Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2013-08-28, n. 201304307

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2013-08-28, n. 201304307
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201304307
Data del deposito : 28 agosto 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06926/2006 REG.RIC.

N. 04307/2013REG.PROV.COLL.

N. 06926/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6926 del 2006, proposto da:
Azienda Usl di Piacenza, rappresentata e difesa dall'avv. R R V, con domicilio eletto presso R R V in Roma, c.so Vittorio Emanuele II n. 284;

contro

Fondazione Casa di Riposo di Robecco D'Oglio Onlus, rappresentata e difesa dagli avv. G C, F C, P A Mri, con domicilio eletto presso F C in Roma, via A. Bertoloni, n. 35;

nei confronti di

Azienda Usl della Provincia di Cremona, rappresentata e difesa dall'avv. G Franco Ferrari, con domicilio eletto presso G Franco Ferrari in Roma, via di Ripetta, n. 142;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - SEZ. STACCATA DI BRESCIA n. 00404/2006, resa tra le parti, concernente pagamento rette relative al ricovero presso la fondazione casa di riposo;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Fondazione Casa di Riposo di Robecco D'Oglio Onlus;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 aprile 2013 il Cons. Alessandro Palanza e uditi per le parti gli avvocati Russo Valentini, Cappella e Ferrari;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. – La azienda USL di Piacenza ha impugnato la sentenza del TAR per la Lombardia- Sez. di Brescia n. 404/2006 che ha accolto il ricorso della Fondazione Casa di Riposo di Robecco D’Oglio Onlus:

- per l’accertamento dell’obbligo dell’Azienda Sanitaria Locale di Piacenza, Distretto della Val D’Arda, o, in via subordinata, dell’Azienda Sanitaria Locale della Provincia di Cremona, al pagamento delle rette relative al ricovero della sig.ra Subacchi Lucia presso la fondazione Casa di Riposo di Robecco Onlus, a decorrere dall’1/1/2000 e fino al 6/7/2004, oltre ad interessi a far data dalle singole fatture al saldo;

- per la condanna degli enti sopra indicati al loro pagamento.


2. – La sentenza del TAR dichiara preliminarmente infondata l’eccezione per il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. La giurisdizione del giudice amministrativo stabilita dall’art. 29 del Regio Decreto n. 1054/1924 al punto 6), non è venuta meno a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 204/2004. Il TAR respinge anche l’eccezione per difetto di legittimazione passiva della Asl di Cremona;
perché la questione coincide con il merito, dovendosi stabilire a chi spetta il pagamento della retta. Il TAR respinge, anche, l’eccezione procedurale relativa alla integrazione del contraddittorio con le Regioni interessate. Nel merito il TAR accoglie il ricorso indicando nella ASL di Piacenza, come ultima residenza al momento del ricovero, la titolare dell’obbligo al pagamento delle rette, in conformità a quanto stabilito nella sentenza del Consiglio di Stato n.6300/2003.


3. - L’azienda AUSL della provincia di Piacenza, appellante, osserva che non esiste alcuna norma statale che risolva la questione delle conseguenze derivanti dalla mobilità sanitaria interregionale. Il TAR di Brescia ha aderito all’interpretazione della Regione Lombardia, mentre la Regione Emilia Romagna ha inviato alle proprie aziende USL la direttiva n. 12331/1999 secondo la quale: “considerato che la quota capitaria del fondo sanitario viene riconosciuta alle Regioni sulla base della popolazione residente al 1 gennaio di ogni anno, le prestazioni sanitarie o a rilievo sanitario sono di competenza della ASL di residenza, alla stessa data, anche in caso di anziani ospitati in strutture residenziali”. Per la Regione Lombardia è vero l’opposto: l’onere dell’assistenza deve essere addebitato considerando il luogo di residenza antecedente il ricovero. La sentenza è errata nel ricomporre in sede giurisdizionale il conflitto tra le due Regioni, senza dare adeguata considerazione al fatto che l’unico principio normativo applicabile è quello generale del nostro ordinamento per le spese sanitarie:“le risorse seguono il paziente“. E’ vero che il Consiglio di Stato si è a suo tempo espresso in senso contrario con le due sentenze richiamate dal TAR nella sentenza impugnata;
tuttavia, la sentenza del C.d.S. n. 187/1997 è relativa ad una fattispecie antecedente al D.Lgs. n. 502/1992, che all’art.12 prevede la distribuzione delle risorse del fondo sanitario in rapporto alla residenza. La sentenza del C.d.S. n. 6300/2003, che tiene conto del citato art.12 senza trarne le necessarie conseguenze, dovrebbe essere rivista perché si è dimostrato che la regione che cura pazienti trasferitisi da altre Regioni non subisce un pregiudizio economico ma vede incrementata la propria quota capitaria. Inoltre, la interpretazione adottata dalla citata decisione n. 6300 non corrisponde alla prassi applicativa in sede di conferenza Stato-Regioni e di C.I.P.E, dove per la ripartizione del fondo sanitario nazionale si utilizza l’ultimo dato ISTAT sulla popolazione residente, senza alcun correttivo. Se si seguisse la decisione n. 6300 si attribuirebbero a carico della Regione Emilia Romagna oneri per i quali non ha ricevuto le relative risorse, che sono state invece percepite dalla Regione Lombardia. Il principio della ripartizione del fondo sulla base dei residenti assistito dal meccanismo della mobilità sanitaria è pienamente valorizzato dalla sentenza del C.d,.S. n. 9293/2003 ed in assenza di disposizioni specifiche non si può non fare riferimento al generale meccanismo che regola la parallela distribuzione degli oneri e dei fondi per le prestazioni del fondo sanitario nazionale.


