Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-09-05, n. 202308181

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-09-05, n. 202308181
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202308181
Data del deposito : 5 settembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/09/2023

N. 08181/2023REG.PROV.COLL.

N. 05986/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 5986 del 2022, proposto da
Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Settentrionale, in persona del legale rappresentante pro tempore , in relazione alla procedura CIG 8804025F40, rappresentata e difesa dagli avvocati S Z e V C, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

contro

Duferco Italia Holding s.p.a. e Dp Consulting s.r.l., in persona dei legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dagli avvocati E C e F T D, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
Presidenza del Consiglio dei ministri, Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, Ministero della cultura e Ministero della transizione ecologica, in persona dei legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto (Sezione prima) n. 612/2022, resa tra le parti.


Visto il ricorso in appello dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Settentrionale;

Visto l’appello incidentale di Presidenza del Consiglio dei ministri, Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, Ministero della cultura e Ministero della transizione ecologica;

Visto l’appello incidentale di Duferco Italia Holding s.p.a. e Dp Consulting s.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del 12 gennaio 2023 il Cons. A B e uditi per le parti gli avvocati Zunarelli, Croci e Vagnucci, in delega per l’avvocato Turrini Dertenois;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO

I. Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, nella resistenza dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Settentrionale, della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e del Ministero della cultura:

A) in parziale accoglimento delle domande contenute nel ricorso e nei motivi aggiunti proposti da Duferco Italia Holding s.p.a. e Dp Consulting s.r.l., annullava:

a) gli atti indittivi della procedura pubblicata dalla predetta Autorità il 29 giugno 2021, avente a oggetto “ Concorso di idee - realizzazione e gestione di punti di attracco fuori dalle acque protette della Laguna di Venezia (decreto legge 1.4.2021, n. 45 convertito in legge 17.5.2021, n. 75”) , nella parte in cui dispongono la collocazione dei punti di attracco in ambito esterno alle “ acque protette della Laguna di Venezia ”, precisando che per “acque protette” si intendono tutte le superfici interne alla Conterminazione Lagunare (d.m. LL.PP. n. 9/1999);

b) il parere del Ministero per i beni e le attività culturali e del turismo n. 28261 del 10 ottobre 2017 e il sotteso parere della Direzione generale archeologia belle arti e paesaggio, Servizio V, Tutela del paesaggio, n. 26553 del 21 settembre 2017;

B) in accoglimento della domanda di accertamento pure contenuta nell’impugnativa, dichiarava l’illegittimità della mancata conclusione del procedimento di autorizzazione del progetto “Venis Cruise” elaborato dalle ricorrenti in relazione al problema delle c.d. “grandi navi” nella Laguna di Venezia, con conseguente obbligo del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili di trasmettere il progetto, il parere della Commissione e gli atti del procedimento esistenti al CIPESS, previo svolgimento dell’ulteriore attività istruttoria normativamente necessaria;

C) compensava tra le parti le spese del giudizio.

II. L’autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Settentrionale ha appellato la predetta sentenza, avverso cui ha dedotto: 1) Erroneità per manifesta contraddittorietà del dispositivo e della motivazione;
ineseguibilità del decisum giurisdizionale;
2) Inammissibilità del ricorso di primo grado per mancata integrazione del contraddittorio;
qualifica di “controinteressato” del Comune di Cavallino Treporti;
3) Inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di interesse in capo alle due società ricorrenti;
4) Erroneità dell’affermazione per cui il progetto “Venis Cruise” è qualificabile alla stregua di un progetto preliminare ai sensi e per gli effetti dell’art. 165 del d.lgs. 163/2006;
5) Erroneità nella parte in cui attribuisce portata escludente al riferimento, operato dall’avviso in questione, alla conterminazione lagunare quale limite all’ubicazione delle proposte progettuali ammesse a partecipare al “concorso di idee”;
6) Ancora sull’interesse a ricorrere;
contraddittorietà delle argomentazioni portate dal giudice di primo grado a sostegno della natura “provvisoria” della soluzione progettuale prospettata dalle odierne appellate;
7) Erroneità per travisamento di situazione di fatto nella parte in cui assume la possibilità di adottare il progetto “Venis Cruise” quale soluzione provvisoria al problema dell’accesso delle “grandi navi” al Porto di Venezia;
8) Erroneità sotto il profilo dell’ identificazione del concetto di “acque protette” con quello di “acque tranquille”;
9) Erroneità per violazione dell’ordine procedimentale fissato dall’art. 165 del d. lgs.163/2006, nonché per violazione delle prerogative delle Amministrazioni dello Stato competenti all’approvazione del progetto “Venis Cruise 2.0”;
10) Erroneità per omessa considerazione delle peculiarità previste dagli artt. 165 e ss. del d. lgs. 163/2006 per la via “speciale” applicabile alla realizzazione delle infrastrutture strategiche;
violazione dei principi di imparzialità, legalità e buon andamento dell’azione amministrativa.

L’Autorità, riproposte le deduzioni e le eccezioni formulate nel giudizio di primo grado ai sensi dell’art. 101 comma 2 Cod. proc. amm., ha concluso per l’annullamento integrale della sentenza impugnata.

III. La Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, il Ministero della cultura e il Ministero della transizione ecologica hanno proposto appello incidentale avverso la stessa sentenza, cui hanno imputato: 1) Error in procedendo et in iudicando ;
omessa rilevazione dell’inammissibilità del ricorso di primo grado a causa della non consentita proposizione cumulativa di domande non connesse;
ultrapetizione;
violazione dell’art. 31 Cod. proc. amm.;
2) Error in procedendo et in iudicando ;
inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di legittimazione quanto alla pretesa inottemperanza all’obbligo di concludere l’esame del progetto “Venis Cruise”;
3) Error in procedendo et in iudicando ;
inammissibilità del ricorso di primo grado per carenza di interesse in relazione all’impugnazione degli atti di indizione del concorso di idee;
4) Error in iudicando ;
infondatezza della domanda di accertamento dell’illegittimità del silenzio serbato in relazione al progetto “Venis Cruise”;
violazione e falsa applicazione degli artt. 163 e 165 del d.lgs. 163/2006;
5) Error in iudicando ;
erroneità della declaratoria di parziale illegittimità degli atti di indizione del concorso di idee;
violazione e falsa applicazione degli articoli 3 del d.-l. 45/2021 convertito dalla l. 75/2021 e 2 del d.lgs. 71/2015, come modificato dall’art. 2 del d.lgs. 8 novembre 2021, n. 194;
violazione della normativa speciale a tutela della Laguna di Venezia;
violazione del principio tempus regit actum ;
6) Violazione e falsa applicazione degli artt. 182 e 184 del d.lgs. 163/2006;
incompetenza;
violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della l. 241/1990;
difetto di motivazione. Anche l’appellante incidentale ha domandato la riforma integrale della sentenza impugnata.

IV. Le società originarie ricorrenti si sono costituite in giudizio. Hanno sostenuto l’erroneità della ricostruzione effettuata nell’appello principale e dell’appello incidentale, ne hanno sostenuto l’inammissibilità e l’infondatezza e hanno reiterato le istanze risarcitorie.

Hanno poi a loro volta proposto appello incidentale diretto avverso il mancato accoglimento o l’assorbimento da parte del T di alcune domande contenute nel loro atto introduttivo del giudizio relative: 1) All’incostituzionalità dell’art. 3 del d.-l. n. 45/2021 convertito dalla l. 75/2021, per contrasto: con l’art. 97 Cost.;
con gli artt. 77 e 97 Cost.;
con l’art. 97 Cost. sotto altro profilo;
con gli artt. 3 e 97 Cost. sotto altro profilo;
con gli artt. 3, 24, 97 e 113 Cost.;
2) Alle domande risarcitorie proposte in primo grado. Hanno quindi domandato: la riforma in parte qua della sentenza impugnata;
la rimessione alla Corte Costituzionale della questione incidentale di costituzionalità dell’art. 3 del d.-l. 45/2021, convertito dalla l. 75/2021;
la condanna delle Amministrazioni intimate al risarcimento del danno ingiusto cagionato alle società in conseguenza del ritardo nella conclusione del procedimento di autorizzazione del progetto “Venis Cruise”;
la condanna delle Amministrazioni intimate al risarcimento del danno ingiusto cagionato alle società in violazione del loro legittimo affidamento nella positiva conclusione del procedimento di autorizzazione del progetto “Venis Cruise” secondo un fondato giudizio prognostico;
la condanna dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Settentrionale al risarcimento del danno ingiusto cagionato alle società dall’adozione del bando di concorso oggetto di impugnazione.

V. Alla camera di consiglio del 25 agosto 2022 la domanda cautelare contenuta negli appelli delle Amministrazioni è stata abbinata al merito.

Nel prosieguo, tutte le parti hanno affidato a memorie e repliche lo sviluppo delle loro tesi difensive.

La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 12 gennaio 2023.

DIRITTO

1. E’ indispensabile tratteggiare il contesto nel quale si inseriscono le questioni dibattute.

2. Con decreto 2 marzo 2012, a seguito di un grave incidente di navigazione occorso in prossimità di aree nazionali di grande valore ecosistemico e ambientale, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, stabilì, tra altro, per la Laguna di Venezia, Canale di San Marco e Canale della Giudecca, il divieto di transito delle navi adibite al trasporto di merci e passeggeri superiori a 40.000 tonnellate di stazza lorda [art. 2 comma 1 lett. b) punto 1], prevedendo che il divieto trovasse applicazione “ a partire dalla disponibilità di vie di navigazione praticabili alternative a quelle vietate, come individuate dall’Autorità marittima con proprio provvedimento. Nelle more di tale disponibilità, l’Autorità marittima, d’intesa con il Magistrato alle acque di Venezia e l’Autorità portuale, adotta misure finalizzate a mitigare i rischi connessi al regime transitorio perseguendo il massimo livello di tutela dell’ambiente lagunare ” (art. 3 comma 1).

Il 6 settembre 2013 il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, in risposta a interrogazioni parlamentari, esponeva di avere attivato presso il Dicastero un tavolo tecnico composto da varie Autorità per la valutazione di cinque proposte progettuali aventi a oggetto la risoluzione della predetta questione, tra le quali comparivano: una proposta elaborata dall’Autorità portuale, soluzione c.d. “Contorta”;
una proposta elaborata dal Comune di Venezia, soluzione c.d. “Marghera”;
una proposta elaborata dall’ing. Cesare De Piccoli, c.d. soluzione “Bocca di Lido”.

Quest’ultima proposta, comportante la realizzazione di un nuovo terminal per le navi da crociera presso la Bocca di Lido, oltre le paratoie del MOSE, in prossimità del molo nord, l’attracco delle navi presso il nuovo terminal e il trasporto dei passeggeri alla Stazione marittima con mezzi nautici appositamente progettati, era positivamente valutata dalla Commissione tecnica di verifica VIA e VAS (poi CTVIA) con parere n. 1345 del 27 settembre 2013.

Con decreto 5 dicembre 2013 n. 472 la Capitaneria di Porto di Venezia stabiliva che la soluzione “Contorta” fosse comparata, sotto il profilo della sostenibilità ambientale e socio economica, con le altre soluzioni proposte.

In tal senso si esprimeva anche il Senato della Repubblica con ordine del giorno del 6 febbraio 2014.

Per l’effetto, con atto del 18 febbraio 2014 il Ministero delle infrastrutture chiedeva all’Autorità marittima l’intera documentazione acquisita in relazione alle soluzioni alternative presentate dai vari soggetti pubblici e privati ed evidenziava l’urgenza dei relativi lavori.

