Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2009-12-04, n. 200907651
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N. 07651/2009 REG.DEC.
N. 00661/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
sul ricorso in appello nr. 661 del 2009, proposto dalle associazioni VERDI AMBIENTE E SOCIETÀ – V.A.S. e GREEN CROSS ITALIA, in persona dei rispettivi legali rappresentanti
pro tempore,
rappresentate e difese dagli avv.ti D G e F T, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, largo Messico 7,
contro
- il MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE e il MINISTERO DEI TRASPORTI, in persona dei Ministri
pro tempore,
rappresentati e difesi
ope legis
dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati per legge presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi 12;
- la REGIONE LIGURIA, in persona del Presidente
pro tempore,
rappresentata e difesa dagli avv.ti Gabriele Pafundi e Michela Sommariva, con domicilio eletto presso il primo in Roma, viale Giulio Cesare 14, sc. A/4;
- il COMUNE DI SANTA MARGHERITA LIGURE, in persona del Sindaco
pro tempore,
rappresentato e difeso dagli avv.ti Corrado Mauceri e Gabriele Pafundi, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, viale Giulio Cesare 14, scala A/4;
- il PROVVEDITORATO INTERREGIONALE ALLE OPERE PUBBLICHE DELLA LOMBARDIA E DELLA LIGURIA, in persona del Provveditore
pro tempore,
la PROVINCIA DI GENOVA, in persona del Presidente
pro tempore,
l’AGENZIA DEL DEMANIO, in persona del legale rappresentante
pro tempore,
la CAPITANERIA DI PORTO DI GENOVA, in persona del legale rappresentante
pro tempore,
la CONFERENZA DEI SERVIZI PRESSO IL PROVVEDITORATO INTERREGIONALE DELLE OPERE PUBBLICHE DELLA LOMBARDIA E DELLA LIGURIA, in persona del legale rappresentante
pro tempore,
la SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI E PER IL PAESAGGIO DELLA LIGURIA, in persona del Soprintendente
pro tempore,
e il MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI, in persona del Ministro
pro tempore,
non costituiti nel presente giudizio;
e con l'intervento di
ad opponendum,
IMPRESA LUNGARINI S.p.a, in persona del legale rappresentante
pro tempore,
rappresentata e difesa dagli avv. Claudio De Portu e Pierluigi Piselli, con domicilio eletto presso lo studio legale Cancrini - Piselli in Roma, via Giuseppe Mercalli 13,
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria nr. 1558/2008, depositata il 16 agosto 2008, non notificata, e conseguentemente per l’annullamento del provvedimento di localizzazione delle opere di interesse statale del Provveditore Interregionale per le Opere Pubbliche della Lombardia e della Liguria nr. prot. 8767/2007, in data 14 dicembre 2007, avente ad oggetto: “ D.P.R. nr. 383/94 Intesa Stato – Regione ai sensi dell’art. 81 D.P.R. nr. 616/77e s.m.i. – Opere di difesa del porto di Santa Margherita Ligure – Primo lotto: prolungamento del molo di soprafflutto – Importo intervento euro 2.500.000 ”, nonché per l’annullamento di ogni atto preparatorio, inerente, conseguente e/o comunque connesso, cogniti e non, ed in particolare la deliberazione della Giunta Regionale nr. 1365 del 16 novembre 2007, avente ad oggetto: “ Intesa Stato – Regione ex art. 81 D.P.R. 616/77 e s.m. per approvazione progetto definitivo primo lotto funzionale delle opere di difesa a mare del porto di S. Margherita L. – Prolungamento molo di soprafflutto ”;tutte le deliberazioni assunte dalla Conferenza dei Servizi in sede referente in data 7 giugno 2007;la deliberazione del Consiglio Comunale di Santa Margherita Ligure nr. 48 del 19 settembre 2007.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione dei Ministeri delle Infrastrutture e dei Trasporti, della Regione Liguria e del Comune di Santa Margherita Ligure, nonché l’atto di intervento ad opponendum dell’Impresa Lungarini S.p.a.;
Viste le memorie prodotte dalle appellanti (in data 30 ottobre 2009), dal Ministero delle Infrastrutture (in data 9 maggio 2009) e dalla Regione Liguria (in data 27 ottobre 2009);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, all’udienza pubblica del giorno 10 novembre 2009, il Consigliere R G;
Uditi gli avv.ti G e T per le appellanti, l’avv. dello Stato Palatiello per i Ministeri delle Infrastrutture e dei Trasporti, l’avv. Pafundi per la Regione Liguria e il Comune di Santa Margherita Ligure e l’avv. De Portu per l’interveniente ad opponendum;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Le associazioni Verdi Ambiente e Società – V.A.S. e Green Cross Italia hanno impugnato, chiedendone la riforma, la sentenza con la quale il T.A.R. della Liguria ha respinto il ricorso dalle stesse proposto avverso gli atti con i quali è stato approvato l’intervento per la realizzazione di opere di difesa del porto di Santa Margherita Ligure.