4. - La Fondazione appellata si costituisce, con propria memoria il 28 settembre 2006 e con successiva memoria conclusionale presentata in data 19 marzo 2013, a sostegno della sentenza impugnata, richiamando proprio la giurisprudenza del Consiglio di Stato, che ha offerto indicazioni conformi a quelle adottate dalla Regione Lombardia con la circolare n. 9/1999, che ha chiarito la portata dell’art. 13 della legge regionale n. 31/1997 nel senso che le prestazioni nelle strutture residenziali per disabili sono remunerate dalla ASL di originaria residenza dell’utente.


5. – L’azienda AUSL della Provincia di Cremona si costituisce, in qualità di contro interessata, con memoria del 27 settembre 2006 e successiva memoria in data 15 marzo 2013, entrambe a sostegno della sentenza impugnata sottolineando come la costante giurisprudenza prospetta una lettura delle norme contraria a quella ipotizzata dalla controparte. Infatti, la disciplina della spesa sanitaria non fa riferimento solo alla popolazione residente, ma anche alla mobilità sanitaria da compensare in sede di riparto sulla base di contabilità analitiche per singolo caso. In particolare la Regione Lombardia ha percepito nel 2003 € 319.000,00 a titolo di compensazione per la mobilità. Ogni Regione, infatti, deve sostenere le spese per i propri assistiti per tutto il periodo necessario alle cure, comunque essi intendano fruire di prestazioni sanitarie e socio-sanitarie anche se il protrarsi del ricovero per un periodo superiore ai due anni può determinare il mutamento della residenza.


6. – Replicano:

- l’Azienda AUSL della provincia di Piacenza, appellante, in data 19 marzo 2013, sottolineando come non debba estendersi alle prestazioni sanitarie la giurisprudenza formatasi solo con riferimento all’assistenza socio-assistenziale ed in particolare a quella concernente le cure psichiatriche. Non essendoci disposizioni espresse in materia sanitaria, contrariamente a quanto avviene in materia socio-assistenziale, l’unico principio applicabile è quello che l’azienda USL competente ai rimborsi è quella che ha ottenuto le risorse relative alla quota capitaria in sede di ripartizione del fondo sanitario. Nel 2003 l’utente in questione, come in tutti gli altri anni che interessano, fu conteggiato nella popolazione residente nella Regione Lombardia e non in Emilia Romagna. Non c’entra dunque la mobilità interregionale, che riguarda i residenti di una regione che ricevono cure in un’altra;