Con delibera 8 agosto 2014 il Comitato per la salvaguardia di Venezia e della sua Laguna stabiliva di sottoporre a VIA la soluzione “Contorta” e gli altri progetti presentati aventi un adeguato livello di definizione, valutandoli eventualmente nell’ambito dello stesso procedimento, nonché di avviare ulteriori studi di approfondimento sulla soluzione “Marghera” e sulla possibilità di individuare “ una nuova stazione marittima passeggeri alle bocche di porto nel quadro di un ridisegno dell’assetto urbanistico e trasportistico del Comune di Cavallino-Treporti e del Lido di Venezia che contestualizzi la soluzione dei problemi di accessibilità da terra per passeggeri, meri e rifiuti legata alla crocieristica ”.

In tale ottica le società originarie ricorrenti, Duferco Italia Holding s.p.a. e Dp Consulting s.r.l. (di seguito, le Società), sviluppando la soluzione “Bocca di Lido”, realizzavano il progetto “Venis Cruise 2.0”, per il quale presentavano il 16 settembre 2014 al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare istanza ex d.lgs. 152/2006, Norme in materia ambientale , art. 21, Definizione dei contenuti dello studio di impatto ambientale .

Il predetto Ministero, con note 6 ottobre 2014 e 5 agosto 2015, evidenziava che il predetto progetto, una volta effettivamente presentato, avrebbe dovuto collocarsi nelle procedure approvative di cui all’art. 165 e ss. del d.lgs. 163/2006, afferente ai lavori relativi a infrastrutture strategiche e insediamenti produttivi.

Con nota 23 dicembre 2014 la CTVIA trasmetteva al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare il parere n. 169 del 19 dicembre 2014, che, rilevato come il progetto “Venis Cruise”, avesse sufficientemente documentato gli aspetti essenziali per la verifica e l’analisi preparatorie della fase di consultazione di cui all’art. 21 d.lgs. 152/2006 e in riferimento alla studio preliminare ambientale, richiedeva di approfondire e sviluppare diversi profili in ordine ai suoi aspetti programmatici, progettuali e ambientali.

Il 9 aprile 2015 le Società presentavano istanza di VIA ai sensi degli artt. 165, 167 comma 3 e 183 del d.lgs. 163/2006 e il 15 febbraio 2016 davano seguito alle richieste di integrazioni documentali richieste dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare il 18 dicembre 2015.

Con parere n. 2234 del 25 novembre 2016, la CTVIA esprimeva parere positivo circa la compatibilità ambientale del progetto preliminare “Venis Cruise” nella versione alternativa B, condizionandolo al rispetto di un articolato elenco di prescrizioni da apportare nella fase di progettazione definitiva. Il parere veniva quindi trasmesso al Ministero delle infrastrutture il 7 marzo 2017.

La CTVIA esprimeva invece parere negativo in relazione alle soluzioni “Contorta” e “Marghera” (pareri n. 2250 del 2 dicembre 2016 e n. 1735 del 6 marzo 2015).

L’Autorità portuale di Venezia impugnava il parere positivo CTVIA sul progetto “Venis Cruise”.

Il T Veneto respingeva il ricorso con sentenza n. 487/2018.

L’Autorità presentava appello avverso la predetta sentenza, che veniva respinto con decisione n. 5984/2019 della Sezione IV di questo Consiglio di Stato, che riteneva l’inammissibilità del ricorso di primo grado, in quanto:

- nella fattispecie doveva trovare applicazione il procedimento della c.d. VIA “speciale” all’epoca disciplinato dagli articoli 165, 167 e 183 del d.lgs. 163/2006;

- nell’ambito di tale procedimento, il giudizio definitivo di compatibilità ambientale non competeva al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare bensì al CIPE, ovvero, nell’ipotesi di dissenso del Ministero dell’ambiente o del Ministero per i beni e le attività culturali, al Consiglio dei ministri;

- il Ministero dell’ambiente non aveva neanche espresso il proprio giudizio, risultando agli atti il solo parere di natura tecnico-scientifica della Commissione VIA - VAS, che, quale atto endoprocedimentale, ovvero non conclusivo del procedimento, attività spettante al CIPE, era inidoneo a formare oggetto di una autonoma impugnazione.

Le società sollecitavano la conclusione del procedimento.

In questo quadro interveniva il d.-l. 1° aprile 2021, n. 45, Misure urgenti in materia di trasporti e per la disciplina del traffico crocieristico e del trasporto marittimo delle merci nella laguna di Venezia , convertito dalla l. 17 maggio 2021, n. 75, il cui art. 3, Disposizioni urgenti per il traffico crocieristico e delle merci nella laguna di Venezia , al comma 1, disponeva che:

Al fine di contemperare lo svolgimento dell’attività crocieristica nel territorio di Venezia e della sua laguna con la salvaguardia dell’unicità e delle eccellenze del patrimonio culturale, paesaggistico e ambientale di detto territorio, l’Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico Settentrionale, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, procede all’esperimento di un concorso di idee articolato in due fasi, ai sensi dell’articolo 156, comma 7, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, avente ad oggetto l’elaborazione di proposte ideative e di progetti di fattibilità tecnica ed economica relativi alla realizzazione e gestione di punti di attracco fuori dalle acque protette della laguna di Venezia utilizzabili dalle navi adibite al trasporto passeggeri di stazza lorda superiore a 40.000 tonnellate e dalle navi portacontenitori adibite a trasporti transoceanici, anche tenendo conto delle risultanze di eventuali studi esistenti ”.

Con successivo d.-l. 20 luglio 2021, n. 103, Misure urgenti per la tutela delle vie d’acqua di interesse culturale e per la salvaguardia di Venezia, nonché disposizioni urgenti per la tutela del lavoro , convertito dalla l. 16 settembre 2021, n. 125, si prevedeva il divieto di transito delle cd. grandi navi nelle vie d’acqua Bacino di San Marco, Canale di San Marco e Canale della Giudecca, dichiarate monumento nazionale (art. 1 comma 2), e si assegnava a Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Settentrionale, quale commissario straordinario, il compito di procedere alla progettazione, all’affidamento e all’esecuzione, “ previa valutazione di impatto ambientale, secondo quanto previsto dalla vigente normativa in materia, e garantendone la coerenza con le indicazioni del Piano morfologico e ambientale della Laguna di Venezia, e successivi aggiornamenti ” , tra altro, dell’intervento di “ a) realizzazione di punti di attracco temporanei in numero non superiore a cinque nell’area di Marghera, di cui due disponibili già per la stagione crocieristica 2022, destinati anche alle navi adibite al trasporto passeggeri di stazza lorda pari o superiore a 25.000 GT ” (art. 2, comma 1).

Il 29 giugno 2021, in attuazione del d.-l. 45/2021, l’Autorità portuale indiceva il “ Concorso di idee - realizzazione e gestione di punti di attracco fuori dalle acque protette della Laguna di Venezia (decreto legge 1.4.2021, n. 45 convertito in legge 17.5.2021, n. 75)” , stabilendo al punto 3, Localizzazione , del documento di indirizzo che la collocazione dei punti di attracco dovesse essere esterna alle “ acque protette della Laguna di Venezia ”, con la precisazione che “ Si intendono per acque protette della Laguna di Venezia tutte le superfici interne comprese quelle protette dalle dighe foranee, corrispondenti alla Conterminazione Lagunare (Decreto del Ministero LLPP n.9/1990 ”.

3. A questo punto possono essere riferite le questioni introdotte dalle Società nell’impugnativa di primo grado e la decisione sulle stesse adottata dal T.

4. Con il ricorso principale, le Società, mediante articolate argomentazioni, sostenevano per un verso l’incostituzionalità sotto vari profili dell’art. 3 del d.-l. 45/2021 e denunziavano l’illegittimità derivata del concorso di idee, per altro verso, lamentando che nella procedura così strutturata, per via della precisazione di cui appena sopra, il progetto “Venice Cruise” non avrebbe potuto essere ammesso al concorso di idee, ne sostenevano l’illegittimità.

Al riguardo, il T, con ordinanza n. 1556/2021:

- rilevava che il riferimento contenuto nel d.-l. 45/2001 alle “acque protette”, di cui “ non esiste una nozione univoca ”, bene avrebbe potuto richiamare, alla luce della norma di delega di cui all’art. 28 della l. 53/2021 e della norma delegata di cui all’art. 2 comma 1 lett. f) del d.lgs. 194/2021 [che ha aggiunto all’art. 2, comma 1, del d.lgs. 71/2015 la lettera qqq- ter )], le “acque tranquille” di cui alla circolare del Ministero della marina mercantile n. 92/1994, che, per la Laguna di Venezia, sono delimitate dall’art. 1 dell’ordinanza n. 41/2020 della Capitaneria di Porto di Venezia;

- disponeva quindi una verificazione, affidata alla medesima Capitaneria, per chiarire se il progetto in parola fosse interno o esterno al limite delle “acque tranquille”.

Dalla relazione depositata dalla Capitaneria in adempimento all’incombente istruttorio emergeva che la sagoma del progetto ricade al di fuori dei limiti delle “acque tranquille”.

Ciò posto, il T, in estrema sintesi:

- riteneva il carattere escludente della clausola contenuta negli atti indittivi del concorso in parola nello stabilire la definizione di acque protette in riferimento al diverso limite costituito dalle “ superfici interne comprese quelle protette dalle dighe foranee, corrispondenti alla Conterminazione Lagunare (Decreto del Ministero LL.PP. n. 9/1990 ”, la lesività della stessa nei confronti delle Società e, quindi, la sua autonoma impugnabilità;

- assumeva la sostanziale riconducibilità della nozione di “acque protette” a quella di “acque tranquille”, osservando anche, e in ogni caso, che, come sostenuto dalle Società, a seguito della realizzazione del MOSE, il “ perimetro delle acque protette può essere definito con riferimento a questa nuova opera di salvaguardia della Laguna di Venezia. E il progetto Duferco è esterno anche al MOSE ”;

- alla luce dell’interpretazione definita “costituzionalmente orientata” conferita, come sopra, all’art. 3 del d.-l. 45/2021, escludeva la possibilità che il progetto delle Società potesse essere escluso dal concorso di idee, e pertanto riteneva non rilevanti alcune questioni di costituzionalità prospettate dalle Società mentre respingeva nel merito altre;

- in definitiva, annullava gli atti di indizione del concorso di idee nella parte in cui avevano disposto che i punti di attracco dovessero essere esterni alle “acque protette della Laguna di Venezia” precisando che per “acque protette” dovessero intendersi tutte le superfici interne alla Conterminazione Lagunare di cui al d.m. LL.PP. n. 9/1990.

4. Con i motivi aggiunti le Società impugnavano il parere negativo del Ministero per i beni e le attività culturali e del turismo n. 28261 del 10 ottobre 2017 sul progetto “Venis Cruise”, depositato dalla difesa erariale nel corso del giudizio, e il presupposto parere della Direzione generale archeologia belle arti e paesaggio, Servizio V, Tutela del paesaggio, n. 26553 del 21 settembre 201.

Il T, in accoglimento dell’impugnativa, riteneva l’illegittimità di tale parere, in quanto lo stesso: non era stato espresso nell’ambito della Commissione speciale di cui all’art. 184 comma 2 del d.lgs. 163/2006 e nel rispetto dei termini previsti per la conclusione del procedimento;
era tardivo, in quanto intervenuto circa un anno dopo il parere positivo della predetta Commissione (25 novembre 2016);
a fronte del tenore positivo del parere della predetta Commissione in ordine agli aspetti paesaggistici del progetto e alle correlate prescrizioni imposte, non chiariva le ragioni del dissenso;
in ogni caso, il parere impugnato, ai sensi dell’art. 183 comma 6 del d.lgs. 163/2006, quale motivato dissenso, non avrebbe potuto determinare l’arresto del procedimento ma solo il suo aggravamento, e cioè lo spostamento della competenza dal CIPE (poi CIPESS) al Consiglio dei ministri.