A sostegno dell’appello, le predette associazioni hanno dedotto:
1) erroneità della sentenza per travisamento dei fatti e per contraddittorietà;violazione dell’art. 3 del d.P.R. 18 aprile 1994, nr. 383, in relazione alla violazione dell’art. 14 quater della legge 7 agosto 1990, nr. 241;mancata individuazione dell’eccesso di potere per difetto di istruttoria, per contraddittorietà ed illogicità manifeste e per travisamento (in relazione all’omessa rimessione della decisione al Consiglio dei Ministri dopo il sostanziale dissenso espresso dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio in sede di Conferenza dei servizi);
2) erroneità della sentenza per travisamento dei fatti e per contraddittorietà;violazione dell’art. 3 del d.P.R. 18 aprile 1994, nr. 383, in relazione alla violazione dell’art. 14 quater della legge 7 agosto 1990, nr. 241;mancata individuazione dell’eccesso di potere per difetto di istruttoria, per contraddittorietà, illogicità ed irrazionalità manifeste;mancata individuazione dell’eccesso di potere per travisamento (in relazione alla prospettata esclusione dall’intervento del molo di sottoflutto);
3) erroneità della sentenza per travisamento dei fatti e per contraddittorietà;violazione e mancata applicazione dell’art. 127 del decreto legislativo 12 aprile 2006, nr. 163;mancata individuazione dell’eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione (in relazione all’omissione del necessario parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici);
4) erroneità della sentenza per travisamento dei fatti e per contraddittorietà;violazione dell’art. 3 del d.P.R. 18 aprile 1994, nr. 383, in relazione alla violazione degli artt. 3 e 14 ter della legge 7 agosto 1990, nr. 241;mancata individuazione dell’eccesso di potere per difetto di motivazione (in relazione alla carenza motivazionale del provvedimento conclusivo adottato dal Provveditore Interregionale alle Opere Pubbliche);
5) erroneità della sentenza per travisamento dei fatti e per contraddittorietà;violazione degli artt. 7 e 8 della legge 7 agosto 1990, nr. 241;violazione dei principi in materia di giusto procedimento;mancata individuazione dell’eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione e per illogicità manifesta (in relazione all’omissione dell’invio della comunicazione di avvio del procedimento alle odierne appellanti);
6) erroneità della sentenza per travisamento dei fatti e per contraddittorietà;violazione dell’art. 81 del d.P.R. 24 luglio 1977, nr. 616, dell’art. 3 del d.P.R. 18 aprile 1994, nr. 383, degli artt. 142, 146 e 159 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, nr. 42, e dell’art. 1, comma 2, lettera a), della legge regionale 21 agosto 1991, nr. 20, in relazione alla violazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, nr. 241;violazione del principio fondamentale della tutela del paesaggio, di cui all’art. 9 Cost.;mancata individuazione dell’eccesso di potere per difetto del presupposto e di motivazione e per contraddittorietà ed illogicità manifesta;travisamento;perplessità;sviamento (in relazione al mancato superamento dei molteplici rilievi ostativi espressi in sede di rilascio dei pareri di compatibilità paesaggistica);
7) erroneità della sentenza per travisamento dei fatti e per contraddittorietà;violazione e falsa applicazione dell’art. 14 bis della legge 7 agosto 1990, nr. 241, in relazione alla violazione e mancata applicazione degli artt. 7, 8 e 52 del decreto legislativo 3 aprile 2006, nr. 152;mancata individuazione dell’eccesso di potere per difetto del presupposto e di istruttoria, per contraddittorietà ed illogicità manifeste e per travisamento (in relazione all’omissione della valutazione ambientale strategica);