- la Azienda AUSL della provincia di Cremona, controinteressata, in data 27 marzo 2013, contestando l’assunto per il quale le sentenze richiamate nei precedenti atti presentati a sua difesa siano applicabili soltanto a prestazioni di natura socio-assistenziali. In realtà tali sentenze si riferiscono tutte all’erogazione di prestazioni socio-assistenziali con componente sanitaria, dove deve applicarsi, proprio secondo quella giurisprudenza, il principio di prevalenza per stabilire l’imputazione delle spese di degenza al Comune e all’Azienda sanitaria. Inoltre, la controparte fa riferimento all’assunto dell’intervenuta corresponsione di fondi a favore della Regione Lombardia senza dare la prova che la ripartizione del fondo sia avvenuta secondo i criteri da essa illustrati. Quanto al principio di compensazione della mobilità sanitaria, anch’esso invocato per respingere la sua applicabilità per i non residenti e i non più residenti, si richiama all’art. 13, comma 17, della legge regionale lombarda n. 31/1997, che invece esclude l’applicazione dei principi di mobilità per le prestazioni erogate nelle strutture di riabilitazioni extra-ospedaliere, per le residenze sanitarie assistenziali, per le strutture socio-sanitarie per disabili e nelle comunità terapeutiche per tossicodipendenti che devono essere direttamente remunerate dalla Asl di residenza dell’utente. La più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato (n. 930/2013) ha ribadito che si deve far riferimento alla residenza al momento del ricovero senza che abbia rilievo la successiva acquisizione di altra residenza dopo due anni di ricovero, precisando che è semmai in sede di riparto del fondo sanitario nazionale che dovranno ritenersi a tali fini ancora residenti nel luogo originario i destinatari delle prestazioni in questione;

- la Fondazione appellata, in data 28 marzo 2013, la quale, dopo avere ribadito il valore generale del principio contenuto nell’art.6, comma 4, della Legge n. 328/2000 secondo il quale vale la residenza prima del ricovero per tutti i soggetti per i quali si renda necessario il ricovero in strutture residenziali, fa anch’essa rinvio ai principi testè richiamati della più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato di cui alla sentenza n. 930/2013 già citata al punto precedente.


7. - Il Consiglio di Stato ha respinto l’istanza cautelare avanzata dalla azienda appellante con ordinanza n. 5090/2006 rilevando che, “ad un primo esame, il ricorso non appare fondato in considerazione del costante orientamento giurisprudenziale”.


8. – La causa è stata discussa ed è passata in decisione all’udienza pubblica del 19 aprile 2013.


9. – L’appello è infondato.

9.1. – La controversia in appello verte su un’unica questione se cioè le modalità di riparto del fondo sanitario nazionale (ed in particolare quelle che prevedono che a ciascuna regione sia assegnato una quota capitaria per ciascun residente nella regione stessa e che in base al meccanismo della mobilità sanitaria ciascuna regione rimborsi le prestazioni eventualmente fornite da altre regioni a propri residenti) modifichino almeno per le spese sanitarie – distinte da quelle socio assistenziali – relative a ricoveri di lunga durata il principio del domicilio di soccorso nel comune di residenza stabilito dagli artt. 72 e 74 della legge 17 luglio 1890 n. 6972 (c.d. legge Crispi) ribadito – in materia socio assistenziale - dall'art. 6, comma 4, della legge 8.11.2000, n. 328 e adottato in via generale anche per le spese sanitarie da numerose leggi regionali, tra cui la legge della Lombardia n 31/1997, e dalla prevalente giurisprudenza. All’opposto la circolare della regione Emilia Romagna n. 12331/1999 adotta un indirizzo opposto deducendolo dai criteri di riparto del fondo sanitario nazionale affermando testualmente: “considerato che la quota capitaria del fondo sanitario viene riconosciuta alle Regioni sulla base della popolazione residente al 1 gennaio di ogni anno, le prestazioni sanitarie o a rilievo sanitario sono di competenza della ASL di residenza, alla stessa data, anche in caso di anziani ospitati in strutture residenziali”.

9.2. – Sulla questione come sopra delineata la Sezione è intervenuta di nuovo di recente con la sentenza n. 15 febbraio 2013, n. 930, la quale conferma tutti i principi di diritto già consolidati nella giurisprudenza del Consiglio di stato e ben scolpiti dalla sentenza Sez V, 15 ottobre 2003, n. 6300 :

- si deve aver riguardo alla residenza del soggetto assistito all'epoca del ricovero essendo ininfluente il trasferimento della residenza dell'assistito proprio in occasione del ricovero nel Comune di ubicazione della struttura ricoverante,

- tale principio non viene modificato neppure dall’art. 12 del d.lgs. 502/92 poiché "l'art. 12 del d.lgs. 502/92, nel prevedere, con riguardo ai criteri di divisione del fondo sanitario nazionale, che la quota capitaria di finanziamento da assicurare alle regioni viene determinata sulla base di un sistema di coefficienti parametrici, anche con riferimento alla popolazione residente, non esclude che all'interno di quest'ultima possano essere ricompresi quei soggetti che, pur avendo trasferito la residenza anagrafica in altre regioni a seguito di un lungo ricovero ospedaliero, debbano essere ancora ritenuti residenti nel luogo in cui vivevano al momento del ricovero con riguardo alle prestazioni economiche cui è tenuta la U.S.L. che li ha avviati alle cure".


