Consiglio di Stato, sez. I, parere definitivo 2024-08-20, n. 202401077

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. I, parere definitivo 2024-08-20, n. 202401077
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202401077
Data del deposito : 20 agosto 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00659/2021 AFFARE

Numero 01077/2024 e data 20/08/2024 Spedizione

REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Prima

Adunanza di Sezione del 3 luglio 2024




NUMERO AFFARE

00659/2021

OGGETTO:

Ministero delle imprese e del made in Italy.


Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con istanza sospensiva, proposto, con presentazione diretta, ex art. 11 d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, da Wind Tre S.p.a.,

contro

Comune di Piazzola Sul Brenta, e nei confronti di Regione Veneto, Provincia di Padova, avverso il provvedimento del 25 gennaio 2021, con prot.n.1503 del 26 gennaio 2021, con il quale il Responsabile Area Tecnica del SUE del Comune di Piazzola sul Brenta, in relazione alla richiesta del SUAP del 10 dicembre 2020, ha comunicato diniego alla istanza di autorizzazione presentata da Wind Tre S.p.A. ex artt. 86-87 del d.lgs. 1° agosto 2003, n.259 alla realizzazione di infrastrutture di telecomunicazioni per un impianto di telefonia mobile in via Fiume snc ed all’istanza di autorizzazione per un passo carrabile, nonché di ogni atto presupposto e conseguente.

LA SEZIONE

Vista la nota di trasmissione della relazione prot. n. U. 0023500 in data 8 aprile 2022, con la quale il Ministero delle imprese e del made in Italy (già Ministero dello sviluppo economico) ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;

Esaminati gli atti e udita la relatrice, consigliere Valeria Vaccaro.


Premesso in fatto e considerato in diritto quanto segue.

1. La società Wind Tre S.p.A., dichiarando di aver acquisito con contratto di locazione la disponibilità di un’area del Comune di Piazzola Sul Brenta, sita in via Fiume snc, in data 10 dicembre 2020, presentava un’istanza di autorizzazione al SUAP del predetto Comune ai sensi dell’art. 87 del d.lgs. 1° agosto 2003, n.259 (ora sostituito dall’art. 44 del d.lgs. 8 novembre 2021, n.207), per la realizzazione di un impianto di telefonia mobile. L’impianto veniva progettato secondo la tipologia del palo tecnologico filiforme porta antenne e parabole di altezza di circa 30m e veniva altresì progettata, come intervento accessorio, la realizzazione di un passo carrabile e di un attraversamento del fossato esistente in situ .

1.1. Con nota del 16 dicembre 2020, prot. 21507, l’Area tecnica comunale tuttavia comunicava alla società odierna ricorrente, preavviso di rigetto ai sensi dell’art.10 bis della legge 7 agosto 1990, n.241, specificando in nota i motivi ostativi alla realizzazione dell’opera che veniva ritenuta “in contrasto con la normativa specifica prevista per detti impianti contenuta nelle Norme Tecniche Operative del Piano degli Interventi (N.T.O. del P.I.) ed in specie all’art. 22, punto 2.2, lett.a). In merito si fa presente che l’area interessata ricade all’interno della delimitazione dei Centri Abitati ai sensi dell’art. 14 d.lgs. 285/1992 e successive modifiche e integrazioni”.

1.2. Nella nota predetta, il Comune invitava altresì “a concertare con l’amministrazione, anche attraverso un protocollo d’intesa (..) un eventuale piano di intesa per la localizzazione di detti impianti”.

2. La ricorrente, in riscontro alla comunicazione della civica amministrazione qui intimata, formulava osservazioni nei termini di legge con le quali: i) precisava che “il centro abitato rappresenta il luogo del territorio comunale rispetto al quale, per ovvie ragioni, sono maggiormente avvertite le esigenze di copertura del segnale”;
ii) evidenziava l’illegittimità delle disposizioni comunali poiché in contrasto con l’art. 8, comma 6, legge 22 febbraio 2001, n.36, specificandone la compatibilità con ogni destinazione di zona, in quanto “opera di urbanizzazione primaria (..) con carattere di pubblica utilità e la non necessità di un preventivo piano di localizzazione”.