8) erroneità della sentenza per travisamento dei fatti e per contraddittorietà;violazione e falsa applicazione dell’art. 81 del d.P.R. 24 luglio 1977, nr. 616, dell’art. 3 del d.P.R. 18 aprile 1994, nr. 383, in relazione alla violazione dell’art. 35 delle norme di attuazione del Piano territoriale di coordinamento paesistico approvato con deliberazione del Consiglio Regionale nr. 6 del 26 febbraio 1990;mancata individuazione dell’eccesso di potere per difetto del presupposto e per contraddittorietà manifesta (in relazione alla ritenuta inapplicabilità della prescrizioni urbanistiche, che ostavano all’intervento per cui è causa);
9) erroneità della sentenza per travisamento dei fatti e per contraddittorietà;violazione dell’art. 3 del d.P.R. 18 aprile 1994, nr. 383, in relazione alla violazione del P.T.C. della Costa approvato con deliberazione del Consiglio Regionale nr. 64 del 19 dicembre 2000;mancata individuazione dell’eccesso di potere per difetto di istruttoria e per contraddittorietà ed illogicità manifesta (in relazione agli ulteriori aspetti di contrasto dell’intervento con la normativa urbanistica vigente nella zona);
10) erroneità della sentenza per travisamento dei fatti e per contraddittorietà;violazione e mancata applicazione dell’art. 127 del decreto legislativo 12 aprile 2006, nr. 163, in relazione alla violazione e mancata applicazione dell’art. 5 della legge 28 gennaio 1994, nr. 84;mancata individuazione dell’eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione (in relazione alla violazione della Circolare del Ministero delle Infrastrutture del 10 ottobre 2006, prot. nr. 15001).
Con successiva istanza, le appellanti hanno chiesto anche la sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata.
Si sono costituiti il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, la Regione Liguria e il Comune di Santa Margherita Ligure, i quali, oltre a opporsi con diffuse argomentazioni all’accoglimento del gravame siccome infondato, hanno reiterato le eccezioni di inammissibilità del ricorso di primo grado sotto svariati profili, rimaste assorbite nella sentenza oggetto di censura.
È altresì intervenuta ad opponendum la società Impresa Lungarini S.p.a., incaricata dell’esecuzione dei lavori per cui è causa, la quale ha eccepito l’inammissibilità del ricorso di primo grado per vari motivi, fra cui la mancata notifica dell’atto introduttivo a essa società quale controinteressata.
Alla camera di consiglio del 12 maggio 2009, fissata per l’esame della domanda cautelare, questo è stato differito sull’accordo delle parti, per essere abbinato alla trattazione del merito.
All’udienza del 10 novembre 2009, la causa è stata ritenuta per la decisione.
DIRITTO
1. Viene all’attenzione della Sezione il contenzioso relativo alla realizzazione di opere di difesa in mare nel porto di Santa Margherita Ligure, attivato dal ricorso proposto dalle associazioni di tutela ambientale Verdi Ambiente e Società – V.A.S. e Green Cross Italia.
Per migliore comprensione della vicenda, giova premettere che le medesime società avevano già in precedenza impugnato gli atti della procedura di autorizzazione degli interventi de quibus, ottenendone l’annullamento da parte del T.A.R. della Liguria.
