Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2013-02-01, n. 201300614

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2013-02-01, n. 201300614
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201300614
Data del deposito : 1 febbraio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02317/2008 REG.RIC.

N. 00614/2013REG.PROV.COLL.

N. 02317/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2317 del 2008, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall’avv. N F, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. F B in Roma, viale Angelico, 45;

contro

Università degli Studi di Pisa, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, Sezione I, n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente la graduatoria di merito relativa al concorso per l’ammissione alla Scuola di specializzazione per l’insegnamento nella scuola secondaria (

SSIS

Toscana) per l’a.a. 2006/2007, approvata con decreto del Rettore dell’Università di Pisa di estremi ignoti e pubblicata sul sito web della medesima università in data 13 novembre 2006.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza del giorno 20 marzo 2012 il consigliere A P e udito, per l’Università di Pisa, l’avvocato dello Stato Greco;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La ricorrente afferma:

- di avere partecipato al concorso indetto dall’Università degli Studi di Pisa, per l’ammissione alla scuola di specializzazione per l’insegnamento nella scuola secondaria per l’a.a. 2006/2007;

- di avere superato la prova scritta con un punteggio che, sommato ai titoli posseduti, ammontava a 48 punti e che le consentiva di collocarsi provvisoriamente al 12° posto in graduatoria;

- di avere invece appreso, dopo la pubblicazione della graduatoria finale, che, per l’indirizzo prescelto, solo 25 candidati erano stati dichiarati vincitori del concorso non avendo superato il punteggio minimo, pari a 10/30, richiesto ai fini del supermanto della seconda ed ultima prova;

- di avere ravvisato, previo accesso agli atti, la sussistenza di vizi nell’operato della commissione, in particolare l’illogicità e la contraddittorietà della specifica valutazione e del punteggio di soli 8 punti che le è stato assegnato, a fronte della valutazione di altri candidati.

Con il ricorso di primo grado, in relazione alla seconda prova sostenuta, ha dedotto, sostanzialmente, la disparità di trattamento nei confronti di altri candidati, che, a fronte di un giudizio sintetico del tutto analogo, avrebbero conseguito punteggi di gran lunga superiori.

La sentenza impugnata ha rilevato preliminarmente il contenuto del giudizio (così formulato: “Il candidato pur individuando correttamente il nome dell’opera ne fornisce un inquadramento storico-culturale superficiale e nozionistico – carente la parte descrittiva – errata grafia di un’opera di P e del nome di battesimo di B”), osservando poi che, ancorché sintetico, il giudizio non appare in contrasto logico con il punteggio attribuito, rivelando le lacune riscontrate nella prova in esame e costituendo un coerente supporto motivazionale del voto assegnato.

La sentenza ha poi compiuto un esame comparativo dei giudizi attributi agli altri candidati collocati nella graduatoria di merito pervenendo alla conclusione dell’insussistenza della dedotta disparità di trattamento.

La sentenza ha respinto altresì l’ulteriore censura basata sulla insufficienza del tempo dedicato dalla commissione giudicatrice alle operazioni di valutazione degli elaborati in quanto essa non è di per sé idonea ad inficiare l’operato della commissione.

La ricorente ha impugnato la sentenza deducendo i seguenti motivi così epigrafati:

I) motivazione insufficiente, illogica e contraddittoria in riferimento al primo motivo del ricorso di prime cure (eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità manifesta, irragionevole disparita di trattamento, motivazione insufficiente ed erronea);

II) motivazione erronea e insufficiente in relazione al secondo motivo del ricorso di prime cure (violazione dei principi generali in materia di valutazione di prove selettive;
eccesso di potere per violazione dei principi di buon andamento e logicità).

Si è costituita in giudizio l’Università degli studi di Pisa, sostenendo l’infondatezza del ricorso.

All’udienza del 20 marzo 2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato.

Il Collegio non può che ribadire il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui: “Le valutazioni delle commissioni giudicatrici sulle prove di concorso costituiscono espressione dell’ampia discrezionalità riconosciuta all’organo straordinario dalla legge per poter effettivamente selezionare, tra tutti i partecipanti al concorso, i candidati migliori, e non possono essere sostituite dalle valutazioni del giudice amministrativo, impingendo nel merito dell’azione amministrativa, salvo che essa non sia ictu oculi inficiata da irragionevolezza, irrazionalità, arbitrarietà o travisamento dei fatti” (Consiglio Stato, IV, 14 aprile 2010, n. 2112).

Da questo canone ermeneutico deriva che l’illegittimità della valutazione, proprio perché deve emergere ictu oculi, può essere pronunciata dal giudice attraverso il solo confronto tra l’elaborato eseguito dal candidato e il giudizio espresso dalla commissione. Ammettere che il giudice della legittimità possa addentrarsi nell’accertamento della disparità di trattamento esclude in radice l’immediata percezione dell’illegittimità perché in tale operazione valutativa il presupposto diventa inevitabilmente la prova sostenuta dagli altri candidati, valutata favorevolmente dalla commissione. In tale attività il giudice della legittimità si sostituisce in toto (e in palese violazione dei limiti della propria giurisdizione) nelle funzioni e nelle competenze alla commissione esaminatrice.

Anche il secondo motivo di ricorso è infondato.

Il collegio non può che ribadire che: “Non è sindacabile in sede di legittimità la congruità del tempo dedicato dalla commissione giudicatrice alla valutazione delle prove d’esame di candidati;
in primo luogo, infatti, manca una predeterminazione, sia pure di massima, ad opera di legge o di regolamenti, dei tempi da dedicare alla correzione degli scritti;
in secondo luogo, non è possibile, di norma, stabilire quali concorrenti abbiano fruito di maggiore o minore considerazione e se, quindi, il vizio dedotto infici in concreto il giudizio contestato. Inoltre, i calcoli risultano scarsamente significativi laddove siano stati effettuati in base ad un computo meramente presuntivo, derivante dalla suddivisione della durata di ciascuna seduta per il numero dei concorrenti o degli elaborati esaminati” (Cons. Stato, VI, 24 settembre 2009, n. 5725).

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.

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