Il T, pertanto, annullava anche i predetti pareri negativi.

5. Va ancora riferito che il T osservava che:

- nel giudizio amministrativo, la parte può graduare, esplicitamente e in modo vincolante per il giudice, i motivi e le domande di annullamento (Cons. Stato, Ad. plen., 27 aprile 2015, n. 5);

- le Società avevano domandato in giudizio l’accertamento della illegittimità della mancata conclusione del procedimento di autorizzazione del loro progetto, domanda avanzata, nel ricorso principale, in via subordinata rispetto alla reiezione della domanda principale di annullamento in parte qua dell’avviso di indizione del concorso di idee;

- tuttavia con memoria depositata nel corso del giudizio le ricorrenti avevano rappresentato che la predetta domanda principale non sarebbe stata satisfattiva delle loro pretese, e precisato che “ l’interesse principale delle Società consiste nella possibilità di concludere l’iter autorizzatorio del Venis Cruise nella sua sede naturale, ovvero di fronte al CIPESS Pertanto le Ricorrenti hanno proposto il presente giudizio principalmente per ottenere la possibilità che il CIPESS valuti il proprio progetto e non per partecipare al concorso di idee, che resta una prospettiva deteriore ”;

- le Società avevano quindi modificato la gradazione delle domande avanzate con il ricorso principale, proponendo in via principale anche la domanda di accertamento dell’illegittimità della mancata conclusione del procedimento di autorizzazione del progetto;

- tale modifica dell’ordine delle domande, effettuata dopo il deposito della relazione di verificazione, doveva ritenersi consentita sia “ perché la funzione stessa della precisazione delle conclusioni è quella di adeguare le domande proposte agli esiti dell’istruttoria ” sia perché “ la giurisprudenza riconosce ai difensori delle parti la facoltà di rinunciare ai singoli motivi e alle singole domande ”, facoltà rispetto alla quale la “ modificazione della gradazione delle domande costituisce un minus ”.

Sulla base di tutte tali considerazioni, il T accoglieva anche la domanda di accertamento, dichiarando l’illegittimità della mancata conclusione del procedimento di autorizzazione del progetto “Venis Cruise”, con conseguente obbligo del Ministero delle infrastrutture, alla luce della sopra citata sentenza di questo Consiglio di Stato n. 5984/2019, di trasmettere il progetto, il parere della Commissione e gli atti del procedimento esistenti al CIPESS, previo svolgimento dell’ulteriore attività istruttoria normativamente necessaria.

6. Va infine rilevato che il T:

- nel giungere alle conclusioni sopra rassegnate, riteneva infondate tutte le questioni preliminari sollevate dalle parti resistenti;

- riteneva infondata la pretesa delle società a che il loro progetto venisse come sopra esaminato in via prioritaria rispetto all’indizione del concorso di idee;

- in ragione dell’accoglimento delle domande di annullamento e di accertamento proposte, respingeva le domande di risarcimento dei danni formulate dalle società in via subordinata.

7. Passando ora alla disamina degli appelli principali e incidentali in trattazione, viene in primario rilievo l’appello incidentale delle Società, nella parte in cui ripropone le questioni di costituzionalità dell’art. 3 del d.-l. 45/2001.

7.1. Le Società, richiamando varie sentenze della Corte Costituzionale (n. 2 del 2018;
n. 492 del 1995;
n. 190 del 1986;
n. 48 del 2003;
n. 24 del 2018), evidenziano innanzitutto la natura di legge/provvedimento della norma, in quanto nel disporre l’indizione di un concorso di idee ai sensi dell’art. 156 comma 7 del d.lgs. 50/2016 non introduce nell’ordinamento una norma generale e astratta bensì attrae alla sfera legislativa una decisione normalmente affidata all’autorità amministrativa, assorbe ulteriori spazi di discrezionalità della pubblica amministrazione assegnati alla pubblica amministrazione, esaurisce in un unico contesto la ripetibilità della norma. Inoltre, assegnando all’Autorità di Sistema Portuale l’obbligo di bandire il concorso, impedisce la prosecuzione del procedimento di autorizzazione del progetto “Venis Cruise”: in altre parole, le Società lamentano che il Ministero delle infrastrutture, presso il quale pende il procedimento autorizzatorio del predetto progetto, decidendo di affidare all’Autorità di Sistema l’effettuazione di un concorso di idee teso a risolvere il problema delle grandi navi a Venezia, ha evidentemente stabilito di non trasmettere al vaglio del CIPESS il progetto “Venis Cruise”, realizzato per giungere al medesimo scopo, e che pertanto, ove approvato, renderebbe inutile l’esperimento del concorso.

Evidenziano quindi che anche le norme-provvedimento soggiacciono allo scrutinio di costituzionalità sotto i profili della non arbitrarietà e della non irragionevolezza delle scelte effettuate dal legislatore, anche in considerazione del pericolo di disparità di trattamento insito in previsioni di tipo particolare e derogatorio, scrutinio che, non avendo il legislatore l’obbligo di motivare le proprie scelte ed essendo tale tipologia di norma sottratta alla procedimentalizzazione, luogo elettivo di composizione degli interessi, deve essere più pregnante e riguardare i criteri che ispirano le scelte con esse realizzate, le relative modalità di attuazione, gli interessi oggetto di tutela, la ratio della norma e la razionalità oggettiva della disposizione;
rilevano che l’assunzione da parte del legislatore di funzioni tipicamente amministrative è ammissibile solo nei casi in cui la funzione esercitata impatti su assetti della vita associata per i quali viene avvertita una particolare esigenza di protezione di interessi primari, a fini di maggior tutela e garanzia dei diritti, e non laddove l’attività amministrativa sia astretta all’osservanza di criteri tecnico-scientifici, e che essa in ogni caso non può mai interferire con la funzione giurisdizionale (Corte Cost., n. 114 del 2017;
n. 2 del 1997;
n. 85 del 2013;
n. 168 del 2020;
n. 116 del 2020;
n. 20 del 2012;
n. 90 del 2013;
n. 143 del 1989;
n. 354 del 2010;
n. 276 del 2007).

Alla luce di tali coordinate le Società affermano l’evidente incostituzionalità della norma in parola per:

a) avere per un verso impedito la prosecuzione del procedimento in itinere relativo al progetto “Venis Cruise”, ponendo irragionevolmente nel nulla tutte le acquisizioni istruttorie compiute al suo riguardo e in relazione ai progetti concorrenti, rispetto ai quali esso è risultato prevalente per gli aspetti ambientali in una sorta di concorso di idee non formalizzato relativo a un contesto caratterizzato da stringenti vincoli, e per altro verso vanificato gli sforzi valutativi compiuti dalle Amministrazioni e contraddetto il regime sancito dal decreto interministeriale 2 marzo 2012, che ha retto la materia per circa nove anni, senza neanche abrogarlo o richiamarlo.

Da qui il contrasto con l’art. 97 Cost. e il principio di buona amministrazione nonché la antieconomicità, l’inefficienza, l’inefficacia e la carenza di motivazione della previsione;

b) avere scelto di rinunziare alla valutazione dell’approvabilità di un progetto definito e già positivamente valutato sotto il profilo ambientale, a vantaggio di un concorso di idee articolato in due fasi che confligge con l’asserita “necessità ed urgenza” di risolvere la criticità costituita dall’attività crocieristica nella Laguna di Venezia, che sono implicite nell’adozione di un decreto-legge, questione segnalata anche dall’Ufficio legislativo del Ministero della transizione ecologica, amministrazione che non figura tra i proponenti della norma di urgenza e che ha formulato al riguardo un giudizio negativo (parere 31 marzo 2021).

Da qui il contrasto con gli artt. 77 e 97 Cost. e l’intrinseca contraddittorietà della previsione;

c) essere intervenuta non per garantire ai cittadini una tutela dei diritti maggiormente incisiva rispetto a quanto potrebbe fare un provvedimento amministrativo, bensì per risolvere un problema legato a criteri tecnico-scientifici.

Da qui un ulteriore profilo di contrasto con l’art. 97 Cost.;

d) avere taciuto sulle ragioni che hanno indotto il legislatore, dopo nove anni di mancata attuazione del decreto 2 marzo 2012, ad affidare all’Autorità di Sistema Portuale il compito di indire un concorso “ nella speranza che un concorrente privato – anche privo di qualsiasi conoscenza specifica sulla straordinaria particolarità della laguna di Venezia – possa proporre un’idea risolutrice sfuggita all’Amministrazione più competente in materia ”, in applicazione di un criterio incomprensibile e assurdo, che si spiega solo considerando la “ volontà di ostacolare il progetto delle Società – evidentemente inviso ad alcune delle Amministrazioni coinvolte – senza doverne giustificare i motivi e pagarne le conseguenze, anche risarcitorie ”.

Da qui il contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost. e con il dovere di motivazione delle leggi-provvedimento;

e) non avere considerato l’impegno profuso dalle Società, sommariamente quantificabile a vario titolo in oltre venti milioni di euro e bene conosciuto dalle Amministrazioni procedenti, nell’elaborare, modificare e integrare il progetto confidando, sulla base delle determinazioni pubbliche già acquisite, che esso sarebbe stato effettivamente valutato per attuare il decreto 2 marzo 2012, né tentato di contemperare gli interessi privati sacrificati, eventualmente sancendo l’esperibilità del concorso solo all’esito della conclusione del procedimento in corso, ovvero prevedendo che la gara privilegi idee progettuali già testate sotto il profilo ambientale, non bastando “ l’unico criptico riferimento all’attività istruttoria pregressa ” consistente nel riferimento alla possibilità di tener “ conto delle risultanze di studi esistenti ”, espressione generica che potrebbe ricomprendere qualunque contributo apportato all’analisi dei problemi legati alla navigazione nella Laguna di Venezia, senza differenziare le valutazioni concretamente rilasciate in sede procedimentale rispetto a non meglio definiti studi teorici, effettuati da qualsiasi soggetto, sulle problematiche lagunari. Evidenziano che, secondo quanto reso noto dagli organi di stampa, lo stesso Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, nel presiedere la riunione del “Comitatone” del 21 dicembre 2020, avrebbe richiamato la necessità che il concorso di idee da bandire dovesse fare salve le proposte già a conoscenza del MIT “ incluse le occorrenti valutazioni di impatto ambientale ”.

Da qui il contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost. sotto altro profilo, la disparità di trattamento e la violazione del principio di imparzialità, che esige non solo parità di trattamento tra situazioni identiche ma anche la trattazione diversa di posizioni differenziate;

f) avere attribuito all’Autorità di Sistema Portuale l’indizione della gara, così disconoscendo la sentenza del T Veneto n. 487/2018, passata in giudicato, che, rilevato che il progetto “Venis Cruise” costituisce una delle soluzioni progettuali alternative a quella avanzata dall’Autorità Portuale di Venezia e rappresenta la soluzione ambientalmente meno impattante tra quelle presentate, ha affermato che le società erano legittimate ad attivare la procedura di VIA speciale di cui agli artt. 165 e 183 del d.lgs. 163/2006 in attuazione degli atti che individuano nel Ministero delle infrastrutture il soggetto destinatario del relativo progetto. Soggiungono che anche il Ministero della transizione ecologica, nel già citato parere 31 marzo 2021, ha criticato tale spostamento di competenza.