A seguito di ciò, il Provveditorato Interregionale alle Opere Pubbliche della Lombardia e della Liguria ha riavviato la procedura, che si è articolata in una Conferenza dei servizi alla quale sono intervenute tutte le Amministrazioni a vario titolo interessate, e che si è conclusa con il provvedimento di approvazione del progetto dell’intervento, nuovamente impugnato nel presente giudizio dalle predette associazioni in una agli atti ad esso presupposti.
Con la sentenza oggetto dell’odierna impugnazione, lo stesso T.A.R. della Liguria, ritenute assorbite le varie eccezioni preliminari articolate dalle Amministrazioni resistenti, ha respinto il ricorso siccome infondato.
2. Tutto ciò premesso, occorre innanzi tutto esaminare le eccezioni di rito reiterate dalle parti appellate nel presente grado, che il primo giudice aveva considerato assorbite.
2.1. In primo luogo, viene eccepita la inammissibilità del ricorso introduttivo per mancata impugnazione del verbale della Conferenza dei servizi del 22 novembre 2007, al quale sono da ricondurre le determinazioni definitive in ordine agli interventi per cui è causa;tale verbale è stato gravato soltanto con i motivi aggiunti, ma tale impugnazione sarebbe manifestamente tardiva, emergendo dagli atti che esso verbale era già ben noto alle associazioni ricorrenti al momento della proposizione dell’atto introduttivo del giudizio.
L’eccezione è infondata, tenuto conto del noto principio secondo cui per l’individuazione degli atti impugnati non ci si può limitare all’epigrafe del ricorso, dovendo aversi riguardo anche al suo contenuto complessivo.
Orbene, dalla lettura del ricorso di primo grado risulta in modo inequivoco che il verbale della Conferenza dei servizi del 22 novembre 2007 era non solo noto alle associazioni ricorrenti, come affermato dalle parti odierne appellate, ma anche palesemente censurato nei suoi contenuti (cfr. ad esempio le pagg. 9 e 12 del ricorso introduttivo);sicché alcuna rilevanza decisiva può avere il mero dato formale della mancata menzione di detto verbale, nell’epigrafe del ricorso, tra gli atti impugnati.
2.2. Con una seconda eccezione, si afferma il difetto di legittimazione all’impugnazione delle associazioni odierne appellanti: queste ultime, in quanto associazioni di tutela ambientale costituite ai sensi della legge 8 luglio 1986, nr. 349, non sarebbero state legittimate a esercitare azioni a tutela del paesaggio all’epoca della proposizione del ricorso di primo grado, in cui era vigente il regime transitorio di cui all’art. 159 d.lgs. 22 gennaio 2004, nr. 42, il quale escludeva l’applicabilità del comma 13 dell’art. 146 del medesimo decreto, che ha attribuito la legittimazione alle suindicate associazioni.
Anche tale eccezione va respinta.
Infatti, se è vero che con l’art. 146, comma 13, del decreto innanzi citato (c.d. Codice dei beni culturali), in armonia con la progressiva separazione della tutela del paesaggio da quella dell’ambiente, è stata formalmente riconosciuta alle associazioni costituite ex artt. 13 e 18 della legge nr. 349 del 1986 la legittimazione ad agire anche a tutela del paesaggio, non è affatto scontato che prima dell’entrata in vigore e “a regime” di tale disposizione siffatta legittimazione non sussistesse;al contrario, questo Consesso ha più volte riconosciuto tale legittimazione anche nel vigore delle normative previgenti, argomentando dalla stretta connessione tra i valori ambientali e quelli paesaggistici, anche a livello della tutela costituzionale ad essi apprestata (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. IV, 8 agosto 2006, nr. 4778;id., 7 maggio 2004, nr. 2874).
