Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2020-05-04, n. 202002826
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Testo completo
Pubblicato il 04/05/2020
N. 02826/2020REG.PROV.COLL.
N. 04532/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4532 del 2019, proposto da B K, rappresentato e difeso dall'avvocato E S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. V C in Roma, via S. Cansacchi 11;
contro
Ministero dell'Interno, Ufficio Territoriale del Governo Roma, Questura Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma via dei Portoghesi, 12, è
ope legis
domiciliato;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 00653/2019.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno in cui si incardinano, quali organi periferici, l’Ufficio Territoriale del Governo di Roma e la Questura di Roma;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 aprile 2020 il Cons. Umberto Maiello e trattenuta la causa in decisione ai sensi dell’art. 84, comma 5. del d.l. n. 18/2020 a seguito di camera di consiglio svoltasi in modalità da remoto;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con la domanda in epigrafe, l’odierno appellante ha chiesto la riforma, con sospensione della relativa esecutività, della sentenza n. 653/2019, con la quale il TAR per il Lazio, Sez. Prima Ter, ha respinto il ricorso proposto avverso il decreto questorile del 3.9.2018 di rigetto dell'istanza volta ad ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato.
Il giudice di prime cure ha, invero, ritenuto immune dalle censure attoree il decreto questorile nella parte in cui oppone, quale circostanza ostativa all’accoglimento della domanda, che l’odierno appellante non avesse sufficientemente comprovato l’effettiva disponibilità di un’idonea sistemazione alloggiativa.
Giova, al riguardo, precisare che il signor K B inizialmente aveva dichiarato di domiciliare nel Comune di Roma (via Dalmazia n. 9);di poi informava l’Autorità procedente di aver chiesto la residenza nel Comune di Nettuno (producendo, a tali fini, una ricevuta di richiesta di residenza relativa all’indirizzo di via Lago Maggio n. 1), quindi, nel corso della dialettica procedimentale seguita al preavviso di rigetto di cui all’articolo 10 bis della legge n. 241/1990, produceva un certificato di residenza presso il Comune di Ardea, in viale Enea 15.
Il Questore di Roma, con il provvedimento fatto oggetto di gravame, oltre a dare atto della caotica sovrapposizione nel corso del procedimento dei dati informativi forniti dalla parte, non prestava fede nemmeno a tale ultima allegazione in ragione del fatto che le relative risultanze sarebbero state smentite dalla Polizia locale.
A sostegno del mezzo in epigrafe l’appellante lamenta l’insufficienza del corredo istruttorio su cui riposa il provvedimento impugnato, ribadendo di risiedere ad Ardea, come comprovato dal possesso della carta di identità, e di lavorare a Nettuno, di talché, nel costrutto giuridico attoreo, è verosimile ipotizzare che l’accertamento con esito negativo svolto dalla Polizia Municipale sia dovuto alla sua provvisoria assenza da casa che, però, andrebbe giustappunto spiegata in ragione degli impegni lavorativi assolti in altra località (id est nel territorio del Comune di Nettuno).
Il Ministero intimato resiste in giudizio con memoria di mero stile.
Con ordinanza n. 3386 del 4.7.2019 questa Sezione ha sospeso, all’esito dell’udienza di trattazione dell’istanza cautelare avanzata dall’appellante, l’esecutività della sentenza di primo grado.
Di poi, con decreto n. 124/2019 del 16.7.2019, la Commissione per il patrocinio a spese dello Stato costituita presso questo Consiglio di Stato ha accolto l’istanza proposta da K B e, per l’effetto, lo ha ammesso in via anticipata e provvisoria, al patrocinio a spese dello Stato relativamente al giudizio qui in rilievo.
All’udienza del 23.4.2020, sulla base degli atti ed in applicazione dell’art. 84, comma 5. del d.l. n. 18/2020, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
L’appello è fondato e, pertanto, va accolto.