Da qui il contrasto con gli artt. 3, 24, 97 e 113 Cost..

7.2. Le argomentazioni delle Società, ancorchè suggestive, non sono condivisibili.

L’art. 3 comma 1 del d.-l. 145/2021 ha stabilito che:

Al fine di contemperare lo svolgimento dell’attività crocieristica nel territorio di Venezia e della sua laguna con la salvaguardia dell’unicità e delle eccellenze del patrimonio culturale, paesaggistico e ambientale di detto territorio, l’Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico Settentrionale, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, procede all’esperimento di un concorso di idee articolato in due fasi, ai sensi dell’articolo 156, comma 7, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, avente ad oggetto l’elaborazione di proposte ideative e di progetti di fattibilità tecnica ed economica relativi alla realizzazione e gestione di punti di attracco fuori dalle acque protette della laguna di Venezia utilizzabili dalle navi adibite al trasporto passeggeri di stazza lorda superiore a 40.000 tonnellate e dalle navi portacontenitori adibite a trasporti transoceanici, anche tenendo conto delle risultanze di eventuali studi esistenti ”.

L’assunto delle Società è che la norma censurata abbia carattere provvedimentale, in quanto, secondo l’insegnamento della Corte costituzionale, contiene previsioni di contenuto particolare e concreto che incidono su un numero limitato di destinatari, e attrae alla sfera legislativa quanto normalmente affidato all’autorità amministrativa (sentenza n. 114 del 2017), con la conseguente necessità di sottoporla a uno scrutinio di costituzionalità “stretto”, perché in tale tipologia di norme è insito il pericolo di un arbitrio, connesso alla potenziale deviazione, in danno di determinati soggetti, dal comune trattamento riservato dalla legge a tutti i consociati ( ex plurimis , sentenze n. 182 del 2017 e n. 64 del 2014).

In altre parole, le Società mettono in dubbio che vi siano interessi pubblici in grado di giustificare la norma, poiché a loro avviso la sua unica ratio è rinvenibile nella “ volontà di ostacolare il progetto delle Società – evidentemente inviso ad alcune delle Amministrazioni coinvolte – senza doverne giustificare i motivi e pagarne le conseguenze, anche risarcitorie ”.

La tesi va respinta.

Nell’affrontare le questioni di costituzionalità prospettate, va innanzitutto rimarcato che la circostanza che la norma in esame non sia assistita da una puntuale motivazione non può refluire in un sospetto di incostituzionalità: la Corte costituzionale ha affermato che il fatto che il legislatore attragga a sé una materia che, in caso contrario, sarebbe rimessa alla autorità amministrativa comporta che la legge si sostituisca all’atto provvedimentale ma non che ne mutui anche i tratti costitutivi, sicchè non è “ causa immediata di illegittimità costituzionale ogni eventuale inadeguatezza della motivazione esplicitata dal legislatore ” (sentenza n. 168 del 2020), dovendosi invece accertare, nell’ambito della sospetta incostituzionalità, se siano identificabili gli interessi in grado di giustificare la legge, desumibili anche in via interpretativa (sentenza n. 270 del 2010), e i criteri che ispirano le scelte realizzate, nonché le relative modalità di attuazione, attraverso l’individuazione degli interessi oggetto di tutela (sentenze n. 182 del 2017 e n. 137 del 2009).

Tanto chiarito, in un processo ermeneutico così caratterizzato, nessun elemento chiarificatore può derivarsi, come vorrebbero le Società, dalla durata temporale del regime recato dal decreto interministeriale 2 marzo 2012.

Infatti, pur non volendo considerare che tale regime, come segnalato anche dal T, ha costituito la prima risposta a un grave sinistro navale, con ogni conseguenza che né è derivata circa la coerenza e la completezza delle relative previsioni (da un lato, l’apposizione di una norma a carattere emergenziale e assoluta quale il divieto di transito delle navi con stazza superiore a 40.000 tonnellate nel Canale di San Marco e nel Canale della Giudecca;
dall’altro, l’inoperatività del divieto sino all’individuazione di vie di navigazione praticabili alternative a quelle vietate, operazione evidentemente carente del carattere di immediata praticabilità, tanto che il decreto non l’ha direttamente compiuta né ha indicato criteri di massima atti a orientare i successivi adempimenti), e non ha rango legislativo, sta di fatto che pur nel decorso dei nove anni della sua operatività, e nonostante l’impegno profuso dalle amministrazioni competenti anche sotto lo stimolo, come sopra visto, del Parlamento, la criticità rappresentata dalla necessità di coniugare il traffico crocieristico, di evidente rilievo per l’economia della città di Venezia, con la tutela del suo patrimonio storico-artistico e ambientale, permane intatta.

Già sotto tale primo profilo, l’intervento urgente del legislatore nella materia risulta più che giustificato.

Guardando poi al contenuto di tale intervento, balza agli occhi la radicalità della scelta compiuta dall’art. 3 del d.-l. 45/2021, che, in superamento di un sistema fondato su progetti presentati e comparati, come ammettono anche le società, in carenza di qualsiasi formalizzazione diversa da quella via via individuata sulla base di singole istanze, private o pubbliche, e anche nell’evidente auspicio di poter reperire idee solutive innovative – che non vi è ragione di ritenere obiettivamente impossibili solo perché sino a ora non formulate, considerato che esse non sono neanche mai state specificamente richieste nell’ambito di un apposito procedimento pubblico – è stata quella di rivolgersi al mercato nella forma del concorso di idee articolato in due fasi, ai sensi dell’art. 156 comma 7 del d.lgs. 50/2016, ancora vigente alla data di adozione della norma.

Sul punto, vale rammentare il principio, affermato in una vicenda completamente diversa da quella per cui è causa, ma che tuttavia si attaglia perfettamente alla fattispecie stante la sua portata generale, secondo cui, alla luce del canone generale fissato dal previgente art. 166 del d.lgs. 50/2016, attuativo della direttiva n. 2014/24/UE, le amministrazioni aggiudicatrici “ ben possono essere obbligate dal legislatore a prediligere la via del ricorso al mercato al fine di eseguire un’opera ” (Corte cost., n. 168 del 2020);
del resto, il principio dell’accesso al mercato è ora codificato dall’art. 3 del d.lgs. 32 marzo 2023, n. 36, vigente Codice dei contratti pubblici, quale garanzia dell’attuazione dei principi di concorrenza, imparzialità, non discriminazione, pubblicità e trasparenza, proporzionalità.

Ancora, se l’art. 3 del d.-l. 45/2021 costituisce all’evidenza un netto superamento del sistema recato dal d.m. 2 marzo 2012 sotto il profilo dell’individuazione della modalità mediante le quali acquisire e valutare le proposte ideative volte al superamento della criticità costituita dalla navigazione delle grandi navi nella Laguna di Venezia – modalità che, in quanto ricondotta nell’ambito dei procedimenti concorsuali tipizzati dal Codice dei contratti pubblici in attuazione delle regole eurounitarie, risulta per ciò solo rispondente agli interessi pubblici che il precipuo meccanismo di questi tende a garantire – non può neanche dirsi che essa non tenga conto di quanto già emerso nell’ambito del sistema previgente, atteso che la norma fa salve “ le risultanze di eventuali studi esistenti ”, e la circostanza, sottolineata dalle società, che la considerazione di tali risultanze sia rimessa a un confronto competitivo, avente peraltro una certa durata, non è affetta né da irragionevolezza né da sproporzionalità, essendo, per un verso, una mera conseguenza della scelta del legislatore di ricorrere al mercato, e, per altro verso, una previsione di tutela, nella massima misura compatibile con detta scelta di fondo, della posizione delle Società così come di tutti i soggetti che hanno elaborato nell’ultimo decennio le proposte progettuali relative alla navigazione crocieristica nella Laguna di Venezia.

Il Collegio non ravvisa pertanto alcun contrasto tra l’art. 3 del d.-l. 45/2021 e gli artt. 3, 77 e 97 Cost. e gli specifici canoni sottesi a tali norme.

Non si ravvisa neanche contrasto con l’art. 113 Cost. in relazione al lamentato spostamento di competenza a favore dell’Autorità di Sistema, in tesi contrario a una decisione giurisdizionale (la sentenza T Veneto n. 487/2018).

Sul punto, deve concordarsi con la sentenza impugnata che – con motivazione peraltro rimasta incontestata – ha respinto la stessa questione di costituzionalità qui prospettata rilevando che: in ragione della competenza specifica dell’Autorità di Sistema, “ si tratta di scelta che non presenta evidenti vizi di ragionevolezza ”;
la sentenza T Veneto n. 487/2018 non è passata in giudicato, avendo questo Consiglio di Stato, con la sopra citata decisione n. 5984/2019, respinto l’appello dell’Autorità portuale di Venezia ritenendo inammissibile il ricorso di primo grado;
in ogni caso, la decisione del Consiglio di Stato ha affermato la spettanza del giudizio definitivo di compatibilità ambientale al CIPE o al Consiglio dei ministri (in caso di dissenso dei ministeri Ambiente o Beni culturali) ed entrambe le sentenze di cui sopra “ si riferivano al provvedimento di valutazione di impatto ambientale ”, mentre, nella specie, si tratta dell’indizione di un concorso di idee.

8. L’appello incidentale delle società, per la parte sin qui esaminata, va pertanto respinto.

9. Può passarsi quindi all’esame dell’appello principale dell’Autorità di sistema e dell’appello incidentale della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, del Ministero della cultura e del Ministero della transizione ecologica.

10. I primi motivi di entrambi gli appelli possono essere congiuntamente esaminati.

10.1. Sostiene l’appellante principale che la sentenza gravata è erronea e finanche ineseguibile in quanto sarebbe sostanzialmente impossibile, per le amministrazioni intimate, dare attuazione al decisum giurisdizionale (la riedizione del potere amministrativo in capo all’Autorità di Sistema Portuale nel senso di includere il progetto “Venis Cruise” tra quelli suscettibili di valutazione nell’ambito della procedura comparativa in parola;
l’obbligo del Ministero delle infrastrutture di trasmettere il progetto delle Società e gli atti connessi al CIPESS) senza incorrere nella palese contraddizione di scrutinare il progetto delle Società nell’ambito di due percorsi tra loro alternativi, e cioè sia nell’ambito del concorso di idee sia nell’ambito dell’autonomo iter approvativo di cui agli artt. 163 e ss. del d.lgs. 163/2006.

In particolare, per la deducente, se il progetto “Venis Cruise” deve considerarsi in corso di valutazione con l’ iter a tal fine specificamente previsto dalla normativa relativa alle opere strategiche, quale che sia l’esito finale, positivo o negativo, di tale valutazione, non avrebbe senso modificare gli atti del concorso di idee per rendere possibile la sua partecipazione alla procedura competitiva;
se invece lo stesso progetto deve poter partecipare alla procedura competitiva, in quanto non pende alcun procedimento di valutazione ai fini già indicati, nessun obbligo di conclusione del procedimento può essere posto a carico del Ministero delle infrastrutture e del CIPESS: un tale decisum , per avere i requisiti della concretezza e della rilevanza con riguardo all’azione da rieditare, necessiterebbe quantomeno dell’indicazione di quale dei due percorsi alternativi sopra indicati sia quello concretamente prospettabile al fine di emendare i vizi (erroneamente) riscontrati nel giudizio di primo grado, non potendosi sottoporre all’Amministrazione indicazioni manifestamente illogiche e contraddittorie tra loro.