2.3. L’interveniente ad opponendum ha eccepito altresì l’inammissibilità del ricorso per mancata impugnazione degli atti, medio tempore intervenuti, con i quali si è proceduto all’affidamento dei lavori per la realizzazione delle opere di difesa per cui è causa;correlativamente, ha eccepito l’inammissibilità anche per mancata evocazione in giudizio, quale controinteressata, della stessa interveniente, società affidataria dei lavori de quibus.
L’eccezione è infondata.
Ed invero, al di là dei dubbi che avrebbero potuto porsi in ordine alla legittimazione delle associazioni odierne appellanti a censurare gli atti cui fa riferimento l’interveniente, i quali non incidono direttamente sul paesaggio e concernono il mero affidamento di un appalto, deve escludersi che rivesta qualità di controinteressata l’impresa incaricata dell’esecuzione dei lavori, nel giudizio proposto da chi si opponga a monte all’ammissibilità dell’intervento, ritenendolo incompatibile con la disciplina urbanistica, paesaggistica, ambientale etc.
3. Passando all’esame del merito del ricorso in appello, questo si appalesa infondato, e pertanto meritevole di reiezione.
4. Con il primo motivo d’impugnazione, le appellanti ripropongono la tesi secondo cui, essendosi registrato nel corso della Conferenza dei servizi un sostanziale dissenso da parte della competente Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio, sarebbe stato necessario procedere a norma dell’art. 14 quater, comma 3, della legge 7 agosto 1990, nr. 241, e quindi rimettere ogni determinazione al Consiglio dei Ministri.
Il motivo è infondato, dovendo trovare condivisione la contraria opinione del giudice di primo grado.
Ed invero, parte appellante, pur sottolineando le numerose “ criticità ” evidenziate dalla Soprintendenza nel corso del procedimento, nonché i numerosi suggerimenti con cui la stessa ha ritenuto di corredare il proprio parere, sottovaluta la parte conclusiva della nota datata 20 novembre 2007 (la stessa in cui sono contenuti i richiamati suggerimenti), laddove la medesima Soprintendenza “ …in considerazione del procedimento di affidamento già perfezionato, ritiene di non esprimere un parere di motivato dissenso ”.
Insomma, si tratta non di un dissenso, ma di un parere favorevole con (numerose) prescrizioni e condizioni, corrispondente a una prassi alquanto diffusa, specie per gli interventi di una certa rilevanza ed entità, e certamente non incompatibile con la normativa vigente in materia.
A parte ciò, v’è da dire che, come sottolineato dalle Amministrazioni resistenti (e non contestato ex adverso ), all’epoca in cui pervenne il richiamato parere della Soprintendenza era stato già esperito e concluso il procedimento di valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) per le opere in questione: per cui, anche a voler qualificare come negativo l’avviso espresso dalla Soprintendenza, non sarebbe stato in ogni caso applicabile il meccanismo sostitutivo ex art. 14 quater , comma 3, della legge nr. 241 del 1990, trovando applicazione la deroga contemplata dal precedente art. 14 ter , comma 5, proprio per le ipotesi di provvedimento di V.I.A. già intervenuto.
5. Privo di pregio è anche il secondo motivo d’appello, col quale si reitera la doglianza articolata in ordine alla prospettata possibilità di non realizzare il molo di sottoflutto, dopo quello di soprafflutto.
Al riguardo, è sufficiente rilevare – come correttamente fatto dal primo giudice – che le opere approvate con gli atti oggetto del presente giudizio costituiscono il “ primo lotto ” dell’intervento a difesa del porto di Santa Margherita Ligure, e pacificamente contemplano la realizzazione del solo molo di soprafflutto, senza che ciò implichi che sia già stata assunta e resa definitiva la decisione di non procedere anche alla realizzazione di quello di sottoflutto.
In particolare, l’affermazione svolta in sede di Conferenza dei servizi dall’Amministrazione regionale, circa la non necessità di realizzazione della diga di sottoflutto, va qualificata come mera dichiarazione di intenti in relazione ai futuri interventi da eseguire in prosecuzione di quelli già approvati, e pertanto attengono a scelte ancora da compiere e delle quali ci si potrà dolere – se del caso – una volta che esse saranno definitive.