3. Con nota specificata in epigrafe il Responsabile dell’Area tecnica del SUE, adottava il provvedimento di diniego, richiamando anche il parere contrario della Commissione Edilizia Comunale del 20 gennaio 2021, che ribadiva il contrasto con la normativa specifica prevista dall’art. 22, punto 2.2 lett.a), delle N.T.O. del P.I. che pone il divieto di installazione “all’interno della delimitazione dei Centri Abitati ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. 285/1992 e successive modifiche ed integrazioni e quindi in area […] caratterizzata da particolare densità abitativa”.

4. La società odierna ricorrente impugnava pertanto il provvedimento di diniego come sopra richiamato, nonché: a) il parere espresso in data 20 gennaio 2021 dalla commissione edilizia comunale;
b) ogni altro atto ad essa presupposto, connesso e/o consequenziale ivi incluse, se ed ove necessarie, le N.T.O. del piano degli interventi (aggiornato con variante n. 6/2020 approvata con d.c.c. n. 48 del 4 novembre 2020) con particolare riferimento all’art. 22 punto 2, intitolato “fasce di rispetto degli impianti di comunicazione elettronica ad uso pubblico” con specifico riferimento al punto 2.2 lett.a) che esclude nuovi impianti “su aree caratterizzate da particolare densità abitativa”.

5. Il gravame si affida ai seguenti quattro motivi, esposti da pagina 5 a pagina 18:

1) violazione di legge in relazione all’art. 10 bis l. 241/1990, in combinato disposto con gli artt. 7 e 8 della medesima legge, in quanto il Comune non avrebbe controdedotto alle osservazioni formulate dalla Società e perché l’amministrazione comunale avrebbe inserito per la prima volta nel provvedimento conclusivo – qui impugnato- il richiamo al parere negativo della Commissione Edilizia Comunale intervenuto medio tempore;

2) violazione di legge, per avere il Comune intimato applicato una disposizione delle N.T.O. del Piano degli interventi (art. 22 punto 2.2 lett.a) che esclude i nuovi impianti “su aree caratterizzate da particolare densità abitativa”, in quanto in contrasto con l’art. 8, comma 6, della legge 22 febbraio 2001, n.36, nel testo vigente dopo le modifiche introdotte dall’art. 38 del d.l. 16.07.2020, n.76, convertito dalla legge n.120 del 2020 (cd. Decreto Semplificazioni) che esclude la “possibilità per i comuni di introdurre limitazioni alla localizzazione di aree generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche di qualsiasi tipologia ed in ogni caso di incidere, anche in via indiretta o mediante provvedimenti contingibili e urgenti, sui limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sui valori di attenzione e sugli obiettivi di qualità, riservati allo Stato ai sensi dell’art. 4”;

3) violazione di legge per contrasto con l’art. 86 comma 3 d.lgs. 259/2003 (ora art. 43 comma 4, del d.lgs. 207/2021) nella parte in cui dispone che “le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, di cui agli art. 87 e 88, […] sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria di cui all’art. 16, comma 7, decreto Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380” e vizio di incompetenza in relazione alla violazione dell’art. 4 l. 36/2001 che affida alla competenza esclusiva dello Stato le misure di tutela sanitaria della popolazione, che il Comune avrebbe applicato nel caso di specie utilizzando uno strumento normativo (locale) di natura edilizio-urbanistica;

4) vizio di aggravamento del procedimento scaturente dalla richiesta di un protocollo di intesa, da redigere di concerto con l’amministrazione comunale, che peraltro risulterebbe in contrasto con le disposizioni – di ispirazione comunitaria – introdotte agli artt. 86 e 87 d.lgs. 259/2003 (ora artt. 43 e 44 d.lgs. n. 207/2021) che impongo principi di celerità, semplificazione e non aggravamento del procedimento di autorizzazione della specie di quello ad istanza della società ricorrente.