Sotto altro profilo, sempre per la deducente, avendo il T, con l’interpretazione costituzionalmente orientata sopra illustrata, censurato l’operato dell’Autorità di Sistema Portuale in ragione della possibile esclusione del progetto “Venis Cruise” dalla procedura competitiva, l’effetto conformativo della pronuncia dovrebbe esaurirsi in una riedizione dell’attività amministrativa con inclusione delle due società ricorrenti e del loro progetto tra i potenziali partecipanti alla selezione.

Invece il T, andando in una direzione opposta, ha disposto il riesercizio del potere amministrativo mediante conclusione del diverso procedimento, a suo dire tutt’ora in corso, finalizzato al finanziamento di infrastrutture strategiche ai sensi del d.lgs. 163/2006, così concretando un quadro paradossale e devastante sul piano del perseguimento dell’interesse pubblico, in quanto, accanto alle problematiche interpretative inevitabilmente connesse alla natura discrezionale del potere esercitato in entrambe le prospettive, le Amministrazioni intimate si troverebbero, in sede di esecuzione della pronuncia in esame, a dover affrontare gravi problemi di coordinamento tra i due procedimenti, atteso che, nella non chiarezza sulla loro eventuale contemporaneità, l’esito della valutazione ex artt. artt. 163 e ss. d.lgs. n. 163/2006, se positiva, condizionerebbe fortemente la valutazione dei progetti presentati per il concorso di idee, cambiando drasticamente il volume di traffico crocieristico della cui gestione i cui i progetti presentati nel suo ambito dovrebbero farsi carico, se negativa, renderebbe priva di senso l’inclusione del progetto già cassato alla procedura selettiva, con prospettiva della sottoposizione dei nuovi provvedimenti al rischio di un ulteriore contenzioso derivante dalla perplessità del contenuto del vincolo conformativo.

L’appellante principale conclude pertanto per l’integrale riforma della pronuncia impugnata.

10.2. Le Amministrazioni dello Stato appellanti incidentali, a loro volta, sostengono l’assoluta abnormità della sentenza gravata, con la quale – all’esito di un’opinabile operazione ermeneutica sulle domande articolate dalle Società – il T è pervenuto a due distinte statuizioni, che assicurano alle medesime contestualmente, e in contrasto con le regole fondamentali del giudizio amministrativo, due “beni della vita” autonomi, non connessi e forse tra di loro addirittura incompatibili.

In particolare, le deducenti rilevano che le Società, con l’atto introduttivo del giudizio, avevano espressamente censurato “in via principale”, con una domanda demolitoria, gli atti di indizione del concorso di idee, e solo “in via subordinata”, con una domanda di accertamento, chiesto la declaratoria dell’illegittimità della mancata conclusione del procedimento di autorizzazione relativo al progetto “Venis Cruise” e dell’obbligo dell’Amministrazione di completarne l’esame secondo le norme vigenti ratione temporis , espongono che il T, una volta ritenuto di annullare la “clausola escludente” degli atti di indizione del concorso di idee, avrebbe dovuto arrestarsi a tale statuizione di carattere assorbente, mentre ha ritenuto di esprimersi anche sulla domanda subordinata, sul presupposto che, a mezzo di una memoria conclusiva, le Società avessero modificato la graduazione delle proprie domande, proponendo in via principale anche la domanda di accertamento.

Per le deducenti, così facendo, il T avrebbe illegittimamente consentito alle società la proposizione di due distinte domande in contrasto con i più elementari principi del giudizio amministrativo, secondo cui il ricorso cumulativo (quello cioè con cui vengono contestualmente impugnati due distinti provvedimenti ovvero censurati un provvedimento amministrativo e l’inerzia della pubblica amministrazione, come nel caso di specie), è consentito solo in casi eccezionali, e cioè laddove sussista una connessione oggettiva tra gli atti impugnati o tra le domande proposte, connessione carente nella fattispecie, essendo diversi:

- il titolo di legittimazione sulla base del quale le Società hanno avanzato le due domande (nel primo caso, quali operatori del settore asseritamente impediti a partecipare a una procedura di gara;
nel secondo caso, quali titolari di un legittimo affidamento ingenerato da un’attività procedimentale avviata dalla pubblica amministrazione nei loro confronti);

- le amministrazioni pubbliche destinatarie delle due diverse pretese (l’Autorità di Sistema Portuale di Venezia;
il Ministero delle infrastrutture);

- gli oggetti della pretesa azionata (la partecipazione al concorso di idee, e la relativa chance di aggiudicazione;
l’interesse a conseguire l’autorizzazione su un progetto esistente).

Il tutto, proseguono le deducenti, in carenza di qualsiasi considerazione della carenza di connessione oggettiva fra le due domande, tale non potendo essere il mero fatto che entrambe riguardassero la generale problematica del transito della “grandi navi” nei canali di Venezia, dato empirico assolutamente insufficiente a ritenerla sussistente.

Per tali motivi, sempre secondo le deducenti, il T sarebbe pervenuto all’anomala decisione appellata, che, nel riconoscere alle Società due utilità concorrenti (richieste dalle medesime, almeno al momento dell’instaurazione del giudizio, in via alternativa o subordinata), consente indebitamente alle Società di “giocare su più tavoli”, e al contempo impone uno sproporzionato sacrificio dell’interesse pubblico, costituito sia dal blocco della procedura selettiva, sia dall’imposizione di un obbligo procedimentale, sterilizzando tutte le attività poste in essere per risolvere un’annosa problematica di interesse economico e ambientale.

Concludono le deducenti evidenziando che non si tratta di mettere in dubbio la possibilità della parte ricorrente di modificare l’ordine delle domande giudiziali proposte, bensì di evitare che attraverso una siffatta modifica si pervenga a una proposizione contestuale e concorrente di domande giudiziali le quali, ove così formulate ab initio , sarebbero state inammissibili: e l’errore di diritto sarebbe ancora più grave considerata l’insussistenza dei presupposti per la presentazione di un ricorso avverso il silenzio ai sensi dell’art. 31 Cod. proc. amm. e la palese tardività della predetta azione ai sensi del comma 2 dello stesso articolo.

Pertanto, le appellanti incidentali concludono che, ove si reputasse effettivamente avvenuta la modifica dell’ordine di graduazione delle domande articolate nel ricorso introduttivo, in riforma della sentenza appellata, si imporrebbe la declaratoria di totale inammissibilità dell’impugnazione di primo grado.

10.3. Prima di scrutinare le censure in esame vanno affrontate le eccezioni preliminari al riguardo formulate dalle Società, che sono da respingere, in quanto:

- la facoltà di una delle parti del giudizio, nella specie l’Autorità Portuale, di dirimere i dubbi che potrebbero insorgere in sede di ottemperanza di un provvedimento giurisdizionale mediante l’azione prevista dall’art. 112 comma 5 Cod., proc. amm. non si traduce nell’obbligo della stessa parte di prestare acquiescenza al provvedimento e quindi di privarsi della possibilità di esercitare il proprio diritto di difesa in sede di appello mediante la evidenziazione della ritenuta contraddittorietà delle statuizioni di primo grado;

- non è ravvisabile la carenza di legittimazione e interesse dell’Autorità Portuale alla formulazione del suo primo motivo, atteso che se è vero che con esso l’Autorità denunzia l’impossibilità di eseguire la sentenza per tutte le Amministrazioni intimate, è pure vero che a base del mezzo di impugnazione non vi è l’astratto interesse alla legittimità complessiva dell’azione amministrativa, privo di riconoscimento processuale, bensì l’interesse personale e concreto dell’Autorità a contrastare una statuizione ritenuta erronea in quanto atta, nel suo complesso, come bene illustrato nel motivo, a condizionare fortemente la valutazione dei progetti presentati nell’ambito del concorso di idee, ambito provvedimentale attribuito alla sua esclusiva competenza;

- l’eccezione di inammissibilità per irrituale cumulo di domande distinte spiegata dalle Amministrazioni appellanti incidentali non viola il divieto di proposizione di nuove eccezioni in appello per non essere stata spiegata nel corso del giudizio di primo grado. Premesso che non solo nell’epigrafe del ricorso principale, ma anche nelle conclusioni, la domanda di declaratoria dell’accertamento dell’illegittimità della mancata conclusione del procedimento di autorizzazione del progetto delle Società è stata avanzata in via subordinata, e che quindi è corretta la notazione delle deducenti (e del T) che tale graduazione sia stata modificata dalle Società solo nel corso del giudizio (memoria di merito del 7 marzo 22, depositata in vista della trattazione del merito della causa fissata alla pubblica udienza del 23 marzo 2022), si rammenta che (Cons. Stato, III, 25 marzo 2021, n. 2530;
nello stesso senso anche la decisione citata dalle medesime Società, Cons. Stato, IV, 13 febbraio 2020, n. 1164)) che “ il divieto di domande o eccezioni nuove in appello ex art. 104, comma 1, c.p.a. si applica solo all’originario ricorrente, poiché solo a quest’ultimo, una volta delimitato il thema decidendum con i motivi di impugnazione articolati in primo grado, è precluso un ampliamento dello stesso nel giudizio d’appello;
viceversa, rispetto alle parti resistenti il medesimo divieto va inteso come riferito alle sole eccezioni in senso tecnico, non rilevabili d’ufficio, ma non anche alle mere difese rispetto agli altrui motivi di impugnazione, il cui accoglimento determina l’interesse a formulare ogni censura volta ad ottenere la riforma della sentenza in sede d’appello" (Consiglio di Stato, IV, 8475/2020;
nello stesso senso 3628/2020)
”, e, nella specie, come meglio in seguito, la questione introdotta dalla difesa erariale attiene alle condizioni dell’azione, rilevabili come noto anche d’ufficio, in ogni stato e grado del processo;

- anche laddove l’affermata tardività, da parte delle appellanti incidentali, della domanda volta a far dichiarare l’illegittimità dell’inerzia amministrativa nella valutazione di impatto ambientale del progetto delle società potesse ritenersi in contrasto con quanto riconosciuto nella ricostruzione in fatto dell’appello stesso circa il perdurante corso del procedimento (e quindi circa la persistente proponibilità dell’azione ex art. 31 Cod. proc. amm.), ciò non refluirebbe nell’inammissibilità del primo motivo dell’appello incidentale, trattandosi di argomentazione che, come chiaramente emerge da quanto sopra, è stata svolta ad abundantiam .

10.4. Chiarita la loro ammissibilità, può passarsi all’esame del merito delle censure.

10.5. Il primo motivo dell’appello incidentale sostiene che il primo giudice non si sia avveduto che le Società, modificando la graduazione delle domande così come originariamente introdotta, hanno proposto un ricorso cumulativo in assenza dei necessari presupposti.