Ne consegue che risultano inconferenti, in questa sede, i rilievi di parte appellante in ordine all’inidoneità, anche sotto il profilo della sicurezza, di un molo realizzato senza la diga di sottoflutto.
6. Con il terzo motivo di appello si stigmatizza la mancata acquisizione del parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici;la censura è integrata e arricchita col decimo motivo di impugnazione, basato sul richiamo alla Circolare del Ministero delle Infrastrutture prot. nr. 15001 del 10 ottobre 2006, alla cui stregua il predetto parere sarebbe stato necessario.
I motivi suindicati sono infondati.
Ed invero, parte appellante invoca a sostegno del proprio assunto l’art. 127 del d.lgs. 12 aprile 2006, nr. 163, nella parte in cui prevede l’obbligatorietà del parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici anche per i lavori i quali, pur essendo di importo inferiore a € 25.000.000, presentino “ elementi di particolare rilevanza e complessità ”, senza tuttavia argomentare in modo convincente il perché a suo avviso l’intervento per cui è causa presentasse tali caratteristiche;ciò non può certo desumersi sic et simpliciter dal mero fatto che si trattasse di opere potenzialmente incidenti su un’area di notevole pregio ambientale e paesaggistico, dovendo trattarsi piuttosto di “ rilevanza ” e “ complessità ” da valutare in rapporto alle caratteristiche tecnico-costruttive delle opere (il Consiglio superiore dei lavori pubblici – è superfluo rammentarlo – non è organo dotato di specifiche competenze in materia paesaggistico-ambientale).
Quanto poi alla Circolare ministeriale sopra citata, anche in questo caso va condiviso l’avviso del primo giudice, il quale ha ritenuto che le invocate previsioni di essa si riferiscano agli interventi relativi a grandi infrastrutture, e che in tal senso vada inteso anche il richiamo alla nozione di “ diga foranea ”, che dal punto di vista tecnico identifica un’opera di una certa entità, parellela alla linea di costa e situata all’esterno del porto, con la funzione di proteggere quest’ultimo dai marosi (laddove nel caso di specie si è in presenza di un semplice prolungamento del molo già esistente, ancorché realizzato per analoghe finalità difensive).
7. Miglior sorte non merita il quarto motivo d’appello, con il quale si reitera la doglianza di carente motivazione della deliberazione finale del Provveditore Interregionale alle Opere Pubbliche, la quale per la sua sinteticità contrasterebbe in modo stridente con la grande varietà di “ criticità ” emerse nel corso dell’istruttoria.
Sul punto, è sufficiente ribadire che – come già più sopra eccennato – l’atto centrale del procedimento per cui è causa va individuato nella Conferenza dei servizi, il cui verbale conclusivo del 22 novembre 2007, trattandosi di Conferenza “decisoria”, contiene in modo analitico e dettagliato tutte le determinazioni assunte in ordine alle opere da realizzare.
Pertanto, del tutto legittimo è l’essere stato il successivo provvedimento del Provveditore alle Opere Pubbliche motivato per relationem con richiamo ai precedenti atti istruttori, e in primis alle conclusioni della citata Conferenza dei servizi.
8. Da respingere è anche il quinto motivo, col quale le appellanti tornano a prospettare la violazione dell’art. 7 della legge nr. 241 del 1990, non avendo l’Amministrazione provveduto a notificare loro la comunicazione di avvio del nuovo procedimento amministrativo iniziato dopo il primo annullamento degli atti relativi all’intervento per cui è causa da parte del T.A.R. della Liguria.
Al riguardo, basti rilevare che la mera circostanza che le associazioni odierne appellanti avessero già in precedenza proposto ricorso avverso atti di un precedente procedimento teso alla realizzazione delle stesse opere non valeva di per sé a far loro acquisire la qualità di destinatarie dei provvedimenti che l’Amministrazione avrebbe adottato in sede di rinnovazione della procedura, con conseguente obbligo di comunicare loro l’avvio della stessa ai sensi dell’art. 7 della legge nr. 241 del 1990.