6. L’amministrazione comunale, con propria memoria in data 15 luglio 2021, depositata direttamente presso il Consiglio di Stato, in via preliminare, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso in quanto non sarebbe fondato su un titolo legittimamente “congruo” a sostenerlo, bensì su un mero “atto di assenso” del proprietario del sito, che avrebbe autorizzato Wind Tre allo svolgimento delle pratiche amministrative necessarie alla realizzazione dell’impianto;
nel merito ha controdedotto alle censure contestate dal ricorrente, concludendo per il rigetto nel merito, in quanto infondato in fatto e in diritto, con conseguente reiezione della domanda cautelare.

7. L’affare è stato esaminato da questa sezione nell’Adunanza del 15 novembre 2023, che, con il parere n.1650/2023 ha disposto che il Ministero riferente provvedesse, inter alia , ad accertare se, nelle more, la società ricorrente o il Comune abbiano assunto ulteriori iniziative, trasmettendo a questa Sezione tutta la documentazione che eventualmente acquisirà al riguardo.

8. L’amministrazione riferente, nel richiamare il contesto normativo e giurisprudenziale vigente in materia, ha ritenuto il ricorso fondato e meritevole di accoglimento, anche riguardo all’istanza cautelare richiesta dalla società ricorrente, mentre non ha ottemperato ai riscontri richiesti in via istruttoria dalla sezione, né ha trasmesso la relazione di rito.

8.1. La società ricorrente ha riscontrato la nota presidenziale del 15 febbraio 2024, confermando, con nota in data 14 marzo 2024, con cui ha trasmesso in allegato la relazione ministeriale, l’interesse alla decisione del presente ricorso straordinario.

9. All’Adunanza del 3 luglio 2024 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

9.1. In via preliminare il Collegio si riferisce alla relazione, identificata in epigrafe, per richiamare le disposizioni dell’art. 36 del Regio decreto 21 aprile 1942, n. 444, che prevede espressamente che le richieste di parere al Consiglio di Stato avvengano mediante richiesta autorizzata dal Ministro (“Le comunicazioni al Consiglio di Stato, per averne parere, sono fatte mediante richiesta del Ministro sopra relazione del capo di servizio contenente i fatti e le questioni specifiche sulle quali si propone di consultare il Consiglio.”. Di contro, nel caso all’esame del Collegio, la relazione ministeriale reca la firma del Direttore Generale e la nota di trasmissione quella del Dirigente della Direzione competente, non essendovi apposto il “visto” per l’inoltro a firma del Ministro (in termini, cfr. sez. I, n.1239/2021).

9.2. Tuttavia il Collegio, non reputa opportuno ritardare i tempi di espressione del parere, pur stigmatizzando il mancato rispetto delle norme di procedura che presidiano il rilascio dei pareri di questo Consesso ed invitando de futuro l’amministrazione ad attenervisi.

10. Il ricorso è fondato nel merito e va accolto, di contro essendo prive di pregio ed infondate le specifiche controdeduzioni formulate dalla civica amministrazione intimata.

11. Ad avviso del Collegio va prioritariamente esaminato il motivo che la società ricorrente deduce al punto 2 del ricorso, dove contesta la legittimità del provvedimento di diniego adottato con la nota prot.n.1503 del 26.01.2021, per contrasto con l’art. 8, comma 6, della legge 22 febbraio 2001, n.36, riformulato dall’art. 38 del decreto-legge n. 76/2020.

11.1. Orbene, il testo del riformulato articolo 8, comma 6, l. 36/2001, sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici introduce la seguente disposizione: “I comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici con riferimento a siti sensibili individuati in modo specifico, con esclusione della possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche di qualsiasi tipologia e, in ogni caso, di incidere, anche in via indiretta o mediante provvedimenti contingibili e urgenti, sui limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sui valori di attenzione e sugli obiettivi di qualità, riservati allo Stato ai sensi dell'articolo 4”. Alla luce della disposizione testé richiamata, la censura della società ricorrente è pertanto fondata ponendosi il provvedimento impugnato in evidente contrasto con la disposizione citata.