10.6. La sentenza della Sezione II di questo Consiglio di Stato 25 luglio 2022, n. 6544, ha, di recente, operato una ricognizione, a carattere confermativo, della giurisprudenza formatasi sul tema qui di interesse, rilevando che:

- nel processo amministrativo impugnatorio, la regola generale è che il ricorso abbia a oggetto un solo provvedimento e che i vizi - motivi si correlino strettamente a quest’ultimo, salvo che tra gli atti impugnati esista una connessione procedimentale o funzionale (da accertarsi in modo rigoroso onde evitare la confusione di controversie con conseguente aggravio dei tempi del processo, ovvero l’abuso dello strumento processuale per eludere le disposizioni fiscali in materia di contributo unificato), tale da giustificare la proposizione di un ricorso cumulativo (Cons. Stato, III, 3 luglio 2019, n. 4569);

- nel processo amministrativo, affinché il ricorso cumulativo sia ammissibile, non è sufficiente una connessione soggettiva tra le parti, ma è necessaria la sussistenza di elementi oggettivi quali la comunanza dei presupposti di fatto o di diritto o la riconducibilità delle pretese azionate nell’ambito del medesimo rapporto o di un’unica sequenza procedimentale (Cons. Stato, III, 15 luglio 2019 n. 492);

- la regola generale dell’impugnabilità, con un ricorso, di un solo provvedimento può essere derogata nelle sole ipotesi in cui la cognizione, nel medesimo giudizio, della legittimità di più provvedimenti sia imposta dall’esigenza di concentrare in un’unica delibazione l’apprezzamento della correttezza dell’azione amministrativa oggetto del gravame, quando questa viene censurata nella sua complessità funzionale e, soprattutto, per profili che ne inficiano in radice la regolarità e che interessano trasversalmente le diverse, ma connesse, sequenze di atti (Cons. Stato, V, 22 gennaio 2020, n. 526);

- è perciò necessario, ai fini dell’ammissibilità del ricorso cumulativo proposto avverso distinti provvedimenti, che gli stessi siano riferibili al medesimo procedimento amministrativo, seppur inteso nella sua più ampia latitudine semantica, e che con il gravame vengano dedotti vizi che colpiscano, nelle medesima misura, i diversi atti impugnati, di modo che la cognizione delle censure dedotte a fondamento del ricorso interessi allo stesso modo il complesso dell'attività provvedimentale contestata dal ricorrente, e che non residui, quindi, alcun margine di differenza nell’apprezzamento della legittimità dei singoli provvedimenti congiuntamente gravati;

- l’ammissibilità del ricorso cumulativo resta subordinata all’articolazione, nel gravame, di censure idonee ad inficiare segmenti procedurali comuni, situazione in cui si verifica una identità di causa petendi e una articolazione del petitum che, tuttavia, risulta giustificata dalla riferibilità delle diverse domande di annullamento alle medesime ragioni fondanti la pretesa demolitoria che, a sua volta, ne legittima la trattazione congiunta (Cons. Stato, III, 20 ottobre 2021, n. 7045;
V, 13 giugno 2016 n. 2543), sicchè il ricorso cumulativo è ammissibile a condizione che ricorrano congiuntamente i requisiti della identità di situazioni sostanziali e processuali, che le domande siano identiche nell’oggetto e che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e che identiche siano altresì le censure (Cons. Stato, V, 17 giugno 2019, n. 4096);

- il predetto, costante, orientamento (tra altre, Cons. Stato, III, 18 maggio 2021, n. 3847) trova fonte nell’Adunanza plenaria n. 5 del 27 aprile 2015, che ha stabilito i rigidi confini in cui può essere proposto un ricorso cumulativo, rilevando che: la regola generale del processo amministrativo risiede nel principio secondo cui il ricorso abbia a oggetto un solo provvedimento e che i motivi siano correlati strettamente a quest’ultimo, con la sola eccezione di atti contestualmente impugnati e a condizione, in questo caso, che sussista una connessione procedimentale o funzionale da accertarsi in modo rigoroso onde evitare la confusione di controversie con conseguente aggravio dei tempi del processo o, addirittura, l’abuso dello strumento processuale per eludere le disposizioni fiscali in materia di contributo unificato;
la proposizione di un ricorso cumulativo o collettivo al di fuori dei casi in cui ciò è consentito rende il ricorso inammissibile, in quanto l’ammissibilità del ricorso è una condizione di decidibilità nel merito, come si ricava, a contrario, dall’art. 35 comma 1 lett. b) e c) Cod. proc. amm., secondo cui il ricorso deve essere dichiarato inammissibile o improcedibile, a seconda dei casi, quando sussistono o sopravvengono altre ragioni ostative ad una pronuncia sul merito;
tale evenienza rientra, dunque, nell’ambito delle condizioni dell’azione e, cioè, dei requisiti necessari affinché la domanda proposta al giudice possa essere decisa nel merito e non dei presupposti processuali, essendo il processo ritualmente instaurato e potendo proseguire fino alla decisione.

10.7. Ciò posto, alla luce delle predette regole, che, ricorrendo la identica ratio , devono trovare applicazione anche nell’ipotesi in cui, come nella fattispecie, siano contestati con una unica impugnativa sia provvedimenti amministrativi che l’inerzia della pubblica amministrazione, il primo motivo dell’appello incidentale in esame si rivela fondato nei sensi di cui appresso.

10.8. E’ evidente che tra il provvedimento impugnato con l’atto introduttivo del giudizio (gli atti di indizione del concorso di idee) e la pure contestata inerzia dell’Amministrazione nel concludere il procedimento di valutazione di compatibilità ambientale del progetto delle Società non sussiste alcuna connessione procedimentale e funzionale nei termini indicati dalla giurisprudenza di cui si è fatta sopra rassegna: si tratta infatti di due ambiti procedimentali bene distinti e di competenza di diverse amministrazioni statali, che non sono accomunati nè dalle proposte censure, che in un caso fondano sull’apposizione di una clausola escludente al concorso di idee indetto ai sensi dell’art. 3 del d.-l. 45/2021, nell’altro sull’inerzia amministrativa serbata in precedente provvedimento retto dal più volte citato d.m. 2 marzo 2012, né dal titolo alla loro proposizione, costituito, nel primo caso, dall’interesse alla partecipazione, quali operatori del settore, a una procedura di gara, nel secondo caso, dalla titolarità di un legittimo affidamento ingenerato da una precedente attività procedimentale della pubblica amministrazione.

La connessione che giustificherebbe la proposizione di un ricorso cumulativo non può essere rappresentata dal fatto che entrambe le domande giudiziali vertono sulla generale problematica del transito della “grandi navi” nei canali di Venezia e sul progetto al riguardo elaborato dalle Società: questo è invero un profilo di mero fatto, dal momento che l’interesse delle Società a partecipare con il loro progetto al concorso di idee di cui all’art. 3 del d.-l. 45/2021 è cosa bene diversa dall’interesse delle medesime a vedere riconosciuta la valenza ambientale dello stesso progetto a fini di cui al d.m. 2 marzo 2012.

Del resto, le stesse Società hanno diversificato gli stessi interessi, prima graduandoli, poi ponendoli, in corso di causa, sullo stesso piano.

Sicchè non ricorrono le condizioni richieste dalla giurisprudenza per derogare, in via eccezionale, alla regola generale secondo la quale il ricorso deve avere a oggetto un solo provvedimento: gli atti e le condotte gravate sono infatti relativi a due autonomi e distinti procedimenti, riguardano diverse amministrazioni e sono fondati su diversi motivi di censura, per tali dovendosi intendere quelli di stretto diritto, a nulla valendo la tesi esposta dalle Società secondo cui, in entrambi i casi, vi sarebbe la volontà dell’Amministrazione (in senso generale) di non portare a compimento il loro progetto, rappresentazione che, quale mera asserzione della parte interessata, non assurge al rango di motivo di impugnazione e comunque nulla aggiunge alla alterità dei due procedimenti e alla loro afferenza a due posizioni distinte e a due diversi regimi normativi.

10.9. Quanto al primo motivo dell’appello principale – che evidenzia che i due percorsi procedimentali nel cui ambito, secondo il T, il progetto delle società dovrebbe essere contestualmente valutato sono, in astratto, alternativi, e la duplice valutazione, considerando l’opinabilità delle valutazioni tecniche discrezionali afferenti a una materia complessa quale quella in esame, potrebbe dare luogo ad apprezzamenti contrastanti, che andrebbero a detrimento della procedura concorsuale, sola sede deputata, a legislazione vigente, ad affrontare il problema della navigazione delle c.d. “grandi navi” da crociera nella Laguna di Venezia, e, a cascata, degli obiettivi di interesse pubblico che l’art. 3 del d.-l. 45/2021 si è prefisso di raggiungere – esso altro non è che l’evidenziazione concreta, sul piano degli effetti e tenuto conto delle particolarità del caso di specie, dell’erroneità della sentenza impugnata nel non essersi avveduta della carenza di connessione procedimentale e funzionale tra i vari ambiti fatti oggetto dell’impugnativa della società.

10.10. Le conclusioni sin qui rassegnate non possono però condurre alla declaratoria dell’inammissibilità integrale dell’impugnativa di primo grado propugnata dagli appelli in esame: nell’atto introduttivo del giudizio le società hanno domandato in via principale l’annullamento della clausola escludente rinvenuta a loro danno nel concorso di idee, e solo in via subordinata l’accertamento dell’illegittimità della mancata conclusione del procedimento di autorizzazione del loro progetto, ulteriore domanda che hanno poi implementato con i motivi aggiunti, mediante l’impugnazione del parere negativo del Ministero dei beni e delle attività culturali nelle more acquisito, e, infine, elevata con memoria a rango di domanda principale: sicchè il ricorso principale, cui non è imputabile l’indebita proposizione di distinte domande giudiziali, contestuali e concorrenti, come si avvede in sostanza anche l’appellante incidentale, anche in applicazione del principio di conservazione, resta suscettibile di autonoma valutazione e si sottrae a una pronunzia di irritualità generale.

11. Pertanto, in accoglimento dei motivi in esame, la sentenza va riformata nella parte in cui il T, ritenendo l’ammissibilità delle sottese domande, come da ultimo graduate dalle Società, nonostante il loro contrasto con il principio dell’impugnabilità a mezzo del ricorso amministrativo di un solo provvedimento e la carenza delle condizioni per la proposizione di un ricorso cumulativo, ha disposto, oltre che l’annullamento in parte qua degli atti indittivi del concorso di idee, l’obbligo di conclusione del procedimento di autorizzazione del progetto delle Società e l’annullamento dei pareri negativi innestatisi nell’ambito di tale procedimento.

12. I motivi come sopra accolti hanno valenza assorbente di vari altri motivi contenuti negli appelli delle Amministrazioni statali.

Segnatamente, restano assorbiti, quanto all’appello principale dell’Autorità di Sistema:

- il secondo motivo, incentrato sull’inammissibilità dell’impugnativa di primo grado per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti del Comune di Cavallino Treporti, che attiene, come anche espressamente ivi affermato, alla domanda di accertamento dell’obbligo delle Amministrazioni di portare a termine il procedimento di approvazione del progetto “Venis Cruise”;

- il quarto motivo, che contesta la pronunzia impugnata laddove afferma che il predetto progetto è qualificabile alla stregua di un progetto preliminare ai sensi e per gli effetti dell’art. 165 del d.lgs. e pertanto idoneo a determinare l’avvio del relativo procedimento;

- il sesto e il settimo motivo, che avversano le affermazioni del T secondo cui il progetto delle società, in quanto l’unico valutato positivamente dalla CTVIA e indicato insieme alla soluzione Marghera come realizzabile in tempi rapidi, al fine di non interrompere il traffico crocieristico, “ potrebbe essere preso in considerazione dall’Amministrazione come soluzione provvisoria – di rapida realizzazione – in attesa dell’individuazione ed esecuzione della soluzione definitiva ”, ossia quella emergente dal concorso di idee;

- il nono motivo, che avversa il capo di sentenza che, sempre con riferimento alla domanda di condanna delle Amministrazioni alla conclusione del procedimento di approvazione del progetto delle Società, ha ritenuto irrilevante che le medesime non fossero soggetti aggiudicatori ai sensi dell’art. 165 comma 1 d.lgs. 163/2006;

- il decimo motivo, volto a contestare le ragioni in forza delle quali il T ha configurato l’obbligo delle Amministrazioni di provvedere con un provvedimento espresso alla valutazione di impatto ambientale del progetto delle società.