- “neppure osta il disposto dell'art. 17, co. 3, della legge 22 dicembre 1994 n. 887, secondo cui la ripartizione della quota relativa all'assistenza ospedaliera deve tener conto della mobilità interregionale ai fini della compensazione centrale, poiché "tale criterio della compensazione interregionale, in ossequio proprio al principio di buona amministrazione (...) va inteso nel senso di far usufruire dell'assegnazione delle risorse del fondo sanitario nazionale, a seguito di una complessa procedura contabile, la regione di provenienza del degente, in quanto gravata dell'obbligo al pagamento delle rette del ricovero , e non la regione dove si trova la struttura ospitante e che ha fra i propri assistiti i malati lungodegenti residenti in altre regioni all'epoca del ricovero “.

9.3. – Il Collegio, nel decidere la questione delineata al punto 9.1., fa quindi specifico riferimento, ai sensi dell’art. 74 c.p.a., alle sentenze n. 930/2013 e n. 6300/2003.

9.4. – Non convincono infatti le controdeduzioni dell’AUSL appellante nei confronti delle tesi adesive alla giurisprudenza citata sostenute dalle parti resistenti. L’Amministrazione appellante controdeduce affermando che l’indirizzo della giurisprudenza, di cui in particolare alla sentenza n. 6300/2003 (e dunque anche alla n. 930 /2013), dovrebbe essere riconsiderato alla luce della prassi in atto, dal momento che, ad avviso della parte appellante, si è dimostrato che la regione che cura pazienti trasferitisi da altre Regioni non subisce un pregiudizio economico, ma vede incrementata la propria quota capitaria e che la prassi applicativa in sede di conferenza Stato-Regioni e di C.I.P.E non conferma le indicazioni date da quella sentenza, ma va in senso opposto, utilizzandosi per la ripartizione del fondo sanitario nazionale l’ultimo dato ISTAT sulla popolazione residente, senza alcun correttivo.

9.5. – Tali argomenti non sono decisivi, dal momento che, nella logica del sistema, è piuttosto la prassi applicativa dell'art. 12 del D.Lgs. 502/92 a dover essere rivista su questo punto per iniziativa delle stesse regioni che sono le più interessate ad evitare contraddizioni e disarmonie nella distribuzione degli oneri e delle relative risorse. Non vi è alcun dubbio sul fatto che l’adozione del principio della residenza effettiva anche in caso di lungo degenti condurrebbe ad un’anomala e irragionevole concentrazione della spesa sanitaria – per importi assai consistenti, con tutta evidenza superiori alla spesa media per utente - nelle località dove sono situate le strutture di lungodegenza, determinando gravi distorsioni tali da rendere più difficile in futuro la stessa localizzazione delle strutture di lungo degenza. Al contrario la considerazione dei lungo degenti tra i residenti delle regioni originarie non determina invece alcun inconveniente nel sistema ed è l’unico veramente coerente con il criterio del riparto sulla base dei residenti (quelli effettivi e non indotti dal solo ricovero di lunga durata) e del principio della mobilità sanitaria, in modo tale applicare questo principio come rivolto a tutelare il diritto di curarsi anche per le malattia di lunga durata in luoghi diversi da quello di residenza in relazione alla offerta di prestazioni idonee e appropriate. Va quindi tenuto fermo il principio del domicilio di soccorso nella località di ultima residenza prima del ricovero come consolidato nella legislazione nazionale e nella giurisprudenza sia in tema di prestazioni socio assistenziali sia di prestazioni sanitarie.


10. – L’appello deve essere di conseguenza respinto e la sentenza del TAR confermata anche nelle sue motivazioni.


11. - Si ravvisano giusti motivi per disporre la compensazione delle spese.

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