9. Privo di pregio è pure il sesto motivo di appello, con il quale le appellanti, a fronte dei rilievi svolti dal primo giudice sulla scorta di una considerazione globale degli atti di pianificazione e dei pareri intervenuti in relazione alle opere de quibus, tornano a insistere sulle parti di atti e pareri che – a loro avviso – dimostrerebbero il mancato superamento degli aspetti critici in ordine all’inserimento dell’opera nel contesto paesaggistico e ambientale in cui si colloca.
In realtà, i rilievi di parte appellante dimostrano solo ciò che era già pacifico, e cioè che l’intervento per cui è causa, inserendosi in un contesto di rilevante pregio paesaggistico, necessita di un’attenta considerazione quanto alla compatibilità delle sue modalità realizzative e del suo impatto con il preesistente;non dimostrano, però, che le scelte in concreto adottate siano effettivamente lesive dei richiamati valori paesaggistici e ambientali (se non – come rileva il giudice di primo grado – sulla base di un personale, e come tale opinabile, giudizio sul modo miglore di garantire la tutela di tali valori).
10. Con il settimo motivo d’appello, viene censurato il mancato esperimento della procedura di valutazione ambientale strategica (V.A.S.).
Il motivo è infondato, atteso che – in disparte la questione della inapplicabilità ratione temporis della disciplina in tema di V.A.S. introdotta dal d.lgs. 3 aprile 2006, nr. 152, e della non immediata esecutività nel nostro ordinamento delle direttive comunitarie in materia (sul punto, cfr. Cons. Stato, sez. IV, 28 maggio 2009, nr. 3333) - la V.A.S. è una valutazione di compatibilità ambientale relativa ai piani e ai programmi (art. 5, comma 1, lettera a), d.lgs. nr. 152/2006), e non certo ai singoli progetti, per i quali il quale il legislatore ha predisposto il diverso strumento del procedimento di V.I.A. (regolarmente esperito nella specie).
11. Privo di pregio è anche l’ottavo motivo, col quale le appellanti si limitano a riproporre la tesi secondo cui l’area portuale in cui insiste l’intervento sarebbe soggetta al regime urbanistico “S.U.” (struttura urbana qualificata), e quindi inidonea all’intervento per cui è causa, senza però spendere alcun argomento per confutare il contrario assunto del giudice di primo grado, che ha ritenuto invece documentato che la medesima area avrebbe destinazione “A.I.” (attrezzature e impianti).
12. Va respinto, infine, anche il nono motivo d’impugnazione, con cui viene reiterata la censura di violazione del Piano territoriale della costa, approvato con la delibera di Giunta Regionale nr. 64 del 19 dicembre 2000.
Ed invero, detto Piano – che, come correttamente rilevato dal primo giudice, è destinato a prevalere sugli altri strumenti urbanistici interessanti la medesima area – espressamente contempla la possibilità di ampliamento del porto, e nell’ambito di esso specificamente il prolungamento del molo, limitandosi a prevedere che questo debba avere “ uno sviluppo di poche decine di metri ” (art. 4.1).
Orbene, il progetto in concreto approvato, nel quale il prolungamento del molo arriva a un massimo di mt 80, può considerarsi conforme alla prescrizioni appena richiamate, dovendo queste ultime necessariamente interpretarsi in relazione alle concrete esigenze di difesa dell’area portuale, e dovendo il rispetto delle prescrizioni in questione valutarsi nell’ambito della globale verifica di compatibilità del progetto con il complesso dei vincoli posti a tutela del valore paesaggistico e ambientale dell’area (verifica che, come si è visto, pare sottrarsi ai molteplici rilievi articolati avverso di essa dalle appellanti).
13. Per le ragioni fin qui enunciate, s’impone una decisione di reiezione dell’appello, con l’integrale conferma della sentenza impugnata.
14. Attesa la complessità delle questioni esaminate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.