI, 20 novembre 2017, n. 5321). In particolare, quanto al profilo pubblicistico, al di là del nomen iuris utilizzato dalla norma (autorizzazione), la disciplina in parola delinea un istituto sui generis , diverso sia dal rilascio della concessione di cui agli artt. 36 e ss. Cod. nav. sia dalla mera autorizzazione, trattandosi della sostituzione di un soggetto nell’ambito di un rapporto concessorio preesistente (del quale permangono le condizioni e scadenze), e dunque di una novazione soggettiva, che necessariamente partecipa della natura della concessione demaniale, configurando una sorta di fenomeno derivativo (Cons. Stato, V, 4 gennaio 2018, n.52).

Tanto chiarito, gli elementi evidenziati dagli appellanti non consentono di dubitare che nel caso in esame si tratti di subingresso ex art. 46 Cod. nav. e non di rilascio di nuova concessione. Il frazionamento della originaria concessione non è suscettibile di causare una modificazione oggettiva del titolo, discendendovi esclusivamente la sostituzione della figura del concessionario e a nulla rilevando che essa sia pro quota , considerato che si tratta di un effetto che, in quanto consentito in riferimento all’intera concessione, e in assenza di un divieto legale, deve ritenersi ammesso anche per una sua parte. E’ parimenti priva di rilievo la circostanza che nell’ambito dell’atto impugnato siano stati previsti alcuni interventi edilizi. Questi non comportano né una variazione dello scopo del titolo concessorio né una diversa consistenza dell’area concessa;
inoltre, la sostituzione della figura del concessionario non costituisce un elemento giuridicamente significativo per la loro autorizzazione.

2. Con un secondo gruppo di censure dello stesso motivo gli appellanti ribadiscono, sotto altri profili, che la legittimazione a ricorrere avverso il subingresso andrebbe riconosciuta sia in capo ai due ricorrenti che hanno agito nelle qualità di dipendenti di Polo Nautico Viareggio e di residenti nel Comune di Viareggio in dichiarata prossimità all’area portuale, sia in capo ai due restanti ricorrenti che hanno agito in rappresentanza della F.I.O.M..

Tutte le argomentazioni spese sul punto non possono essere condivise.

2.1. In linea generale, va osservato che il processo amministrativo non costituisce una giurisdizione di diritto oggettivo, volta a ristabilire una legalità che si assume violata, ma ha la funzione di dirimere una controversia fra un soggetto che si afferma leso in modo diretto e attuale da un provvedimento amministrativo e l’amministrazione che lo ha emanato (Cons. Stato, V, 27 febbraio 2020, n. 2464;
9 dicembre 2019, n. 8399;
19 febbraio 2007, n. 826). In particolare, il diritto al ricorso nel processo amministrativo sorge in conseguenza della lesione attuale di un interesse sostanziale e tende a un provvedimento del giudice idoneo, se favorevole, a rimuovere quella lesione (Cons. Stato, II, 20 giugno 2019, n. 4233). Le condizioni soggettive per agire in giudizio sono, come noto, la legittimazione processuale, cosiddetta legittimazione ad agire, e l’interesse a ricorrere (Cons. Stato, IV, 21 gennaio 2019, n. 508). Nel giudizio impugnatorio, la legittimazione ad agire spetta al soggetto che afferma di essere titolare della situazione giuridica sostanziale di cui lamenta l’ingiusta lesione per effetto del provvedimento amministrativo, posizione speciale e qualificata che lo distingue dal quisque de populo rispetto all’esercizio del potere amministrativo, mentre l’interesse al ricorso consiste nel vantaggio pratico e concreto che può derivare al ricorrente dall’accoglimento dell’impugnativa (Cons. Stato, IV, 1° giugno 2018, n. 3321;
19 luglio 2017, n. 3563).

Alla luce delle predette coordinate ermeneutiche, bene ha fatto il primo giudice, una volta (correttamente) inquadrato il contestato provvedimento nell’ambito dell’art. 46 del Codice della navigazione, a ritenere che la vicenda sostitutiva in parola concerne esclusivamente il rapporto intercorrente tra l’Autorità concedente, il concessionario entrante e il concessionario originario, nonché le relative posizioni giuridiche, sicchè i dipendenti di quest’ultimo, in quanto soggetti terzi rispetto al predetto rapporto e privi di una situazione giuridica sostanziale che li legittima alla diretta difesa in giudizio, non hanno legittimazione ad agire avverso detto provvedimento.