Restano parimenti assorbiti, quanto all’appello incidentale delle sopra menzionate Amministrazioni dello Stato:

- il secondo motivo, che avversa le ragioni poste dal T a sostegno della reiezione dell’eccezione di inammissibilità dell’impugnativa di primo grado, per difetto di legittimazione attiva, quanto alla pretesa inottemperanza dell’obbligo di concludere l’esame del progetto delle Società;

- il quarto motivo, diretto avverso la statuizione di accoglimento della domanda di accertamento del silenzio-inadempimento e di dichiarazione dell’obbligo di concludere il ridetto procedimento di valutazione;

- il sesto motivo, diretto ad avversare le ragioni che il T ha posto a base della ritenuta illegittimità del parere del Ministero della cultura impugnato dalle società con i mezzi aggiunti.

13. Residua invece l’interesse delle Amministrazioni appellanti principali e incidentali all’esame dei motivi di censura spiegati avverso la parte della sentenza impugnata che ha annullato in parte qua gli atti indittivi del concorso di idee, che si passa a illustrare.

14. Con il terzo motivo l’appellante principale sostiene che le Società difettano di interesse all’impugnazione immediata e autonoma del concorso di idee in quanto esso non è l’atto conclusivo del procedimento di valutazione del progetto “Venis Cruise” e non costituisce neanche ostacolo alla conclusione del procedimento di valutazione di impatto ambientale dello stesso progetto, unico ambito nel quale potrebbe essere ipotizzato un legittimo affidamento delle Società medesime.

Evidenziano inoltre che la prevista localizzazione dell’opera al di fuori della Conterminazione Lagunare non è un requisito di partecipazione al concorso di idee, ma solo una caratteristica che, senza alcuna conseguenza escludente, le proposte progettuali devono presentare al fine di rispondere all’interesse pubblico sotteso alla procedura, sicchè nulla avrebbe impedito alle Società di partecipare alla stessa con il loro progetto.

Con il quinto motivo l’appellante principale sostiene che il T abbia erroneamente attribuito portata escludente al riferimento, operato nell’avviso oggetto di gravame, alla Conterminazione Lagunare quale limite all’ubicazione delle opere previste nelle proposte progettuali ammesse alla partecipazione, evidenziando che, al più, la previsione avrebbe potuto ritenersi suscettibile di impugnazione solo in uno al provvedimento di aggiudicazione, pena la grave conseguenza dell’impossibilità della stazione appaltante di esprimere nella documentazione di gara le esigenze sottese alla procedura di selezione del contraente, che, nella specie, sono state apposte senza violare i principi di ragionevolezza e proporzionalità, vizi che il T non ha registrato e che comunque sono insussistenti, considerato che nell’individuare il limite costituito dalle “acque protette” della Laguna di Venezia, l’Autorità non ha fatto altro che utilizzare un criterio di diretta derivazione legislativa, (d.m. Lavori pubblici 9 febbraio 1990, attuativo della l. 366/1966, norma speciale da sempre considerata riferimento normativo in tema di salvaguardia ambientale di Venezia e della sua Laguna.

Inoltre, varrebbe comunque l’eccezione, erroneamente respinta dal T, secondo cui le Società sono comunque carenti di interesse a ricorrere avverso l’indizione del concorso di idee, in quanto la procedura prevede tra le caratteristiche essenziali ai fini dell’ammissione alla partecipazione alla selezione la necessità di garantire l’accoglienza di navi adibite al trasporto transoceanico di merci a mezzo container e lo stoccaggio degli stessi, elemento questo non previsto nel progetto delle società.

Con l’ottavo motivo l’appellante principale sostiene l’erroneità e l’arbitrarietà dell’identificazione, operata dal T, tra le “acque protette” di cui all’art. 1 comma 3 d.-l. 45/2021 e le “acque tranquille” di cui all’art. 2 del d.lgs. 194/2021, in quanto quest’ultima disposizione è successiva alla prima e pertanto non applicabile alla procedura in esame, rilevando anche come il primo giudice abbia sostenuto che il richiamo alla stessa costituiva una ulteriore conferma della sostanziale assimilabilità delle due nozioni, laddove tale assimilabilità non è mai stata prospettata prima della sentenza, e vieppiù nell’ordinanza con il quale il T ha disposto la verificazione detto art. 2 è l’unico fondamento posto a base della ricostruzione ivi operata.

Il motivo evidenzia anche come, contrariamente a quanto affermato dal T, la Capitaneria di Porto nella sua relazione di verificazione abbia chiarito che i due concetti in parola sono riferiti a diversi ambiti di applicazione, cosa del resto desumibile dallo stesso dato testuale delle due citate disposizioni di legge: non si comprenderebbero quindi le ragioni della ritenuta coincidenza di nozioni, né il MOSE, opera posta a salvaguardia dei danni causati a Venezia dalla “acqua alta” e non dell’ecosistema naturale della città, potrebbe inciderebbe sulla questione.

Infine, il motivo espone come la maggiore o minore area ricondotta ai due concetti in parola determini, sul piano dei concreti effetti dell’azione amministrativa, conseguenze diametralmente opposte: “tanto più si amplia l’area ricondotta alla nozione di ‘acque tranquille’ tanto minore è l’intensità della tutela dell’interesse pubblico alla sicurezza della navigazione in ambito lagunare;
quanto più si amplia l’area ricondotta alla nozione di ‘acque protette’ tanto maggiore è l’intensità della tutela dell’interesse pubblico alla preservazione della laguna sul piano ambientale-paesaggistico”.

15. A loro volta le Amministrazioni statali appellanti incidentali, con il terzo motivo: evidenziano la carenza di interesse delle Società a censurare l’atto di avvio del concorso di idee, sia negando la preclusione alla partecipazione del loro progetto, sia affermando che essa, anche laddove esistente, sarebbe un effetto di scelte amministrative insindacabili, antecedenti alla procedura;
negano che il pregiudizio economico lamentato dalle Società, con riguardo al progetto “Venis Cruise” possa essere causalmente riconducibile alla procedura stessa;
sostengono che il T abbia stravolto la giurisprudenza in tema di immediata impugnabilità delle clausole c.d. “escludenti”, applicandola a una fattispecie in cui la partecipazione non è preclusa in assoluto, ma solo in relazione a un determinato progetto, e ciò non per stigmatizzare una scelta restrittiva della stazione appaltante ma solo per determinare, mediante la conformazione della disciplina di gara a quel progetto, una posizione di privilegio di un singolo operatore economico, e senza motivare sulle ragioni di illegittimità della scelta discrezionale operata dalla stazione appaltante in maniera diversa dal progetto delle Società;
sostengono la carenza di interesse dell’impugnativa, in quanto nulla impediva alle società di partecipare con un progetto diverso da quello già elaborato.

Le stesse Amministrazioni, con il quinto motivo: evidenziano l’incomprensibilità dei parametri in forza dei quali il T è pervenuto all’asserita interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 3 del d.-l. 45/2021 e quindi alla equiparazione tra le nozioni di “acque tranquille” e “acque protette”, senza indicare peraltro il parametro costituzionale che renderebbe illegittima la previsione normativa;
sostengono l’assoluta erroneità della predetta equiparazione, evidenziando la diversità di origine e di ratio dei due concetti;
evocano la valenza speciale delle norme del d.m. 9 febbraio 2020 e le sue importanti finalità di tutela, e la diversità di finalità dei provvedimenti della Capitaneria di Porto citati dal T, relativi alla diversa questione della perimetrazione e delimitazione della navigazione all’interno della Laguna di Venezia;
evidenziano l’estraneità alle problematiche qui dibattute della realizzazione del MOSE e l’erroneità del richiamo all’art. 2 del d.lgs. 194/2021, che ha modificato la nozione di acque protette in relazione ad ambiti diversi da quello della salvaguardia ambientale, in tal modo non interferendo con le norme speciali a tutela della Laguna;
sostengono in ogni caso che detta norma, determinata dal recepimento di una direttiva europea (2019/1159/UE modificativa della direttiva 2012/35/UE) in quanto sopravvenuta, in applicazione del principio tempus regit actum , non sarebbe applicabile al concorso di idee.

16. Le predette censure non possono essere favorevolmente valutate. Restano conseguentemente assorbite le eccezioni preliminari svolte al riguardo dalle Società.

16.1. In primo luogo, l’interesse delle Società ad agire in giudizio avverso gli atti indittivi del concorso di idee non può essere posto in dubbio.

Com'è noto (tra le tante, Cons. Stato, sez. V, 21 gennaio 2022, n. 383;
29 aprile 2019, n. 2732), l’impugnativa autonoma degli atti di indizione di una procedura concorsuale è, in via di principio, inammissibile, per carenza di una lesione concreta e attuale, stante la sua connotazione meramente endoprocedimentale e alla luce del rilievo che la lesione si verifica (con il conseguente sorgere dell’interesse) solo a seguito del suo eventuale esito finale negativo. Indi, a fronte di una clausola asseritamente illegittima della lex specialis di gara, il concorrente non è ancora titolare di un interesse concreto e attuale all’impugnazione, poiché non sa ancora se l’astratta e potenziale illegittimità della clausola si risolverà in un esito negativo della sua partecipazione alla procedura concorsuale, e quindi in una effettiva lesione della situazione soggettiva che solo da tale esito può derivare.

Tuttavia, l’immediata impugnazione è possibile nel caso in cui le condizioni e le regole che connotano la procedura siano tali da precludere a priori una utile partecipazione alla gara, sortendo con ciò un effetto di immediata esclusione. Vanno, in particolare considerate, in termini generali, immediatamente escludenti (Cons. Stato, Ad. plen. 26 aprile 2018, n. 4), le clausole della lex specialis che: a) impongano, ai fini della partecipazione alla procedura evidenziale, oneri manifestamente inintellegibili ovvero del tutto sproporzionati rispetto all’oggetto della gara;
b) scandiscano regole idonee a rendere la partecipazione degli operatori economici incongruamente difficoltosa o, addirittura, impossibile;
c) prefigurino disposizioni abnormi o irragionevoli, che rendano impraticabile il ragionevole calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della formalizzazione dell’offerta, ovvero comprimano irragionevolmente i tempi per la relativa elaborazione e presentazione;
d) fissino condizioni negoziali che rendano a priori il prospettico rapporto contrattuale eccessivamente oneroso ed obiettivamente non conveniente;
e) scolpiscano clausole impositive di obblighi contra jus ;
f) presentino gravi carenze nell’indicazione dei dati essenziali per la formulazione dell’offerta.

Nel caso di specie, sotto il profilo oggettivo, bene ha fatto il T a rilevare che la precisazione, relativa alla necessaria collocazione dei punti di attracco in ambito esterno alle “acque protette della Laguna di Venezia”, secondo cui per “acque protette” si intendono tutte le superfici interne alla Conterminazione Lagunare di cui al d.m. LL.PP. n. 9/1999, costituisce un obiettivo e rilevante vincolo conformativo, idoneo a condizionare a monte la partecipazione al concorso di idee delle Società con il progetto “Venis Cruise”.

Invero, gli atti del fascicolo di causa non consentono di porre in discussione la non rispondenza del progetto delle Società al requisito di ubicazione di cui trattasi, e non rileva la circostanza che la sua carenza non sia stata sanzionata con una espressa clausola espulsiva, essendo ius receptum in giurisprudenza il principio secondo cui la mancata previsione di un’esplicita clausola espulsiva non vale a impedire l’esclusione di un’offerta, ove questa, sulla base della disamina dello specifico quadro regolatorio di riferimento, risulti priva delle qualità da ritenersi essenziali nell’economia di una legge di gara (tra tante, Cons. Stato, III, 21 ottobre 2022, n. 9020).