11.2. Tale disposizione, come correttamente interpretato dal Ministero, fa riferimento al principio di precauzione, per cui al fine di non comprimere i benefici che lo sviluppo della connettività può portare ai cittadini, alle pubbliche amministrazioni e alle imprese, è vietato alle amministrazioni comunali di limitare la localizzazione degli impianti, mentre è loro riconosciuta solo l’individuazione dei siti più idonei, tenendo conto della distribuzione della popolazione sul territorio e dell’impatto ambientale, ma non l’adozione di scelte diverse da quelle previste dalla normativa nazionale.

11.3. Sul punto, la Corte costituzionale, con sentenza n. 307/2003, ha precisato che le Regioni (e conseguentemente i Comuni, come chiarito dalla giurisprudenza di questo Consesso) non possono prescrivere limiti e divieti alla realizzazione degli impianti, ma al più adottare misure esclusivamente di carattere urbanistico o edilizio che si concretizzino nella previsione di criteri di localizzazione. Inoltre, con la sentenza n. 116/2006 la Corte ha affermato che l’imposizione di limiti alla libertà di iniziativa economica, nel rispetto dei principi di prevenzione e precauzione a tutela dell’ambiente e della salute umana, può avvenire soltanto sulla base di indirizzi fondati sulla verifica dello stato delle conoscenze scientifiche e delle evidenze sperimentali acquisite tramite istituzioni e organismi, di norma nazionali o sopranazionali, a ciò deputati, dato l’essenziale rilievo che a questi fini rivestono gli organismi e le competenze tecnico scientifiche. In considerazione del quadro giurisprudenziale suddetto, con il decreto-legge “per la semplificazione e l'innovazione digitale” n. 76/2020 (convertito con modificazioni dalla legge n.120/2020), è stato ulteriormente chiarito il ruolo degli enti locali rispetto alla legge in commento, confermando l’efficacia della normativa di protezione della popolazione dai campi elettromagnetici prevista dalla l. 36/2001 che, nel caso di specie, non può far altro che prevalere sulle previsioni normative e regolamentari adottati dall’amministrazione comunale.

12. Quanto alla illegittimità del provvedimento, lamentata al punto 3 del ricorso, perché in contrasto con il quadro normativo di settore, giova specificamente richiamare il disposto dell’art. 3 d.lgs. 259/2003 (ora sostituito dall’art. 3 comma 2, d.lgs. 207/2021) che considera attività di “preminente interesse generale” l’installazione delle reti di telecomunicazione, e che, in base gli artt. 86, comma 3, e 87 del codice (ora artt. 43 e 44 d.lgs. n. 207/2021), gli impianti oggetto di causa sono assimilati ad opere di urbanizzazione primaria e dunque astrattamente collocabili in ogni zona del territorio comunale, essendo opere destinate ad un servizio di pubblica utilità ( ex art. 90 d.lgs. 259/2003, ora art. 51 d.lgs. 207/2021).

12.1. La Sezione richiamando al riguardo l’indirizzo, da cui non ha ragione di discostarsi, secondo cui, a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. 1 agosto 2003, n. 259 (codice delle comunicazioni elettroniche), gli impianti di cui è causa risultano “in generale compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica e con ogni zona del territorio comunale” ( ex multis , Cons. Stato, sez. VI, 1° agosto 2017, n. 3853), ritiene dunque fondata anche la predetta specifica censura di parte ricorrente.

13. Da ultimo, osserva il Collegio che la diffusa giurisprudenza di questo Consesso sui tempi di conclusione del procedimento (Cons. Stato, sez. I, parere 493/2024, che cita sez.VI, n.10228/2022) ha affermato, inter alia , che “è espressa volontà del legislatore che esso si concluda, (..) in un termine assai breve per l'evidente favor che assiste il sollecito rilascio delle autorizzazioni relative alle infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici”.

13.1. Dal descritto quadro giurisprudenziale il Collegio ritiene provato anche il vizio del provvedimento impugnato ed esposto al punto 4 del ricorso ove si è contestato l’ingiustificato aggravamento del procedimento per il rilascio dell’autorizzazione richiesta.

14. Alla luce delle considerazioni che precedono, il Collegio ritiene che il ricorso sia fondato e lo accoglie, in relazione al secondo, terzo e quarto motivo esposti nel gravame, restando assorbita l’ulteriore censura dedotta.

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