Vale premettere che il Collegio non pone qui in discussione il requisito, da ritenersi tuttora necessario, della dimostrazione di una stabile ed idonea sistemazione alloggiativa per fruire di un valido titolo di soggiorno, come è fatto palese da una lettura sistemica degli artt. 4 co. 3 (per come integrato dall’articolo 2 della direttiva del Ministero dell’Interno dell’1.3.2000), 6 co. 7 e 8, 26 comma 3 d. lgs. n. 286/1998, articolo 9 comma 2 lettera b del d.p.r. 394/1999, onde consentire all’Amministrazione di monitorare gli spostamenti del cittadino extracomunitario anche per esigenze di sicurezza ovvero al fine di assicurare che la competente Autorità possa essere messa a conoscenza di tutte le circostanze rilevanti e sia posta agevolmente in grado di notificare i propri provvedimenti (cfr. ex plurimis, Cons. St., sez. III, 1° aprile 2016, n. 1313;Cons. St., sez. III, 10 luglio 2013, n. 3710;Cons. St., sez. VI, 19 agosto 2008, n. 3961 e da ultimo sez. III, 4 giugno 2018 n. 3344).
Di contro, ritiene il Collegio che la decisione di prime cure vada riformata nella parte in cui ha stimato come inconferenti le sopravvenienze maturate, all’esito dell’interlocuzione dialettica seguita alla comunicazione di preavviso di rigetto, prima dell’adozione del provvedimento qui gravato, nonostante l’espressa previsione di cui all’articolo 5 comma 5 del d. lgs 286/1998 che valorizza la circostanza che siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio.
Ed, invero, in disparte il fatto che è mancata una disamina della tempistica che ha accompagnato le informazioni fornite dall’odierno appellante circa la propria dimora nell’arco del procedimento di rinnovo del permesso di soggiorno, anche in considerazione dell’ampia durata (dal 9.2.2017 al 3.9.2018) che ha caratterizzato il suo complessivo sviluppo, deve rilevarsi l’insufficienza dei dati istruttori acquisiti nel corso del giudizio di primo grado, non essendosi in quella sede l’Amministrazione erariale peritata di produrre, a conforto delle proprie tesi, la comunicazione della Polizia locale del Comune di Ardea circa l’esito negativo degli accertamenti svolti sulla residenza del K B nel territorio del suddetto Comune né, comunque, di circostanziare le ragioni per cui il certificato di residenza prodotto dovesse ritenersi smentito nella sua valenza rappresentativa.
I ripetuti cambi di dimora, vieppiù se registrati in un torno di tempo apprezzabile, non valgono di per sé ad acclarare, con la pretesa automaticità, un quadro di totale inaffidabilità delle comunicazioni all’uopo fornite dall’interessato, occorrendo, a tali fini, completare l’istruttoria onde verificare la veridicità dei dati acquisiti e solo all’esito trarre coerenti conclusioni sulla disponibilità o meno di una stabile ed idonea sistemazione alloggiativa.
E la divisata insufficienza del quadro istruttorio di riferimento è rimasta immutata nonostante, con l’ordinanza cautelare sopracitata, questa Sezione avesse, accogliendo l’istanza cautelare dell’appellante, già evidenziato il qui ribadito deficit informativo.
Ed, invero, l’Amministrazione intimata, costituita in giudizio con memoria di mero stile, anche sul piano argomentativo ha omesso, nonostante le sollecitazioni rinvenienti dalla mentovata ordinanza, di far pervenire in giudizio i pur doverosi chiarimenti che le divisate lacune del proprio costrutto rendevano assolutamente necessari.
In ragione di quanto fin qui evidenziato, le deduzioni dell’appellante sulla veridicità del certificato di residenza prodotto nel corso del procedimento amministrativo non possono ritenersi smentite con la conseguenza che l’appello va accolto e, per l’effetto, in riforma della decisione appellata, s’impone l’annullamento degli atti impugnati in primo grado.
Quanto al regime delle spese di giudizio, ferma la conferma del decreto di ammissione dell’appellante al patrocinio a spese dello Stato, sussistono giusti motivi per disporre la compensazione in ragione della peculiarità della vicenda qui scrutinata.