Sotto il profilo soggettivo, la posizione delle Società, come fanno le censure in trattazione, non può essere equiparata a quella di qualsiasi altro operatore economico intenzionato a partecipare alla competizione (e quindi non vale rilevare, come fanno le Amministrazioni appellanti, che le Società potevano predisporre un progetto diverso dal “Venis Cruise” e partecipare comunque al concorso): è infatti proprio la norma sulla base della quale è stato indetto il concorso di idee, l’art. 3 del d.-l. 45/2021, a stabilire che la procedura debba tenere conto “ delle risultanze di eventuali studi esistenti ”, riferimento che, per le vicende di cui si è fatta sopra rassegna, non può che ricomprendere anche tale progetto, essendo, del resto, evidente la ratio di una tale precisazione, che, proprio nell’ottica di reperire una ottimale soluzione alla criticità in parola, nel miglior perseguimento dell’interesse pubblico, non ha evidentemente inteso escludere che la comparazione competitiva possa avvenire non solo tra le nuove proposte ideative che la procedura si propone di raccogliere, ma anche in relazione a quelle già elaborate sotto la vigenza del ridetto d.m. 2 marzo 2012.

Pertanto, il T, nel ritenere l’interesse ad agire delle Società, non ha nè stravolto i principi giurisprudenziali elaborati, nell’ambito delle gare pubbliche, sul tema di immediata impugnabilità delle clausole c.d. “escludenti, né violato il principio della par condicio competitorum , che, invece, ha rispettato e applicato tenendo conto della specifica conformazione che la procedura in esame rinviene dalla norma di legge che ne ha previsto l’indizione.

Nulla muta poi considerando che l’indizione della procedura non costituisce ostacolo alla conclusione del procedimento di valutazione di impatto ambientale del progetto delle Società, essendo questo un procedimento di cui le stesse Amministrazioni appellanti hanno fortemente sottolineato l’alterità.

L’interesse a ricorrere delle Società avverso la clausola di cui si discute non può dirsi neanche inficiato dal fatto che il loro progetto è carente di altri elementi che condizionano la partecipazione alla procedura (gli approdi portuali per le navi portacontainer): invero, è di palmare evidenza che tale ultimo aspetto può essere oggetto di agevole integrazione (come pure rilevato dal T), condizione non realizzabile per la sua ubicazione, che è aspetto che lo caratterizza precipuamente ed è direttamente investito dalla clausola.

16.2. Nel merito, deve convenirsi con il T circa l’illegittimità della clausola di cui si discute.

La conclusione non è affetta da alcuna carenza motivazionale o logica, avendo il giudice di prime cure bene esplicitato le sottese ragioni, e restando del tutto indifferente che esse siano state qualificate come “interpretazione costituzionalmente orientata”.

In particolare, premesso che l’art. 3 del d.-l. 45/2021 si limita a stabilire che le proposte progettuali da presentarsi nel concorso di idee avrebbero dovuto essere localizzate al di fuori delle “acque protette”, senza riferire alcun connotato specifico a tale nozione, il T ha rilevato che:

La Capitaneria di Porto di Venezia nella relazione di verificazione ha chiarito che ‘in tema di acque protette non si rinviene una nozione univoca nel nostro ordinamento e si è visto come il D.L.1/4/2021 n.45 faccia specifico riferimento alla locuzione ‘acque protette della Laguna di Venezia’, senza fornire altre indicazioni in merito’.

L’art. 2 del d.lgs. n. 194 del 2021, attuativo della direttiva (UE) n. 2019/1159 del 20 giugno 2019, ha definito le ‘acque protette’ in modo sostanzialmente coincidente con quella di ‘acque tranquille’.

Tale sostanziale assimilazione trova peraltro conferma nella relazione illustrativa a tale decreto legislativo dove si afferma che ‘per la definizione di acque protette si ritiene utile trarre spunto dalla Circolare del Ministero della Marina Mercantile n.92 del 4 gennaio 1994 che, in sintesi, considera acque tranquille, ai fini del trasporto passeggeri, le zone di mare antistanti le coste nazionali (peninsulari ed insulari) entro limiti operativi alquanto stringenti. Il tutto in considerazione, altresì, del fatto che le definizioni di acque protette e acque adiacenti alle acque protette non sono contenute né nella direttiva 2008/106/CE né nella direttiva UE 2019/1159, che non fanno alcun riferimento alla problematica delle acque protette.

D’altra parte in precedenti atti le acque tranquille erano definite come ‘porti, canali, estuari, lagune, golfi determinati dal Ministero della marina mercantile’(art. 2 del d.lgs. del Capo Provvisorio dello Stato 22 gennaio 1947, n. 340) e altresì come ‘le acque marittime di giurisdizione comprese nella laguna di Venezia, così come definite dalla Legge 5.3.1963 n.366 … considerato che le stesse sono completamente ridossate e riparate dal mare da una lunga striscia di terraferma, che ne riduce notevolmente l’azione degli agenti meteomarini;
tanto che sia possibile ritenere che l’altezza del moto ondoso all’interno delle acque lagunari non superi i limiti prefissati dalla Circolare Serie III-n.92 nelle premesse citata’.

In definitiva, sia da un punto di vista logico, sia da un punto di vista storico-normativo, la nozione di ‘acque protette’ può essere ritenuta sostanzialmente riconducibile a quella di ‘acque tranquille’.

E in base alla relazione di Verificazione della Capitaneria di Porto, ‘Dall’esame del grafico può evincersi che la sagoma del progetto Duferco ricade al di fuori dei limiti delle ‘acque tranquille’ della laguna veneta all’altezza della bocca di porto Lido’ ”.

Si tratta di argomentazioni che non sono superate dai rilievi delle Amministrazioni appellanti, a partire da quello relativo all’inapplicabilità dell’art. 2 del d.lgs. 194/2021 perché sopravvenuto alla indizione del concorso di idee.

Invero, il T ha adeguatamente chiarito come il richiamo operato alla norma costituisse una ulteriore conferma dell’assimilabilità dei due concetti, riveniente come dalla relazione di verificazione della Capitaneria di Porto, anche sulla base della disciplina antecedente.

In ogni caso, poi, non può dirsi che tale norma sia l’unico elemento posto a base della ricostruzione effettuata nella sentenza gravata: il T ha invero sottolineato che “ nell’individuazione del perimetro delle ‘acque protette’, l’Autorità portuale avrebbe in ogni caso dovuto tenere conto delle modificazioni dello stato dei luoghi intervenute dopo la conterminazione del 1990 e in particolare della realizzazione del MOSE.

Peraltro lo stesso art. 2 della legge 5 marzo 1963, n. 366, in base al quale è stato adottato il d.m. 9 febbraio 1990, prevedeva espressamente un adeguamento del tracciato della conterminazione alle successive modifiche ”.

Le Amministrazioni appellanti, sul punto, si limitano a sostenere che il MOSE riguarderebbe non la difesa dell’aspetto ambientale della Laguna ma solo la protezione di Venezia dall’acqua alta.

Ma la tesi non convince, bastando al riguardo evidenziare, come rilevano le Società, che la l. 404/1975 che ne ha disciplinato la realizzazione titola “ Norme per l’indizione del bando dell’appalto-concorso internazionale per la conservazione dell’equilibrio idro-geologico della laguna di Venezia e per l’abbattimento delle acque alte nei centri storici ”;
anche il suo art. 1 fa riferimento, oltre che all’abbattimento delle acque alte nei centri storici, alla “ esecuzione delle opere necessarie ai fini della conservazione dell’equilibrio idro-geologico della laguna di Venezia ”;
il d.-l. 4/1980, Studio delle soluzioni tecniche da adottare per la riduzione delle acque alte nella laguna veneta ”, nella premessa dedicata alla illustrazione dei presupposti della decretazione d’urgenza, richiama la straordinaria necessità e l’urgenza sia per la salvaguardia di Venezia e della sua Laguna, sia per lo studio del fenomeno dell’acqua alta.

Non può pertanto dirsi, come fanno le Amministrazioni dello Stato appellanti, che le esigenze sottese alla procedura di selezione del contraente siano ragionevoli e proporzionate solo perché non hanno fatto altro che utilizzare un criterio di diretta derivazione legislativa, e cioè il d.m. LL. PP. 9 febbraio 1990, attuativo della l. 366/1966, in quanto la valenza speciale e storica di tale norma non basta a giustificare la mancata considerazione nell’ambito degli atti indittivi del concorso di idee degli ulteriori elementi, di carattere normativo, amministrativo e fattuale, indicati dal T.

Non si ravvisa poi nella relazione di verificazione della Capitaneria di Porto l’affermazione che i concetti di “acque protette” e di “acque tranquille” sono riferiti a diversi ambiti di applicazione.

Infatti, nella predetta relazione la Capitaneria si è limitata a rilevare che “ Ancorchè riferiti a distinti ambiti di applicazione, le ‘acque tranquille’ si connotano rispetto alle ‘acque protette’, almeno nominalmente, per il diversa specificazione del ‘periodo” temporale” mentre solo la somma dell’ampiezza delle due zone introdotte dal D.Lgs. 194/2021 (0,5 miglia+0,5 miglia) condurrebbe allo stesso risultato di un miglio dalla costa dell’istituto ‘acque tranquille’ di cui alla Circolare Ministero della Marina Mercantile n.92 del 04.01.1994 ”, con ciò solo specificando, come acutamente osservato dalle Società, la sola parziale sovrapponibilità dei due concetti, né la diversità di origine e di ratio dei due concetti, come pure vorrebbero le deducenti Amministrazioni, può essere tratta sulla base esclusiva di argomentazioni a carattere “intuitivo”.

17. Per tutto quanto precede, i motivi in esame vanno respinti, con conseguente conferma della sentenza impugnata ove ha annullato gli atti indittivi del concorso di idee in parola, nella parte in cui dispongono la collocazione dei punti di attracco in ambito esterno alle “acque protette della Laguna di Venezia”, precisando che per “acque protette” si intendono tutte le superfici interne alla Conterminazione Lagunare di cui al d.m. LL.PP. n. 9/1999.

18. Residua l’esame del ricorso incidentale delle Società nella parte in cui ripropone le domande risarcitoria.

Al riguardo, non vi è luogo per l’esame della domanda risarcitoria proposta in relazione alla mancata conclusione del procedimento di autorizzazione del progetto “Venis Cruise”, in relazione all’affidamento maturato nella sua positiva conclusione, stante la declaratoria, come sopra, dell’inammissibilità dell’impugnazione dell’inerzia amministrativa, né per la domanda di risarcimento del danno ingiusto cagionato alle Società dall’adozione del bando di concorso oggetto di impugnazione, stante la conferma, sempre come sopra, della sentenza del T nella parte in cui ha disposto l’annullamento della clausola c.d. “escludente” dalle medesime impugnata.

19. In definitiva, l’appello principale dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Settentrionale e l’appello incidentale della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, del Ministero della cultura e del Ministero della transizione ecologica vanno accolti parzialmente mentre l’appello incidentale di Duferco Italia Holding s.p.a. e Dp Consulting s.r.l. va respinto.

Per l’effetto, la sentenza impugnata:

- va riformata nella parte in cui ha statuito l’obbligo di conclusione del procedimento di autorizzazione del progetto “Venis Cruise” ai sensi degli artt. 165 e ss. del d.lgs. 163/2006 e l’annullamento degli impugnati pareri negativi innestatisi nell’ambito di tale procedimento, dichiarandosi l’inammissibilità dell’impugnativa di primo grado quanto alle sottese domande;

- va confermata per il restante.

Sussistono giusti motivi, stante la novità e la complessità delle questioni proposte e l’andamento della controversia, per compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio.

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