Questa Sezione del Consiglio di Stato, proprio in materia di concessioni demaniali marittime, ha infatti escluso che il dipendente di una società interessata da un provvedimento amministrativo vanti una posizione giuridica autonoma, “ potendosi riconoscere a quest’ultimo solo una posizione derivata dal contratto a tempo indeterminato ”, che non lo legittima a proporre diretta impugnativa (Cons. Stato, V, 2 novembre 2016, n. 4588).

2.3. Nulla cambia considerando che i medesimi ricorrenti di cui sopra sono residenti nel Comune di Viareggio in dichiarata prossimità all’area portuale: come pure rilevato dal primo giudice, non vi è infatti alcuna dimostrazione che il provvedimento impugnato abbia inciso negativamente nella loro sfera giuridica.

Si rammenta sul punto l’approdo giurisprudenziale – raggiunto nella diversa materia edilizia ma di portata sistematica, e indi destinato a trovare applicazione generale nel processo amministrativo, come attestato da Cons. Stato, V, 28 agosto 2017, n. 4090, in materia di concessione in gestione di un’area comunale – secondo cui la c.d. “ vicinitas ”, da sola, non è elemento sufficiente a fondare l’interesse a impugnare, dovendosi ulteriormente dimostrare che quanto contestato abbia la capacità di propagarsi sino a incidere negativamente sulla proprietà del ricorrente (Cons. Stato, V, 15 dicembre 2017, n. 5908;
IV, 19 novembre 2015, n. 5278). Ciò in quanto la vicinitas , nell’identificare una posizione qualificata idonea a rappresentare la legittimazione a impugnare il titolo edilizio, non assorbe ogni ulteriore valutazione relativa all’interesse a ricorrere (come in precedenza ritenuto). Sicchè, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, deve essere concretamente indagato e accertato anche l’interesse ad agire, in coerenza con i principi generali sulle condizioni per l’azione nel processo amministrativo (così Cons. Stato, II, 23 dicembre 2020, n. 8289, che richiama Ad. Plen. 25 febbraio 2014, n. 9;
IV, 19 novembre 2015, n. 5278;
5 febbraio 2018, n. 707).

2.4. Con l’ultima censura del primo motivo gli appellanti sostengono la legittimazione ad agire della F.I.O.M., che ritengono sussistente sia ove l’impugnazione amministrativa riguardi un atto lesivo degli interessi di tutti gli iscritti sia ove l’effetto lesivo sia riscontrabile solo per alcuni di essi;
evidenziano ancora che nel caso di specie si tratterebbe di interessi che sono statutariamente tutelati dall’Associazione sindacale, tant’è che questa nel corso del procedimento è stata coinvolta dagli enti competenti, ancorchè in maniera inadeguata.

La censura non convince.

Le argomentazioni degli appellanti non valgono a superare la conclusione che, una volta esclusa la legittimazione ad agire dei dipendenti, a fortiori deve escludersi la legittimazione dell’associazione sindacale che li rappresenta, mentre, quanto allo scopo della difesa degli interessi dei lavoratori di cui allo statuto F.I.O.M., deve ribadirsi quanto già rilevato in relazione ai singoli dipendenti circa il carattere derivato e quindi di mero fatto dell’interesse azionato nella fattispecie;
infine la circostanza, parimenti fattuale, che l’Associazione sia stata coinvolta nel procedimento di subingresso non costituisce valida ragione per derogare ai principi che fondano le condizioni dell’azione nel processo amministrativo.

3. Deve essere respinto anche il secondo motivo, con il quale gli appellanti affermano che l’art. 46 del Codice della navigazione non consente alcun automatismo, sicchè la loro legittimazione ad agire andrebbe riconosciuta anche in ragione della tutela degli interessi tipici considerati dalla norma: si tratta infatti di un’argomentazione che nulla aggiunge alle considerazioni precedentemente esposte, che fanno perno proprio sull’art. 46 in parola.

4. Confermata come sopra la correttezza della declaratoria di inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione ad agire disposta della sentenza di primo grado, va infine esclusa la fondatezza dell’ultima censura, con cui gli appellanti hanno dedotto l’omessa pronunzia sui motivi del gravame, contestualmente riproposti: questi, in ragione della pronunzia in rito, non dovevano infatti essere esaminati. Anche in questa sede non vi è quindi luogo per il loro scrutinio.

5. Per tutto quanto precede, l’appello deve essere respinto.

Il Collegio ravvisa giusti motivi, considerata la peculiarità della questione, per disporre la compensazione tra le parti delle spese del grado.

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